Ellenismo

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Mappe concettuali – Filosofie elleniste

ELLENISMO

Le filosofie ellenistiche

01 L’Ellenismo – centri culturali

02 Biblioteca di Alessandria

03 Euclide e gli Elementi

 

Lettera a Meneceo

commento

testo

esercitazioni

 

Filosofia ellenistica (testi)

Epicuro o Gesù

Caratteristiche generali dello stoicismo

 

Lettere a Lucilio (Seneca)

 

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63 commenti su “Ellenismo

  1. ALESSIA LUONGO il said:

    LETTERA A MENECEO
     
    Epicuro, nella” Lettera sulla felicità”
    scrive a Meneceo, per parlargli della fIlosofia come l’individuazione di
    mezzi e strumenti per raggiungere la felicità. La felicità, secondo Epicuro, è raggiungibile attraverso l’assenza del
    dolore fisico e delle preoccupazioni.

    Per Epicuro il valore della
    filosofia sta nel fornire all’uomo un “quadruplice farmaco”, essa infatti aiuta
    gli uomini a liberarsi dal timore della morte, degli dei, del dolore fisico e
    della mancanza del piacere, paure che rendono l’uomo incapace di raggiungere la
    felicità e il suo fondamento principale è   il
    vivere secondo il piacere, che si ottiene appagando i desideri naturali e
    necessari. Per questo la dottrina di Epicuro non si può confondere con un
    volgare edonismo, perché non vuole l’abbandono al piacere, ma bensì il calcolo
    e la misura dei piaceri.

    Questo filosofo ha messo a fuoco un punto fondamentale della natura umana,
    riscontrabile anche nel mondo odierno, l’incapacità di accontentarsi, punto che
    condivido completamente. Se l’essere umano è infelice è perché non è in grado
    di apprezzare le piccole cose, quelle che oramai da per scontate e inizia ad
    apprezzarle solo quando non le ha più.

    È di certo vero che l’essere umano
    non è capace per natura di essere felice perché guidato dalla voglia di avere
    di più, lo diventa solo se nella vita ha affrontato problemi e varie battaglie,
    quando ha perso e poi ritrovato quelle piccole cose che secondo Epicuro ci
    rendono felici. Ma non posso essere del tutto d’accordo con questa
    affermazione, anche se trovo giusto apprezzare le piccole cose che solo per
    fortuna ho,
    trovo comunque sbagliato affermare
    che si può essere felici solo con questo. Certe volte c’è bisogno di attimi e
    situazioni, che Epicuro definirebbe di piaceri dinamici, per essere felici,
    anche solo per ricordarli in un prossimo futuro e ritrovare quel senso di gioia
    che ti hanno donato la prima volta.

    È comunque difficile
    trovare la definizione di felicità, è come descrivere un oggetto mai visto o
    conosciuto solo per racconto. Posso solo ipotizzare cosa sia per me la
    felicità, o meglio posso solo dire che cosa sia necessario per essere felici,
    osservando che cosa accade intorno a me.

    La cosa più importante
    è la famiglia, una famiglia che ti cresce nel giusto, che ti ami e che ti
    sostenga. Il punto di riferimento che c’è fin dalla nascita, un punto fermo.
    Per secondo, ma non per importanza, diciamo che è sullo stesso piano,
    l’appagare se stessi, realizzarsi nella vita, raggiungere gli obbiettivi che ci
    siamo proposti.

    È vero anche che cose
    come la salute, o valori come l’amore e l’amicizia sono importanti così come è
    vero che non dovrebbero mancare mai nella vita di ognuno di noi.

    Essere felici secondo
    me equivale al guardarsi indietro, osservare il percorso che abbiamo fatto e
    sentirsi appagati non avere rimpianti, apprezzando ogni sfida e ogni dono che
    la vita ci ha dato e perché no, anche gli errori.

    Epicuro prosegue cercando di elaborare un‘argomentazione che
    serva a liberare gli uomini dalla paura della morte utilizzando la celebre
    definizione ‘’Quando ci siamo noi la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo
    noi’’  Per cui nemmeno la morte,
    esperienza irreversibile e assai temuta dagli uomini, può far loro alcun male.
    Godere e soffrire sono disposizioni dell’animo che sente. La morte, per l’uomo,
    è nulla. Perché quando lei subentra, l’uomo non è più. L’uomo saggio accetta la
    morte serenamente, così come ha vissuto. E se la vita non è per lui un male,
    non sarà un male nemmeno il morire. Piuttosto che scegliere per sé il tempo più
    lungo, sceglierà quello più dolce nella consapevolezza che il bene più grande
    sia sempre la vita. Io sono d ‘accordo con buona parte della sua teoria sulla
    morte, perché come Epicuro anche io credo che dobbiamo abituarci all’idea che
    la morte non costituisce nulla per noi , dobbiamo abituarci a credere  che la morte fa parte del nostro ciclo vitale
    e come vivere cosi bisogna ,purtroppo ,anche morire. Credere questo non fa
    altro che giovarci, perché in questo modo viviamo una vita senza ansia e
    terrore. A noi la morte fa paura poiché egoisticamente proviamo dolore quando
    la persona a noi cara ci lascia poiché in quanto  anche malata vorremmo tenerla legata a noi e
    non lasciarla andare via.La morte ,invece, potremmo definirla  il grande
    obiettivo della vita, la motivazione per vivere una vita al meglio e dopo
    averlo fatto, essa diventa solamente la logica conclusione, la grande
    liberazione, l’enorme punto da mettere alla fine del proprio racconto. Senza
    morte non c’è vita e viceversa. Non bisogna averne paura, piuttosto,
    bisognerebbe essere impauriti dal non riuscire a vivere una vita appagante
    prima che la morte arrivi. Per questo ogni momento è buono per provare una
    novità, per buttarsi in qualcosa, per imparare una lezione.
     Un altro importante
    fattore espresso in questa lettera è la teoria dei bisogni, che consiste nella
    suddivisione dei desideri dell’ uomo in naturali e vani. Tra i desideri
    naturali ce ne sono alcuni necessari e altri no. Solamente quelli che possono
    essere considerati necessari devono essere appagati, gli altri legati soltanto
    al piacere materiale devono essere abbandonati. Secondo Epicuro l’accorto
    calcolo dei bisogni può far vivere l‘uomo nella perfetta felicità senza farlo
    divenire schiavo dei suoi desideri e dei suoi piaceri.Infatti non è felice
    colui che vive un ‘ esistenza ricca, incentrata sul semplice piacere superfluo
    e materiale, ma chi riesce a raggiungere la serenità dell’ anima. Proprio come Epicuro,anche io penso che il
    piacere derivi dall’appagamento dei “bisogni” e “desideri” e concordo nel
    soddisfare solo quelli necessari. Secondo me, ognuno di noi ,dopo aver colto l’attimo
    deve pensare a cosa andrà incontro appagando quel desiderio sulla base dei dati
    che detiene e anche se non ha la certezza di ciò che avverrà nel futuro, non
    dovrà scoraggiarsi se poi il destino gli serberà brutti scherzi. Perciò,
    ribadisco che è fondamentale anche il vivere fino in fondo  i piaceri che decidiamo raggiungere ,poi se
    qualcosa andrà storto non dobbiamo far altro che aggiungerlo al nostro bagaglio
    di esperienza e tenerne conto per non ripetere gli stessi errori.
    La lettera
    si conclude con un’esortazione che Epicuro fa a Meneceo, ovvero di meditare
    sempre di queste cose con sé stesso e con i suoi simili, in modo da non essere
    mai in preda all’ansia e poter vivere come un dio tra gli uomini.
                                                                                                            ALESSIA
    LUONGO 3 A
     

    • alessia il said:

      Buonasera prof.nel rileggere il testo mi sono resa conto che nel battere la parola obiettivo ho messo una “b” di troppo.

    • proflombardi il said:

      Ottimo lavoro Alessia. L’unico problema è che l’hai affrontata come un… compito! Hai risposto ad una lettera con un piccolo trattato. E’ come se io ti chiedessi: come stai? E tu mi rispondessi dissertando sulla salute umana. Semplicemente potevi dire le stesse cose ma iniziando con un “caro Epicuro” e continuando con un registro più informale. Comunque va benissimo così. L’importante sono i contenuti che hai trattato.

