Meccanicismo, finalismo e causalità nel pensiero tra Seicento e Settecento

Mappa finalismo, meccanicismo, causalità

Meccanicismo, finalismo e causalità tra 600 e 700 I

Meccanicismo, finalismo e causalità tra 600 e 700 II

Esercizio 1

Prova ad articolare una riflessione sul metodo scientifico quale si è andato costituendo nel corso del Seicento e del primo Settecento evidenziando:

le caratteristiche della concezione meccanicistica della realtà e le sue connessioni con il contemporaneo grande sviluppo della tecnica (puoi far utilmente riferimento a Galilei e Cartesio);

il ruolo che il finalismo può avere nella formulazione di una visione del mondo (sono illuminanti, a questo proposito, le pagine di Leibniz, ma puoi far riferimento anche a Spinoza e Heisenberg);

il fatto che ogni discorso razionale debba far comunque sempre riferimento alle caratteristiche della natura umana (le riflessioni di Hume sul ruolo dell’abitudine ti possono fornire utili spunti).

Concludi con una riflessione personale sulla natura della ricerca scientifica; a tal proposito può costituire un utile spunto la frase di Einstein secondo cui “la scienza è un libro nel quale la parola ‘fine’ non è e non sarà mai scritta“.

Esercizio 2 

In questo articolo il filosofo Nicola Abbagnano (1901-1990) riflette sul tramontare di quelle concezioni scientifiche e filosofiche che risultano propense a spiegare l’universo ricorrendo a un disegno trascendente. Approfondendo le teorie di un grande biologo, Jacques Monod, Abbagnano mostra come la scienza contemporanea sia orientata ad abbandonare ogni idea di destino, ogni antropocentrismo, ogni credenza nel finalismo.

«Il destino ha incatenato tutto il mondo» ha scritto Parmenide 25 secoli fa. E certo, ancora prima di lui, la credenza che tutti gli eventi del mondo siano governati da una necessità ineluttabile, in cui nulla sia abbandonato al disordine e al caso, ha sorretto l’umanità nel suo lungo cammino e le ha impedito, in molte occasioni, di cedere alla disperazione. Che il destino fosse poi concepito come una forza divina, provvidente e benefica, o come un ordine naturale, fondato su leggi che la ragione umana può scoprire e comprendere, sono alternative che si riportano allo stesso principio. Il paradosso dei nostri giorni è che questo concetto del destino sia smantellato pezzo per pezzo, non dalla speculazione di alcuni filosofi, ma dal lavorìo della scienza. E il paradosso nel paradosso è che questo smantellamento sia portato a compimento dalle scienze biologiche. Perché, se c’è una realtà che rivela ordine, finalismo, disegno, è quella della vita. […]

In un libro intitolato Il caso e la necessità, […] Monod [biologo, premio Nobel nel 1965] afferma (e dimostra) che l’evoluzione della vita non è lo sviluppo maestoso di un programma inscritto nella trama dell’universo. Per Monod, l’universo non era sin dai suoi inizi gravido della vita né la biosfera era gravida dell’uomo. […] L’intera storia è cominciata nel 1952, quando fu scoperta la struttura delle proteine che costituiscono la materia prima dell’organismo vivente. Questa struttura è apparsa come il semplice prodotto di una scelta fatta a caso e tuttavia riprodotta identicamente, migliaia o milioni di volte, in ciascun organismo, in ciascuna cellula, in ciascuna generazione, con un meccanismo di alta fedeltà che ne assicura l’invarianza. Oggi è risaputo che i costituenti di tutti gli organismi viventi, dai batteri all’uomo (le proteine e gli aminoacidi), sono una specie di alfabeto in cui è scritta tutta la diversità delle strutture e dei compiti della vita universale. Si sa pure che una certa combinazione o sequenza dei costituenti di questo alfabeto (il DNA) si riproduce identicamente nella generazione di una cellula dall’altra e assicura la continuità della vita. Ma nella stessa struttura di questo messaggio possono accadere variazioni che influiscono diversamente sui suoi componenti e da tali variazioni dipendono la diversità degli organismi e i loro sviluppi evolutivi da una specie all’altra. Il fatto fondamentale su cui Monod (come quasi tutti i biologi moderni) insiste è che queste variazioni avvengono a caso. Ne segue che il caso solo è l’origine di ogni novità, di ogni creazione nel mondo della vita. […] Così la vita e l’intera sua evoluzione è un evento improbabile, che è accaduto come può accadere una vincita al Lotto. Può darsi che questo evento sia accaduto una volta sola e può darsi che no; comunque, la sua probabilità a priori era zero. Per quanto Monod abbia intitolato Caso e necessità il suo libro, la necessità, come si vede, non c’entra per niente.

Abbagnano, da “La Stampa”, 29 novembre 1970

Ricostruisci la tesi di Monod a partire dalla scoperta scientifica che l’ha suffragata.

Esercizio 3 – Attività in classe

Guidati dal docente, dividetevi in due gruppi, che sosterranno e cercheranno di dimostrare le seguenti tesi opposte:

  1. l’universo è un sistema ordinato e necessario, espressione di un progetto divino;
  2. l’universo è un sistema frutto della pura casualità e originato dal caos.

A supporto delle vostre affermazioni, oltre agli esempi presenti in natura, potete utilizzare le argomentazioni di Cartesio, Spinoza, Leibniz e Hume presentate in questo percorso.

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