Cartesio

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II Discorso sul metodo – Introduzione

Discorso sul metodo (Cartesio)

1 – Esercizi sulla prima parte – Analisi critica della propria formazione

2 – Esercizi sulla seconda parte – La matematica e il metodo deduttivo

3 – Esercizi sulla terza parte – Regole di morale provvisoria

4 – Esercizi sulla quarta parte – Dal dubbio al cogito a Dio

5 – Esercizi sulla quinta parte – Il mondo come favola

6 – Esercizi sulla sesta parte – Come proseguire nello studio della natura

Parole che contano

Approfondimenti sul Discorso sul metodo di Descartes

 

Testi

T2 – Il metodo e le sue regole (Discorso sul metodo)

T3 – Il dubbio metodico (Meditazioni metafisiche)

T4 – La prima certezza: l’io esiste (Meditazioni metafisiche)

T5 – Idea ed esistenza di Dio (Meditazioni metafisiche)

T6 – Il pezzo di cera (Meditazioni metafisiche)

 

Approfondimenti

Le macchine e la Macchina del Mondo

 

Video

Descartes

Come possiamo conoscere la verità (Cartesius)

Film – Descartes (Rossellini)

Rossellini utilizza intere sezioni di alcune delle opere chiave del pensatore, come il Discorso sul metodo (1637) e le Meditazioni Metafisiche (1641), per “drammatizzare” le azioni del filosofo.

Sequenze Cartesius (film Rossellini)

Matrix

Il dubbio sull’attendibilità della conoscenza sensoriale (Matrix)

Sequenza – Matrix: Che cosa vuol dire “reale”? Dammi una definizione di “reale”

MatriX è un mondo virtuale elaborato al computer, creato per tenerci sotto controllo, al fine di convertire l’essere umano… Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non dovessi più svegliarti? Come potresti distinguere il sogno dalla realtà? E’ la realtà? MatriX non è reale? Che cosa vuol dire “reale”? Dammi una definizione di “reale”. Se per reale ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel “reale” sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello (Morpheus).

Inception

Sequenza – Inception: Non è mai solo un sogno

Dom Cobb è un abilissimo ladro, il migliore al mondo quando si tratta della pericolosa arte dell’estrazione: ovvero il furto di preziosi segreti dal profondo del subconscio mentre si sogna, quando la mente è al massimo della sua vulnerabilità. Le abilità di Cobb ne hanno fatto un protagonista di primo piano nel mondo dello spionaggio industriale, ma lo hanno reso un fuggitivo ricercato in tutto il mondo, costretto a lasciarsi alle spalle tutto ciò che ha sempre amato. Ora Cobb ha una chance di redenzione: un ultimo lavoro potrebbe restituirgli la sua vita, ma solo se riuscirà a rendere possibile l’impossibile. Invece di effettuare un colpo perfetto, Cobb e il suo team devono riuscire nell’opposto: non devono rubare un’idea ma impiantarne una nella testa di qualcuno.

 

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41 commenti su “Cartesio

  1. noemicariello il said:

    ESERCIZIO 11
    All’interno dei dialoghi vengono spesso inseriti dei miti, che Platone usa sia per introdurre il logos, cioè l esposizione argomentata, sia per integrare il logos, cioè per esprimere concetti che devono essere analizzati e non possono essere solamente spiegati. Introduce così il mito, in quanto svolge nel filosofare platonico più funzioni.
    Uno ad esempio é quello del mito di Er.
    Contento nel libro X della repubblica che vede come protagonista un soldato che muore momentaneamente, esattamente per tre giorni, nei quali compie un viaggio che denuncia al suo risveglio.
    Si trovava al centro di una grande valle con due spaccature nel suolo e nel cielo. Le anime passavano a seconda del loro grado di purificazione da una cava all’altra. Al cielo salivano le anime dei giusti, viceversa con quelle dei diversamente giusti.
    Il mito è strettamente collegato alla metempsicosi, la reincarnazione dell’anima in un altro corpo che Platone assimila e rende propria.
    L’introduzione del logos è il processo di reincarnazione, mentre quello per integrare il logos è esattamente il mito della caverna. Così facendo l’esposizione platonica assume il tono di rivelazione.