  2. Giovanni Vollaro IIIA il said:

    LAVORO SVOLTO DA GIOVANNI VOLLARO III A
     
    Caro Epicuro,
    la tua lettera mi ha fatto riflettere molto sulle tematiche contenute in esse e da te affrontate.
    Condivido pienamente la tua visione che riguarda il filosofare ad ogni età della vita, poiché penso che è proprio la curiosità, e il conseguente filosofare, che spingono l’uomo a crearsi delle domande e quindi a formare una propria intelligenza ch caratterizza ogni essere umano da un altro. Filosofando si trovano le risposte a quanto ci si è chiesto a priori e quindi il soddisfacimento del proprio bisogno di sapere.
    Il mio parere sull’essere felici è leggermente diverso da quello enunciato da te. Io credo che non si possa mai raggiungere la felicità, perché è nell’animo dell’uomo il non accontentarsi di ciò che si ha e di continuare a cercare qualcosa che si pensi possa recare felicità, anche se non si ha il bisogno di essa. Tuttavia, esistono delle eccezioni alla regola (come in qualsiasi altra). L’uomo che si accontenta, l’uomo buono d’animo, raggiungerà la felicità con poco e ne godrà, a differenza dell’altra tipologia di uomo. Voglio farti un esempio: un uomo che ha molti poderi, ne desidera ancora di più, e quando li avrà ottenuti desidererà ancora qualcosa in più, anche diverso dai suoi poderi, e non fermerà mai la sua ricerca essendo infelice; al contrario un pover’uomo si accontenterà anche di un pezzo di pane con il quale sarà felice molto di più dell’uomo con tutti i suoi possedimenti. Bada bene che non sto affermando che la continua ricerca porta all’infelicità, ma solo che quando è fatta da uomini  buoni d’animo, questi possono raggiungere il massimo risultato e, quando subiranno sconfitte, non avranno danno perché possono tornare a vivere con la loro condizione precedente.
    Il mio parere è contrastante con il tuo anche nella questione di Dio. Se Dio, o gli dei, si dedicano solo alle proprie virtù e non agiscono nel mondo degli uomini perché è a loro estraneo, perché hanno creato il mondo degli uomini? Non c’è nessun motivo. Quindi esiste qualcosa che lega il mondo divino a quello umano. Io credo che Dio non condiziona completamente le nostre vite, ma solo parzialmente: cioè Dio influisce per il cinquanta per cento nelle nostre vite offrendoci possibilità che sta a noi uomini, artefici del restante cinquanta per cento del nostro destino, cogliere o evitare a seconda delle nostre capacità. Le nostre capacità, d’altronde, sono dettate dal nostro filosofare, alla nostra ricerca nella vita che forma il nostro pensiero e il nostro intelletto che non deve essere influenzato ma solo stimolato dal pensiero altrui.
    Poi volevo risponderti anche sulla questione della morte. Inizio col dare una definizione,come hai fatto tu dicendo che la morte è perdita di sensazione,: la morte è perdita di ciò che si sa. La morte incute paura nella gente poiché si conosce ciò che si lascia nel mondo terreno, ma non si sa ciò che sta lì ad attenderci nell’oltretomba. Voglio ricondurre anche questo tema a quello della felicità: gli uomini che nella vita si sono accontentati accetteranno la morte come una loro pari perché nella vita non hanno più bisogno di nulla e la morte sarà una nuova avventura che potrà dare all’uomo la risposta alla “suprema” domanda; viceversa,  l’uomo che non si è accontentato si sentirà manchevole di qualcosa che non è riuscito a raggiungere e, anche se l’avrà raggiunta, ora non vorrà lasciarla. Inoltre la morte incute terrore o meno a seconda dei punti di vista dai quali la si guarda. Se la si guarda da un punto di vista religioso può essere interpretato in due modi: il primo, se un uomo sa di essere stato buono, caritatevole e aver seguito tutti i parametri dogmatici della propria religione o istituzione religiosa, crede di aver ottenuto il Paradiso e quindi pensano di unirsi a Dio, il che dà felicità; il secondo, se un uomo sa di aver avuto un comportamento etico e religioso scorretto, avrà paura della dannazione eterna. Un altro punto di vista, scisso dalla religione, è quello che riguarda le sensazione e gli affetti. Un uomo può avere timore della morte se ha qualcuno nel mondo terreno che non vuole lasciare, perché legato a quest’ultimo in modo particolare, o perché crede di dover dare aiuto alle proprie persone care. Condivido invece la tua opinione sulla persona saggia perché la definisco l’uomo che è di continuo alla ricerca delle risposte alle proprie domande e la morte è una delle più grandi risposte. Quindi il saggio non teme né la vita, né la morte, ma le accetta entrambe in modo neutrale.
    Per quanto riguarda la tua opinione sulla qualità e la lunghezza della vita, mi trovi parzialmente d’accordo. Sono d’accordo con la tua opinione sul fatto che conta la qualità della vita e non la lunghezza, come hanno affermato tanti prima di te e prima di me. Ma dipende, anche in questo caso, dagli eventi. Se guardiamo alla vita in generale, mi trovi concorde con il tuo parere; se, invece, guardiamo alla vita in momenti particolari, mi dissocio da quanto detto precedentemente da te. Te lo spiego con un esempio: se dove tu hai comprato casa, quindi ad Atene, scoppiasse una rivolta cittadina che fa cadere la città nell’anarchia e, di conseguenza, tutti i cittadini commettessero atti illeciti o addirittura omicidi, in quel periodo della tua vita tu non guarderesti alla qualità della vita, quanto alla sopravvivenza, quindi alla lunghezza della stessa.
    Condivido pienamente il tuo parere sui desideri. Infatti anch’io credo che esistano tanto desideri che fanno stare bene il corpo dell’uomo e consentano all’anima di vivere in tranquillità quanto desideri che portano l’animo dell’uomo alla corruzione e il corpo alla “fatica”. Anche in questo caso è l’uomo saggio a vincere su tutti, poiché (come dici tu) solo il saggio ha la giusta conoscenza dei desideri ed è capace di ricondurre ogni sua scelta solo ai desideri che gli danno il benessere. Ed è lui solo ad essere capace di equilibrare i desideri per far sì che ci siano nei momenti in cui si ha la necessità degli stessi. Inoltre tu dici che :” Tutti i piaceri sono dunque un bene, perché sono per natura a noi congeniali” , io invece credo che non tutti i piaceri siano un bene perché per un uomo malvagio nella sua natura fare il male corrisponde ad un suo piacere, ma questo non significa che sia un bene per se stesso e per gli altri, quindi non solo non si devono scegliere (come da te affermato) ma non possono nemmeno essere considerato un bene.
    Tu dici che :” L’abituarsi dunque a un cibo semplice e non ricco da un canto dà salute, dall’altro rende l’uomo sollecito verso le esigenze necessarie della vita; e quando di tanto in tanto ci accostiamo a vita sontuosa, ci dispone meglio nei suoi confronti e ci rende privi di timore verso la sorte” , ma questo vale solo per l’uomo che è capace di ponderare i desideri benevoli e quelli cattivi. Perché l’uomo che non è saggio e non è buono d’animo quando si avvicinerà alla vita sontuosa tenderà ad abituarsi a questa, come ha precedentemente fatto con la vita povera, e avrà paura non solo della sorte e di ciò che potrebbe accadergli per colpa del destino, ma anche della morte poiché non vorrà abbandonare ciò che ha guadagnato, giustamente o meno che sia, sulla terra e proverà timore e dolore per la morte.
    Altro punto che voglio discutere con te è quello del piacere primo. Condivido la tua posizione affermando che il piacere primo è la serenità poiché  è la condizione stabile dell’uomo e che lo porta ad essere felice con se stesso calmando ogni “bufera”.  Inoltre, come predicava Aristotele l’uomo è alla ricerca della perfezione che si può tradurre in condizione stabile che è proprio solo di Dio. Quindi, l’uomo se raggiunge la serenità si trova in una condizione stabile, quasi quanto quella di Dio (“quasi” poiché questa condizione, a differenza di Dio, verrà mutata con l’avvento della morte), quindi: è la serenità, tradotta come armonia tra desideri e scelte dell’uomo, la condizione di stabilità e di felicità dell’uomo che fa si che l’uomo non abbia turbamento nell’anima e dolore nel corpo. Viceversa, una vita godereccia e disordinata non garantisce la serenità, dato che porta continuo turbamento all’anima e non permette all’uomo di adoperarsi per mettere in atto le giuste scelte che possono essere in potenza sia giuste che sbagliate (sta all’uomo scegliere la strada), e non permette di equilibrare tra loro i desideri creando una condizione di stabilità.
     Non sono affatto d’accordo su ciò da te detto sugli dèi, cioè :”Davvero sarebbe stato meglio credere ai miti sugli dèi che essere schiavi del fato dei fisici : il mito offre la speranza di placare gli dèi con onori, il fato ha invece una necessità implacabile” , perché i miti possono essere usati da coloro che non hanno ottimi propositi a proprio piacimento. Ad un uomo che brama il potere basterebbe avere qualità retoriche e basterebbe avvalersi di vari miti per incutere timore o speranza (o qualsivoglia sentimento) nella gente e, di conseguenza, influenzare le scelte degli uomini “costringendoli” ad adoperare in modo vantaggioso per colui che li influenza. Invece, sulla questione del libero arbitrio, ti ho già espresso la mia opinione a riguardo che è simile alla tua ma presenta molte variazioni, a volte anche implicite, sulle quali spero tu rifletta e, anzitutto, riesca ad individuare.
    Dunque, in conclusione, vorrei ricondurre tutto agli antipodi della nostra discussione. La felicità, la serenità, lo scopo della vita può essere raggiunto solo tramite il filosofare.
     
     
     
     
    “Il supremo frutto dell’autosufficienza è la libertà.” 
    EPICURO

  3. Alessandro Legorano il said:

    Caro Epicuro,
    Sono contento che tu mi abbia scritto amico mio. La tua lettera è piena di contenuti interessanti e concordo con alcuni, non sono d’accordo con altri e infine aggiungerei qualcosa su alcuni temi. Prima di tutto inizio col darti ragione sul fatto che il filosofare non ha età e non si dovrebbe mai smettere di imparare questa magnifica arte. Gli Dèi esistono, ma non si curano degli affari degli uomini: ma allora perchè, o Epicuro, le persone in occasione di sciagure o eventi fortunati si scagliano o ringraziano gli Dèi? Ad esempio si diffonde la notizia che una donna viene picchiata dal marito. Coloro che sanno la notizia avranno esclamato: “O Dèi immortali, perchè le avete mandato un marito così violento?”. La colpa non è sicuramente degli Dèi, ma dell’uomo che picchia la sua donna, o della donna perchè in tanti anni di relazione, non ha capito che il suo uomo non la amava.
    Nella lettera hai anche parlato della morte e del fatto che noi non dobbiamo avere paura di essa. Ma non reputi più dolorosa la morte di un nostro caro che la nostra? In effetti lo hai ribadito più volte nell’epistola: la morte è assenza di sensazione; se non c’è la morte, siamo vivi e non dobbiamo temerla, se c’è la morte, noi non ci siamo più e quindi non sentiremo dolore. Invece, la morte di una persona a noi cara noi la sentiamo e percepiamo il dolore perchè quella persona è venuta a mancare. Il dolore lo manifestiamo attraverso emozioni, col pianto, con la tristezza, con la malinconia e la nostalgia dei bei momenti passati con quella persona. Quindi personalmente ritengo più dolorosa la morte di un amico come te che la mia. E’ anche bene però, pensare quale dolore provoca la nostra morte a chi ci vuole bene. Per quanto riguarda il futuro, amico mio, non sono d’accordo: il futuro non è nelle mani del destino come si suol credere, a mio parere, ma nelle azioni degli uomini; ad esempio se mentre cammino per la città, vengo colpito da un vaso che cade da un balcone: la colpa non è del destino, ma nemmeno mia, forse della signora che mentre stava mettendo i vestiti al sole, l’ha spinto accidentalmente e mi ha colpito. La sua distrazione ha fatto sì che venissi colpito, ma non il fato o il fatto che io abbia cercato di mettermi sulla traiettoria del vaso mentre cadeva.
    Parli infine anche di che cos’è la felicità: dici che non è il godersi fanciulli e belle donne, mangiare e bere come se non ci fosse un domani: la vera felicità sono la serenità e la prudenza. Sono d’accordo, ma non credi, o Epicuro, che la vita sia piena di problemi e a volte, abbiamo bisogno di distrazioni e divertimenti per dimenticarci almeno per un istante delle nostre preoccupazioni? Quindi la mia risposta è: si ai piaceri, ma con moderazione. Detto questo, ti saluto sperando che tu mi scriva il più presto possibile per discutere le mie opinioni e fare le tue considerazioni.
     
    A presto
     
     
    Meneceo

  4. Luisa Tufano il said:

    Prima di tutto,caro Epicuro,quando parli del dolore della morte,secondo me,è importante considerare due aspetti del dolore,quello puramente fisico e quello morale,mi spiego; dal punto di vista puramente fisico,concordo con te nell’affermare che la morte è perdita di sensazione e quindi è “nulla”; ma dal punto di vista morale,ritengo che il dolore è da intendersi come distacco dalle relazioni umane e quindi dagli affetti che l’uomo ha instaurato e coltivato nel corso della sua vita. E’ vero però che il pensiero di dover morire non deve affliggerci l’esistenza,impedendoci di essere felici. Bisogna dunque esercitare ciò che procura la felicità perché se abbiamo questa abbiamo tutto, ma se manca facciamo di tutto per averla. Ma come bisogna fare per raggiungerla e quali sono i mezzi necessari per ottenerla? Analizzando la tua filosofia anche io penso che il bene supremo per l’uomo, non è provare il massimo piacere, ma limitare il più possibile i propri desideri. Ritengo che con il raggiungimento della serenità,si possa essere felici,intendendo per serenità l’equilibrio tra l’essere e i desideri che devono essere l’accettazione della propria condizione,infatti se accettiamo quello che abbiamo e ciò che siamo,non inseguiamo continuamente ciò che vorremmo avere o essere e quindi i nostri desideri saranno più “realizzabili” perché volti al perfezionamento del nostro stato e non al raggiungimento di ciò che non potremmo mai avere perché lontano dalle nostre possibilità. Inoltre la felicità non è un sentimento ma uno stato d’animo. Talvolta la serenità è inficiata anche da fattori esterni,basti pensare alle tante difficoltà del mondo,da quelle più semplici a quelle più complesse,quando l’animo è lieto si è più predisposti ad aiutare anche gli altri,che a loro volta possono ritrovare la serenità,così facendo ogni essere umano può contribuire a vivere sereni. In conclusione,pur apprezzando tutti gli sforzi che voi filosofi fate,nel voler risolvere ogni problema tramite vie razionali,dandoci in questo modo spunti di riflessione che sicuramente ci aiutano a vivere meglio,ritengo che ciò che per natura è “misterioso”,come la vita,la morte ecc debba rimanere tale.

    A presto amico mio.

    Meneceo

    • proflombardi il said:

      Interessanti le tue considerazioni. Bene. Attenzione che dopo la punteggiatura devi lasciare sempre uno spazio (potrebbe dipendere dal device che hai usato per scrivere). Ciao

  5. Aldo Rodriguez il said:

    Caro Epicuro,

    Come stai ? Ultimamente ho molti impegni,perciò non mi capita spesso di scriverti,ma vedo che tu hai trovato il tempo. Ho appena finito di leggere la tua lettera e sono rimasto colpito dal tuo parere su determinati argomenti. Concordo sul fatto che il filosofare non abbia età : credo però che da anziani si hanno molti anni di esperienza sulle spalle e quindi si conoscono più situazioni rispetto a quando si è giovani. Vero è anche il tuo ragionamento sugli Dèi  : in effetti essi non si curano dei nostri affari e vivono per conto loro,ma credo che in qualche modo osservino dall’alto e sanno cosa ci succede.
    Il tuo pensiero sulla morte è altrettanto giusto, ma penso che sia altrettanto giusto parlare di quanto la nostra morte possa infondere dolore ai nostri cari : sicuramente quando moriamo,non ci siamo più e quindi non sentiamo ne dolore ne piacere,ma chi vive il nostro ricordo,come i nostri figli, o i nostri amici,sicuramente saranno afflitti dall’avvenimento. Secondo te,Epicuro,una morte di malattia non è dolorosa ? Io penso che morire di morte naturale,sia una morte felice e indolore in un certo senso,ma la morte causata da un morbo credo che sia invece straziante. Non essere egoista,amico caro,ma pensa anche a come si sentiranno gli altri quando tu verrai a mancare. Per quanto riguarda il futuro,sono in disaccordo,poiché ritengo che non sia deciso solamente dal testino,ma anche le azioni degli uomini hanno la loro influenza. Se ad esempio cado in una buca,non è colpa mia perché non l’ho messa io lì quella buca,ma se lascio la finestra aperta e mi ammalo,è colpa mia,poiché non l’ho chiusa. Concludo con l’ultimo argomento da te trattato,la felicità. Affermi che la felicità è la serenità prima di tutto seguita poi dalla prudenza,tralasciando il piacere del cibo e delle belle donne. Credo però,Epicuro,dopo una lunga giornata passata a filosofare,tu meriti di sicuro un bicchiere di vino ed un lauto pasto,non credi ?
    Concludo,sperando che la prossima volta sia io a mandare per primo una lettera a te,ma rispondi,perché sono curioso di sapere come la pensi su quello che ho scritto.

    A presto

    Meneceo

    • proflombardi il said:

      Anche il tuo è un ottimo lavoro. Bene. Un’unica domanda: cos’è il “testino”? 😉
      Attenzione che dopo la punteggiatura devi lasciare sempre uno spazio (potrebbe dipendere dal device che hai usato per scrivere). Ciao

  6. caro Epicuro,

    ho trovato moto interessante la tua lettera e mi trovo perfettamente d’ accordo con te quando dici che non è mai troppo tardi nè troppo presto per filosofare, anzi secondo me i primi a filosofare sono proprio i bambini, quando cominciano a scoprire il modo e a farsi la fatidica domanda “perchè?”. Mentre il mio parere sulla ricerca della felicità è un po diverso, io penso anzitutto che l’ uomo sia un essere infelice per natura per la sua incapacità di accontentarsi. infatti un uomo ricco cercherà di essere sempre più ricco non godendosi così il presente. inoltre credo che la felicità non sia una cosa da raggiungere o un premio che una volta ricevuto non si perde più, penso che la vita sia fatta di piccole felicità, ogni giorno accadono cose che ci rendono felice ma noi siamo incapaci di coglierle e di godercele al momento. la penso diversamente anche sugli Dei o Dio, tu dici che Dio non si interessa a noi perché siamo qualcosa di estraneo a noi, allora perchè ci ha creati? io penso invece che dio agisce sugli uomini in maniera parziale, ci ha creati e cerca di indicarci la retta via, ma ci lasci liberi di scegliere quale strada intraprendere. un altro punto che hai affrontato è quello della morte, io questo tema lo affianco a quello della ricerca della felicità. l’ uomo ha paura della morte perchè non accontentandosi di quello che ha, e puntando sempre più in alto senza fermarsi e godere il presente arriverà al giorno della sua morte e capirà che sta per lasciare la felicità che ha sempre desiderato e il tempo per godere di questa sta per finire. infine condivido il tuo pensiero sui desideri anche io penso che esistono desideri ca fanno bene l’ anime e altri che la corrompono. ti saluto e mi raccomando la prossima lettera falla un po più breve. anzi ora esistono i telefoni chiamami che facciamo prima.

  7. Federica De Maio il said:

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    Caro Epicuro,
    come stai? Come sempre sono stata molto contenta di ricevere la tua lettera, che conservo con cura.
    L’ho letta e riletta più volte, cercando nelle cose che scrivi, soprattutto nei  momenti più tristi, quel conforto, quel sollievo di cui noi mortali abbiamo sempre  bisogno.
    Le tue parole mi hanno fatto riflettere molto,  e di questo ti sono veramente grata; per la prima  volta  ho parlato, proprio come farebbero due cari amici che non si vedono da tempo, alla mia anima, cercando come tu scrivi, di allontanare  da me tutte quelle paure che non mi avrebbero permesso di vivere serenamente.
    Tu dici di non aver paura della morte perché   “essa è nulla per i vivi e per i morti”   perché   “…ogni bene e ogni male risiede nella possibilità di sentirlo: ma la morte è perdita di sensazione”,   ma dimentichi che forse molti hanno paura di morire non tanto per il dolore ,inteso come sofferenza fisica che possono provare, quanto per quello che una loro dipartita può provocare agli altri. Penso ,ad esempio, al dolore di una giovane mamma, di un papà che non potranno  più prendersi cura dei propri figli, e alla sofferenza che accompagnerà per sempre questi ultimi.
    Sono, invece, perfettamente d’accordo con te quando affermi che non conta la lunghezza, quanto la qualità dell’esistenza, che bisogna saper dosare piaceri e sacrifici, imparare a godere delle piccole cose. Mi vengono allora in mente le parole che mi ripete sempre mio nonno: ” felice è colui che sa gioire delle piccole cose. Noi non avevamo nulla ed eravamo felici, voi giovani avete tutto e siete sempre insoddisfatti”.
    E’ proprio così ! Persi spesso nella ricerca di cose effimere , in una vita godereccia e disordinata dimentichiamo che ciò che conta veramente è essere sereni, in pace con se stessi e il mondo, conseguir,e come tu ben ricord,i la saggezza.
    E’ inutile attribuire agli altri la causa dei nostri insuccessi, tirare in ballo gli dèi o il destino avverso.
    Ti prometto che seguirò il tuo invito, continuerò a meditare su queste cose e a parlarne con gli altri perché sono sicuro che tutto questo nostro “filosofare” porterà tutti noi ad essere veramente felici.
    A presto
    Federica
     

    • federica de maio il said:

      caro prof. non so perché prima del testo siano uscite quelle scritte che vi prego di ignorare intanto vi rimando il testo grazie.

      • federica de maio il said:

         
        Caro Epicuro,
         
        come stai? Come sempre sono stata molto contenta di ricevere la tua lettera, che conservo con cura.
         
        L’ho letta e riletta più volte, cercando nelle cose che scrivi, soprattutto nei  momenti più tristi, quel conforto, quel sollievo di cui noi mortali abbiamo sempre  bisogno.
         
        Le tue parole mi hanno fatto riflettere molto,  e di questo ti sono veramente grata; per la prima  volta  ho parlato, proprio come farebbero due cari amici che non si vedono da tempo, alla mia anima, cercando come tu scrivi, di allontanare  da me tutte quelle paure che non mi avrebbero permesso di vivere serenamente.
         
        Tu dici di non aver paura della morte perché   “essa è nulla per i vivi e per i morti”   perché   “…ogni bene e ogni male risiede nella possibilità di sentirlo: ma la morte è perdita di sensazione”,   ma dimentichi che forse molti hanno paura di morire non tanto per il dolore ,inteso come sofferenza fisica che possono provare, quanto per quello che una loro dipartita può provocare agli altri. Penso ,ad esempio, al dolore di una giovane mamma, di un papà che non potranno  più prendersi cura dei propri figli, e alla sofferenza che accompagnerà per sempre questi ultimi.
         
        Sono, invece, perfettamente d’accordo con te quando affermi che non conta la lunghezza, quanto la qualità dell’esistenza, che bisogna saper dosare piaceri e sacrifici, imparare a godere delle piccole cose. Mi vengono allora in mente le parole che mi ripete sempre mio nonno: ” felice è colui che sa gioire delle piccole cose. Noi non avevamo nulla ed eravamo felici, voi giovani avete tutto e siete sempre insoddisfatti”.
         
        E’ proprio così ! Persi spesso nella ricerca di cose effimere , in una vita godereccia e disordinata dimentichiamo che ciò che conta veramente è essere sereni, in pace con se stessi e il mondo, conseguire, come tu ben ricordi, la saggezza.
         
        E’ inutile attribuire agli altri la causa dei nostri insuccessi, tirare in ballo gli dei o il destino avverso.
         
        Ti prometto che seguirò il tuo invito, continuerò a meditare su queste cose e a parlarne con gli altri perché sono sicuro che tutto questo nostro “filosofare” porterà tutti noi ad essere veramente felici. Solo una vita interamente spesa alla ricerca della felicità  è degna di essere vissuta.
         
        A presto
         
        Federica
         
         
         
         
         

  8. Vincenzo Grimaldi il said:

    Caro Epicuro,

    sono stato molto felice di aver ricevuto una tua lettera, devo dire che è piena di argomenti stimolanti e riflessivi. In questa lettera, ti dirò la mia opinione. Inizio col dire che sono d’accordo con te sul fatto che filosofare non abbia età, anzi non si dovrebbe mai smettere di imparare questa magnifica arte, stimolata dalla curiosità di conoscere. Un esempio lampante lo possiamo individuare già da bambini con la domanda “Perchè?”. Riguardo il tuo pensiero su cosa e come si possa raggiungere la felicità, beh, amico mio, credo che essa non sia raggiungibile, mi spiego meglio, essa è raggiungibile ma non in stato permanente. L’uomo da sempre non è mai riuscito ad accontentarsi e mai ci riuscirà, poichè è troppo ambizioso. Io penso che la vita ci regali dei piccoli attimi di felicità, ma non riusciamo a coglierli pienamente e sopratutto allo stesso tempo sono tristi perchè questi momenti scivolano via. Secondo il tuo pensiero, la felicità non sta nel godersi belle donne, mangiare e bere in grande quantità, ma per te sono due le qualità principali per essere felici: serenità e prudenza. Io concordo con te in parte, perchè è vero che ci garantiscono un equilibrio emotivo, ma la vita spesso ti pone davanti molti problemi e quindi è giusto, anche, che ogni tanto l’uomo si lasci andare a qualche vizio, qualunque esso sia.
    Nella tua lettera hai parlato anche degli dei e, per te, loro non si occupano degli uomini. Per me, sbagli amico mio. Dio ci ha creati e ci segue costantemente, influisce su di noi in maniera giusta e moderata, provando ad indicarci la retta via, sta a noi seguirla o meno. Ognuno è libero di cambiare il suo destino come più gli aggrada.
    Nella tua lunga, ma intensa, lettera hai affrontato anche il tema della morte e che non dobbiamo temerla poichè essa non provoca dolore, ma l’attesa. Beh, io non concordo, la morte è divisibile in due aspetti: fisico e morale. Secondo me si può provare dolore, ad esempio se moriamo perchè siamo affetti da una malattia che ci costringe a stare letto senza poter fare nulla, credo che sia una morte dolorosa, tu non trovi? Inoltre quando pensiamo alla morte, non possiamo farlo solo in maniera individuale, poichè dobbiamo pensare che essa può arrecare dolore, manifestata attraverso il pianto,anche ai tuoi parenti e amici. Anzi, a mio parere, la morte è più dolorosa per coloro che perdono qualche familiare/amico che per il morto stesso. Infine non concordo sulla tua visione del futuro, come detto precedentemente essa dipende dall’uomo. Solo noi stessi possiamo decidere cosa fare della nostra vita e cosa diventare, ovviamente anche Dio contribuisce, ma non è assolutamente tutto già “scritto”. Amico, spero di ricevere presto una tua risposta, sono molto curioso di sapere cosa ne pensi.

    A presto

    Meneceo

     

    Vincenzo Grimaldi III A

    • proflombardi il said:

      Bene. Quando parla della morte Epicuro intende quando già si è morti non quando si sta per morire. Per questo parla di assenza di dolore. Il dolore si prova quando si è vivi, non quando si è morti. Epicuro vuole mettere in rilievo che la paura della morte in quanto tale non ha ragion d’essere, non si riferisce ai momenti, talvolta dolorosi, che la precedono. Un’ultima cosa: sei tu che rispondi non Meneceo, ma va bene così.