  2. Martina Vaino il said:

    ESERCIZI RELATIVI ALLA PRIMA PARTE – ANALISI CRITICA DELLA PROPRIA FORMAZIONE
    1) Per la riflessione e il dibattito
    Cartesio, inseguito ai suoi studi presso uno dei più rinomati collegi gesuiti francesi, quello di La Fleche, dove ebbe modo di conoscere persone provenienti da ogni parte d’Europa, si fece sostenitore dell’ interculturalità.
    Egli, come riportato nella sua opera di maggior successo, “Discorso sul metodo”, edita in forma anonima in Francia nel 1637, credeva che “E’ bene conoscere qualcosa dei costumi di altri popoli, per poter giudicare dei nostri più saggiamente” : si rende necessario il confronto per meglio comprendere quelle che sono le radici nelle quali affonda la nostra stessa cultura e identità.
    Solo coloro che non conoscono usi e costumi stranieri giudicano questi come stravaganti e ridicoli.
    Tuttavia, egli ritiene che “Quando si spende molto tempo nei viaggi, si diventa alla fine stranieri in casa propria; e quando si è troppo curiosi delle cose del passato, si rimane di solito assai ignoranti di quelle del presente”.
    Con Cartesio, dunque, si delinea un sentimento di conservazione di quella che è la propria identità culturale, pur però mostrandosi aperti a nuove esperienze e scambi culturali.
    Questo è quanto mai uno dei temi più attuali, che fa discutere sui social, per strada e in politica.
    A partire dalla fine del XX secolo, in primis le culture occidentali, sono state investite dal fenomeno della globalizzazione, con cui si intende “Un processo di interdipendenze economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche i cui effetti positivi e negativi hanno una rilevanza planetaria, tendendo ad uniformare il commercio, le culture, i costumi e il pensiero” (da “Wikipedia – L’enciclopedia libera”).
    Dunque, se la globalizzazione, grazie ai sempre maggiori, potenti e veloci mezzi di comunicazione, ha fatto sì, da un lato, che si potesse mangiare la pasta Barilla anche a Taiwan, dall’altra ha rappresentato e continua a rappresentare una tendenza all’ omogeneizzarsi delle società e dei singoli individui.
    L’omogeneità si configura, inevitabilmente, come la perdita della propria identità culturale e di quei valori tipici dei luoghi natii, non facendoci più pensare da cittadini italiani, spagnoli, americani o di quale nazionalità si voglia, ma come cittadini del mondo.
    Tuttavia, oltre che al fenomeno della globalizzazione, si affianca la questione dell’ immigrazione.
    L’Italia, così come tanti altri paesi che sono facilmente raggiungibili via mare, è una delle mete di migliaia di migranti che approdano sulle nostre coste in cerca di fortuna, scappando dalla miseria e dalla guerra e con la speranza di avere una vita migliore in Europa, tentando di raggiungere dall’ Italia altri paesi quali Francia e Germania.
    Talvolta, però, moltissimi immigrati restano nel nostro paese, soprattutto a causa di mancati accordi tra governi.
    Ecco che si assiste, in questi casi, ad una sorta di “importazione culturale” che di fatto modifica le nostre stesse abitudini.
    Proprio al periodo natalizio, risale una notizia che ha fatto abbastanza discutere l’opinione pubblica: il dirigente scolastico di un istituto in provincia di Milano ha vietato che si cantassero canti religiosi a scuola, considerato il gran numero di studenti stranieri.
    Per la stessa ragione, si è a lungo discusso sulla presenza dei crocifissi nelle aule o, in generale, nei luoghi pubblici.
    Fino a che punto, dunque, l’ Italia è un paese libero e laico? Fino a che punto le nostre scuole garantiscono il rispetto delle culture e religioni altrui?
    Se è vero che è usanza per i bambini organizzare canti e recite nel periodo natalizio, è pur vero, a mio parere, che un paese in evoluzione deve fare i conti con il sempre maggiore afflusso di persone di cultura diversa.
    Come un’italiana non tollererebbe di indossare un costume che la copra dal collo alle caviglie in vacanza a Sharm El Sheikh, allo stesso modo un islamico non tollererebbe vedere il proprio figlio intonare canzoni religiosi in occasione del Natale.
    Credo che si tratti dello stesso discorso e che dovrebbe far riflettere in molti.
    Se per la globalizzazione si può parlare di “omogeneizzazione delle menti e dei costumi”, relativamente ai “nuovi italiani”, cioè coloro che italiani lo sono diventati perché hanno scelto di vivere qui e qui hanno portato la propria famiglia, penso piuttosto che si possa parlare di un vero e proprio ampliamento di orizzonti e di bagaglio culturale: non si tratta di perdere di vista quella che è la nostra appartenenza ad una nazione e ad una popolazione, ma di un condivisione di conoscenze, di modi fare, di modi di essere.
    In uno stato che si professa libero e laico, non credo che dovrebbe esserci la volontà da parte di alcuni di imporre quelli che sono i propri modi di fare a queste sempre maggiori minoranze: per la realizzazione di una pacifica convivenza si vede necessario l’impegno di entrambe le parti.
    ESERCIZI RELATIVI ALLA SECONDA PARTE – LA MATEMATICA E IL METODO DEDUTTIVO
    1) Tabella (parte relativa al metodo deduttivo):
    -Si parte da principi generali (assiomi e postulati)
    -Mediante intuizione
    -Si procede per deduzione (dall’ universale al particolare)
    -Mediante dimostrazione
    -Per formulare teoremi (come spiegazione dei fenomeni)
    -Corroborate/i dalla revisione dei passaggi
    2) Per la riflessione e il dibattito
    Cartesio, dopo aver parlato di quelli che sono stati i suoi studi e dopo aver ricordato la revisione del sapere, afferma la necessità di creare un nuovo metodo che si rifaccia a quello matematico, in quanto la matematica rappresenta l’unico ambito della scienza che ha saputo produrre un sapere sistematico e cumulativo.
    Questo metodo dovrà fondarsi su quattro regole fondamentali, riportate nella suddetta opera (evidenza, analisi, sintesi, revisione ed enumerazione) e che consentirà di approdare ad una conoscenza assoluta nell’ambito considerato.
    Se in matematica, partendo da una serie di assiomi e postulati, possiamo ricavare tutti gli altri teoremi, allo stesso modo, in ogni altro campo della conoscenza , partendo da principi generali, troveremo le risposte a tutti i nostri dubbi.
    Se ciò ci consentirà di mettere in luce l’aspetto cumulativo della conoscenza, già esaltato precedentemente da Bacone, Cartesio, a differenza di questo, non sottolineerà anche l’aspetto collaborativo.
    Il filosofo francese, come scrive proprio all’ inizio del suo “Discorso sul metodo”, è dell’opinione che “Nelle opere fatte di molti pezzi e da diversi artefici non ci sia quanta perfezione ce n’è in quelle a cui ha lavorato uno soltanto”.
    Ritiene, quindi, che il lavoro svolto dal singolo renda meglio di quello svolto da un gruppo di persone, in cui ci sono sicuramente idee diverse, che non è sempre facile conciliare.
    Se è vero che “chi fa da sé, fa per tre” è altrettanto vero che “l’unione fa la forza”.
    Ed è il caso di dirlo quando si tratta di grandi imprese.
    La forza, la volontà e la caparbietà del singolo, in tante occasioni, sarebbero valse a poco se non ci fosse stato il sostegno di un gruppo, non solo fisico, ma anche e soprattutto morale.
    Si pensi alle magnifiche opere architettoniche mai realizzate, alla Muraglia cinese, alle Piramidi d’Egitto, al Colosseo o alla Torre Eiffel.
    Si pensi alle battaglie portate avanti per il riconoscimento dei diritti umani, alle suffragette, alle guerre combattute per la patria, alle ricerche per la cura di tantissime malattie.
    In questi casi la forza e la riuscita dell’ impresa sono dipese dal coinvolgimento delle masse, dalla comune condivisione di un progetto, di un’ideologia, di un impegno.
    L’unione è, secondo me, la sede stessa della forza.
    E’ vero che nella vita dobbiamo contare soprattutto su noi stessi, ma cosa faremmo in certe circostanze se non avessimo il sostegno di chi più amiamo?
    ESERCIZI RELATIVI ALLA TERZA PARTE – REGOLE DI MORALE PROVVISORIA
    1)Le domande giuste (con riferimento ai paragrafi della terza parte del testo)
    1. Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?: Da “La mia seconda massima” a “giudicano cattive” (corrispondente al terzo paragrafo)
    2. Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza? : Da “Infine, non avrei potuto limitare i miei desideri” a “non si può non essere contenti” (corrispondente al sesto paragrafo)
    3. Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?: Da “Dopo essermi così procurate queste massime” a “nei più lontani deserti” (corrispondente al settimo paragrafo)
    4. Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?: Da “La mia terza massima” a “tutto ciò che vogliono” (corrispondente al quarto paragrafo)
    5. Perché è necessaria una morale provvisoria?: Da “Infine come non basta” a “che desidero qui enunciare” (corrispondente al primo paragrafo)
    6. Quale occupazione devo scegliere nella vita?: Da “Infine, per concludere questa morale” a “nel caso ce ne fossero” (corrispondente al quinto paragrafo)
    7. Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?: Da “La prima era di obbedire alle leggi e ai costumi del mio paese” a “ ritenerla tale” (corrispondente al secondo paragrafo)
    2) Per la riflessione e il dibattito
    Cartesio, sebbene abbia stabilito le tre massime della morale provvisoria, non le ha mai, di fatto, messe in pratica.
    Tornerà a parlare di morale solo nella sua ultima opera, “Le passioni dell’anima”.
    L’atteggiamento che egli adotta è di assoluta moderazione: come molti altri intellettuali dell’epoca, Cartesio si mostra disinteressato alla politica e si tiene ben lontano da faccende che possano coinvolgerlo in contrasti politici.
    Come traspare dalla lettera inviata alla principessa Elisabetta, le leggi alle quali bisogna far riferimento sono, in realtà, molto più semplici e pratiche.
    La prima prevede l’utilizzo del proprio intelletto per stabilire come comportarsi nelle varie circostanze; la seconda stabilisce di sottostare alla ragione e di non cedere alle passioni; la terza afferma che occorre educarsi a non desiderare ciò che sappiamo non poter ottenere.
    La lettera completa, in realtà, è scritta in riferimento al “De vita beata” di Seneca: Cartesio ritiene di dover fare alcune precisazioni riguardo la felicità/beatitudine e al senso di appagamento che dipende dalla presa di coscienza di ciò che si possiede, con una critica alla virtù che spesso può indurci allo sbaglio,pur volendo far del bene.
    La differenza tra le tre massime e queste leggi, che in realtà appaiono più come consigli, sta nel fatto che non sono incentrate sul come comportarsi, ma piuttosto su come vivere al meglio.
    La prima massima stabilisce l’obbedienza alle leggi del paese di appartenenza, di mantenere la religione alla quale si è stati educati e di “Regolarsi nel resto secondo le opinioni più moderate”.
    E’ quindi improntata sul comportamento da tenere per agire bene.
    Il primo “consiglio” riportato nella lettera ad Elisabetta, invece, è un invito ad “usare il cervello”, nostro strumento per comprendere cosa è più giusto fare a seconda della situazione.
    La seconda massima impone di perseverare con risolutezza nelle decisioni prese, nonostante i dubbi che vi possano essere; il corrispettivo consiglio, invece, invita a non cedere alle passioni:” Che abbia il fermo e costante proposito di fare tutto ciò che la ragione gli consiglierà, senza lasciarsi distogliere dalle proprie passioni o appetiti; ed è la fermezza di questa risoluzione che credo debba esser considerata come virtù”.
    Infine, la terza massima ribadiva il vincere se stessi, piuttosto che la fortuna e “Modificare i desideri piuttosto che l’ordine del mondo”: l’uomo non può che rassegnarsi ai limiti umani e rendersi conto della propria finitezza.
    Questa è forse l’unica massima che viene preservata e riportata anche nella lettera a Elisabetta, nella quale Cartesio scrive:”Comportandosi così per quanto può secondo ragione, tutti i beni che non possiede sono anch’essi interamente fuori del suo potere e che in questo modo si abitua a non desiderarli”.
    In definitiva, mentre le tre massime del “Discorso sul metodo” sono regole da seguire per un comportamento moderato, le leggi della lettera sono piuttosto consigli volti a raggiungere qualcosa che va al di là del comportamento e consiste nella beatitudine, il massimo appagamento per lo spirito.
    Se quelle esposte nell’opera sembrano più adatte agli uomini di un particolare periodo storico, ancora subordinati all’autorità di Dio, queste sono vere regole di vita, valide in ogni tempo e in ogni luogo.
    Gli uomini sono uomini da quando è nata la specie umana e da sempre sono afflitti, seppur in maniera diversa, dalle stesse perplessità e dalle stesse paure e motivati da comuni obiettivi.
    A mio parere, quando si tratta della parte più vera del nostro essere, certi discorsi sono sempre validi.
    Concordo in pieno sull’usare quella che è la propria ragionevolezza e nel prendere atto dei nostri limiti.
    ESERCIZI RELATIVI ALLA QUARTA PARTE – DAL DUBBIO AL COGITO A DIO
    1) Le risposte del testo (righi di riferimento riportati)
    1. Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale?: “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse”.
    2. Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio?: “Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo”
    3. Perché la ragione non è affidabile?: “Sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi […]la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi”.
    4. Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»?: “Ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile”
    5. Perché i sensi non sono affidabili?: “E quando all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono”.
    6. Quali caratteristiche devono avere le idee vere?: “Poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni”
    7. Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere?: “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente”
    8. Come posso dimostrare l’esistenza di Dio?: “Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me […] non mi davo molta pena […], ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente […]ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo”.
    Ordine corretto delle domande: 4;2;1;6;7;8;5;3 (ma un altro possibile ordine potrebbe essere: 4;5;3;2;1;6;7;8 considerando che Cartesio parla della fallacia dei sensi e dei possibili inganni della mente già quando presenta il nuovo metodo).
    2) Per la riflessione e il dibattito
    “Matrix”, film di fantascienza del 1999 prodotto in America per la regia, sceneggiatura e produzione di Lana e Andy Wachowski, nonché vincitore di quattro premi Oscar, narra di Thomas Anderson, un programmatore di computer che di notte diventa Neo, un hacker.
    Neo si è sempre fatto domande sulla sua vita e si ritrova braccato dalla polizia dopo essere venuto a contatto con un altro hacker, Morpheus, ritenuto dal Governo un terrorista.
    Questo, però, informa Neo che la Terra è ormai sotto il controllo delle intelligenze artificiali che sfruttano gli essere umani e le loro forze.
    Gli uomini sono stati fatti prigionieri e indotti in uno stato di incoscienza: mentre le loro menti fanno creder loro di avere una vita normale, i loro corpi vengono tenuti in dei bozzoli all’ interno di una sorta di laboratorio.
    La realtà artificiale, sotto la guida di Matrix, ha soggiogato gli uomini e Neo, forte di questa consapevolezza, si ribella agli agenti che altri non sono che superpotenti programmi con il compito di soffocare la ribellione umana.
    Il film è stato riletto in tutta la sua chiave filosofica, contenendo in sé il pensiero dei più grandi pensatori occidentali: da Platone a Cartesio, da Nietzsche a Marx.
    Del primo vi è un chiaro riferimento al Mito della caverna: come gli uomini erano schiavi delle catene, simbolo di ignoranza e pregiudizi, e non avevano mai avuto modo di andar fuori la caverna e vedere con i propri occhi la realtà, avendone solo una distorta percezione per via del gioco di luce-ombra, allo stesso modo gli uomini, in “Matrix”, sono schiavi delle intelligenze artificiali e ignorano, addirittura, la loro convinzione di schiavitù.
    Neo, il primo ad accorgersi che qualcosa non va, diventa il filosofo che supera le apparenze e si muove verso la ricerca della verità.
    Di Cartesio, invece, si riscontra sia tutta la parte del dubbio metodico (Neo deve dubitare di tutto ciò che lo circonda per approdare alla verità) e sia, soprattutto, l’idea della vita come sogno.
    Quest’idea, al tempo di Cartesio, non suonava del tutto nuova e come se non bastassero le sue nobili radici (i trattati di Aristotele riguardo i sogni e di come accorgerci se la vita è reale o solo un sogno), nel XVII molti scrittori si erano detti affascinati da tale tematica.
    Uno che meglio aveva sviluppato la questione in tal senso fu Calderon de la Barca,uno dei più grandi esponenti del teatro spagnolo del Siglo de Oro, che aveva scritto un’opera, “La vita è sogno”, in cui si narra, sull’impronta della tragedia greca “Edipo re”, la storia del re di Polonia, Basilio, che prima ancora che nascesse suo figlio, aveva ricevuto la profezia secondo cui questo avrebbe rappresentato la distruzione del suo regno.
    Il bambino, Sigismondo, fu allontanato appena nato dal castello, ignorando la sua vera natura.
    Un giorno il re decise di richiamarlo a corte con un inganno e di testare il suo modo d’essere.
    Sigismondo si mostrò per l’uomo crudele che era e fu riportato, sedato, nel suo rifugio.
    Dopo essersi ripreso, iniziò a discutere con il suo precettore Clotaldo di quanto accaduto e se si trattasse di un sogno o davvero fosse successo.
    I sogni hanno da sempre affascinato gli uomini e spesso sono stati ricondotti ad una dimensione magica: solo con Freud si arriverà ad un vero e proprio studio del sogno.
    Tornando a Cartesio, nella prima delle “Meditazioni metafisiche”, egli dichiara che gli risulta assai difficile pensare che la percezione dei sensi sia ingannevole a tal punto da farci credere che siamo, ad esempio, vestiti in un determinato modo quando in realtà non è così.
    Riflettendo più attentamente, Cartesio conclude che anche nei sogni potremmo immaginare una particolare situazione e crederla vera perché ci sembra di viverla davvero, quando in realtà si tratta, appunto, di un sogno:” Vedo così chiaramente la mancanza di indici concludenti e di segni abbastanza certi con i quali io possa distinguere nettamente la veglia dal sonno, da esserne stupito; ed il mio stupore è tale che è quasi capace di persuadermi che dormo”.
    Per Cartesio, poi, esistono i “componenti basilari” delle cose che accomunano sogno e realtà, costituendo un anello di congiunzione tra i due piani e rendendoci le cose ancora più complicate.
    Nel suddetto film, gli uomini non hanno nemmeno la percezione del sogno, perché sono stati totalmente soggiogati dalle intelligenze artificiali.
    “Matrix” è quanto mai attuale e si fa simbolo del totale soggiogamento della mente umana che si è resa schiava della tecnologia.
    E’ il manifesto di una vera e propria nuova cultura sempre più tristemente dipendente da essa, che sta trasformando, seppur senza l’utilizzo della forza, gli stessi uomini in automi, sempre più incapaci di essere “umani”.
    Oltre ai danni strettamente fisici (emicranie, tenditi acute da sms e mouse, problemi alla vista), l’uso eccessivo di apparecchiature tecnologiche risulta dannoso anche per la nostra salute psichica.
    Ricerche condotte in tutto il mondo hanno dimostrato come la tecnologia possa causarci problemi legati all’alimentazione, ansie, depressioni, disturbi dell’attenzione e dell’umore e riducono la nostra sensibilità, modificando a livello celebrale la percezione dei sentimenti e delle emozioni.
    ESERCIZI RELATIVI ALLA QUINTA PARTE – IL MONDO COME FAVOLA
    1) Le risposte del testo
    1. Perché la fisica di Cartesio è deduttiva?: “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da queste prime[…] Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri”.
    2. Che cos’è il meccanicismo?: “Mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate”.
    3. Qual è la funzione delle leggi della natura? :“In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano comporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse”
    4. Qual è la causa della circolazione sanguigna?: “Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene”.
    5. Qual è la causa del movimento dei muscoli?: “Inoltre, quali mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i sogni; e come la luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre qualità degli oggetti esterni possano imprimervi idee diverse attraverso i sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì le loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie quelle idee; come memoria che le conserva; e come immaginazione, che può mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con lo stesso mezzo, distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà”.
    6. Come possiamo distinguere un uomo da un automa?: “Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi […] ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficienza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione. Ora, con questi criteri si può conoscere anche la differenza che c’è tra gli uomini e i bruti”.
    7. Qual è la funzione del linguaggio?: “Perché vediamo che di ragione, per essere capaci di parlare, ce ne vuole assai poca […] Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili”.
    8. Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale?: “Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficienza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche”.
    2) Per la riflessione e il dibattito
    Da “Wikipedia – L’enciclopedia libera”: “L’intelligenza artificiale (o IA, dalle iniziali delle due parole, in italiano) è l’abilità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana.
    L’intelligenza artificiale è una disciplina dibattuta tra scienziati e filosofi, che manifesta aspetti teorici e pratici oltre che etici. Nel suo aspetto puramente informatico, essa comprende la teoria e le tecniche per lo sviluppo di algoritmi che consentano alle macchine (tipicamente ai calcolatori) di mostrare un’abilità e/o attività intelligente, almeno in domini specifici”.
    Di intelligenza artificiale si iniziò a parlare sul finire degli anni ’50, ma di fatto già con Blaise Pascal ci fu un esempio: egli realizzò la cosiddetta “Pascalina”, una rudimentale calcolatrice che consentiva di sottrarre e sommare numeri composti da massimo dodici cifre.
    Successivamente, altri esempi di automi meccanici furono realizzati da Jacques de Vaucanson.
    Egli prima costruì il primo telaio automatico, poi una ruota meccanica e infine alcuni esempi di “anatomie mobili”, quale quella del “Piccolo flautista”, dotato addirittura di labbra mobili e di una lingua che fungeva da valvola per il flusso dell’aria e dita mobili le cui punte in pelle aprivano e chiudevano i registri del flauto, e anche la famosa “Anatra digeritrice”, in grado (ma solo all’apparenza) di riprodurre il processo della digestione.
    Insomma, l’ intelligenza artificiale può vantare antenati abbastanza noti, anche se si svilupperà definitivamente a partire dagli anni ’60 in poi.
    A partire dal caso di Alan Turing, è stato stabilito un test, il “Test di Turing”, per determinare se una macchina sia in grado di pensare.
    A questo tipo di test sono stati sottoposti anche attuali e famosi applicazioni web, come nel caso di “Cleverbot”, che riesce a simulare conversazioni comunicando con degli umani ( provare per credere! http://www.cleverbot.com/ )
    Se però, da un lato queste moderne e meccaniche intelligenze ci fanno sorridere e ci rendono tutto molto facile (–Siri, com’è il tempo oggi? – Chi, tra quanti hanno un iPhone, non lo hai mai detto?!), è altrettanto vero che spesso la tecnologia è andata a sostituire la comunicazione reale, quella fatta di persona davanti un caffè o seduti comodi sul divano.
    Questa tematica affascina sicuramente in molti e ne sono testimonianza i numerosi libri e film che trattano l’argomento.
    Il romanzo di Philip K. Dick del 1968, “Il cacciatore di androidi” (Titolo originale: “Do Androids dream of Electric Sheep? – Gli androidi sognano pecore elettriche?”), narra di una guerra nucleare che ha distrutto la Terra e ha costretto molti abitanti a migrare verso colonie extramondo e in particolare verso Marte.
    Rick Deckard è un cacciatore di androidi, dei robot umanoidi vietati sulla Terra, ma ben presto (la vicenda si svolge in meno di due giorni) , si rende conto di non riuscire a distinguere i robot dagli esseri umani che, attraverso l’impiego di alcune macchine come il “Modulatore di umori Panfield” , sono stati de-umanizzati.
    La trama affronta il tema della natura del reale e dell’illusoria percezione di sé.
    Il film che ne è stato tratto, “Blade runner”, ambientato nel 2019, mostra un mondo popolato da esseri simili agli umani e definiti “replicanti”, utilizzati come schiavi.
    Alcuni di essi riescono a rubare un’astronave e a scappare e arrivano a Los Angeles con l’intento di posticipare la loro “data di scadenza” ormai prossima.
    Due vengono subito catturati, mentre per prendere anche i quattro rimanenti viene incaricato Rick Deckard, ex poliziotto e cacciatore di replicanti. Alla fine lo stesso Deckard si innamorerà di uno di loro.
    Il tema centrale del film è addensato sulla necessità di fuggire dagli oppressori (gli umani), inoltre questi robot sono in realtà molto simili agli umani e talvolta non sono consapevoli del loro essere macchine, in quanto il loro cervello ha registrato dei ricordi anche di cose non vissute, come la loro infanzia.
    A questo proposito, è possibile un confronto con Cartesio riguardo la memoria e costruzione dell’identità personale.
    Per il filosofo francese i ricordi costituivano una prova in più sul proprio essere: la memoria del passato mi aiuta a
    rendermi conto che esisto e sono un essere pensante.
    Le immagini e i ricordi non sono il risultato di un processo di conoscenza filosofica, ma uno strumento di ricerca e sono destinate a cedere il passo a forme diverse di razionalità.
    Tante volte è stato ribadito di come i sensi e la ragione possono ingannarci.
    Come in Cartesio, dunque, i ricordi potrebbero essere derivare da qualcosa che il soggetto pensante si è auto-costruito, allo stesso modo in “Blade runner” gli androidi hanno ricordi –quelli relativi alla propria infanzia – di cose che non hanno mai vissuto.
    Cartesio, per la sua personale esperienza della verità, ritiene che i pensieri di cui possiamo essere certi sono evidenze primarie alla ragione. Evidente è l’idea chiara e distinta, che si manifesta all’intuito nella sua elementare semplicità e certezza, senza bisogno di dimostrazione.
    Il ragionamento non serve a dimostrare le idee evidenti, ma semplicemente a impararle e memorizzarle e i collegamenti hanno la funzione di aiutare la nostra memoria.
    Questi, però, non sono gli unici esempi, in quanto vi sono tantissimi altri romanzi e film, anche serie tv (Battlestar Galactica, Extant, Almost Human,Humans, Person of interest).
    Tra i più famosi spiccano: “Her”, un film del 2014 di Spike Jonze e che descrive un futuro non troppo lontano nel quale i computer hanno un ruolo di primissimo piano nella vita delle persone; “Eva”, film del 2011 di Kike Maillo:
    l’amore, empatia da cui erano esclusi i replicanti di “Blade Runner”, è di fatto il motore che muove l’ingegnere di Daniel Brühl verso Eva, angelo lacerato fra le sue due nature che anelano a un salto verso l’umano; “Ex_Machina”, sempre del 2014 per la regia di Alex Garlan, il quale immagina un setting tecnologico più che contemporaneo, spargendo qualche riferimento adeguato alla maniera in cui i padroni dei motori di ricerca hanno, oggi, il mondo e le informazioni di tutti nelle loro mani, per descrivere un’intelligenza artificiale basata proprio su questo, sull’accesso ad ogni informazione tramite il motore di ricerca e i dati sugli esseri umani del pianeta; e ancora gli evergreen “Matrix”, “Terminator” e “2001:Odissea nello spazio”.
    Dunque, molto è stato scritto riguardo un così interessante e attuale tema e molto altro, probabilmente, verrà scritto in futuro, ma la cosa che più sorprende e accomuna fondamentalmente quasi tutti i romanzi e i film di questo genere è il non presentare mai queste macchine solo come macchine, ma trasformandole nello specchio della stessa “vera” umanità, con i vizi, le debolezze e i sentimenti degli uomini.
    ESERCIZI RELATIVI ALLA SESTA PARTE – COME PROSEGUIRE NELLO STUDIO DELLA NATURA
    1) Tabella (tra parentesi sono indicati i righi di riferimento richiesti nella tabella)
    1. Che tipo di metodo è?: Metodo deduttivo (“Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause […]Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato”)
    2. Qual è il punto di partenza? Una serie di postulati ed assiomi (“Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato”)
    3. Qual è il passaggio successivo?: Applicazione del dubbio alle premesse (“Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze […] posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà”)
    4. Che cosa trova Cartesio con questo passaggio?:Trova la distinzione tra verità evidenti, lontane da ogni dubbio e che devono essere prese fondamenta dell’edifico del sapere, e quelle nozioni, invece, che devono essere scartate perché non evidenti (“Spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta”)
    5. Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»?: Perché questi non sono utili all’ uomo (“Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari”).
    6. Quali aspetti della natura, allora, può spiegare?: Quelli più semplici e utili (“In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi”)
    7. II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli?: Sì (“In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato. Ma debbo anche confessare che la potenza della natura è così ampia e diffusa, e i principi così semplici e generali, che non mi accade quasi più di osservare un effetto particolare, senza vedere subito che può esserne dedotto in molti modi diversi, e la mia più grande difficoltà è di solito trovare qual è questo modo”)
    8. Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha?: La natura si delinea come rigoroso meccanicismo, perché benché Dio abbia creato il mondo, non è mai provvidenzialmente intervenuto nella dinamica della materia e, dunque, la natura segue tre principi, tra cui quello di inerzia (“I princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”).
    2)Attività e approfondimenti
    A partire dal 1630, Cartesio inizia a scrivere “Il Mondo”, esponendo le proprie tesi riguardo la filosofia naturale.
    L’opera, però, non fu completata, in quanto la condanna di Galileo da parte della Chiesa (1633) e l’ inserimento del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” nell’ Indice dei libri proibiti avevano fatto ben intuire la sempre forte ingerenza da parte della Chiesa circa la nuova visione del mondo che si stava prepotentemente affermando.
    Una pubblicazione parziale avvenne solo nel 1662, quando Cartesio era ormai morto da dodici anni.
    D’altra parte, però, egli, oltre che il giudizio della Chiesa, temeva anche la critica di stimati uomini di scienza, che potessero, in un certo senso, trovare delle ridicolaggini in quanto era stato scritto.
    Dunque, se da un lato Cartesio temeva la censura effettiva, palese e prepotente dell’ Istituzione religiosa, dall’ altro ne temeva un’altra più sottile ed intellettuale.
    “La censura è un modo di conoscere la propria debolezza e insufficienza intellettuale.
    La censura è sempre uno strumento politico, non è certo uno strumento intellettuale. Strumento intellettuale è la critica, che presuppone la conoscenza di ciò che si giudica e combatte.
    Criticare non è distruggere, ma ricondurre un oggetto al giusto posto nel processo degli oggetti.
    Censurare è distruggere, o almeno opporsi al processo del reale […]La censura applicata alle idee è né più né meno che un sistema di violenza sul quale è perfettamente ozioso fare disquisizioni morali” (Federico Fellini in “La Tribuna del Cinema”, 1958).
    In Italia la censura è applicabile a tutti i mezzi di informazione e di stampa, cosicché nel 2015 la Freedom House ha giudicato solo “parzialmente libera” la stampa italiana.
    Tuttavia, l’argomento in questione non è la censura di per sé, come la si intende comunemente, ma piuttosto quella che si configura come timore di non essere all’altezza e di deludere le aspettative e per questo ci porta a non agire, a non esternare quelle che sono le nostre idee.
    E’ sicuramente qualcosa di molto più sottile e molesto perché danneggia la consapevolezza di sé dell’ individuo.
    Siamo abituati ad ascoltare storie di persone, nella maggior parte dei casi molto giovani, che arrivano a gesti estremi a causa della scarsa, spesso inesistente, autostima.
    In altri casi questo timore non deriva dalla una disaffezione verso se stessi, ma dalla preoccupazione di scaturire polemiche che di fatto possono degenerare in rivendicazioni di quella che è la parte “lesa”.
    L’Europa e l’Occidente tutto sta vivendo un periodo particolare, un periodo di “crociata invertita” che ci vede infedeli di un mondo corrotto dagli “sporchi cristiani” che non conoscono il vero valore della parola di Dio.
    Solo ad un anno fa risale l’attacco al giornale francese Charlie Hebdo: quei giornalisti sono stati censurati a colpi di kalashnikov, come lo sono stati i ragazzi che nemmeno due mesi fa ascoltavano un concerto al Bataclan.
    Questa credo sia la censura oggi in Occidente: la paura di esporre le proprie idee, anche piuttosto irreverenti, prepotenti e talvolta di cattivo gusto, ma comunque idee.
    Ed è questo che influenza, a parer mio, il lavoro di coloro che hanno a che fare con potenti mezzi di comunicazione.
    3)Attività e approfondimenti
    Bacone è stato senza dubbio il padre del metodo induttivo, che consiste nel partire dall’ osservazione di vari casi particolari per giungere all’ individuazione di leggi e principi generali.
    Egli aveva schematizzato il proprio metodo in cinque punti:
    1-osservazione sistematica;
    2-prima vendemmia (= formulazione prime ipotesi);
    3-esperimenti per confermare o smentire le ipotesi iniziali;
    4-individuazione principi generali;
    5-applicazione dei principi per modificare la natura.
    Questo metodo, secondo Bacone, è indispensabile per passare dall’osservare la natura all’ interpretarla: gli esperimenti fatti per dimostrare un’ ipotesi sono da lui intesi come domande da porre alla natura affinché si riveli (le nove classi di “istanze”).
    Egli si inserirà a fatica tra gli scienziati del Seicento, per poi essere rivalutato in seguito, perché mostrerà nei suoi studi dei residui di alchimia e magia, come nel caso dello spirito, che riteneva potesse prodursi spontaneamente anche nei fenomeni di putrefazione, collocandolo sì nelle cose invisibili all’occhio dell’uomo, ma comunque tra le cose che possono essere studiate scientificamente.
    Il limite della sua ricerca sarà essenzialmente il non riuscire a individuare un modo per stabilire i limiti della conoscenza scientifica (secondo lui tutto si poteva trattare scientificamente, come nel caso dello spirito).
    Bacone si mosse, quindi, in una prospettiva simile alla moderna chimica, ritenendo che uno degli scopi della scienza dovesse essere il trasformare la natura dei corpi a partire dalla loro struttura interna, ovvero la loro forma, intesa come vera e propria natura chimica.
    Egli, inoltre, pensava alla scienza come sistema, sottolineandone il carattere cumulativo e collaborativo: i risultati del singolo devono essere a disposizione di tutti e si vede necessario l’impegno verso un progetto comune, che consenta di raccogliere risultati utili in minor tempo.
    In tal senso, all’edizione del 1620 della “Istauratio Magna”, Bacone aggiunse un saggio, “Parasceve ad historiam naturalem et experimentalem”, nel quale affrontava proprio il discorso sull’esigenza di intendere la scienza in un modo del tutto nuovo e di realizzare una grande enciclopedia che potesse raccogliere tutto il sapere conosciuto e che potesse essere consultata da chiunque lo avesse desiderato.
    Nella ricerca di Bacone non c’è spazio per la metafisica e per la teologia: la scienza deve essere vicino agli uomini nel senso che deve mettersi al servizio di essi e migliorar loro la vita (si veda a tal proposito “La Nuova Atlantide”).
    Dall’altra parte si colloca Cartesio che, avvertita la necessità di rifondare il sapere e di superare sia quello imposto dalla Scolastica, sia quello rinascimentale che troppe volte era sfociato nella prospettiva di alchimia e magia, si occupa di costituire un sapere deduttivo.
    Per questo è necessario partire da verità iniziali indubitabili che rappresenteranno le basi dell’ edificio del sapere, che non sarà stabile se non lo saranno le fondamenta!
    Con il filosofo francese si delinea nuovamente il dualismo, non proprio tra anima e corpo, piuttosto tra “res cogitans” e “res extensa”, tra ciò che è pensiero e ciò che è materialità.
    Bacone, dal canto suo, come specificato in precedenza, non aveva lasciato spazio nella sua ricerca all’ anima, a Dio o alla metafisica, mentre Cartesio dedicherà tutti i suoi sforzi a queste questioni.
    Oltre che la differenza metodica (da metodo induttivo a deduttivo), tra due dei maggiori capisaldi del pensiero occidentale esiste una vera e propria differenza di interessi e priorità.
    Cartesio rigetta l’idea di un sapere collaborativo, ritenendo che il lavoro svolto dal singolo sia migliore di quello svolto da un gruppo per via della difficoltà che c’è nel conciliare tutte le idee, ma allo stesso tempo sottolinea l’importanza dell’aspetto cumulativo.
    Stabilita l’egemonia della res cogitans rispetto alla res extensa, egli arriva all’enunciazione del “Cogito ergo sum”: il pensiero si fa essere, ci identifica come esseri che esistono in quanto pensanti, mentre la res extensa, la nostra materialità, si delinea come il predicato fondamentale del nostro pensiero.
    Le mie capacità intellettive mi consentiranno di distinguere le cose palesemente ed evidentemente vere da quelle che invece sono sottoponibili al dubbio.
    Per il metodo deduttivo, quindi, occorrono quattro semplici, ma essenziali regole, volte a raggiungere un sapere che esaurisce, relativamente al proprio ambito, tutta la conoscenza possibile.
    Queste regole sono:
    1-Evidenza (non accetto come vero nulla che non sia evidente e indubitabile);
    2-Analisi (divido il problema in parti minori);
    3-Sintesi (riconduco il tutto ad una visione di insieme);
    4-Enumerazione e revisione (controllo di non aver dimenticato nulla nei passaggi precedenti).
    Il dubbio, che guiderà la mia scelta delle verità iniziali, è da intendersi come dubbio metodico, cioè assunto come procedimento per arrivare ad una verità indubitabile e non il dubbio “scettico”.
    Mentre è possibile ipotizzare una prima fase di non-sapere, non è possibile pensare ad una non-morale, in quanto il nostro comportamento deve essere continuamente guidato da precise leggi.
    Cartesio arriva a stabilire una morale provvisoria, che mette in luce il suo atteggiamento di moderazione.
    Mette, poi, in luce la fallacia della conoscenza sensoriale, in quanto molte volte sappiamo per certo che i sensi ci ingannano, e sottolinea anche che non si può ottenere sempre una conoscenza ovvia e veritiera attraverso la ragione.
    Dedica, inoltre, grande importanza alla questione di Dio, proprio nel suo “Discorso sul metodo”.
    Fornisce, nello specifico, tre prove per dimostrarne l’esistenza, che mettono ancora in chiaro l’importanza della res cogitans: il solo pensare ad un essere infinito, onnipotente e onnisciente, dotato di perfezione assoluta, è una prova che egli esista.
    Il Dio di Cartesio è un dio “impersonale”: “Non è il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” (Blaise Pascal), è un dio che ha creato l’universo, ma non è mai più intervenuto inseguito alla creazione perché tutto, nella concezione cartesiana, è regolato da un rigido meccanicismo.
    Anche per quanto riguarda l’anima e le passioni, non contemplate negli studi baconiani, Cartesio fa ricorso al meccanicismo, ritenendo che a partire da sei passioni semplici derivino tutte le più complesse, proponendone un’analisi deduttiva.
    Relativamente all’anima, invece, ritiene esista una specie di anello di congiunzione che la unisce al corpo: la ghiandola pineale o ipofisi, posta alla base del cervello.
    Degli “spiriti animali” trasmetterebbero gli impulsi dal cervello all’ipofisi e viceversa e poi a tutto il corpo.
    Occorre,però, che l’anima razionale abbia sempre la meglio sugli istinti corporei e venga educata a ciò attraverso le buone abitudini.
    4)Per la riflessione e il dibattito
    Cartesio, nell’ ultima parte dell’ opera “Discorso sul metodo”, spiega quali sono le ragioni per cui non ha pubblicato il trattato di fisica “Il Mondo”.
    Identifica una serie di pro e contro che sarebbero scaturiti dalla pubblicazione: se da un lato egli voleva che i suoi studi potessero tornare utili ad altri scienziati, avvertendo l’obbligo morale di far conoscere quanto scoperto, d’altra parte temeva le critiche e la possibile perdita di tempo e di reputazione.
    Sarebbe piuttosto facile parlare relativamente ad oggi: probabilmente uno scrittore/filosofo/scienziato non si farebbe tanti problemi sul pubblicare la propria opera che propone nuovi ed interessanti aspetti del mondo, ma credo sia sempre da considerare tutto quello che vi è intorno alle singole decisioni.
    Cartesio vive in un periodo in cui la Chiesa ancora manifestava il proprio potere e si avvaleva ancora dell’ abiura, dell’esilio, talvolta della pena di morte, per combattere quanti fossero contro il sapere tradizionale o contro la Chiesa.
    Era ancora molto recente la condanna di Galileo, costretto all’ abiura e condannato a vivere gli ultimi suoi anni in esilio ad Arcetri, quindi era innegabile e sensato il timore di possibili ripercussioni da parte della Chiesa, considerando che ne “Il Mondo” Cartesio aveva sposato molte tesi copernicane.
    Lo stesso Galileo aveva abiurato nella speranza che i suoi studi non andassero perduti per sempre e la sua ultima opera, “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze”, fu edita in un paese protestante come l’Olanda.
    Se da un lato egli sentiva di dover comunicare i propri progressi ad altri uomini di scienza e di mettere al servizio degli altri la propria conoscenza (“Giudicai che non ci fosse miglior rimedio contro questi due ostacoli che quello di comunicare fedelmente al pubblico tutto il poco che avrei scoperto, e di invitare gli uomini di ingegno a sforzarsi di andare avanti contribuendo ciascuno secondo l’inclinazione e le capacità sue agli esperimenti necessari, e comunicando anche loro al pubblico tutto quel che avrebbero appreso, affinché, partendo gli ultimi dal punto di arrivo di chi li precedeva, e unendosi così le vite e il lavoro di molti, andassimo tutti insieme molto più avanti di quanto ciascuno avrebbe potuto da solo”), d’altra parte la paura ebbe la meglio, non parlando apertamente di temere possibili condanne, ma di perdere la reputazione o di aver scritto cose in maniera imprecisa che, di fatto, non sarebbero state utili.
    Alla fine, il filosofo francese optò per una parziale pubblicazione, che ovviamente non prevedeva il dibattito su questioni controverse, ma solo risultati raggiunti in alcune scienze.
    Probabilmente, proprio in virtù della situazione politico-culturale, credo in pochi avrebbero voluto pubblicare qualcosa sapendo di danneggiare la propria persona.
    In molti hanno coraggiosamente rischiato (si pensi a Giordano Bruno, che non rinnegò mai le proprie idee e fu arso vivo in piazza Campo dei Fiori), infatti “Il filosofo più vero è colui che riesce a sopravvivere alle esperienze più diverse e più traumatiche, colui che dopo aver visitato il dolore dell’inferno del dubbio e dell’infelicità riesce a rinascere arricchito di nuove speranze, è colui che riesce finalmente ad infondere nuovo coraggio e nuova fiducia per continuare la mitica lotta contro la stupidità” (Carl William Brown).

  3. Esercizio 1

    La paragrafazione:
    -L’ingegno è simile in tutti gli uomini
    -L’importanza del metodo
    -Critica del sapere
    -Elogio del sapere
    -Gli studi seguiti
    -Il quadro dell’esistenza
    -Lo studio del “gran libro del mondo”
    -Dall’esperienza alla ragione

    Per la riflessione e il dibattito:
    L’argomento trattato da Cartesio per quanto riguarda la cultura è sicuramente attuale anche ai giorni nostri. Ogni giorno è possibile vedere un numero di persone sempre più grande emigrare verso i paesi più ricchi e non, portando conseguenzialmente con sé la proprio cultura e i propri costumi. Secondo Cartesio un tale fenomeno avrebbe portato sia ad aspetti positivi che ad aspetti negativi, infatti una maggiore conoscenza delle altre culture non può che essere positiva, ci può anche aiutare a prendere una maggiore consapevolezza della nostra di cultura, però vivere continuamente a stretto contatto con usi e costumi differenti dai nostri avrebbe portato a una cattiva influenza su noi e a una conseguenziale perdita dei valori della nostra cultura. Io penso che la conoscenza di altre culture, e non l’imposizione, sulla nostra, non possa che essere positiva, ci aiuta a conoscere il mondo nelle sue diverse sfaccettature, e aiuta ad aprire i nostri orizzonti; certamente tutto dipende dalla singola persona, se restare fedele alle proprio radici, oppure farsi influenzare da una cultura differente dalla propria. Esistono però sicuramente dei lati negativi, un esempio può essere dato dagli episodi di terrorismo a Parigi del 13 novembre 2015, nella quale centinaia di persone hanno pagato con la vita; molti tra i terroristi, essendo di origini orientali, ma nati e cresciuti comunque in diversi stati europei (Francia, Belgio, etc.), sono stati sicuramente pilotati verso una “cultura” estremista segnata da ideali utopistici, del tutto differenti da quelli puramente islamici. Questo può quindi essere considerato come un esempio di cattiva influenza culturale da parte di persone che hanno pilotato le menti di coloro che sono magari più vulnerabili, solo esclusivamente per i propri scopi sicuramente finanziari, economici e di dominio. Io penso che l’unica scopo che abbia segnato questi atti terroristici sia il denaro e il potere, che hanno invece poco a che fare con la religione e il modo di vivere nel mondo occidentale.

    Esercizio 2

    Completa la tabella: Metodo deduttivo
    -principi generali (assiomi e postulati)
    -l’intuizione
    -deduzione (dall’universale al particolare)
    -dimostrazione
    -teoremi (come spiegazione dei fenomeni)
    -revisione dei diversi passaggi

    Per la riflessione e il dibattito:
    Secondo Cartesio l’unione di diverse menti in una sola opera, come può essere un oggetto, o la costruzione di un edificio, porta inevitabilmente all’errore, ci sono esempi infatti di città in cui grazie all’unione di diversi artisti non si ha uno stile prevalente, causando quindi un sentimento di disordine e confusione. Ci sono però anche esempi contrari, come accade anche durante la rivoluzione scientifica, l’unione di due o più menti ha portato a cose considerate irrealizzabili precedentemente, utili anche per osservazioni astronomiche o altro. Un esempio è dato dal cannocchiale, o dal compasso; entrambi gli oggetti furono realizzati grazie all’unione di due menti brillanti, quella di Galilei, una dei più grandi rappresentati della rivoluzione scientifica, e quella di Mazzoleni, grandissimo artigiano del tempo. Senza l’ingegno di Galilei, che rappresentava la mente, e la mano di Mazzoleni, che rappresentava la manualità, non sarebbe stata possibile la realizzazione dei diversi oggetti, o se fosse stata possibile, sarebbe stata pessima. Galilei infatti non possedeva la stessa abilità di Mazzoleni nella costruzione, e Mazzoleni non possedeva il grande ingegno di Galilei. Bisogna quindi accettare una via di mezzo tra le due opzioni, anche se secondo me è sicuramente più giusta la creazione di opere da parte di più persone, che con la propria unione creano, e conferiscono alla scienza, o più generalmente alle cose, un carattere cumulativo, creando quel sistema, di cui parlava anche Galilei.