  9. Salvatore Di Bernardo il said:

    Caro Epicuro,
    ho letto con attenzione i tuoi consigli e le tue considerazioni in merito alle varie tematiche che hai affrontato nella lettera che mi hai scritto e condivido molti aspetti del tuo pensiero, nonostante vi siano, però, alcuni che reputo lontani dal mio modo di pensare.
    Innanzitutto, sono d’accordo sul fatto che la filosofia risulta essere uno dei mezzi più importanti attraverso il quale l’uomo può raggiungere la felicità e superare molte delle sue paure. Credo, come te, che non sia mai troppo tardi per filosofare, dato che non è mai troppo tardi per essere felici. Per tale motivo, sono anche io del parere che la filosofia risulta essere uno dei fondamentali bisogni dell’uomo.
    Per quanto concerne gli dei, non sono perfettamente del tuo stesso parere poiché credo che questi ultimi siano in qualche modo in continua relazione con noi. Reputo ,dunque,  che essi si occupino anche di ciò che caratterizza le nostre vite e che, in un modo o nell’altro, siano capaci, oltre che di prevedere determinati eventi, anche di influire sul normale corso della nostra esistenza. Noto, inoltre, se permetti, una sorta di contraddizione nel tuo ragionamento. Difatti, nonostante all’inizio tu dica che gli dei in realtà risultino essere dediti soltanto alle virtù loro proprie, accogliendo dunque i loro simili, reputando estraneo tutto ciò che non è tale, nella parte finale della lettera, quando attribuisci loro determinate caratteristiche (un dio non fa nulla che sia privo di ordine),sembra tu li stia, comunque, in qualche modo, coinvolgendo nella vita dell’essere umano. Nonostante ciò, sono pienamene d’accordo sul fatto che non bisogna vivere nel terrore del giudizio divino dato che in quel caso, vi sarebbe sempre un “vincolo” che impedirebbe, conseguentemente, il completo raggiungimento della piena felicità.
    Altro snodo di discussione è senza dubbio quello riguardante la morte. Ti ringrazio, anzitutto, prima di esporre anche il mio personale ragionamento, dei consigli  in merito a tale tematica dato che, oltre che  reputarli come indubbia fonte di insegnamento, li considero , più in generale, utili per il raggiungimento di ciò di cui abbiamo discorso fino ad ora: la felicità. Mi trovi pienamente d’accordo sul fatto che l’uomo non deve temere la morte dato che risulta essere parte integrante della vita e, poiché quest’ultima non deve far paura, neanche la prima deve suscitare tale sensazione, anche perché, come tu stesso hai scritto, essa è assenza di sensazioni. Inoltre, anche rifacendomi al tuo stesso insegnamento, la condizione di chi muore è analoga a quella di chi nasce: non ricordiamo nulla della nostra venuta al mondo, nemmeno della sofferenza che abbiamo provato (se l’abbiamo provata), di conseguenza, un ragionamento simile può essere fatto per la morte. È vero anche che” la morte, è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte, e quando c’è la morte noi non siamo più”, ma nonostante ciò bisognerebbe anche prendere in considerazione chi resta e non solo chi se ne va. Se difatti chi se ne va, non prova alcun dolore, per chi resta la situazione è del tutto differente. Inoltre, nonostante, come si è detto, la morte non causi dolore, è anche vero che, talvolta, è invece il “cammino” che ci porta a questa a causarci le maggiori pene e sofferenze. Una lunga malattia, ad esempio, può facilmente esemplificare tale ragionamento. Parlando in questo senso, infine, la morte potrebbe essere anche considerata come una liberazione dal male provato durante la vita e dunque durante la malattia (sempre considerando l’esempio citato poc’anzi). In sintesi, se è vero che Il saggio non deve rifiutare la vita né temere l’assenza di questa, è anche vero che vi sono determinati fattori, e non quindi il concetto di morte in sé, che possono causare dolore e sofferenza, rendendo il cammino verso la felicità più difficile e tortuoso.
    Sulla questione dei piaceri, mi trovi, invece, pienamente d’accordo con il tuo ragionamento dato che anche io, come te credo che questi ultimi siano fondamentali per il raggiungimento del fine ultimo della vita umana. Il saggio ,però, deve saper scegliere ,tra questi,  quelli duraturi e dunque, come tu stesso ci insegni, quelli catastematici che sono quindi da ricercare costantemente, diversamente da quelli “in movimento”, effimeri e da bandire. “Tutti i piaceri sono dunque un bene, perché sono per natura a noi congeniali, ma non tutti sono da scegliere; così come tutti i dolori sono un male, ma non tutti sono tali da dover essere fuggiti”.
    Su tutte le altre tematiche sono perfettamente in sintonia col tuo pensiero a parte il fatto che, diversamente da te, reputo, come già detto nel corpo della lettera, il destino umano in qualche modo già scritto o comunque, anche se in parte, sotto l’influenza delle divinità, che, come tu stesso hai detto non fanno nulla che sia privo di ordine e razionalità.
    Ti ringrazio nuovamente per i tuoi consigli e spero vivamente di risentirti ancora. Non vorrei aver peccato di presunzione nell’esporre i miei ragionamenti. Ti esorto, dunque,  a non prenderli troppo sul serio dato che, come tu ben sai, “Io so di non sapere”.
    – Meneceo
     

  10. Federica Fioretti il said:

    Caro Epicuro,
    ti scrivo per esporre le mie
    considerazioni sulle interessanti tematiche da te trattate nella tua
    lettera. Seppure io concordi con alcune tue idee, mi trovo invece in
    disaccordo con altre.
    Innanzitutto condivido quanto hai
    affermato sulla filosofia. Essa è la via per la felicità e dunque a
    nessuno deve essere negata la possibilità di intraprendere questa
    ‘via’, né ai vecchi né ai giovani poiché io reputo che ogni
    momento della nostra vita sia il momento adatto per essere felici. La felicità deve quindi essere il nostro obiettivo nella vita, per tale motivo bisogna fare ciò che ci permette di raggiungerlo così che la
    nostra esistenza non sia solo un monotono alternarsi di giornate, ma sia
    invece degna di essere vissuta.
    In merito alla tua concezione della
    divinità, invece, sono costretta a controbattere. Come hai ben affermato, gli dei
    esistono ma, secondo la mia opinione, non si limitano
    semplicemente a preoccuparsi alle loro attività e dei loro simili,
    ignorando tutti coloro che sono diversi da essi. Credo invece che
    agli dei stiano a cuore le vicende umane e che anzi essi siano una
    presenza fondamentale nella vita dell’uomo, una costante che ci
    accompagna dalla nascita e sulla quale possiamo fare affidamento. Non
    posso credere che gli dei, incuranti degli uomini, ci “abbandonino”
    alle nostre vite, restando indifferenti in merito alle tragedie che
    ci colpiscono e ai drammi che affrontiamo. Al contrario sono convinta
    che proprio nei momenti più difficili la divinità intervenga nelle
    nostre vite aiutandoci, magari senza che noi ce ne rendiamo conto, a
    superare quegli ostacoli che sembrano insormontabili. La divinità è
    dunque parte delle nostre vite, che noi ci crediamo e siamo disposti
    ad accettarlo o meno, ma ciò non deve farci vivere nella paura.
    Per quanto riguarda invece la morte,
    credo che essa non debba essere temuta poiché, come hai ben
    sottolineato, se ci siamo noi non c’è la morte, e quando c’è la
    morte noi non siamo più. La morte dunque non deve spaventarci: una
    volta morti noi uomini smettiamo di percepire e dunque di provare
    dolore. Se quindi non dobbiamo temere la nostra morte, abbiamo invece
    ogni motivo di temere la morte dei nostri cari. Tutti possiamo mostrarci coraggiosi
    quando si parla della nostra fine, ma quando si tratta di dire addio
    a qualcuno a cui teniamo crollano le nostre maschere. Non si è mai
    vissuto abbastanza con qualcuno, non abbiamo mai avuto modo di
    confessargli i nostri sentimenti, di ricordargli che per noi era
    importante. Ed ecco che dunque la prospettiva della morte di un
    nostro caro ci spaventa, perché ci costringe a confrontarci con i
    nostri rimpianti, a tutto quello che avremmo potuto dire o fare ma
    che purtroppo non possiamo fare più. Per quanto sia terribile essere colpiti
    dalla verità, ovvero che il nostro tempo e quello di coloro a cui
    teniamo sulla terra è limitato, è un qualcosa a cui dobbiamo essere
    preparati, l’unica certezza che abbiamo relativa all’esistenza. Siamo
    solo di passaggio su questo pianeta ma non per questo dobbiamo temere
    la morte: non è detto che una volta giunti al capolinea vi sia
    qualcosa di terribile ad attenderci in seguito.
    La questione invece in merito alla
    quale hai il mio totale appoggio è quella dei piaceri. Tutto ciò
    che facciamo, lo compiamo per non soffrire e non avere turbamento. Il piacere è dunque principio e fine
    della nostre azioni e, in una più larga prospettiva, della vita. Non tutti i piaceri sono però sullo
    stesso livello e solo alcuni ci conducono alla felicità. Per
    “scegliere” quelli che sono i piaceri migliori bisogna
    utilizzare, come hai giustamente affermato, la saggezza, senza la
    quale non sarebbe possibile vivere una vita felice.
    Infine per quanto riguarda il potere
    del fato sulle vite degli uomini credo che tutto ciò che ci accade
    dipenda solo e unicamente dalle nostre scelte. L’uomo è dotato di
    libero arbitrio: è artefice del proprio destino ed è capace di
    prendere decisioni autonome senza il condizionamento del fato o di
    altri fattori. Ritengo dunque che siamo padroni delle
    nostre vite; è un fardello pesante ma che bisogna accettare e
    sostenere.
    In conclusione apprezzo molto il fatto
    che tu mi dia dei consigli. Li coglierò e mediterò su queste
    questioni, discutendone anche con gli altri, in modo tale da non
    avere mai più alcun tipo di turbamento.

  11. Francesca il said:

    Caro Epicuro,
    dopo aver letto la tua lettera mi sento di doverti rispondere e esporre alcuni miei ragionamenti, in parte affini ai tuoi, riguardo le tematiche da te affrontate sulla paura della morte e degli dei , sulla gestione dei bisogni e dei desideri.
    Inizierei spiegando il mio dissenso, anche se in parte, nei confronti della tua teoria riguardo gli dei.

    Io non credo che non bisogna necessariamente negare gli dei o un unico Dio anche perché nel mondo esistono diversi tipi di religioni e alcune di queste non credono in nessuna divinità, basti pensare agli atei, e inoltre, non credo che bisogna aver paura degli dei/ di Dio poiché secondo la mia religione Dio si occupa degli uomini, li ama ed è proprio per questo motivo che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza.

    Quindi concordo con il fatto di non dover avere paura delle divinità ma allo stesso tempo non sono d’accordo nel dire che queste non si occupano degli uomini e che restino indifferenti difronte alle tragedie. Dico questo perché condivido i principi della mia religione, ma le mie considerazioni potrebbero sembrare false per coloro i quali invece non professano quest’ultima.