    Esercizio 3

    Le domande giuste:
    -Perché è necessaria una morale provvisoria?
    -Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?
    -Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?
    -Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?
    -Quale occupazione devo scegliere nella vita?
    -Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?
    -Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?

    Per la riflessione e il dibattito:
    Nella lettera alla principessa Elisabetta Cartesio apporta alcune modifiche alle tre regole della morale provvisoria, rispetto a quelle originarie, presenti nel “Discorso”.
    Per quanto riguarda la prima regola sono state riportate delle modifiche sostanziali, infatti nella formulazione originaria Cartesio afferma che bisogna seguire le leggi, i costumi e la religione del proprio paese, e rimanere fedele a queste finché non si avrà una conoscenza certa della verità; dovendo seguire le proprie radici, si segue conseguenzialmente ciò che è più vicino al pensiero comune, la morale è dettata da ciò che viene considerato giusto dall’intero popolo, dai costumi e dalle leggi, non dalla singola persona. Nella seconda formulazione, contenuta nella lettera alla principessa Elisabetta, invece, Cartesio afferma che per cercare la verità, per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, e per capire come comportarsi nelle diverse situazioni, bisogna far riferimento alla propria moralità, bisogna considerare quindi soggettivamente ogni aspetto, non dando conto alla morale comune.
    Nella seconda regola è presente una costante in entrambe le versioni: la costanza. Secondo Cartesio, dopo aver scelto una strada, bisogna continuare a camminare in questa senza mai fermarsi, facendosi guidare dalla costanza, che sta appunto a rappresentare la ragione. Tra le due versione è però presente una piccola differenza, infatti nella versione originaria Cartesio ammette l’utilizzo del caso, ammette gli errori, farsi inizialmente guidare dalle passioni, bisogna soltanto continuare a percorrere la proprio strada, senza mai fermarsi nel bosco, facendo riferimento all’esempio utilizzato da Cartesio all’interno del “Discorso”, accettando in un certo senso i propri errori; nella seconda versione invece Cartesio ammette che le uniche cose a dover guidare l’uomo sono la ragione e la fermezza, egli non deve farsi trasportare dalle passioni e dagli appetiti.
    La terza regola invece afferma che è sempre giusto modificare i propri desideri, piuttosto che l’ordine del mondo. Cartesio muove una riflessione per quanto riguarda i desideri degli uomini, affermando che essi tendono a volere ciò che pensano di poter avere, non ponendosi il problema per quanto riguarda le cose che invece sono del tutto fuori dalla propria portata; Cartesio pensa quindi che se considerassimo tutto ciò che desideriamo fuori dai nostri standard, non avremmo più problemi e saremmo capaci di vivere senza pentimenti e rimpianti, quindi felicemente. Quello di Cartesio è quindi un discorso che fa riferimento anche all’accettazione della realtà, per vivere una vita nella serenità.
    Le due versioni delle regole possono essere considerate entrambe valide ancora oggi, però la versione originaria, quella del “Discorso”, è secondo me la più “giusta”; per me, bisogna seguire infatti quella che è la morale comune, bisogna ovviamente ragionare con la propria mente, capire da soli cosa è giusto e cosa è sbagliato, rimanendo però comunque su quello che è il pensiero comune; inoltre è giusto condurre la propria vita con costanza, è ammissibile infatti commettere degli errori durante tutto il nostro cammino, l’importante è saperli riconoscere, e non fermarsi a un punto cieco della propria vita; per quanto riguarda invece la terza regola, non sono presenti dei cambiamenti tra le due versioni, concordo però sul fatto che bisogna modificare i propri desideri, piuttosto che sconvolgere il mondo, però è comunque giusto seguire le proprie passioni, e desiderare ciò che è da parte nostra desiderabile.

    Esercizio 4

    Le risposte del testo:
    1. Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? rr. 6-15 (La certezza del cogito): “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza a cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.”
    2. Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio? rr. 1-5 (La certezza del cogito): “Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo.”
    3. Perché la ragione non è affidabile? rr. 9-17 (La verità delle idee): “Perché insomma, sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi. Così il sole, sebbene lo vediamo molto chiaramente, non dobbiamo perciò giudicarlo piccolo come lo possiamo ben immaginare distintamente una testa di leone innestata sul corpo di una capra, senza dover concludere perciò che ci sia al mondo una chimera: perché la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi.”
    4. Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? rr. 6-9 (Il dubbio metodico): “Ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile.”
    5. Perché i sensi non sono affidabili? rr. 5-9 (Le verità delle idee): “E quando all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono.”
    6. Quali caratteristiche devono avere le idee vere? rr. 17-21 (La verità delle idee): E poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni.
    7. Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? rr. 3-7 (I criteri della verità): “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.”
    8. Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? rr. 4-17 (L’esistenza di Dio): “Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il cielo, la terra, la luce, il calore, e mille altre non mi davo molta pena di cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse superiori a me, e perciò potevo credere che, se erano veri, dipendevano dalla mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione. Ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo.”

    Sequenza corretta: 4,2,1,6,7,8,5,3.

    Per la riflessione e il dibattito:
    Il film Matrix, scritto e diretto da Lana e Andy Wachowski nell’anno 1999, riprende sicuramente la sua idea centrale da quello che è il pensiero filosofico di Cartesio. Il film ha come protagonista Neo, un programmatore di computer, che segretamente svolge l’attività di hacker; Neo, durante l’intero corso della sua vita, ha sempre avuto la sensazione che qualcosa nel mondo non andasse, finché non viene contattato da Morpheus, un uomo che gli offre di conoscere la verità. Come affermato in precedenza, il film si rifà al pensiero di Cartesio, all’interno del film, infatti, il mondo è in realtà solo un’illusione, gli uomini sono comandati da alcune macchine, che traggono dagli umani l’energia per vivere. Il compito di Neo, essendo una tra i pochi ad essersi accorto di queste anomalie, è quello di liberare gli uomini dalle macchine, e portarli alla normalità, nel vero mondo. Le principali analogie presenti sono sicuramente nella visione del mondo, anche Cartesio credeva che tutto ciò che vediamo non altro che un’illusione, generata da un genio maligno, che ci porta a considerare vero tutto ciò che vediamo e sentiamo, anche se in realtà non lo è. L’unica certezza di Cartesio, proprio come nel film, è quella di sé stessi, Cartesio crede infatti che se siamo capaci di porci dei dubbi, cioè di pensare, significa che esistiamo; va specificato però che l’idea di esistenza formulata da Cartesio deve essere considerata solo come esistenza di sé come esseri pensati, non di sé come corpo, infatti proprio la ragione e i sensi sono quelli che più ci ingannano e portano all’errore. Oltre che a Cartesio, gli autori di Matrix, si sono sicuramente ispirati generalmente a quello che è il pensiero filosofico occidentale, infatti il film può anche essere paragonato a quello che è il mito della caverna di Platone, dove tutto all’interno era visto come un’illusione, solo uscendo dalla caverna e liberandosi dalle catene, gli “schiavi” potevano conoscere la verità e cercare di farla conoscere agli altri, a rischio della propria vita. Invece una delle differenze che maggiormente risalta è la presenza di Dio. Cartesio è convinto dell’esistenza di un Dio come creatore del mondo, e non come Dio-persona; Dio non può però essere, come tutte le altre cose, un’illusione, perché è un’idea infinta, divina, superiore agli uomini, che non potrebbero mai pensarlo se in realtà non esistesse. In Matrix invece non è fatto nessun tipo di riferimento a Dio, non si parla di esistenza o non esistenza di un’entità superiore, creatore di tutto, viene fatto solo riferimento alle macchine, che sono in un certo senso superiore agli uomini, e ad un messia, chiaro riferimento però a Neo, che è il salvatore del mondo.

    Esercizio 5

    Le risposte del testo:
    1. Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? rr. 1-8 (Lo studio deduttivo della natura): “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da queste prime. Ma per farlo dovrei ora parlare di parecchie questioni che sono oggetto di controversia fra i dotti, e io non desidero mettermi in urto con loro. Credo perciò più prudente astenermene, e dire solo, in generale, di quali questioni si tratta, per lasciare che i più saggi giudichino se sarebbe utile al pubblico un’informazione più particolareggiata. Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri.”
    2. Che cos’è il meccanicismo? rr. 13-16 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “Mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate.”
    3. Qual è la funzione delle leggi nella natura? rr. 12-19 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano coporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse.”
    4. Qual è la causa della circolazione sanguigna? rr. 24-31 (Cartesio e Harvey): Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene.”
    5. Qual è la causa del movimento dei muscoli? rr. 5-12 (Il meccanicismo): “Inoltre, quali mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i sogni; e come la luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre qualità degli oggetti esterni possano imprimervi idee diverse attraverso i sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì le loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie quelle idee; come memoria che le conserva; e come immaginazione, che può mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con lo stesso mezzo, distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà.”
    6. Come possiamo distinguere un uomo da un automa? rr. 6-18 (Uomini e macchine): “Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficenza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione. Ora, con questi due criteri si può conoscere anche la differenza che c’è tra gli uomini e i bruti.”
    7. Qual è la funzione del linguaggio? rr. 32-36 (Uomini e macchine): “Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili.”
    8. Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? rr. 1-10 (L’anima e il corpo): “Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficenza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche.”

    Per la riflessione e il dibattito:
    Da Wikipedia “L’espressione “Intelligenza Artificiale” (Artificial Intelligence) fu coniata nel 1956 dal matematico statunitense John McCarthy, durante un seminario interdisciplinare svoltosi nel New Hampshire. Secondo le parole di Marvin Minsky, uno dei “pionieri” della I.A., lo scopo di questa nuova disciplina sarebbe stato quello di “far fare alle macchine delle cose che richiederebbero l’intelligenza se fossero fatte dagli uomini”.
    L’intelligenza artificiale (I.A.) ha lo scopo di svolgere compiti originariamente svolti dagli uomini. L’I.A. è sicuramente segno di progresso e di sviluppo della società e della tecnologia, è piena di aspetti positivi, che possono portare l’uomo ad evitare di svolgere lavori molto faticosi e anche impossibili, o a facilitargli semplicemente la vita; ha ovviamente, come tutto, anche degli aspetti negativi. Un aspetto sicuramente negativo, sul quale si è discusso durante gli ultimi anni, è la sostituzione, ad esempio nelle fabbriche, delle macchine al posto degli uomini; ciò ha portato infatti a un calo di richiesta da parte delle diverse aziende, e quindi un tasso di disoccupazione maggiore. Un aspetto positivo però può essere dato dal computer; il computer con l’integrazione di internet è una delle più grandi innovazioni del secolo, ci permette ogni giorno di compiere ricerche con assoluta facilità e velocità, o di rimanere in contatto con i propri amici e cari tramite l’utilizzo dei social network. L’intelligenza artificiale ha avuto vita molti secoli prima della nascita del computer, già da Cartesio era stata operata una distinzione tra uomo e macchina, il filosofo era sostenitore di un dualismo, quello di anima e corpo. Cartesio credeva che anima e corpo fossero due sostanze diverse, del tutto separate, che potevano unirsi soltanto grazie all’azione della ghiandola pienale, posta alla base del cervello, l’uomo quindi poteva essere caratterizzato da due comportamenti, uno dato dalla volontà e l’altro dall’automatismo; si parla per questo di meccanicismo, che caratterizza gli essere viventi che fondano la propria vita sull’automatismo, come gli animali.
    L’intelligenza artificiale ha nel tempo ispirato un gran numero di opere, soprattutto tra scritti e rappresentazioni cinematografiche, un esempio può essere dato dai due capolavori Blade Runner e A.I. Intelligenza Artificiale. Il primo è un film diretto da Ridley Scott nel 1982, e tratta principalmente di un poliziotto, Deckard, che ha il compito di sconfiggere i replicanti, degli androidi simili agli uomini, dotati però di una maggiore potenza ma di una minore longevità (di 4 anni); il compito del poliziotto è molto articolato, poiché gli androidi sono del tutto uguali agli uomini, l’unica cosa in cui differenziano è la mancanza di sentimenti, per riconoscerli viene utilizzato infatti un test che permette di scoprirli. Lo scopo degli androidi era quello di entrare nella fabbrica nella quale nascono per ottenere una vita più lunga, fallendo però nel proprio compito, essendo tutti uccisi dal protagonista Deckard. Il secondo film (A.I. Intelligenza Artificiale) è invece stato diretto da Steven Spilberg, basatosi su un piccolo progetto di Stanley Kubrick. Il film tratta di David, un bambino robot, appartenente all’ultima versione, capace ora anche di sentimenti; il robot viene adottato da una famiglia alla quale il figlio naturale è stato ibernato nell’attesa di una cura per la sua incurabile malattia. Il figlio naturale della coppia però riesce a sconfiggere la sua malattia, e David viene quindi abbandonato in un bosco, per evitare la sua distruzione, qui inizierà il suo viaggio insieme a Lucignolo, che lo dovrà aiutare a trovare la Fata dai Capelli Turchini, che lo potrà aiutare a diventare un vero bambino e ad essere quindi amato.

    Esercizio 6

    Tabella:
    1. Che tipo di metodo è? Metodo deduttivo. “All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un pò di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle. Ma l’ordine che ho seguito quì è il seguente. Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi. Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato.”
    2. Che ruolo vi gioca l’esperienza? L’esperienza ha un ruolo essenziale per il metodo delineato da Cartesio. “Notai anzi, a proposito delle esperienze, che sono tanto più necessarie tanto più si è avanti nella conoscenza. All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un pò di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle.
    3. Qual è il punto di partenza? Postulati e definizioni generali. “Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima.”
    4. Qual è il passaggio successivo? Dubbi sulle definizioni generali. “Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze (e dal contenuto di questo libro spero che così si giudicherà), posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà, che considero come altrettante battaglie felicemente concluse.”
    5. Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? Cartesio deve trovare delle verità indubitabili, che non possono essere sottoposte al dubbio. “E spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta.”
    6. Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»? Perché l’uomo deve servirsi solo dei casi generali. “Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari.”
    7. Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? Gli aspetti elementari. “In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi.”
    8. II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli? Si. “In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i princìpi che avevo trovato.”
    9. Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha? La natura è meccanicistica ed è regolata da alcuni principi, proprio per questo Dio non interagisce mai in essa, egli è soltanto creatore. “I princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”

    1) Attività e approfondimenti:
    Cartesio inizia a scrivere nel 1630 una delle sue opere più importanti: Il Mondo, che però non verrà mai pubblicata. Il filosofo decide di non pubblicare la sua opera per diversi motivi, ma quello che più lo segna è la censura, durante quegli stessi anni infatti, precisamente nel 1633, Galilei era stato accusato dal Tribunale dell’Inquisizione per la pubblicazione di un’opera considerata eretica, il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. Oltre che alla censura da parte della Chiesa, Cartesio era intimorito anche e soprattutto da quello che poteva essere il giudizio dei dotti del tempo o addirittura dell’intera società; anche questa può essere considerata una sorta di censura. Ancora oggi esiste questo tipo di censura, dettata soprattutto dal non sentirsi all’altezza di quello che può essere il giudizio della società, Cartesio conduce infatti un pensiero molto moderno, che si è protratto fino ai nostri giorni. Al giorno d’oggi la censura è ancora operata in alcuni paesi del mondo, mentre in altri si è riuscita ad ottenere la libertà di stampa, come in Italia, che è stata riconosciuta come un vero e proprio diritto, presente nell’articolo 21 della Costituzione Italiana: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.»
    Purtroppo però ancora oggi, nei paesi in cui è riconosciuta la libertà di stampa, vengono operate dei tipi di “censura alternativa”, del tutto fuori dalla legge e dalla morale comune, come ad esempio gli atti di terrorismo. Un recente esempio di “censura alternativa” è l’atto di terrorismo del 7 gennaio 2015 ad una delle sedi parigine della testata giornalistica “Charlie Hebdo”, noto giornale satirico nato nel 1970, che ha portato all’ira di alcuni movimenti estremisti islamici con conseguenziale morte di dodici persone, tra addetti alla sicurezza e giornalisti. E’ questo che, secondo me, porta le persone ad avere paura, non solo del giudizio, ma anche di vedersi strappare via la propria vita da parte di qualcuno, solo per aver espresso la propria opinione, avendo rispettato la legge, e non avendo violato uno che, secondo me, è tra tutti il diritto più sacrosanto, quello di parola e di stampa.
    Inoltre oggi è molto più semplice diffondere le notizie e le proprie opinioni tramite i Media e i Social Network, che possono essere utilizzati sia in modo negativo che in modo positivo, e incrementano quindi anche la diffusione del pensiero comune che può portare, qualcuno con idee differenti dagli altri, a compiere atti estremi verso sé stessi o verso gli altri.

    2) Attività e approfondimenti:
    Bacone è uno dei maggiori rappresentanti della rivoluzione scientifica ed è il padre del metodo induttivo. Bacone fonda il suo intero lavoro sulla rifondazione del sapere, tramite l’istituzione del metodo induttivo. Il metodo di Bacone si divide principalmente in cinque punti, che comprendono:
    1) l’osservazione sistematica;
    2) la formulazione di alcune ipotesi;
    3) degli esperimenti per la conferma delle ipotesi;
    4) l’individuazione dei principi generali;
    5) l’applicazione dei principi.
    Bacone fa un lavoro di raccolta di dati, anche grazie a diverse tecniche come quella delle tavole (della presenza, dell’assenza in prossimità, dei gradi) e quella delle istanze (cruciali, citanti, etc.). Il metodo di Bacone era inoltre fondato anche sull’osservazione e sugli esperimenti, che portavano alla formulazione degli assiomi, ovvero le definizioni dei corpi. Bacone si muove inoltre in una sfera che è differente da quelle dei suoi contemporanei, egli infatti punta agli aspetti qualitativi, e non agli aspetti quantitativi, non vuole comprendere la natura, ma trasformarla, conoscendone quindi la forma. Tramite la conoscenza della forma, Bacone definisce quindi la natura chimica dei corpi, ponendosi su un piano differente dagli altri rappresentanti della Rivoluzione Scientifica, che miravano invece agli aspetti fisici, proprio per queste motivazioni Bacone non riesce a inserirsi all’interno della Rivoluzione Scientifica al tempo, ma soltanto successivamente, quando gli studiosi capirono che era andato oltre gli l’alchimia e la magia rinascimentale, e aveva portato alla fondazione di una nuova scienza, ovvero la chimica.
    Cartesio utilizza il metodo deduttivo per la rifondazione dei diversi sapere. Per Cartesio l’unico sapere che ha solide fondamenta è appunto la matematica, il filosofo decide quindi di studiarne tutte le parti per poter arrivare alla base, studiarla, e utilizzarla all’interno delle diverse materie. Cartesio ricava le seguenti quattro regole generali del metodo da applicare ai diversi saperi:
    1) regola dell’evidenza: le premesse da cui si deve muovere l’analisi devono essere indubitabili;
    2) regola dell’analisi: i problemi devono essere scomposti per poter essere affrontati singolarmente, si deve inoltre applicare ad ognuno la regola dell’evidenza;
    3) regola della sintesi: bisogna poi ricomporre una visione di insieme;
    4) revisione: tutte le fasi precedenti devono essere controllate per evitare errori.
    Secondo Cartesio è inoltre necessario individuare un punto di partenza indubitabile, mettendo in discussione tutte le proprie certezze, derivanti dalla tradizione, dall’educazione o dal senso comune. Cartesio parla quindi di dubbio metodico, e dell’acquisizione di una morale provvisoria, poiché può essere ipotizzabile una non conoscenza nell’ambito del sapere che si sta definendo, ma non è accettabile una mancanza nell’ambito della morale, tutto ciò che facciamo deve essere condotto da leggi e norme; proprio per questo, Cartesio individua le massime morali, di cui precedentemente è stato detto. Secondo Cartesio, per definire la morale ci si deve distaccare da qualunque tipo di inganno, come può esserlo la ragione, oppure i sensi. Cartesio sottopone tutto ciò che lo circonda al dubbio, egli crede che l’unica certezza che abbiamo è l’esistenza di noi stessi come esseri pensanti (res cogitans), e l’esistenza di Dio, ovvero un pensiero infinito e superiore alla nostra stessa esistenza, che non potrebbe essere pensato se non fosse alla base del mondo.
    Intercorrono tra Bacone e Cartesio sia analogie che differenze. Una delle maggiori differenze è data dalla definizione del sapere, Bacone pensa che il sapere debba essere cumulativo, il punto di partenza dalla quale tutti gli altri scienziati possano partire per definire le proprie conoscenze, Bacone intende quindi definire un sistema. Secondo Bacone importanza fondamentale hanno le accademie, all’interno delle quali è possibile operare una politica di scambio di idee e nelle quali è possibile definire il nuovo sapere. Per proseguire il suo progetto Bacone scrive inoltre “Parasceve ad historiam naturalem et experimentalem” un’opera che lo aiuta a completare il proprio lavoro, è infatti un’enciclopedia all’interno della quale definirà la nuova scienze e i diversi saperi, ed anticiperà in un certo senso le grandi enciclopedie del Settecento. Su un piano diverso si muove invece Cartesio, egli infatti crede che un’opera debba essere definita dal singolo, non dall’unione di più menti, perché in questo modo porterebbe solamente all’unione di idee diverse e quindi a un grande caos. Inoltre un’altra sostanziale differenza sta nello studio della matematica, in Cartesio ha infatti un ruolo fondamentale, come abbiamo detto è da questa che si ricavano le basi per la fondazione delle diverse materie; invece Bacone non fa mai riferimento alla matematica, poiché il suo sapere si fonda maggiormente sull’esperimento e sull’osservazione.

    Per la riflessione e il dibattito:
    Cartesio pubblica delle motivazione che lo hanno portato a non pubblicare il suo testo “Il Mondo”, c’erano ovviamente anche dei pro che sarebbero seguiti alla pubblicazione, ma i contro erano maggiori e lo hanno spinto a non pubblicare. Cartesio avrebbe voluto pubblicare il testo per dare un contributo all’intera società scientifica e all’umanità, inoltre con la pubblicazione Cartesio avrebbe potuto ottenere pareri e opinioni degli altri studiosi, che lo avrebbero portato sicuramente ad una maggiore consapevolezza della materia e ad una maggiore conoscenza. Con la pubblicazione Cartesio avrebbe sicuramente aiutato lo sviluppo della scienza e la comunità scientifica, ma il filosofo decise di pubblicare solo parzialmente le sue scoperte, proprio per non essere condannato. Alla luce della condanna di Galilei, Cartesio decise di non pubblicare per non ricevere la condanna da parte delle maggiori istituzioni, tra le quali era presente la Chiesa, infatti Galilei, in un primo momento condannato a morte e poi alla libertà vigilata a vita, fu costretto ad abiurare le proprie tesi e a non scrivere per il resto della sua vita, egli continuò però a scrivere pubblicando, grazie ad un amico, la sua ultima opera “Discorsi e dimostrazioni sopra due nuove scienze” in Olanda nel 1638. Un’altra delle ragioni che spinsero Cartesio a non pubblicare l’opera era la non approfondita trattazione di alcuni argomenti, che risultavano invece molto importanti e che avrebbero portato sicuramente a diverse critiche da parte degli scienziati del tempo. Secondo me la decisione di Cartesio di non pubblicare l’opera è stata una decisione saggia, ed io avrei agito alla stessa maniera, perché pubblicandola avrebbe rischiato la vita, avrebbe perso quindi del tempo che avrebbe potuto dedicare a nuove invenzioni o scoperte scientifiche; in secondo luogo sarebbe stato inevitabilmente criticato per la mancata trattazione di alcuni argomenti da lui stesso considerati importanti. Dobbiamo ricordare però che Cartesio optò comunque per una parziale pubblicazione degli argomenti trattati all’interno dell’opera, dando comunque un contributo alla scienza. Inoltre sono presenti, durante la storia, anche esempi di comportamenti opposti a quelli di Cartesio, un esempio è dato da Giordano Bruno, filosofo campano, condannato per le sue tesi filosofiche e teologiche nel 1600 dal Tribunale dell’Inquisizione.