    Per quanto riguarda la morte, invece, concordo pienamente con te.
    Infatti io ritengo che ogni uomo ha paura della morte, e questa può essere addirittura considerata la più grande  delle paure, ma nonostante ciò credo che tutti dovrebbero superarla anche perché come hai affermato ‘’Quando ci siamo noi la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo noi’’, in entrambi i casi noi non soffriamo ed è per questo motivo che non si deve temere la morte e quindi, bisogna accettare questa realtà ed abituarsi a quest’idea. Se ci si allontana da questa paura allora potremo vivere la nostra vita più serenamente. Ma anche se si riesce a prendere le distanze da questo timore l’uomo continua ad avere paura di perdere le persone a lui care. Ma anche in quest’ultimo caso, sono del parere che bisogna cercare di scacciare quest’ansia e vivere la vita giorno per giorno nella maniera più serena possibile.
    Inoltre mi trovo d’accordo anche sulla questione dei piaceri dato che anche io penso che i piaceri sono essenziali per il raggiungimento del fine ultimo della vita, e proprio perché sono un bene primo e innato, non possiamo scegliere ogni piacere. Inoltre questi derivano dal soddisfacimento di un determinato bisogno ed io concordo nuovamente con te poiché anch’io ritendo che sia necessario soddisfare solo quelli ritenuti necessari.
    Infine potrei dire che per quanto riguarda il destino umano non mi trovo perfettamente d’accordo con il tuo pensiero.
    Infatti ritendo che il nostro destino è già prefissato e questo è connesso con il mondo divino infatti credo che, anche se in piccola parte, le divinità influenzano il destino di ogni uomo e penso che tutto ciò che accade nella nostra vita sia già predestinato.
    Ti ringrazio nuovamente per i tuoi consigli e spero vivamente di poterti sentire ancora.

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    Meneceo

  12. Angelo cecere il said:

    Carissimo Epicuro,
    sulle questioni da te trattate devo dire che varie sono le mie considerazioni a riguardo, e su alcuni di questi non la penso come te. Per prima cosa, analizzando passo passo ciascuna delle tematiche da te trattate, inizio col dirti che sono pienamente d’accordo sull’idea del filosofare. Infatti penso che tutti possano essere filosofi, o meglio la maggior parte, infatti coloro che possono filosofare,  per me, sono coloro che spinti dalla curiosità si pongono delle domande e   cercano di darsi delle risposte adeguate e razionali. Dunque si può essere filosofi a qualsiasi età, da bambini, adulti e da anziani.Per quanto riguarda le tue considerazione sugli dei, concordo in parte su questa, infatti secondo me non c’è bisogno di un’ idea o un’immagine di divinità per descrivere un qualcosa che, come dici tu,  è immortale e che si trova in una continua situazione di beatitudine. C’è da dire però che se questi hanno creato il mondo, gli esseri umani e tutto ciò che ci circonda, dunque è per questo che è stato creato un legame tra mondo divino e mondo umane che, per me, continua ad esistere. Infatti, seppur minimamente, penso che il mondo divino influisca sul modo di agire e sul modo di pensare degli uomini. Infatti i nostri comportamenti, il nostro filosofare, è in un certo senso, influenzato dal modo in cui vediamo il divino. Dunque più che di una influenza diretta io parlerei di un’influenza indiretta, dettata dalla propria visione religiosa.Ora, dopo aver riletto attentamente e più volte le tue considerazioni sulla morte, devo dirti che per me è inammissibile non aver paura della morte. Ti prego di non insultarmi per questo, ma anche se  in parte è vero quello che dici, ovvero che non bisogna avere paura della morte perchè questa è indolore e che questa è ” perdita di sensazione”. E’ vero che magari la morte personale non deve spaventare  perchè è vero che quando non c’è la morte ci siamo noi e quando la morte c’è non ci siamo noi ma, la morte di qualcun’altro, magari di una persona a noi care, noi l’avvertiamo e viviamo anche il momento in cui morte e persona coesistono e quindi viviamo la morte indirettamente. Infatti per me è sbagliato considerare la morte come un qualcosa di lontano e di assolutamente impercettibile, come considero assolutamente sbagliato l’atteggiamento di coloro che dicono che appena nati bisogna  arrivare alla morte al più presto, perchè se realmente la si pensa in questo modo  si minimizza il concetto di vita e la possibilità di vivere. Dunque  alla morte, penso  che  non si debba guardare solamente a se stessi, perchè la propria morte è, appunto, la più indolore e percettibile, ma bisogna guardare anche l’altra faccia della medaglia e tenere in considerazione che la propria morte, viene percepita e vissuta dalle persone a noi care.Rileggendo le tue parole, vorrei collegarmi ad un’altra delle tue considerazioni, opposta alla precedente, il vivere e di come vivere felici. Infatti tutte le tue trattazioni riguardano il vivere, che è l’argomento principale di cui parlavo la scorsa lettera. Vorrei dirti che concordo con te sul fatto che la vita non sia il bene supremo, ammesso che oltre la vita ci sia un qualcosa. Perchè se tutto ciò in cui crediamo, dunque anche l’oltretomba, non esistesse, vuol dire che la nostra vita termina con la morte. Perciò penso che anche questa tua idea dipenda dalla tua visione religiosa che magari è in contrasto con le altre. Lasciando questo aspetto della vita, vorrei  dirti come la penso io. ”Perché non bevute e banchetti continui, né il godersi fanciulli e donne o pesci e quant’altro offre una lauta mensa genera una vita felice” Vorrei partire da questa tua citazione. Devo dire che concordo pienamente con questa tua affermazione e che dunque anche per me una vita felice non coincide solamente con un benessere fisico ma anche con un benessere morale. Infatti credo la vita di ognuno, e che dunque la felicità di ciascuno di noi sia raggiungibile in maniera diversa. Infatti sappiamo entrambi che esistono desideri necessari  e altri superflui, e che ogni uomo sceglie se soddisfare i primi o i secondi. Ma tralasciando ciò, credo che l’uomo più saggio e che possa raggiungere una vita felice  sia colui che riesce trovare la felicità in ciò che ha. Infatti credo sia più felice una persona che riesce a sfruttare al meglio ciò che possiede rispetto ad un’altra che cerca sempre di possedere di più, perchè, secondo me, il desiderio di possedere sempre più, non porterà mai ad essere felici. Riassumendo penso che la felicità non deve essere trovata nelle grandi cose, bensì nel riuscire a ponderare i propri desideri non dimenticando mai il lato non materialistico delle cose. Questa ponderazione dei desideri però non deve portare ad un’imperturbabilità totale, e quindi limitare i propri desideri, ma bisogna che ci sia un equilibrio tra desideri e necessità. Nel senso che i nostri desideri, come normale che siano, sono dettati da una mancanza e questa mancanza, se necessaria, bisogna essere soddisfatta e dunque bisogna distinguere i desideri superflui dalle necessità.Concludo qui la mia lettera dicendoti che mi ha fatto molto piacere sentirti e confrontarmi con te, ti lascio qui la mia e-mail così magari possiamo sentirci più spesso.

    A presto

    menekeius@gmail.com

  13. Sofia Imprudente il said:

    Caro Epicuro,
    ho letto la tua lettera, e ti rispondo illustrandoti i miei ragionamenti e le mie riflessioni su quello che mi hai scritto.
    Prima di tutto credo anche io che filosofare sia lo strumento per arrivare alla felicità, per questo si può dire che in un certo senso non abbia età. Tutti devono fare filosofia, giovani e meno giovani, per arrivare ad essere felici con l’assenza di timore di fronte al futuro. La filosofia è quindi intesa come un bisogno umano che conduce alla felicità, che insegna a pensare correttamente per vivere bene.
    Tu consideri il divino un essere immortale e beato, e che le divinità esistono, ma non come la maggioranza le concepisce. Si è soliti, infatti, attribuire all’ influenza delle divinità alcune situazioni che ci accadono nella nostra vita, siano esse positive o negative. Per te questo modo di pensare non è corretto, perché sostieni che gli dei non intervengano nella nostra vita. Ecco si può dire che io concordi solo in parte con ciò che sostieni. Dobbiamo abituarci che la nostra vita è una conseguenza delle nostre azioni, perciò se ci accade qualcosa di brutto o bello dipende quasi sempre da noi. Tuttavia in alcuni casi sembra non abbiamo nessun controllo su ciò che accade nella nostra esistenza, ma che le cose debbano andare semplicemente così. Ecco in questo caso penso che se ci dovesse capitare un male o un bene, allora potrebbe non dipendere da noi. Non sono d’accordo quando tu dici che gli dei, in un certo senso, rifiutassero quello che non è simile a loro.  Significherebbe che le divinità, Dio, non si curassero per nulla degli uomini, e per me non è così.
    Un altro argomento da te trattato è quello della morte. Secondo te la morte è nulla per noi, e perciò non dobbiamo temerla. Essendo la morte perdita di sensazioni non ci arrecherà alcun dolore, capendo ciò potremmo essere in grado di vivere la nostra vita mortale in modo più piacevole e tranquillo. Sono molti, infatti, secondo te, che non riescono a vivere bene perché temono la morte, non perché gli porterà dolore, ma per la paura che hanno nell’affrontarla quando arriverà.
    Ecco su questo punto sono d’accordo con te. La morte è un argomento difficile da affrontare, e tutti in fondo abbiamo paura della morte e di quello che accadrà dopo, tuttavia non possiamo lasciarci sopraffare da questa inutile paura che può solo impedirci di vivere in modo sano. Ci vive costantemente con la paura di morire, dopotutto non vive veramente o comunque non con la dovuta serenità.
    Però non si deve neppure prendere la questione con leggerezza. Non concordo quando dici che chi non vuole più vivere ha il potere di abbandonare la vita. Per me la vita è una cosa importantissima, un dono, e non possiamo semplicemente abbandonarla, qualunque sia la nostra situazione.
    Hai anche parlato dei piaceri, ecco qui sono pienamente d’accordo con ciò che dici. Per te il piacere è “principio e fine della vita beata”, noi facciamo le nostre scelte in base al raggiungimento di questo fine, il piacere, perché quando c’è questo, non soffriamo.
    Può capitare, però, che un bene sia per noi un male e porti con se un male maggiore, e anche il contrario, che un male ci porti invece beneficio. Noi perciò siamo portati a scegliere il bene o il male in base a quello che porterà con se.
    Concordo poi, sul fatto che bisogna abituarsi non alle ricchezze, ma alla frugalità. Questo perché, come nell’esempio da te riportato, chi è abituato a banchetti sontuosi, non è più in grado di avere piacere dai cibi semplici, e quindi dalle piccole cose.
    In conclusione rifletti sul destino e sulla sorte, affermando che questi non possano essere controllati e non siano prefissati. Per me il nostro futuro dipende dalle nostre azioni, dal nostro libero arbitrio, che come sostieni tu, può essere soggetto di biasimo o di lode. Per questo dipende da noi se compiamo azioni giuste o sbagliate.
    Detto questo ti saluto e spero che ti sia piaciuto quanto ho scritto.
    A presto
     