  4. Annalisa Mazzanti il said:

    Esercizi sulla I parte:
    1)Paragrafazione:
    -L’ingegno è simile in tutti gli uomini
    – L’importanza del metodo
    – Critica del sapere
    – Elogio del sapere
    – Gli studi seguiti
    – Il quadro dell’esistenza
    -Lo studio del “gran libro del mondo”
    -Dall’esperienza alla ragione
    2)PER LA RIFLESSIONE E DIBATTITO.
    COMPETENZE:
    René Descartes, latinizzato in Cartesius, da cui Cartesio, nasce a La
    Haye, in Touraine, nel 1596; di origini nobili.Notevole importanza ha tale filosofo nell’Europa del Seicento quando,parallelamente alla rivoluzione scientifica si vanno ad affermare due correnti filosofiche:il razionalismo e l’empirismo.
    Cartesio è insieme a Spinoza e Leibniz,esponente del razionalismo:la conoscenza avviene a partire dalla ragione. Scopo di Cartesio,come anche per altri diversi filosofi del Seicento,è quello della rifondazione del sapere attraverso il superamento sia di quello tradizionale rappresentato dalla Scolastica,sia di quello rinascimentale legato all’alchimia e magia.
    In vita di tale obiettivo, Cartesio sottolinea la necessità di definire un nuovo metodo che consenta un sapere cumulativo simile a quello della matematica anche nell’ambito della filosofia e che abbia carattere deduttivo.
    Nel 1637 Cartesio pubblica il “Discorso sul metodo” scritto in francese.
    Grazie a tale opere, con Cartesio inizia la prospettiva centrata sul soggetto tanto da rovesciare il punto di vista tradizionale, non a caso,non si tratta più di scoprire com’è fatto il mondo ma di partire dal soggetto conoscente,per scoprire in esso il fondamento di eventuali verità.
    Nel “Discorso sul metodo” troviamo uno stile particolare:Cartesio scrive in prima persona presentando le proprie opere e invitando il lettore a condividerle:tuttavia, il suo scopo non è quello di dimostrare tesi ma di mostrare un percorso personale che può essere utile agli altri per stimolare la riflessione.
    In una breve premessa, Cartesio ci mostra la suddivisione dell’opera,si tratta di 6 distinte parti:
    Cartesio nella prima parte inizia col parlare dell’ingegno, argomento già affrontato in una precedente opera risalente al 1628 “Regole per la direzione dell’ingegno”,tuttavia nel “Discorso sul metodo” si sofferma sulla concezione che l’ingegno sia simile per tutti. Infatti,secondo il filosofo, tutti gli uomini sono dotati delle stesse capacità razionali ma è diverso il modo di usarlo,quello che più comunemente chiamiamo “metodo”.
    Egli parla inoltre del metodo da egli individuato,ritenendolo un metodo efficace: non vuole imporlo ma proporlo.
    Lo propone come qualcosa fatto a misura per lui e che forse non a tutti andrà bene.
    Racconta la sua esperienza come una sorta di “convincimento” in modo da far immedesimare il lettore.
    Racconta poi di aver studiato presso il collegio gesuita di La Fleche.
    Durante gli studi eseguiti,Cartesio aveva imparato tanto e riconobbe in parte l’utilità delle discipline che aveva studiato,ma molte volte i libri sui quali si erano basati i suoi studi erano quelli degli antichi “le lingue classiche” (latino e greco),che erano utili per comprendere le opere del passato,tuttavia in esse non troviamo che storie e favole.
    infatti,secondo Cartesio, si rischiava di commettere l’errore di colui che viaggia troppo e che finisce per essere uno straniero in casa propria.
    Non a caso, quando si è troppo curiosi dei costumi di altri popoli o delle cose del passato,su finisce per rimanere ignoranti delle vicende attuali.
    Nonostante questa sorta di critica esposta da Cartesio nella propria opera,sulla conoscenza delle altre culture,nel contesto finale della prima parte,gli attribuisce anche una certa importanza.
    Infatti,dopo aver abbandonato lo studio delle lettere, Cartesio decise di cercare le scienze dentro se stesso o nel “gran libro del mondo”,per questo impiegò il resto della sua giovinezza a viaggiare e raccogliere nuove esperienze.
    Fu proprio da tali viaggi che Cartesio imparó a non credere a tutto ciò che fino ad allora gli avevano insegnato: se prima infatti valutava strane molte cose che non erano consuete per la sua cultura ma che magari erano comuni per un’altra,con il tempo imparò a comprenderle e questo gli permise di commettere meno errori nella ricerca della verità nella quale si era impegnato.
    Partendo da queste considerazioni di Cartesio,possiamo parlare di un tema particolarmente attuale oggi:flussi migratori.
    I flussi migratori sono movimenti di persone da un luogo all’altro. Le migrazioni possono essere interne (che avvengono nello stesso paese),internazionali (da una pese all’altro), stagionali (i lavoratori si fermano solo per il periodo in cui occorre la loro prestazione),temporanee (i lavoratori si fermano nel paese che li ospita per un periodo più o meno lungo ma hanno intenzione di tornare nel loro paese d’origine) o definitive (si trasferiscono definitivamente).
    Le cause che determinano i sempre più vasti flussi migratori internazionali negli ultimi decenni sono i fattori di espulsione presenti nei Paesi di uscita e i fattori di attrazione in quelli d’entrata.
    Costituiscono fattori d’espulsione l’eccessivo incremento demografico e la conseguente scarsità o inadeguatezza di risorse, l’impossibilità in società socialmente arretrate di veder riconosciuti i propri diritti all’uguaglianza e quindi la mancanza di prospettive di miglioramento socio-economico,la presenza di regimi politici totalitari che perseguitano con ferocia gli oppositori,i contrasti etnici o religiosi, carestie e epidemie,infine le guerre.
    I fattori di attrazione verso i Paesi di destinazione sono essenzialmente costituiti dalla prospettiva di fuga dalla miseria e spesso dalla morte,di lavoro in società più aperte e democratiche, di sviluppo e istruzione per i propri figli,brevemente, da una migliore qualità di vita.
    L’emigrazione determina profondi cambiamenti sia nei Paesi di partenza che in quelli di destinazione.
    Il nostro Paese negli ultimi decenni si è trasformato sempre più da Paese di emigrazione in Paese di immigrazione.
    Nel corso degli anni ottanta ha avuto inizio una massiccia immigrazione proveniente da Paesi del Terzo Mondo o da Paesi europei in crisi politica ed economica.
    Questi immigrati,che non provenivano dai Paesi della Comunità Europea UE,erano comunemente definiti extracomunitari. Da allora il loro numero è in continua crescita,anche se non è possibile avanzare una cifra attendibile in quanto solo una parte è in possesso del permesso di soggiorno, quindi “regolare”,mentre un gran numero è costituito da “irregolari” arrivati nel nostro Paese in un modo illegale, i “clandestini.”
    La composizione dell’immigrazione italiana è attualmente molto complessa. Il 2015 supera l’anno record 2014 sul fronte degli arrivi di migranti, complice la situazione fuori controllo della Libia, da cui si registra la grande maggioranza delle partenze. Secondo i dati diffusi dal Viminale, sono infatti 7.882 i migranti sbarcati sulle coste italiane nei primi due mesi dell’anno, il 43% in più rispetto allo stesso periodo del 2014, quando gli stranieri arrivati via mare furono 5.506.
    Gli immigrati presenti nelle strutture d’accoglienza (temporanee, centri d’accoglienza e per richiedenti asilo, posti Sprar) sono attualmente 67.128.
    Il problema dell’immigrazione ha aperto diversi dibattiti in particolare in campo politico.
    Possiamo inserire diversi dati,diverse fonti che testimoniano i pro e i contro condivisi dai diversi partiti politici.
    La formazione politica che forse ha dimostrato maggiore attenzione al tema è il Partito Democratico di Matteo Renzi, che dedicava un punto del suo programma alla “diversità come ricchezza”.
    L’ “Europa dell’integrazione e della solidarietà”, secondo il partito del premier, passa innanzitutto attraverso una “vera gestione comune” delle frontiere esterne dell’Ue. L’attuale operazione europea Triton, che ha rilevato con scarsi risultati Mare Nostrum, dovrebbe nelle intenzioni dei democratici diventare un corpo europeo di guardie di frontiera, in grado di affiancare l’Italia nella gestione delle emergenze migratorie.
    I recenti e tragici avvenimenti di Tunisi dimostrano poi come sia ancora cruciale la cooperazione con i Paesi del Maghreb, che il PD auspicava sia per quanto riguarda la sicurezza ed il contrasto al terrorismo, sia per la lotta all’immigrazione clandestina ed il controllo delle frontiere. Secondo il partito di Renzi l’Ue dovrebbe gestire “direttamente e meglio le politiche di mobilità delle persone, fissando principi e condizioni comuni per l’ingresso per lavoro, studio, ricerca, […] facendo perno sui diritti umani e dei migranti”. Agli antipodi del PD si situa invece la posizione della Lega Nord.Il Carroccio ha sempre sostenuto che la “solidarietà europea” sulla questione dei flussi migratori non sia nient’altro che “una frottola per creduloni”. “Crediamo – sosteneva nel suo programma il partito di Salvini – che il futuro nella gestione dell’immigrazione dovrà passare per una più stretta collaborazione fra le forze di polizia e le unità addette a prevenire l’immigrazione illegale degli Stati membri che sono in prima linea e sono più colpiti dal problema, senza però l’ingerenza di Bruxelles”.
    Due i capisaldi del pensiero leghista in materia: l’autonomia dei singoli Stati nella legislazione sull’immigrazione extracomunitaria ed un presidio costante delle frontiere terresti e marittime, anche con azioni di respingimento.
    “L’unico metodo che garantisce risultati sicuri”, a detta del Carroccio, è quello degli “accordi bilaterali con i Paesi terzi da cui hanno origine i maggiori flussi d’immigrati irregolari”. Questo approccio, auspicato dai leghisti, fu in effetti alla base dell’operato dell’allora ministro degli Interni Maroni (governo Berlusconi IV), i cui respingimenti in mare di profughi africani furono però condannati nel 2012. dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
    Affine alle posizioni leghiste è il programma di Fratelli d’Italia, che punta ad una “cooperazione europea per contrastare l’immigrazione selvaggia”.
    Il partito di Giorgia Meloni invoca “meccanismi vincolanti per la redistribuzione dei richiedenti asilo e rifugiati tra gli Stati dell’Ue” e “la revisione della regolamentazione di Dublino”. Notevole poi la proposta di introduzione di una “clausola della Nazione più esposta”: “visto che siamo una Nazione di frontiera – argomentano di eredi di An – l’Italia applichi automaticamente la normativa più restrittiva tra quelle in vigore nell’Unione Europea”.
    La stretta invocata da Fratelli d’Italia non si limiterebbe tuttavia all’immigrazione extracomunitaria. Il partito chiede infatti “la piena applicazione della direttiva 38/2004, che prevede l’espulsione degli immigrati comunitari che entro tre mesi dal loro arrivo in uno Stato membro non siano in grado di dimostrare di avere un regolare contratto di lavoro e risorse lecite sufficienti per il proprio sostentamento”.
    Anche il Nuovo Centro Destra non ama le attuali politiche europee sull’immigrazione. Angelino Alfano, in veste di ministro dell’Interno, si è confrontato quotidianamente con il problema degli sbarchi di disperati sulle coste italiane, ed il suo partito propone, seppur schematicamente, alcune soluzioni riassunte nello slogan “Meno clandestini, più sicurezza”.
    Dai dati sinora mostrati si ricava un quadro tutto sommato prevedibile, con la consueta attenzione della sinistra per l’aspetto “sociale” dell’immigrazione e le severe misure invocate dalle destre contro l’immigrazione illegale.
    Oltre ai vari dibattiti politici sono vari i pro e i contro riguardanti i flussi migratori.
    Alcuni ritengono che questi possono essere una sorta di “arricchimento” per la società,altri li ritengono come “minacce di perdita dei nostri valori e della nostra identità culturale” .
    Esistono numerosi problemi che possono derivare da un’immigrazione eccessiva e non regolamentata, e che possono recar danno alla società:
    1. cattive condizioni di vita degli immigrati, sia dal punto di vista del lavoro (bassi salari, sicurezza e diritti precari) sia da quello dell’alloggio (alti prezzi di acquisto e affitto, condizioni malsane e sovraffollamento);
    2. peggioramento delle condizioni di lavoro e di alloggio degli Italiani delle fasce più deboli, che entrano in competizione con gli immigrati;
    3. scadimento di un sistema di protezione sociale gravato da troppo assistiti, con conseguenze negative per gli Italiani che non hanno la possibilità di pagarsi tutele privatistiche;
    4. delinquenza degli immigrati senza lavoro. Una condizione di cui questi immigrati possono essere parzialmente anche vittime, perché arrivano con speranze non realizzabili. E vittime, ovviamente, sono i cittadini locali, soprattutto quelli dei quartieri dove si concentrano gli insediamenti di immigrati;
    5. sfruttamento degli immigrati da parte della criminalità organizzata che gestisce i flussi migratori. Si va dall’impoverimento di immigrati che al loro Paese avevano una condizione di vita dignitosa, sono stati spinti a vendere tutto per pagare il viaggio, e non vedono realizzabili aspettative che spesso erano state enfatizzate da chi li ha incoraggiati a partire. Sino ad arrivare allo schiavismo e alla tratta delle giovani donne, indotte a partire con la promessa di lavoro e poi costrette alla prostituzione;
    6. impoverimento dei Paesi di provenienza, privati delle risorse umane più intraprendenti e più pronte al sacrificio;
    7. violenza sui soggetti deboli nelle comunità-ghetto di immigrati;
    8. conflitti sociali ed economici, soprattutto tra le classi deboli italiane e immigrate (“guerra tra poveri”);
    9. conflitti politici e culturali per l’esistenza di differenze inconciliabili su principî di convivenza e diritti fondamentali: idea della laicità dello Stato, diritti delle donne e dei minori, diversa sensibilità sull’esigenza di isolare violenza e terrorismo, ecc.
    Si badi bene: quelli che abbiamo passato in rassegna sono i problemi derivanti da un’immigrazione eccessiva e non regolamentata. Molti di questi problemi possono essere evitati se ci si sforza di gestire il fenomeno.
    Inoltre, non bisogna dimenticare i nostri doveri di solidarietà, né i benefici e le risorse che pure vengono dall’immigrazione:
    1. manodopera per numerosi settori in cui c’è carenza;
    2. contributo di creatività e sviluppo economico anche in altri settori, perché l’economia cresce anche trasformandosi, innervata da nuove idee;
    3. apporto positivo alla stabilità sociale derivante dallo spirito di laboriosità e di sacrificio tipico degli emigranti;
    4. arricchimento culturale. Il rischio che l’incontro di culture diverse diventi scontro non deve far dimenticare l’opportunità che sia incontro fecondo.
    Possiamo quindi notare come tutt’oggi,e non solo nel Seicento con Cartesio, sia dibattuto il problema delle altre culture,è sempre aperta la questione “arricchimento” o “minaccia di perdita”?
    ESERCIZI SULLA II PARTE:
    Metodo deduttivo:
    Si parte da: principi generali (assiomi e postulati)
    Mediante: l’intuizione
    Si procede per: deduzione (dall’universale al particolare)
    Mediante: dimostrazione
    Per formulare: teoremi (come spiegazione dei fenomeni)
    Corroborate/i da: revisione dei diversi passaggi
    -Per la riflessione e il dibattito
    COMPETENZE: 2nota1
    Nella seconda parte, il progetto cartesiano inizia anche qui in senso autobiografico,il filosofo racconta di essere bloccato dall’inverno in Germania ,in quel momento egli militava nell’esercito di Massimiliano di Baviera, e durante i mesi invernali non si combatteva:era il periodo della Guerra dei Trent’anni.
    All’inzio della seconda parte si può intuire come Cartesio privilegia le opere scritte da una sola persona piuttosto che le opere scritte da più di una,le quali mancano di perfezione.
    Mostra tale preferenza presentandoci diversi paragoni,esempi. Primo dei quali è l’esempio dell’architetto,egli afferma infatti che gli edifici realizzati da un solo architetto sono migliori rispetto a quelli edificati da diversi architetti che utilizzano anche vecchi muri costruiti per altri scopi. Parla inoltre di costruzioni politiche edificate da un solo legislatore e prende come esempio Sparta, afferma infatti :” E per parlare di cose umane, credo che Sparta sia stata a lungo così fiorente non per la bontà di ciascuna delle sue leggi
    in particolare, giacché molte erano assai strane, e persino contrarie ai buoni costumi; ma perché, uscite
    dalla mente di uno solo, tendevano tutte allo stesso fine.”
    Così la sua opera filosofica vuole, attraverso il solo ragionamento di un singolo, raggiungere maggiori risultati nel campo della verità rispetto a quelle che si fondano su opinioni diverse.
    Come l’architetto, però, che per ricostruire una città che sia migliore, deve buttare giù le case, così  Cartesio dovrà liberarsi di tutti gli insegnamenti che aveva ricevuto per poter raggiungere il suo scopo, il conseguimento della verità.
    Prima di respingere le diverse opinioni che la filosofia propone, però, bisogna dotarsi di un metodo, che possa farci orientare nel labirinto delle scelte possibili. Il metodo non viene individuato da Cartesio in dottrine già esistenti che sarebbero potute essere a lui utili: la logica infatti non aiuta a cogliere la verità in quanto i sillogismi su cui si fonda servono solo per discutere su cose che già si sanno, la geometria invece risulta troppo vincolata alle figure e quindi all’immaginazione ed infine, l’algebra presenta troppe regole e variabili nomenclature che portano ad un’inevitabile confusione nello studio di questa. Cartesio quindi ricerca un altro metodo che presenti i vantaggi di queste tre scienze, ma non i difetti. I precetti di cui si compone il suo metodo sono solo quattro,le 4 regole:la prima,la regola dell’evidenza, la quale afferma che bisogna assumere come vere solo quelle idee che si presentano chiare e distinte alla nostra mente; la seconda,regola dell’analisi, ci dice di dividere il problema preso in esame in sempre più piccole parti fin quanto fosse necessario per risolverlo più agevolmente; la terza,regola della sintesi,propone di condurre con ordine i pensieri, seguendo una scala di importanza che vada dalle cose più semplici a quelle più complesse; la quarta,regola delle enumerazioni e revisioni,infine, afferma di fare in tutti i casi enumerazioni complete e rassegne generali tali da non omettere nulla.
    Abbiamo appunto sintetizzato diversi punti della seconda parte del “Discorso sul metodo”.
    Vogliamo ora proporre esempi sull’opposto di quanto veniva affermato da Cartesio, proporre casi in cui la collaborazione permette di realizzare opere che individualmente non sarebbero state possibili o
    sarebbero state peggiori.
    Nello stesso Seicento possiamo notare come sia stata fondamentale la collaborazione, quel rapporto tra poesia e musica per dar origine a un nuovo genere di teatro: il melodramma.
    Esso è infatti un termine musicologico e letterario,indica l’opera messa in musica dove i personaggi si esprimono attraverso il canto.
    Abbiamo mostrato una collaborazione necessaria nata tra due arti al dine di creare un nuovo genere;tuttavia,possiamo anche parlare di una collaborazione necessaria o che senza di essa avrebbe creato risultati peggiori,tra due o più persone.
    Francis Bacon,italianizzato in Bacone,filosofo appartenente alla rivoluzione scientifica,dava una notevole importanza a tale concezione di collaborazione.
    Come sappiamo,Bacone si propone di creare una rifondazione del sapere,tale nuovo sapere,non a caso, deve essere sperimentale,cumulativo e COLLABORATIVO,quindi di conseguenza sommativo.
    Proprio per questo Bacone attribuiva una certa importanza alle accademie che andavano a sostituire le università.
    Sorgono numerose accademie scientifiche,orientate alla ricerca COOPERATIVA e finalizzata ad applicazioni tecnologiche.
    Le prime accademie sorgono in Italia: l’Accademia sei Lincei (fondata a Roma nel 1603) e l’Accademia del Cimento (fondata a Firenze nel 1657). Esse però non sono supportate da uno Stato nazionale in grado di supportarle e vivono in un mecenatismo privato: quella dei Lincei è sostenuta dal marchese Federico Cesi,quella del Cimento dal principe Leopoldo de’ Medici,fratello del granduca Ferdinando II.
    Si sviluppano però accademie europee: Royal Society (nata a Londranel 1645,ma solo nel 1662 otterrà il riconoscimento ufficiale della monarchia), e l’Academie Royal des Sceinces (fondata a Parigi nel 1666).
    La prima accademia citata è presieduta anche da Newton dove anch’egli presenta un nuovo sapere creando una COLLABORAZIONE tra ricerche scientifiche di astronomia e di fisica con applicazioni tecnologiche per la metallurgia,la navigazione,l’industria tessile.
    Nel 1700 nasce l’accademia di Berlino ad opera di Leibniz.
    Si può quindi notare l’importanza data alla COLLABORAZIONE e come grazie ad essa si siano sviluppati saperi,opere migliori.
    A sostegno di ciò,Bacone crea inoltre il saggio “Preparazione alla storia naturale e sperimentale” dove sottolinea un progetto di una grande enciclopedia delle scienze e delle tecniche dove ogni ricercatore può dare un proprio contributo sempre utilizzabile da altri dando quindi un integrazione sempre maggiore in vari ambiti grazie alla COLLABORAZIONE.
    A differenza di Cartesio, sostiene che gli scienziati devono aggiungere nuove pietre all’edificio della conoscenza e al tempo stesso possono unire gli sforzi scambiandosi dati e cooperando a ricerche comuni.
    Tuttavia, li stesso Cartesio realizzerà un’opera che si presenta come una COLLABORAZIONE tra studiosi.
    Infatti egli, dopo aver scritto le “Meditazioni”,invia la prima stesura ai maggiori studiosi dell’epoca,pubblicando poi,insieme al testo originario,le loro obiezioni e le proprie risposte. L’opera definitiva si compone di sei meditazioni e di sette gruppi di Obiezioni,seguite da altrettante Risposte,alcune dedicate ai singoli pensatori come ad esempio Hobbes, Gassendi,Mersenne,altre con contributi di più filosofi.
    ESERCIZI SULLA III PARTE:
    paragrafo uno:5)- Perché è necessaria una morale provvisoria?
    paragrafo due:7)Come debbo comportarmi verso le leggi,i costumi e la religione del mio Paese?
    paragrafo tre:1)Devo sottoporre al dubbio anche la mia decisione?
    paragrafo quattro:4)Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?
    paragrafo cinque:6)Quale occupazione devo scegliere nella vita?
    paragrafo sei:2) Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?
    paragrafo sette:3)Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?
    -Per la riflessione e il dibattito.
    COMPETENZE:
    Nella terza parte del “Discorso sul metodo”, Cartesio ritiene che prima di demolire l’edificio del tradizionale sapere per costruirne uno nuovo,bisogna definire una morale provvisoria,dettata non dalla ragione,ma dal buon senso: finchè non mi dice come comportarmi,devo attenermi a queste regole.
    Cartesio per introdurre la sua morale provvisoria, che gli servirà per prendere decisioni in assenza di una filosofia stabile, inserisce nuovamente l’esempio pratico di un uomo che in attesa di vedere ultimata la sua casa trova un alloggio provvisorio dove stare durante i lavori.
    Le tre massime individuate da Cartesio le si possono paragonare alle tre regole che il filosofo espone,pur se in forma mutata,nella lettera,risalente al 4 agosto 1645 a Elisabetta. Elisabbetta,principessa, figlia dell’elettore palatino Federico V di Wittelsbach e di Elisabetta Stuart, riformata.
    Dopo la sconfitta della Montagna Bianca , in cui il padre perse la corona del regno di Boemia, andò in esilio con la famiglia nelle Province Unite dove studiò presso la
    Corte dell’Aia e in seguito a Renen. Nel 1646,dopo che il fratello Filippo aveva ucciso
    un gentiluomo francese imputato da lui di seduzione nei confronti della sorella Louise Hollandine,Elisabetta ritornò in Germania, ritirandosi presso l’elettore del Brandeburgo, Federico Enrico.
    Nel
    1667 fu nominata Badessa del convento luterano di Herdford in Westfalia, incarico che le garantì un posto nella Dieta tedesca.
    Fu Alphonse Pollot che nel 1642, su richiesta di Descartes, la mise in contatto con il filosofo. I due
    corrisposero costantemente su temi di varia natura (medicina, matematica, filosofia,
    politica).
    Descartes le dedicò i Principi della filosofia (1644). Durante una malattia della
    principessa (estate-autunno 1645) Descartes le inviò una serie di lettere in cui gli espose i principi
    della morale, cosa che lo indusse poi a scrivere nell’inverno del 1645-1646 un primo abbozzo delle
    Passioni, che già nell’aprile del 1646 aveva dato da leggere alla principessa.
    Cartesio propone in tale epistolario indirizzato a Elisabetta, le regole come strumento che deve utilizzare chi voglia raggiungere la “beatitudine” cioè la “perfetta contentezza dello spirito”.
    Quando la principessa Elisabetta del Palatinato si ammalò di depressione, Cartesio cercò di consolarla con la filosofia, indicandole il modo per contrastare la sfortuna con la forza della virtù e della ragione.
    Per meglio dialogare con l’illustre ospite, aveva scelto di commentare il libro che Seneca aveva dedicato alla ‘‘vita beata’’ che, già dal titolo, alludeva al problema della felicità. Traducendo e interpretando il filosofo romano, in parte correggendolo, Cartesio sottolineava la necessità di distinguere tra felicità e beatitudine: la prima dipende dalle cose esteriori, la seconda consiste in uno stato di ‘‘contentezza dello spirito’’ e di ‘‘soddisfazione interiore’’ che non dipende dalla fortuna, ma da noi.
    Così, il motto di Seneca vivere beate, ossia vivere in beatitudine, presso il filosofo moderno diventava un invito a sforzarsi di raggiungere uno spirito perfettamente contento e soddisfatto.
    Alla richiesta di Elisabetta di precisare meglio questa idea, Cartesio osservava che, come avevano detto gli stoici,ci sono due specie di beni: quelli che dipendono da noi, come la virtù e la saggezza; quelli che non sempre sono in nostro potere, come gli onori, le ricchezze e la salute. Il caso di Elisabetta, giovane, virtuosa e nobile, ma in precarie condizioni di salute ne era una conferma. Elisabetta, infatti, era vittima della sfortuna toccata alla sua famiglia: il padre, l’Elettore del Palatinato Federico V, era stato costretto all’esilio dopo la sconfitta subita nella battaglia della Montagna Bianca del 1620, e lei, ancora in giovanissima età, aveva conosciuto tutte le sofferenze e i disagi di una vita precaria e lontana dai genitori.
    Cosa fare in tal caso?
    A tale proposito invia le regole presenti nella lettera del 4 agosto che,ora paragoniamo con le tre massime che Cartesio inserisce nella terza parte del “Discorso sul Metodo”.
    La prima massima inserita nel “Discorso sul metodo” afferma di obbedire alle leggi e ai costumi in vigore nel proprio paese e mantenere la religione alla quale si è stati educati, cercando di dar conto alle opinioni delle persone che egli giudica essere dotati di maggior buon senso. Inoltre egli credeva fosse più produttivo guardare alle loro azioni, piuttosto che ai pensieri, scegliendo tra le diverse opinioni quelle più moderate poiché più facili da mettere in pratica. Nella lettera a Elisabetta,la prima regola suggerita afferma che innanzitutto bisogna servirsi del proprio spirito per sapere cosa fare in ogni circostanza, seguendo i consigli della ragione. La seconda massima inserita nel “Discorso sul metodo afferma” di perseverare con risoluzione nella decisione presa, sebbene essa possa sembrare dubitabile nel corso dell’ esecuzione; occorre portare a termine ciò che è stato intrapreso. Secondo i critici questa massima rappresenta un invito a perseguire caparbiamente anche nelle azioni sbagliate. Descartes, dunque, per rispondere alla provocazione si corresse “ho detto tutt’ altra cosa, essere risoluti nelle azioni, anche quando si è irrisoluti nei giudizi”. La seconda inserita nella lettera a Elisabetta, afferma che inoltre comportandosi secondo ragione, senza lasciarsi condizionare dalle passioni o dagli appetiti,infatti è proprio la fermezza,la virtù di cui dobbiamo disporre maggiormente,impariamo a considerare ciò che non possediamo come completamente fuori dalla nostra portata. La terza massima del discorso sul metodo afferma di cercare di vincere se stessi piuttosto che la fortuna e di cambiare i propri pensieri più che l’ ordine del mondo. Cartesio ritiene che nulla è interamente in nostro potere, eccezion fatta per i nostri pensieri che dipendono dal nostro libero arbitrio.
    Molto simile a quella destinata a Elisabetta la quale afferma che non bisogna pentirsi di quel che facciamo in base a ciò che ci detta la ragione pur se col tempo può capitare di accorgersi che abbiamo intrapreso una cosa sbagliata.
    Non dovremo quindi confrontarci con il rimpianto e il pentimento che rappresentano gli ostacoli al raggiungimento della felicità.
    Scrisse, nel “Discorso sul metodo” addirittura, che bisognerebbe imitare i filosofi stoici, felici anche nel dolore e nella povertà, poiché disponevano dei loro pensieri che li rendevano ricchi, potenti e più liberi di qualunque altro uomo.
    Questa regola rimase il caposaldo della morale di Cartesio, il quale esige che l’ uomo si lasci condurre unicamente della propria ragione.
    La morale provvisoria di Cartesio, unita ai precetti morali della religione, fu sperimentata da Cartesio per nove anni, durante i quali viaggiò in giro per l’Europa.
    ESERCIZI PARTE IV:
    Le risposte del testo:
    l. Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? rr.da 6a15 [La certezza del cogito]
    “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva
    con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse
    stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di
    credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel
    pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.”
    2. Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio? rr. Da 1a5 [certezza del cogito]
    ” Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia
    che cercavo.”
    3. Perché la ragione non è affidabile? rr . Da9a17 [la verità delle idee]
    “Perché insomma, sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi. Così il sole, sebbene lo
    vediamo molto chiaramente, non dobbiamo perciò giudicarlo piccolo come lo vediamo97; e possiamo ben immaginare distintamente una testa di leone innestata sul corpo di una capra, senza dover
    concludere perciò che ci sia al mondo una chimera: perché la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi.”
    4. Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? rr. Da 6a9 [il dubbio metodico]