    Meneceo

  14. Raffaela Pastore il said:

    Caro Epicuro,
    ho con piacere letto e riletto la lettera inviata. L’ho analizzata con attenzione e devo dirti che mi ha spinto a riflettere molto, per questo mi farebbe piacere mostrarti alcune mie riflessioni su quanto hai scritto.
    Sono completamente d’accordo nel dire che la ricerca della felicità, che tu affianchi al filosofare, debba essere un attività riguardante tutti, compreso giovani e anziani, poiché nessuno deve mai precludere a se stesso la possibilità di essere felici; anzi, credo che è proprio quando si è in tenera età che la ricerca della conoscenza sia fondamentale e disinteressata: si ha una totale curiosità verso il mondo che ci circonda. Allo stesso tempo, è da anziani che, conoscendo gran parte delle cose che ci circondano, riusciamo a comprendere anche quegli aspetti che precedentemente ci erano impossibili da vedere.
    Secondariamente, invece, sono d’accordo nel dire che per essere felici bisogna intendere le divinità come un qualcosa di immortale e beato, ma non interessato all’uomo. Sono ingannevoli infatti i racconti del popolo che attribuiscono alle divinità meriti o colpe che in realtà non hanno e ciò porta ad avere una falsa considerazione di quest’ultimi. Considero gli dei come qualcosa di superiore che non si interessa alla vita dell’uomo, in quanto essere minore ad essi. L’uomo, pertanto, non deve a sua volta interessarsi degli dei, essendo quest’ultimi troppo diversi e lontani. Credo, tuttavia, che l’uomo che ha bisogno di poter affibbiare certi eventi sgradevoli, in casi di totale sconforto che sono fuori dal suo controllo, a qualcuno di più grande di se stesso (qualcuno che va oltre la sua comprensione) per minimizzare il suo senso di colpa e trovare sollievo e conforto, non debba essere giudicato e condannato – in quanto il suo agire è teso verso una felicità “apparente” che egli reputa come vera -, ma aiutato a ritrovare fiducia in sé stesso.
    Per quanto riguarda la tua visione della morte, se consideriamo quest’ultima come “personale” e non di un altro individuo, devo ammettere di avere idee molto indecise. Con il dire “non c’è infatti nulla di temibile nella vita per chi ha la profonda convinzione che nulla di temibile vi è nel non vivere più” sono completamente d’accordo; tuttavia, l’ultima parte di questa frase è quella che più mi spinge a riflettere: ” nulla di temibile vi è nel non vivere più”.
    Da un lato è vero che quando ci siamo noi non c’è la morte e quando c’è la morte noi non ci siamo più, dunque la morte è nulla per noi. Però ciò riguarda, forse anche egoisticamente, solo il “noi” (la persona sul punto di morte) in particolare. Difatti credo che generalmente, accanto al timore della morte, in un uomo esista il timore di ciò che avverrà dopo; non dopo in una qualsivoglia vita ultraterrena, ma un dopo relativo alla vita terrena. Un uomo, quando muore, lascia indietro un mondo che è in continua evoluzione, ma sopratutto lascia i suoi cari, le persone che più ha amato durante la sua vita. Quindi, accanto al timore della morte, spesso vi è la paura che senza di noi possa capitare qualcosa di male alle persone che amiamo, la paura di non aver fatto abbastanza, la paura di non aver detto la cosa giusta quando ce ne era il bisogno, la paura di non essere stati in grado di avergli fatto capire l’amore che provavamo… Per cui, sì, c’è la morte e noi non ci siamo, ma ci sono tutti i nostri cari e saranno loro a soffrire, e forse è questo che fa paura di più.
    Infine condivido totalmente la tua teoria che riguarda i desideri.
    Tutti i piaceri sono un bene ma non tutti sono da scegliere così come tutti i dolori sono un male, ma non tutti sono da evitare. Infatti talvolta è necessario imbattersi in alcuni dolori, poiché sono proprio quest’ultimi ad irrobustirci e farci apprendere determinate cose e a farci, inoltre, apprezzare di più i piaceri.  Però, per l’uomo il bene supremo non è provare il massimo piacere, ma limitare il più possibile i propri desideri e di conseguenza le cause di sofferenza, in quanto più piccolo è il desiderio tanto è più facile soddisfarlo, e non perché dobbiamo accontentarci sempre e soltanto del poco, ma perché, se non abbiamo il molto, sappiamo farci bastare il poco. Inoltre, bisogna ricordare che le piccole cose sono quelle più vere, che hanno l’aspetto del nulla ma che infondo ci donano la pace e la serenità.
    Con questo, caro amico, concludo la mia lettera. Spero di sentirti presto e non aver timore di correggermi se qualche mio ragionamento ti è sembrato sbagliato. Ti saluto..
     
                                                                                            

  15. Antonio Tessitore il said:

    Caro Epicuro,

    ho appena ricevuto la tua lettera e come sempre mi ha molto affascinato il suo contenuto. Sono d’accordo con te sul fatto che non è mai troppo tardi per filosofare, anche se facendo un paragone fittizio fra un filosofo anziano e un filosofo giovane potremmo ben notare che il filosofo più anziano ha più “carte in tavola” per arrivare ad una conclusione razionale. E anche vero il tuo pensiero sulla vita, infatti, non conta quanto possa essere lunga, ma conta come va vissuta sapendo dosare sia i piaceri e sia i sacrifici. Ma per quanto riguarda la tematica della morte sono in parte concorde con te. Il tuo pensiero sulla morte è giusto, sul fatto che quando moriamo non proviamo nè sensazioni nè piaceri, ma mettiti nei panni dei familiari del defunto. Non pensi che siano affranti dal dolore per la perdita del loro caro? Io penso proprio di si… Non avere un pensiero egoista su ciò. Parli anche di cosa sia la felicità, quindi che essa sia basata sulla serenità e sulla prudenza. Ma pensando in generale sulla vita, fatta di problemi e ansie, non ritieni che ci sia il bisogno di distrarsi un pò e quindi di godersi il piacere delle donne e del cibo? Sono questi i punti che mi hanno un pò colpito del tuo filosofare e spero che potremmo vederci un giorno in modo tale da potermi descrivere le tue considerazioni in merito alla mia lettera, magari bevendoci del buon vino.

    Un saluto,

    Meneceo

    • proflombardi il said:

      Firmati pure Antonio, sei tu che rispondi, non Meneceo. Stai attento all’ortografia e cerca di sviluppare in modo più approfondito le tue argomentazioni. Comunque bene.

  16. Federica Fioretti il said:

    Caro Epicuro,
    ti scrivo per esporre le mie considerazioni sulle interessanti tematiche da te trattate nella tua lettera. Seppure io concordi con alcune tue idee, mi trovo invece in disaccordo con altre.
    Innanzitutto condivido quanto hai affermato sulla filosofia. Essa è la via per la felicità e per tale motivo a nessuno deve essere negata la possibilità di intraprendere questa ‘via’, né ai vecchi né ai giovani poiché reputo che ogni momento della nostra vita sia il momento adatto per essere felici. La felicità deve essere il nostro obiettivo nella vita e bisogna dunque fare ciò che ci permette raggiungerlo così che la nostra esistenza non sia solo un monotono alternarsi di giornate, ma sia invece degna di essere vissuta.
    In merito alla tua concezione della divinità, invece, sono costretta a controbattere.
    Come hai ben affermato, gli dei esistono ma, secondo la mia opinione, non si limitano semplicemente a preoccuparsi alle loro attività e dei loro simili, ignorando tutti coloro che sono diversi da essi. Credo invece che agli dei stiano a cuore le vicende umane e che anzi essi siano una presenza fondamentale nella vita dell’uomo, una costante che ci accompagna dalla nascita e sulla quale possiamo fare affidamento. Non posso credere che gli dei, incuranti degli uomini, ci “abbandonino” alle nostre vite, restando indifferenti in merito alle tragedie che ci colpiscono e ai drammi che affrontiamo. Al contrario sono convinta che proprio nei momenti più difficili la divinità intervenga nelle nostre vite aiutandoci, magari senza che noi ce ne rendiamo conto, a superare quegli ostacoli che sembrano insormontabili. La divinità è dunque parte delle nostre vite, che noi ci crediamo e siamo disposti ad accettarlo o meno, ma ciò non deve farci vivere nella paura.
    Per quanto riguarda invece la morte, credo che essa non debba essere temuta poiché, come hai ben sottolineato, se ci siamo noi non c’è la morte, e quando c’è la morte noi non siamo più. La morte dunque non deve spaventarci: una volta morti noi uomini smettiamo di percepire e dunque di provare dolore. Se quindi non dobbiamo temere la nostra morte, abbiamo invece ogni motivo di temere la morte dei nostri cari.
    Tutti possiamo mostrarci coraggiosi quando si parla della nostra fine, ma quando si tratta di dire addio a qualcuno a cui teniamo crollano le nostre maschere. Non si è mai vissuto abbastanza con qualcuno, non abbiamo mai avuto modo di confessargli i nostri sentimenti, di ricordargli che per noi era importante. Ed ecco che dunque la prospettiva della morte di un nostro caro ci spaventa, perché ci costringe a confrontarci con i nostri rimpianti, a tutto quello che avremmo potuto dire o fare ma che purtroppo non possiamo fare più. Per quanto sia terribile essere colpiti dalla verità, ovvero che il nostro tempo e quello di coloro a cui teniamo sulla terra è limitato, è un qualcosa a cui dobbiamo essere preparati, l’unica certezza che abbiamo relativa all’esistenza. Siamo solo di passaggio su questo pianeta ma non per questo dobbiamo temere la morte: non è detto che una volta giunti al capolinea vi sia qualcosa di terribile ad attenderci in seguito.
    La questione invece in merito alla quale hai il mio totale appoggio è quella dei piaceri. Tutto ciò che facciamo, lo compiamo per non soffrire e non avere turbamento. Il piacere è dunque principio e fine della nostre azioni e, in una più larga prospettiva, della vita. Bisogna però, come hai giustamente affermato, saper dosare piaceri e dolori; non tutti i piaceri sono però sullo stesso livello e solo alcuni ci conducono alla felicità, così come non tutti i dolori devono essere evitati.
    Infine per quanto riguarda il potere del fato sulle vite degli uomini credo che tutto ciò che ci accade dipenda solo e unicamente dalle nostre scelte. L’uomo è dotato di libero arbitrio: è artefice del proprio destino ed è capace di prendere decisioni autonome senza il condizionamento del fato o di altri fattori. Ritengo dunque che siamo padroni delle nostre vite; è un fardello pesante ma che bisogna accettare e sostenere.
    In conclusione apprezzo molto il fatto che tu mi dia dei consigli. Li coglierò e mediterò su queste questioni, discutendone anche con gli altri, in modo tale da non avere mai più alcun tipo di turbamento.

  17. Camilla Buono il said:

    Caro Epicuro,
    Come stai?
    Inizio col dirti che concordo con te che con il tuo pensiero nel aver paura della morte ma devo anche dirti che;non bisogna vivere nella paura di morire perché la vita va vissuta a pieno giorno per giorno con le proprie felicità e paure.Sono però il disaccordo con un tuo pensiero sempre riguardante la morte ,poiché amico caro, ti sento estremamente  “egoista” da un certo punto di vista.Come si può pensare che la tua morte non possa provocare dolore  e seminare tristezza ai tuoi amici e ai tuoi  cari? Mi preoccuperebbe più questo dolore che quello della mia  singola morte..Anche il raggiungimento della felicità può essere una  distrazione per questa  “paura” perché come appunto da te specificato “se si ha tutto ciò che si desidera si è felici, perché non si va alla ricerca di un qualcos’altro .Inoltre devo contraddirti  sul pensiero di poter filosofare a tutte le età,poiché secondo il mio modesto parere per poter filosofare bisogna essere saggi, e per poter essere saggi bisogna aver avuto esperienze,e  di conseguenza solo l’età ti può donare esperienza. Per quanto riguarda il destino,sono molto titubante e confusa,poiché alcune volte sembra cosi palese che il FATO faccia determinate cose perché debbano succedere;anche se il destino è una cosa che abbiamo creato noi,”mentalmente intendo”.Da una parte penso che il destino dipenda pienamente da noi,le nostre azioni sono le conseguenze di ciò che poi sarà,ma dall altro lato non credo che tutto sia scritto e “colpa” del destino,molte volte in certi sbagli ci capiti senza neanche volerlo, e qui il Destino di chi era?Di chi ha compiuto il fatto o di chi è stato ingannato dal fatto compiuto?Spero possa ricevere una tua risposta al più  presto per eliminare ogni mio dubbio. A presto
     
    Meneceo.

  18. Doriana Menna il said:

     
    Caro Epicuro, 
    Ti ringrazio di avermi fatto leggere questa lettera, in quanto grazie ad essa ho potuto riflettere e ragionare su molti argomenti per giungere alla conclusione che riguardo ad alcuni sono d’accordo con le tue tesi mentre con altri purtroppo ho idee differenti. Innanzitutto sono pienamente d’accordo con il tuo l’unto di vista riguardo al fatto che non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell’anima. Chi sostiene che non è ancora giunto il momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come se andasse dicendo che non è ancora il momento di essere felice, o che ormai è passata l’età. Da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani, irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l’avvenire. Cerchiamo di conoscere allora le cose che fanno la felicità, perché quando essa c’è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo per averla. Per quanto riguarda la tua considerazione nei confronti degli dei, io non sono d’accordo con il tuo discorso. Credo che questi ultimi seppur non essendo caratterizzati da uno stile di vita come il nostro, oppure non essendo in relazione con noi, siamo sempre presenti nel nostro percorso di vita, anche se non fisicamente. Loro non sono invisibili come si crede, infatti penso che in ogni minima difficoltà se ci si affida a loro, non ci volteranno di certo le spalle poiché  non vogliono il nostro male, anzi quanto succede qualcosa di decisivo per la nostra vita se vogliamo loro ci mostrano segnali e ci indicano qualcosa indirettamente e a quel punto sta a noi captare o meno il messaggio da loro mandato. Per me essendo una persona credente ,rappresentano degli angeli custodi, anche da molte testimonianze ricevute che mi hanno spinto ad essere sempre più convinta di una tesi che già pensavo. La cosa importante però è vivere questa cosa nella serena più assoluta senza far diventare questa condizione qualcosa di assillante per la nostra vita, in quanto ci sono persone persone che si affidano solo a queste divinità senza pensare più al resto è credo che questa sia una condizione che metta a repentaglio la vita dell’uomo perché ciò sfocia in un sorta di estraniamento dal mondo e questo può essere un danno per l’individuo. Per quanto riguarda la morte sono d’accordo quando dici che quando noi viviamo la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo noi. Questo ragionamento è valido quando si parla in prima persona perché è vero che quando siamo in vita la morte é un qualcosa che non ci appartiene e che quando moriamo, quindi quando c’è la sua presenza noi in quel momento non ci siamo più e quindi è una sorta di percorsa ciclico che è umano e non si può deviare in nessun modo perché alla fine è il percorso che ognuno di noi avrà. Ma questo non deve essere qualcosa che ci limiti e ci spaventi, anzi deve essere un incentivo a vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo perché la vita è una sola e non deve essere sprecata in nessun modo. Riguardo quella frase però credo che come sia giusta utilizzata in prima persona, quando si parla della morte dei nostri familiare o conoscenti la leggiamo in un modo differente, con una sorta di malinconia, poiché è vero che quando ci sono le persone a noi care non c’è la morte e quando c’è la morte non ci sono le persone a noi care, ma quando vengono a mancare quest’ultime è come se non ci fossimo nemmeno un po’ noi. Tutto questo perché da un giorno all’altro la nostra vita si stravolge, cambia e ciò che prima per noi era solito fare con determinate persone viene a sostituirsi con un senso di mancanza inappagabile. Ricordiamoci poi che il futuro non è del tutto nostro, ma neanche del tutto non nostro. Solo così possiamo non aspettarci che assolutamente s’avveri, né allo stesso modo disperare del contrario. Così pure teniamo presente che per quanto riguarda i desideri, solo alcuni sono naturali, altri sono inutili, e fra i naturali solo alcuni quelli proprio necessari, altri naturali soltanto. Ma fra i necessari certi sono fondamentali per la felicità, altri per il benessere fisico, altri per la stessa vita. Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo e alla perfetta serenità dell’animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e dall’ansia. Una volta raggiunto questo stato ogni bufera interna cessa, perché il nostro organismo vitale non è più bisognoso di alcuna cosa, altro non deve cercare per il bene dell’animo e del corpo. Infatti proviamo bisogno del piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non soffriamo non ne abbiamo bisogno. Per questo noi riteniamo il piacere principio e fine della vita felice, perché lo abbiamo riconosciuto bene primo e a noi congenito. Ad esso ci ispiriamo per ogni atto di scelta o di rifiuto, e scegliamo ogni bene in base al sentimento del piacere e del dolore. E’ bene primario e naturale per noi, per questo non scegliamo ogni piacere. Talvolta conviene tralasciarne alcuni da cui può venirci più male che bene, e giudicare alcune sofferenze preferibili ai piaceri stessi se un piacere più grande possiamo provare dopo averle sopportate a lungo. Ogni piacere dunque è bene per sua intima natura, ma noi non li scegliamo tutti. Allo stesso modo ogni dolore è male, ma non tutti sono sempre da fuggire. Bisogna giudicare gli uni e gli altri in base alla considerazione degli utili e dei danni. Certe volte sperimentiamo che il bene si rivela per noi un male, invece il male un bene. Consideriamo inoltre una gran cosa l’indipendenza dai bisogni non perché sempre ci si debba accontentare del poco, ma per godere anche di questo poco se ci capita di non avere molto, convinti come siamo che l’abbondanza si gode con più dolcezza se meno da essa dipendiamo. In fondo ciò che veramente serve non è difficile a trovarsi, l’inutile è difficile.La fortuna per il saggio non è una divinità come per la massa – la divinità non fa nulla a caso – e neppure qualcosa priva di consistenza. Non crede che essa dia agli uomini alcun bene o male determinante per la vita felice, ma sa che può offrire l’avvio a grandi beni o mali. Però è meglio essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti, e nella pratica è preferibile che un bel progetto non vada in porto piuttosto che abbia successo un progetto dissennato. Medita giorno e notte tutte queste cose e altre congeneri, con te stesso e con chi ti è simile, e mai sarai preda dell’ansia. Vivrai invece come un dio fra gli uomini. Non sembra più nemmeno mortale l’uomo che vive fra beni immortali. 
    Con questo concludo amico mio, a presto. 
     

  19. Anna il said:

    Caro Epicuro,

    ho letto la tua lettera e ti sto scrivendo ora per dirti che ho alcune considerazioni da fare, dato che su alcuni punti mi trovo in pieno accordo con te. Sull’argomento DEI la domanda che tu ti poni è come dobbiamo immaginarli.. Posso dirti che nei giorni nostri la domanda è molto ricorrente, sono molte le religioni che esistono, e l’unica cosa che ci aiuta ad avvicinarci ad essa è la fede, personalmente attraverso la fede e la chiesa, sono riuscito a farmi una mia idea di Dio. La religione ci aiuta a superare anche il tema della morte. Secondo un mio pensiero l’uomo non ha paura di morire, ma è il dolore, la sofferenza e l’angoscia che ci spaventa, spesso quelli a soffrire di più sono i familiari del defunto i quali sentono l’assenza di una persona cara. Inoltre credo che chi ha fede debba consolarsi pensando che sta lasciando un mondo pieno di cattiveria e ingiustizie per raggiungerne un altro ricco di pace. Infine trovo nella tua lettera un tema che ha suscitato in me una certa attenzione. La felicità…Tutti forse nella loro vita hanno provato a dare una risposta a cosa sia la felicità, beh io credo che sia un elemento molto soggettivo, ognuno di noi può trovare la felicità in diversi contesti. C’è chi dedica la propria vita alla famiglia e i figli, c’è chi si dedica al lavoro trovando trovando in esso una soddisfazione personale, e invece c’è chi la felicità la immedesima negli oggetti e dunque nelle ricchezze materiali.. La risposta quindi a tale domanda credo sia diversa da persona a persona. Caro amico mio leggere la tua lettera mi ha portato alla mia mente diversi stimoli che mi hanno permesso di confrontarmi con me stesso e dunque farmi riflettere, ti ringrazio a presto!

    Meneceo

  20. Vincenzo Grimaldi il said:

    Caro Epicuro,

    sono molto contento di aver ricevuto questa lettera, piena di argomenti stimolanti e riflessivi. In questa lettera di risposta intendo dirti le mie opinioni sulle tematiche da te trattate, inizio col dire che sono d’accordo con te sull’idea di filosofare. Infatti per me la filosofia non ha età, anzi si inizia sin da bambini con la fatidica domanda “Perchè?”,  secondo me, le persone, anche da anziani, non devono mai smettere di essere curiosi e continuare a sviluppare questa magnifica arte. Per quanto riguarda il tuo ragionamento sugli Dèi, ovvero che essi ci hanno creato ma non si curano dei nostri affari, io non concordo pienamente. A mio parere, Dio ci ha creati per uno scopo ben preciso, però egli influenza la nostra vita in maniera parziale, nel senso che egli cerca di indicarci la giusta via, poi sta a noi decidere se cogliere il suo “messaggio” oppure no. Scegliamo noi cosa essere o diventare.
    Sulla tua concezione di felicità, non concordo a pieno. Per me la felicità, vera e propria, non è raggiungibile dall’uomo a causa della sua ambizione e incapacità di accontentarsi. Però sostengo che la vita ci regali degli attimi di felicità, anche se non riusciamo a coglierli al pieno, che allo stesso tempo, ripensando a suddetti momenti, ci rendono tristi perchè scivolano via.
    Sulla felicità hai detto anche che essa non è godersi fanciulli e belle donne, mangiar e bere in grande quantità, ma essa è caratterizzata da due elementi principali: serenità e prudenza, che ci garantiscono un equilibrio psicologico. Anche io la penso come te, amico mio, però credo che ogni tanto l’uomo, a causa dei troppi problemi che ha, si debba lasciare andare a qualunque tipo di vizio. I piaceri devono essere presenti nella vita di un uomo, ma non prendere il sopravvento.
    Nella tua lunga, ma intensa lettera hai parlato anche della morte e della paura che noi abbiamo. Tu dici che non dobbiamo aver paura di essa perchè una volta morti non sentiamo dolore, per me questo avviene solo tramite una morte naturale, anzi sostengo che una morte causata da una malattia sia molto dolorosa e straziante. Inoltre, non devi pensare in maniera individuale, perchè devi considerare anche le persone care che tu stai lasciando e anche la loro successiva tristezza, manifestata molto spesso attraverso il pianto. Personalmente sostengo che la morte di una persona a noi cara sia molto più dolorosa, rispetto alla nostra morte.
    Infine hai parlato del futuro, secondo te esso è nelle mani del destino, ma per me sta nelle azioni dell’uomo. Come ho detto in precedenza, possiamo essere invogliati dal Signore a scegliere la retta via, ma fino ad un certo punto.
    Bene, spero che tu risponda alle mie opinioni, anzi spero di rivederti presto amico mio.

    Meneceo.

  21. Marco Turturiello il said:

    Carissimo epicuro,
    Inizio subito col dirti che sono d’accordo con te per quanto riguarda il concetto di filosofare, poiché tutti ne hanno il diritto ma sopratutto possiedono la libertà di farlo dal più giovane al più anziano…e chissà che non sia proprio questo un modo di raggiungere la felicità, che consiste nell’unica cosa importante che ti porta a stare bene con te stesso.
    Una delle cose che più mi ha colpito di questa lettera è la concezione del divino, visto come un qualcosa di totalmente distaccato dalla vita terrena;
    Gli dei non intervengono ma a mio parere modificano il modo di pensare degli essere umani poiché rappresentano un qualcosa in cui credere e riporre speranza.
    La speranza è importante quasi quanto la felicità poiché se presente riesce a tenere lontani tutti i cattivi pensieri che inevitabilmente provano a colpirci come quello della morte…ovviamente tutti hanno paura di essa, ma come tu hai detto non bisogna farci sopraffare da questa paura, per il semplice motivo che non potremmo mai sapere cosa ci aspetta dopo la vita terrena, magari sarà come un bel sogno in cui potremmo fare tutto quello che vogliamo, chissà, e pensando in questa modo anche la vita potrebbe essere migliore, anzi sicuramente sarebbe migliore.
    Parlando dei sacrifici invece penso che essi siano direttamente proporzionali ai piaceri poiché questi ultimi si raggiungono solo in questo modo…ovviamente bisogna dosarli poiché né i primi nè i secondi possono prevalere sugli altri.
    Così come i piaceri anche il futuro è nelle nostre mani, solo noi siamo in grado di modificarlo e non esistono altre entità in grado di modificarle direttamente ma solo indirettamente modificando il nostro modo di pensare. La filosofia è forse essa stessa la saggezza ma affiancandola alle esperienze dirette possiamo vivere come dici tu da dio fra gli uomini.
    Alla prossima…

    Meneceo

  22. Giorgia Bruno il said:

     
    Caro Epicuro,
    Leggendo questa tua lunga lettera sono d’accordo con te che l’anima deve essere curata con una pratica terapeutica e sicuramente la filosofia è quella che può dare al saggio una vita tranquilla vera e autentica.
    Riguardo al tetrafarmaco sono d’accordo con te in merito al timore degli dei, i quali giustamente sono lontani da noi, vivono negli intermundia beati, imperturbabili e indistruttibili e non si interessano dei nostri affari. Anche riguardo alla morte essa giustamente non può fare paura poiché quando noi siamo la morte non c’è e quando c’è la morte noi non ci siamo. Riguardo al piacere condivido che ci può essere sicuramente quando c’è l’assenza di turbamento (aponia) e l’assenza del dolore (atarassia). La cosa invece su cui ho delle perplessità è la considerazione del dolore e della sofferenza. Tu dici che non dobbiamo aver paura delle malattie perché possono essere di breve durata, che possono finire con il ripristino della salute o con la morte, o possono essere croniche, che secondo te possono divenire una seconda natura e il dolore può essere controllato con un corretto uso della ragione. In merito alla sofferenza penso invece che la tua definizione va in contrasto con quella che hai fatto del piacere. L’essere umano può soffrire in vari modi per me: di ansia, di colpa, di rabbia, di depressione. Basta solo un problemino di queste quattro categorie per rovinare l’intera vita di un essere umano, ma noi uomini siamo abilissimi e qualche volta sono presenti nell’essere umano tutti e quattro contemporaneamente. Queste mettono un’agitazione mentale e fisica e a volte bloccano alcune abilità come parlare o muoversi, danno un senso di confusione e uno scarso controllo generale. A questo punto mi viene da chiedermi come si può pensare di convivere bene con questo dolore cronico? Il nostro cervello starà continuamente in uno stato di allarme e tutto l’organismo è sempre pronto a rispondere all’incombere di una tragedia. Può essere felice con questa sofferenza l’essere umano? Penso proprio che la sofferenza sia l’unico farmaco che non si può razionalizzare come tu dici. Gli eventi della vita sono talmente tanti e innumerevoli, per cui di fronte alla sofferenza nessuna cura dell’anima è possibile. Solo col tempo si potranno risolvere delle situazioni di sofferenza, ma intanto possiamo dire che abbiamo vissuto felici lo stesso?
    Ti abbraccio calorosamente e se dovrai darmi altre dritte per la ricerca della felicità attendo con ansia le tue risposte per la cura dell’anima
    Meneceo
     

  23. Alessia Preziuso il said:

    Carissimo amico, é vero quando dici che siamo preoccupati di essere felici…ed é questa la vera preoccupazione che ci afflige..dal momento in cui abbiamo la consapevolezza di ciò…Ma é pur vero che tutti noi cerchiamo rifugio e consolazione per questa ricerca in tante altre cose che la vita stessa ci propone..a volte mi sento felice con poco..mi basta uno sguardo,un gesto ..altre invece non trovo pace e mi tormento…A volte mi chiedo cosa sia quest felicità che tutti gli esseri umani tendono a raggiungere …e mi trovo nelle tue parole..il piacere primo è nella serenità…Ma alla mia età è sicuramente un pochino difficile sentirsi sereni..Siamo instintivamente portati a sentirci “padroni del mondo e del nostro destino”…Senza capire che la sorte non è tutta nelle nostre mani…ma credimi ce la metterò tutta per avere una vita che sia degna di questo nome e farò di tutto per contare solo sulle mie forze!

    Tantissimi saluti,Meneceo.

    • proflombardi il said:

      Un pò troppo sintetica, non trovi? Avresti potuto argomentare maggiormente le tue considerazioni, comunque va bene così.

  24. Simone Severino il said:

    Caro Epicuro,
    ho letto con molto interesse la lettera da te scritta, e posso dirti con gioia che sono completamente d’accordo con te col fatto che filosofare non ha età.
    Chiunque può filosofare, dal più vecchio al più giovane (seppur con qualche limitazione); certamente una persona più vecchia potrà farlo in modo migliore poiché più saggia e con maggiore esperienza, ma in generale chiunque ha fantasia (e tempo da spendere) è in grado di farlo.
    Per quanto concerne la felicità, posso confermare che l’essere umano se non è felice, fa di tutto per diventarlo, ma nel momento in cui lo diventa, nell’apprezzare molto quel momento di gioia, tende a strafare senza fermarsi a ciò che ha ottenuto, cercando sempre di più.
    Io credo che la morte non debba essere temuta, tantomeno desiderata, poiché se la si teme, si vive con angoscia e non si gode la vita per i suoi piaceri e per i suoi rischi, mentre se la si desidera significa che non si sta vivendo al meglio la vita, pertanto è necessario effettuare la sopracitata ricerca della felicità, però in modo contenuto. L’ uomo dovrebbe perciò essere indifferente nei confronti di questo concetto e vivere la vita giorno per giorno.
    Inoltre credo che non  bisogna vivere nella convinzione pessimistica che il futuro non si possa avverare secondo i nostri desideri, ma avere sempre la speranza che i desideri che ci possono portare alla felicità debbano essere realizzati progettandone una visione saggia e razionale.
    Difatti per vivere una vita felice, occorre utilizzare il principio della prudenza in quanto, da essa, hanno origine tutte le altre virtù, le quali ci possono condurre ad una vita felice.
    Concludendo, posso sostenere che il nostro destino non è deciso a priori, poiché le decisioni che dipendono da noi si integrano con tutte le casualità che la vita ci pone sul percorso della nostra esistenza; ed è i libero arbitrio di cui tutti gli uomini sani di mente sono dotati, che ci permette di concludere le scelte al meglio delle nostre capacità intellettive e morali.
    Spero che queste riflessioni siano state stimolanti per te come le tue lo sono state per me.
    Saluti,
     
    Meneceo.

  25. Nunzia Di Palma il said:

    Caro Epicuro,

    ho ricevuto la lettera da te mandatami , sono rimasta molto colpita per i diversi argomenti da te trattati. In questa lettera voglio esprimere le mie considerazioni/ opinioni sulle tue tesi. Sono molto d’accordo sull’argomento del filosofare , credo anch’io come te , amico mio, che chiunque piccolo, giovane o grande che sia debba avere la possiblità di conoscere la felicità e di raggiungerla se si vuole , ma suppongo che tutti vorrebbero provare questa emozione.  La felicità per quanto mi riguarda è una delle emozioni più belle che possano esistere, inoltre la considero soggettiva , ognuno di noi può trovare la felicità in varie occasione , tipo la famiglia ,un contratto di lavoro a tempo indeterminato oppure nell’amore .Bisogna dunque esercitare ciò che procura la felicità, perché se abbiamo questa, abbiamo tutto, ma se manca, facciamo di tutto per averla. Quando poi si raggiunge la felicità si vuole avere  di più poichè l’uomo da sempre non è mai riuscito ad accontentarsi e mai ci riuscirà. Riguardo il tema della morte non sono d’accordo con te , quanto lo ero con il filosofare, tu affermi “quando noi viviamo la morte non c’è , quando c’è lei non ci siamo noi”. In un certo senso ciò che dichiari è vero , ma credo anche che questa procuri sofferenza e tristezza soprattutto per le persone care e ai familiari del defunto. Nella tua lettera parli anche degli dei , considerando che loro non ci seguono o aiutano nella vita reale, sappiamo che ci sono varie religioni ognuna di essa ha un Dio . Io personalmente sono cristiana e credo nel mio Dio , credo che lui non tanto ci aiuti ma che ci indichi la strada da intraprendere più opportuna.

  26. Marco Aziz Toloui Shamami il said:

    Caro Epicuro,

    innanzitutto grazie per avermi scritto amico mio, è poco dire che sono rimasto affascinato dalla tua argomentazione sul filosofare difatti mi trovo pienamente d’accordo con te sul fatto che i giovani debbano iniziare al più presto la dedizione verso il filosofare, come esattamente i più anziani non debbano perdere questa loro dedizione verso il filosofare. Mi trovo d’accordo anche riguardo la felicità nel uomo anche se si tratta di un tema puramente soggettivo che cambia di uomo in uomo a mio parere. Mi trovo sopratutto d’accordo con la tematica della puara verso la morte, essa difatti non è che mera illusione creata da noi stessi e che in alcuni casi può anche soggiogare vite intere o compromettere anche l’esistenza stessa dell’individuo, infatti citandoti “Abituati a pensare che la morte per noi è nulla: perchè ogni bene e ogni male risiede nella possibilità di sentirlo: ma la morte è perdita di sensazione.” e sempre con questa frase introduci anche la tua tesi sul godersi la vita in base alla qualità e non alla durata della vita stessa, principalmente in questo mi trovo d’accordo poichè anch’io sono convinto di questa tesi, che le nostre vite siano uniche ed inimitabili grazie appunto alla qualità che riusciamo ad aggiungere alle nostre esistenze, e come dci tu dobbiamo saper prima di tutto saper dosare piaceri e sacrifici poichè l’esistenza non è data solo ed unicamente dal piacere esattamente come noi esseri umani dovremmo concentrarci sul lavorare sulle nostre menti e svilupparle.

    Grazie mille amico mio per avermi reso partecipe delle tue opinioni e delle tue tesi, e spero che tu continui a farlo.

    Marco Aziz

     

  27. Luca Scarfiglieri il said:

    Caro Epicuro

    Ricevere la tua lettera mi ha riempito di gioia, è passato tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo incontrati e mi mancava ascoltare i tuoi pensieri.
    Come sempre sono estremamente affascinato dai tuoi argomenti e dal tuo modo di trattarli, ma non sono d’accordo con te riguardo tutte le tue riflessioni.
    Indubbiamente la filosofia non ha età, perché proprio come detto da te nella tua lettera, essa è la via per la felicità ed è nella natura degli uomini ricercare quest’ultima. Purtroppo l’uomo, spesso accecato dalla lussuria e dall’ingordigia, cerca la sua felicità alle cose terrene e anche quando crede di averla trovata, non se ne accontenta.
    La verità è che la felicità va ricercata in ben altro. Proprio come dici tu, essa si raggiunge quando si curano le quattro malattie dello spirito: il timore degli dei, della morte, del dolore e l’atteggiamento sbagliato nei confronti del piacere.
    Ma perché avere paura degli dei? Sono completamente d’accordo con te.
    Essi sono completamente estranei dalle nostre faccende, e non si degnano di preoccuparsi di noi, proprio come noi facciamo con le formiche.
    I tuoi pensieri riguardo il discorso sulla morte mi hanno fatto riflettere molto e sono d’accordo con te su alcuni punti, ma su alcuni dettagli la penso differentemente: quando tu parli di morte, imponi il tuo discorso in un modo strettamente personale, e le tue parole hanno perfettamente senso in quel contesto, ma purtroppo riferendosi alla realtà la morte è un concetto che va analizzato universalmente. Essa riguarda si personalmente ognuno di noi, ma anche coloro che ci sono attorno, la nostra famiglia, i nostri amici e conoscenti. Che ci piaccia o no, la morte è ovunque intorno a noi, e strano a dirsi l’unico vero modo per liberarsi dal dolore che ci provoca è la morte stessa: come dici tu, la morte è assenza di sensazioni, quindi una sorta di liberazione dai dispiaceri e dai timori che essa stessa ci procura in vita.
    La tua è una verità a metà: la morte non provoca dolore al morto, ma a chi lo ama e gli è vicino. D’altro canto la morte personale non provoca dolore, questo è vero, ma può provocare paura: paura di non poter trascorrere altro tempo con i cari e abbandonare i piaceri della vita. Tuttavia, bisogna imparare ad accettarla, poiché purtroppo siamo tutti destinati a perire un giorno, e l’aspirare all’immortalità non è affatto una soluzione: essa è altrettanto triste e dolorosa quanto la morte. Immagina di poter vivere per sempre e vedere tutto intorno a te dissiparsi col tempo, le persone che ami spariranno e la tua non sarebbe più degna di essere chiamata “vita”. Gli uomini sono destinati a morire, e intimoriti o meno da questo, tutti un giorno ci troveremo ad affrontarla, per questo consiglio di affrontarla con serenità; consiglio di vivere una vita cercando la vera felicità, non quella effimera che immaginiamo nei beni materiali, perché questi un giorno non ci saranno più.

    Concludo questa lettera dicendoti che mi ha fatto veramente piacere aver potuto discutere ancora una volta con te di argomenti tanto affascinanti.

    Attendo con ansia una tua risposta.
    Saluti,
    Luca.

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