    “ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie
    convinzioni che fosse interamente indubitabile”
    5. Perché i sensi non sono affidabili? rr. Da 5a9 [la verità delle idee]
    ” E quando all’errore più comune dei nostri sogni,
    che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci
    senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono”.
    6. Quali caratteristiche devono avere le idee vere? rr. Da 17a21 [la verità delle idee].
    ” poiché i nostri ragionamenti non sono mai
    così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano
    essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri
    pensieri essere in tutto veri dal
    momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni.
    7. Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? rr. Da 3a7 [i criteri della verità]
    .
    “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto
    chiaramente e molto distintamente
    sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.”
    8. Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? rr. Da 4a17[l’esistenza di Dio].
    ” Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il cielo, la terra, la luce, il calore, e mille altre, non mi davo molta pena di cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse superiori a me, e perciò potevo credere che, se erano veri, dipendevano dalla mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione. Ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola)86, ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo.”
    Sequenza corretta :
    4-2-1-6-7-8-5-3
    Nella quarte parte del “Discorso sul metodo”, vi è un aspetto maggiormente metafisico.
    Qui viene dimostrata l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima.
    Tuttavia, per comprendere ciò è necessario partire dal dubbio “metodico”.
    Infatti,per poter individuare un punto di partenza indubitabile,è necessario mettere in discussione tutte lle certezze derivanti dall’educazione,dalla tradizione,dallo stesso senso comune.
    Bisogna passare tutto al vaglio della ragione,sottoporre tutto al dubbio per cedere se qualcosa può salvarsi,se può superare ke critiche per mostrare la propria fondatezza.
    Parla in tal senso di dubbio metodico: non parte da un atteggiamento scettico ma è assunto come procedimento per giungere a una verità che sia di per sè evidente e indubitabile.
    I sensi sembrano darci una conoscenza indubitabile,ma abbiamo anche esperienza di illusioni ottiche,di inganni sensoriali. Toccando un bastone immerso nell’acqua ci accorgiamo che non è spezzato come sembrava per un ingannevole effetto ottico.
    E ancora, nel sogno ci appare reale ciò che al risveglio notiamo essere illusorio.
    Al ‘dubbio metodico’ segue il ‘dubbio iperbolico’.
    Se infatti prima si riferisce solo alle cose sensibili,nella seconda si giunge a dubitare di quelle certezze (es. 2+2=4).
    Ciò avviene in quanto, non possiamo sapere se siamo ingannati da un genio maligno che fa apparire ai nostri occhi vere, dimostrazioni matematiche in realtà false;un genio talmente potente da farci apparire come verità logiche i propri inganni.
    Come vediamo, il dubbio si estende a tutto e diventa universale (arrivando a dubitare della certezza dell’esistenza stessa).
    Quando però sembra che l’uomo non abbia più scelte, ecco che il filosofo francese ha una intuizione geniale: l’uomo può ammettere di ingannarsi o essere ingannato, tuttavia per esserlo deve, per forza, esistere:l’esistenza di sè come essere pensante.
    Ecco quindi che al dubbio iperbolico è sopravvissuta una certezza assoluta, ed egli identifica questo principio irreprensibile con il “cogito ergo sum”,una semplice massima di grande importanza .Nel momento in cui io dubito,esisto come essere che dubita;se dubito,penso;se penso,sono!
    Questa appare a Cartesio la certezza indubitabile, evidente di per sè,procedendo con metodo deduttivo,il filosofo intraprende la costruzione del proprio sistema.
    In un’altra sua opera,le ‘Meditazioni’ metafisiche spinge ancora oltre la radicalità del dubbio: ipotizza che esista un genio maligno onnipotente che agisce per ingannarci, facendoci credere che esista un mondo, il
    quale invece è un’illusione da lui prodotta. Egli infatti afferma ” Io supporrò, dunque, che vi sia, non già un vero Dio, ma un certo genio maligno, non meno astuto e ingannatore
    che possente, che abbia impiegato tutta la sua industria a ingannarmi. Io penserò che il cielo, l’aria,
    la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo, non siano che illusioni e
    inganni, di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità.”
    Le ipotesi di Cartesio possono apparire ai nostri occhi del tutto assurde,tuttavia,è vero che noi non conosciamo il mondo ma bensì sensazioni che rielaboriamo costruendo immagini e poi idee.
    Come sappiamo,Cartesio invia la prima stesura delle “Meditazioni” ai maggiori studiosi dell’epoca,pubblicando poi,insieme al testo originario,le loro obiezioni e le proprie risposte.
    Particolarmente dure,e aspre anche nel tono sono le Quinte obiezioni,dovute a Pierre Gassendi.
    Il cogito, fondamento della filosofia cartesiana,è un argomento fittizio,perchè,nota Gassendi, “potevate arguire la stessa cosa [di esistere] da qualunque altra delle vostre azioni,essendo manifesto per la luce naturale che tutto quel che agisce è,o esiste.”
    In tal modo però,viene meno la specificità della “sostanza pensante” e quindi la distinzione rispetto al corpo,la res extensa. Cartesio obietta che le azioni riguardano il corpo, della cui esistenza non possiamo inizialmente essere certi,mentre l’unico predicato riferibile soltanto all’anima è il pensiero.
    Gassendi è sarcastico sulla definizione della res cogitans come immateriale,separata dal corpo e da esso diversa per natura.
    Dal genio maligno,ipotizzato da Cartesio, che vuole intenzionalmente ingannarci,inizia quindi a maturare una domanda, “Sogno o realtà?”
    Tema ampiamente diffuso nel corso del Seicento sopratutto nell’ambito della letteratura.
    Nel 1999 esce il film di fantascienza Matrix (1999) di Andy e Larry Wachowski, cui
    sono seguiti, nel 2003, Matrix Reloaded e Matrix Revolutions, due ulteriori capitoli della
    saga molto inferiori all’originale.
    La trama dell’intero ciclo è notissima. Neo, un abile pirata informatico, viene contattato da un gruppo di hackers accusati di terrorismo. La misteriosa
    Trinity lo conduce da Morpheus capo del gruppo di hackers ribelli.
    Neo apprende così che la sua vita, come quella di tutta l’umanità, è un’illusione prodotta dalle macchine, che utilizzano gli esseri umani per ricavarne energia.
    Nel 2099 le macchine hanno vinto la guerra contro gli uomini e li hanno imprigionati in capsule che contengono una sorta di liquido amniotico.
    I prigionieri dormono un sonno artificiale, mentre i loro recettori sensoriali sono collegati a un
    gigantesco computer che, grazie a un programma di ‘neurosimulazione interattiva’, la Matrice, fa vivere gli esseri umani in una specie di sogno continuo, per cui tutte le sen-
    sazioni che provano (vista, udito, gusto, olfatto e tatto) risultano simulate. La Matrice
    proietta nel cervello dei prigionieri l’illusione di vivere nell’anno 1999 in un mondo
    reale, mentre essi sono corpi dormienti nelle vasche. Scoperta la verità, sarà proprio
    Neo, l’eletto destinato a liberare l’umanità, a dare battaglia alle macchine.
    Matrix Reloaded e Matrix Revolutions propongono nuove rivelazioni, che però complicano in modo artificioso il messaggio espresso dal capitolo iniziale della saga. In
    Matrix Reloaded, le macchine attaccano la città sotterranea di Zion, l’ultimo rifugio
    degli esseri umani sulla Terra dopo il cataclisma nucleare. Nel corso di questo secondo
    capitolo della saga, apprendiamo che anche la ribellione di Neo è prevista e controllata
    da Matrix.
    La rivelazione è comunicata a Neo dall’Architetto, il
    programma (con sembianze umane) che ha creato e che governa Matrix.
    L’Architetto
    svela che il 99% degli umani non si rende conto di vivere in un universo artificiale.
    Esiste, però, un 1% che si ‘risveglia’ e che rifiuta la dimensione illusoria imposta dalle macchine.
    Per risolvere il problema le macchine hanno ideato la figura dell’eletto e la
    città di Zion (un nome che i fratelli Wachowski hanno ripreso dalla Bibbia, dove Zion
    è l’appellativo di Gerusalemme). In Matrix Revolutions si svolge lo scontro finale tra Neo e l’Agente Smith (Hugo Weaving), il programma di difesa appositamente creato dalle macchine per eliminare
    qualsiasi minaccia al sistema grazie ai suoi incredibili superpoteri.
    Alla fine del primo
    film della trilogia, Neo crede di aver ucciso definitivamente Smith, disintegrandolo.
    In realtà, Smith stesso si è ribellato al controllo delle macchine, che vorrebbero ‘cancellarlo’ poiché ha fallito la sua missione.
    Smith si moltiplica a dismisura come virus informatico e la sua presenza costituisce ormai un problema per le stesse macchine.
    Al termine
    del terzo film, Neo, che assume sempre di più la funzione del Salvatore dell’umanità, lo
    sconfigge definitivamente ma muore nello scontro, sacrificandosi.
    La scomparsa di Neo e di Smith porta alla pace fra gli umani e le macchine, che
    interrompono il devastante attacco che hanno mosso alla città di Zion.

    Il tema, indipendentemente dalla forma espressiva con cui viene sviluppato, è senza
    dubbio affascinante e filosoficamente molto stimolante.
    Il problema del rapporto fra apparenza e realtà è già ampiamente discusso nella
    storia della filosofia sin dall’epoca di Parmenide. Si tratta di una classica sfida
    scettica, la stessa sfida proposta dal filosofo Cartesio. Cartesio come già detto,ipotizza che un genio maligno lo stia ingannando sistematicamente e che
    gli faccia credere erroneamente di avere un corpo, di vivere in un mondo reale e persino, erroneamente, che 2+2=4. Non potrebbe questo genio maligno essere l’Architetto
    di Matrix? 
    Matrix infatti può anche essere letto come la trascrizione del dubbio cartesiano e anche Neo è chiamato a mettere in dubbio tutte le sue antiche certezze. Ciò che gli è sempre apparso come la verità, è in realtà un inganno, una tremenda impostura, un mondo fittizio costruito ad arte dalle macchine (il genio maligno di Cartesio).
    Il primo passo per trovare la verità sarà anche per lui prendere consapevolezza di sé, convincersi di essere “l’inviato”, riconoscersi come Neo e non come signor Anderson (il suo nome nel mondo fittizio). Così anche Neo, come Cartesio, é chiamato a mettere in dubbio ogni cosa per prendere atto della propria esistenza come soggetto pensante; e il fatto di esistere come soggetto pensante é l’unica verità certa di cui egli disponga in partenza. Quindi si noti che quando Cartesio immagina di essere ingannato da un genio maligno abbiamo la stessa
    situazione rappresentata in Matrix dagli uomini che pur vivendo in vasche credono di vivere una vita reale. Differenza tra i due è il fatto che Cartesio immagina che i suoi simili siano automi;questo non viene presentato in Matrix.
    ESERCIZI V PARTE:
    Le risposte del testo:
    1-Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? rr. Da 1 a 8 [lo studio deduttivo della natura]
    ” Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da
    queste prime. Ma per farlo dovrei ora parlare di parecchie questioni che sono oggetto di controversia
    fra i dotti, e io non desidero mettermi in urto con loro. Credo perciò più prudente astenermene, e dire
    solo, in generale, di quali questioni si tratta, per lasciare che i più saggi giudichino se sarebbe utile al pubblico un’informazione più particolareggiata. Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo
    preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più
    chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri. ”
    2-Che cos’è il meccanicismo? rr. Da 13 a 16 [dal caos dei poeti all’universo ordinato]
    ” Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo
    quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano coporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle
    fisse E qui, soffermandomi sull’argomento della luce, spiegai molto a lungo la natura ”
    3-Qual è la funzione delle leggi della natura? rr. Da 12 a 19[dal caos dei poeti all’universo ordinato]
    ” In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i
    miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali,che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero
    osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo
    quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel
    frattempo, alcune parti dovevano coporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle
    fisse ”
    4-Qual è la causa della circolazione sanguigna? rr. Da 24 a 31 [Cartesio e Harvey] ” Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quelloche esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando ènelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficenza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene. ”
    5-Qual è la causa del movimento dei muscoli? rr. Da 5 a 12 [meccanicismo] ” Inoltre, quali mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i sogni; e come la
    luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre qualità degli oggetti esterni possano imprimervi
    idee diverse attraverso i sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì le
    loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie quelle idee129; come memoria
    che le conserva; e come immaginazione, che può mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con
    lo stesso mezzo, distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni
    interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà.
    6-Come possiamo distinguere un uomo da un automa? rr. Da 6 a 18 [uomini e macchine] ” Perché
    si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in
    relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad
    esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si
    fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al
    senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro
    criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi,
    fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può
    servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficenza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione. ”
    7-Qual è la funzione del linguaggio? rr. Da 32 a 36 [Uomini e macchine] ” Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le
    passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come
    qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili. ”
    8-Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? Rr. Da 1 a 10 [l’anima e il corpo] ” Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere
    tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché
    si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero133. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore
    di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficenza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita,
    proprio come le mosche e le formiche;.. “.
    -Per la riflessione e il dibattito.
    COMPETENZE:

    Nella quinta parte del “Discorso sul Metodo” Cartesio espone uno dei più importanti e innovativi concetti: quello del corpo-automa, capace di vivere anche senza l’aiuto dell’anima. Inizia mostrando le proprie scoperte senza però imporle come vere, ma lasciando ai dotti il compito di commentare e informarsi di più riguardo a tali scoperte.
    Non si ritiene capace di analizzare le specifiche scienze e situazioni in ogni più piccola sfaccettatura, perciò fa considerazioni generiche e sceglie gli argomenti più importanti, come la luce, l’automatismo del corpo e della formazione del mondo,afferma infatti “…non potendo egualmente bene rappresentare su di una superficie piana tutte le diverse facce di un corpo solido, ne scelgono una delle principali.”
    In tale parte fa riferimento all’opera “il Mondo” di cui ripropone le idee principali, non a caso qui sono esposte teorie fisiche e astronomiche nonchè dottrine riguardanti il corpo umano.
    Cartesio parla poi della materia.
    Noi concepiamo questa come una sostanza estesa.
    Da ciò possiamo dedurre che nell’universo non esiste il vuoto in quanto l’estensione è materia.
    La materia è solo agitata e mischiata formando caos che si dispone ed ordina secondo le leggi divine senza alcun intervento di Dio.
    Se non esiste il vuoto,si deve pensare che ogni parte di materia spostandosi ne sposti un’altra; segue così un movimento a catena,anzi circolare,che viene espresso da Cartesio mediante la teoria dei vortici,per cui ogni aggregato di materia, si muove di moto circolare intorno a un centro.
    In tal modo hanno origine i corpi celesti.
    Pone grande importanza sulla dimostrazione dell’apparato circolatorio sanguigno, di cui dimostra una grande conoscenza anatomica e molte importante intuizioni. Dopo aver spiegato la composizione del sistema vascolare, analizza e ipotizza le cause del movimento del cuore e delle pulsazioni del sangue.
    Giustifica sia il numero di membrane delle aperture del cuore (se circolare tre membrane se ovale due, a causa del luogo in cui è posto il vaso)e la differenza di durezza tra arterie e vene, dovuta alla più alta pressione del sangue caldo appena uscito dal cuore.
    Questa considerazione  era supportata da prove empiriche, come l’applicazione di un laccio al braccio e l’incisione al di sopra (maggior afflusso) o al di sotto (minor afflusso) di esso. Commise anche alcuni errori, come considerare il sangue una sostanza che aiutasse la digestione, il cuore un apparato di filtraggio (il sangue, rarefacendosi e quasi distillandosi nel passare per il cuore, è più sottile, più vivo, più caldo), i polmoni come condensatori .
    Cartesio finisce con il considerare questo apparato così complesso e autonomo,simile alle macchine inventate dagli uomini, giunge a considerare il corpo degli uomini simile alle bestie,eppure i primi avevano un’anima e i secondi no.
    L’uomo non è quindi soltanto corpo ma anche anima che ubbidisce a principi completamente diversi:infatti, l’anima essendo essendo libera è capace di volere.
    L’uomo risulta quindi composti da due sostanze distinte.
    A tal punto ci si chiede come sia possibile che due sostanze distinte agiscano una sull’altra.
    Cartesio ipotizza quindi un punto di contatto tra corpo e anima nella ghiandola pineale (ipofisi) posta alla base del cervello.
    Per gli scienziati cartesiani il corpo umano è semplicemente una macchina e come tale va studiato scoprendo i meccanismi che ne regolano il movimento.
    Cartesio amava anche paragonare la fisiologia umana alla scienza idraulica delle fontane: i nervi corrispondono ai tubi, il cuore alla pompa,i muscoli ai congegni meccanici che regolano gli spruzzi,il cervello al serbatoio e infine l’anima al fontaniere il quale dall’esterno controlla tutti i meccanismi.
    “La macchina come corpo” o meglio “il corpo come macchina” non viene solo ipotizzato,sperimentato da Cartesio.
    La iatromeccanica è una disciplina fondata daal matematico e fisico italiano Giovanni Alfonso Borelli e applica le leggi della meccanica alle funzioni dell’organismo vivente.
    Ma ciò che suscita maggiore meraviglia sono gli automi meccanici, che non sono un’invenzione
    seicentesca, nel senso che ne esistevano già nel mondo antico e nel Rinascimento, ma adesso
    raggiungono una diffusione e un grado di perfezione e di verosimiglianza impensabili nel passato.
    In Francia, nel 1649, un artigiano realizza un piccolo cocchio, con cavalli e personaggi animati, e
    nella seconda metà del secolo si ha notizia di animali meccanici che si muovono e mangiano e di
    automi parlanti.
    Un’importante eredità lasciata nel campo dell’intelligenza artificiale (IA),la cui sigla da nome italiano, è il “gioco dell’imitazione” oggi noto come Test di Turing pubblicato nel 1950.
    Turing propose attraverso la formulazione di semplici domande un criterio per determinare se un calcolatore o una qualsiasi macchina potesse essere considerata “pensante”.
    Il test di Turing è stato più volte criticato e rielaborati ma ancora oggi nessuna macchina ha dimostrato di piterla superare.
    Nel 1948 Turing realizzò ‘Turocham’,un programma di intelligenza artificiale.
    Realizzò un semplice algoritmo sa utilizzare per istruire un calcolatore ad affrontare una partita contro un uomo;ma fu sconfitto da suo stesso intelletto.
    Perse abbandonando il gioco e vinse la Regina.
    Il problema della differenza tra uomo e macchina è un problema ancora presente attualmente.
    Numerosi sono i libri e i film che fanno riferimento all’intelligenza artificiale (IA).
    Esempio di un film sull’intelligenza artificiale è “Automata” diretto dallo spagnolo Gabe Ibanez.
    Il film è ambientato nell’anno 2044. La Terra ormai sta andando verso la graduale desertificazione. L’umanità cerca faticosamente di sopravvivere a un ambiente sempre più ostile. La scomparsa della razza umana è appena cominciata, in bilico tra la lotta per la vita e l’avvento della morte. La tecnologia tenta di contrastare questo scenario di incertezza e paura con il primo androide quantistico, l’Automata Pilgrim 7000, progettato per alleviare la minaccia che incombe sulla società umana. Al declino della civiltà umana fa da contrappeso la rapida ascesa della ROC (Robotics Corporation), società leader nel campo dell’intelligenza robotica. Malgrado la morte a cui l’umanità è destinata, la società ha posto in essere rigidi protocolli di sicurezza per assicurare il controllo dell’uomo sugli androidi quantistici. L’agente assicurativo Jacq Vaucan è pagato per svolgere controlli di routine sui modelli difettosi di androidi: è così che inizia ad addentrarsi nei segreti e nelle vere intenzioni che si celano dietro gli Automata Pilgrim 7000. I sospetti di Jacq continuano ad alimentare il mistero – svelando una verità molto più scomoda e inquietante di qualunque robot.
    Automata alza il sipario sulla convivenza tra uomini e robot in una cultura e in un mondo plasmati, per antonomasia, sulla natura umana.
    “Automata rappresenta il punto in cui l’intelligenza artificiale raggiunge e interseca quella umana; il momento in cui
    nascono i robot, sviluppando un’intelligenza che supera la stessa umanità.” Ha spiegato il regista Ibáñez. “
    Per riuscire a dare corpo all’idea, Ibáñez racconta di aver cercato e trovato ispirazione nei classici noir hollywoodiani. La trama filmica si snoda prendendo le mosse da “un personaggio che scopre un dettaglio apparentemente insignificante, che in realtà è tutt’altro che trascurabile”, dice Ibáñez. “Questo tipo di approccio narrativo è tipico dei film noir. È come piantare un seme nella vita del protagonista e, lentamente, coltivarlo attraverso l’interazione con ogni nuovo personaggio che entra in scena”.
    Nel mondo di Ibáñez, l’intelligenza artificiale è quasi una parte naturale della società, da cui è accettata e incamerata, con la propria funzione e scopo precipui. “Dei robot l’aspetto più importante è l’intelligenza, non la forza, la velocità o le capacità”, racconta Ibáñez. Ecco perché la trama è costruita attorno al concetto di singolarità tecnologica, a partire dal momento in cui l’intelligenza artificiale prende forma e trova una sua collocazione all’interno della stessa teoria dell’evoluzione.
    Nel caos imperante, causa e conseguenza della progressiva distruzione e desertificazione terrestre, Ibáñez riesce a trasmettere una certa empatia per le creature artificiali, portatrici di quella fibra morale che gli umani sembrano aver smarrito e finanche disprezzato nel tempo. Il regista ha voluto dare, a questo ritratto dell’intelligenza artificiale, la caratteristica reale e possibile di un futuro non troppo lontano. Lungi dal mettere uomini e robot gli uni contro gli altri, come in tanti altri thriller sci-fi, Ibáñez ha dato maggior risalto alle teorie filosofiche che sottendono al tema stesso. “Nel film, naturalmente i robot sono e restano creature spettacolari”, dice Ibáñez. “Ma in fondo, questo è un film che parla dell’uomo, della sua intelligenza, di come ha abbandonato le caverne, ha scoperto il fuoco e ha inventato la ruota.”
    Un ulteriore filin riferimento al tema dell’IA è “Intelligenza artificiale ” di Steven Spielberg.
    In un lontano futuro i robot, componente essenziale della vita quotidiana, assicurano la maggior parte dei compiti domestici. Il professor Hobby vuole spingersi più in là e progettare il primo androide sensibile. Pochi giorni dopo, David, un robot di undici anni, fa il suo ingresso in casa di una coppia il cui figlio malato è stato criogenizzato in attesa di una cura. Quando il figlio naturale della coppia torna a casa per David non c’è più posto. Inizia così il suo viaggio alla scoperta del mondo. mondo.
    Lo accompagnano Gigolò Joe e Teddy, orsetto giocattolo.
    Possiamo proporre anche esempi di libri su tale argomento.
    Uno di questi è “L’intelligenza artificiale:le basi” scritto da Kevin Warwik,uno dei massimi esperti mondiali di IA.
    Il libro sull’Intelligenza Artificiale fornisce al lettore una panoramica molto vasta sulle tecniche oggetto della ricerca, sul significato dei risultati raggiunti e sulle implicazioni che l’I.A. ha all’interno della nostra società. Tra le molteplici pubblicazioni disponibili su questo tema, il testo di Kevin Warwick offre sicuramente una prospettiva originale e interessante che merita di esser letta e ragionata. La bravura dell’autore sta anche nel riuscire a far comprendere a chiunque linee di ricerca molto complesse, mentre ci si interroga sulla possibilità che una macchina possa realmente “pensare” e dunque dirsi “cosciente”.Le posizioni prese da Warwick sono spesso molto forti e ne emerge così un libro sull’Intelligenza Artificiale decisamente intrigante e interessante, in grado di trasformare quello che altrimenti sarebbe un glossario di tecniche in uno scontro di altissimo livello tra aspettative e risultati.
    Un ulteriore esempio è di un magnifico paradigma letterario dell’IA forte (un’intelligenza artificiale che può pensare o avere una mente),è rappresentato dai “Robot” di Asinov, degli alter ego umani con cervelli positronici e capacità di essere senzienti tipicamente almeno equivalenti
    a quelle umane,e spesso superiori.
    Si può notare come la corrispondenza dell’uomo come macchina non si è fermata ai tempi di Cartesio ma è stata sviluppata nel corso del tempo fino a oggi con gli ulteriori progetti per il futuro.
    Esercizi sulla VI parte:
    Tabella:
    Che tipo di metodo è?
    Deduttivo
    Rr. Da 6 a 8 [osservazioni sul metodo seguito]
    Che ruolo vi gioca
    l’esperienza?
    L’esperienza ha un ruolo fondamentale nel metodo deduttivo il quale senza di essa non può proseguire, perchè non può dedurre la grande varietà degli esseri realmente esistiti. Rr, da 1a6 [osservazioni sul metodo seguito]. Inoltre, “poichè l’esperienza rende per lo più certissimi questi effetti”
    Qual è il punto di partenza?
    “Cause prime e peincipi”. Principi generali,assiomi e postulati. Rr. Da 6 a 8 [osservazioni sul metodo seguito]
    Qual è il passaggio successivo?
    Cerca quali fossero gli effetti primi che poteva dedurre dalle cause prime. Rr. Da 8 a 10[osservazioni sul metodo seguito]
    Inoltre,mette in dubbio tutte le certezze derivanti dalla tradizione,dallo stesso senso comune.
    Che cosa trova Cartesio con
    questo passaggio?
    Cartesio vuole giungere a una verità xhe sia di per sè evidente e indubitabile. Trova infatti quelle evidenti e quelle non. “E spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta.”
    Perché questo metodo non può
    spiegare i «casi più
    particolari»?
    In quanto si sono prensentati molti casi particolari tanto c

    • proflombardi il said:

      Buon lavoro. L’unica perplessità è il pezzo sull’immigrazione. Invece di quello che sembra un enorme copia&incolla non era meglio pochi righi di tue considerazioni al riguardo? Del resto quando citi contenuti prodotti da altri dovresti sempre mettere la fonte. Per il resto è un ottimo lavoro. Brava. Forse alla fine manca qualche parola?

  5. Annalisa Mazzanti il said:

    Grazie mille prof! Hi notato che non si è pubblicata la fine della tabella e le ulteriori risposte riguardanti la sesta parte!

    Perché questo metodo non può
    spiegare i «casi più
    particolari»?
    In quanto si sono prensentati molti casi particolari tanto che l’ingegno dell’uomo si è dimostrato incapace di comprenderli. Rr. Da 12 a 17 [osservazioni sul metodo seguito]
    Quali aspetti della natura,
    allora, può spiegare?
    Permette di spiegare la struttura del mondo naturale e spiegarne le singole forme. Rr. Da 17 a 19 [osservazioni sul metodo seguito]
    II metodo deduttivo non può
    ricavare la molteplicità dei casi
    particolari; ma una volta
    accertati con l’esperienza può
    spiegarli?
    Sì .“In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i princìpi che avevo trovato.”
    Anche nel metodo deduttivo
    l’osservazione della natura è
    importante. Ma quale funzione
    ha? Osservando la natura così ampia, vede maggiori principi generali che possono essere dedotti in più modi e quindi ciò lo spinge a fare maggiori esperimenti. Rr. Da 19 a 25. [Osservazioni sul metodo seguito].

    ATTIVITÀ E APPROFONDIMENTI
    :
    ES.1)
    Nella sesta parte del “Discorso sul metodo” Cartesio esordisce con le ragioni che lo avevano fatto desistere,temporaneamente, dal pubblicare l’opera “il Mondo”,la quale contiene la sua concezione della fisica e sarà pubblicata postuma in due parti : ” Il mondo” e “L’uomo”.
    Bisogna ricordare che Cartesio vive nel clima della controriforma ed era sostenitore della teoria copernicana,venuto quindi a conoscenza della condanna subita da Galileo nel 1633,prende la decisione do non pubblicare l’opera.
    Altra motivazione che lo spinge a intraprendere tale decisione,è la paura della riprovazione da parte dei dotti.
    Si può quindi notare da una parte una censura palese e violenta, dall’altra una più sottile ma ugualmente insidiosa,sopratutto per intellettuali di un certo livello.
    Nel “Discorso sul metodo” Cartesio,ci mette a conoscenza di altre motivazioni che lo hanno spinto a non pubblicare l’opera “Il Mondo”.
    Mostra ciò attraverso una sorta di dialogo con se stesso coinvolgendo i lettori,alternando le ragioni a favore della pubblicazione e quelle contrarie,fino ad arrivare poi alla decisione finale.
    Tra le argomentazioni a favore della pubblicazione dei suoi risultati scientifici vi sono: l’utilità delle applicazioni pratiche che possono derivarne e la possibilità in questo modo,di stabilire una collaborazione tra scienziati, in modo da rendere cumulativa la scienza,cioè tale per cui i risultati di ognuno costituiscano i punti di partenza per i prossimi studiosi in modo da poter andare avanti nella ricerca.
    Qui è in accordo con Bacone e mostra quindi l’opposto di quanto egli stesso aveva scritto nella II parte dell’opera,dove nostra una preferenza per le opere compiute da una sola persona.
    Possiamo quindi notare come la sua non sia una scelta univoca,infatti, anche successivamente sembra contraddire quanto afferma approposito della collaborazione tra studiosi.
    Un motivo contro la pubblicazione del trattato è che questo avrebbe suscitato polemiche.
    Mostra poi una contro-obiezione.
    Pubblicando “il mondo” Cartesio, avrebbe potuto giovarsi dei contributi e delle osservazioni degli altri studiosi. Risponde poi a tale contro-obiezione in cui Cartesio assume entrambe le posizioni:le obiezioni sarebbero state poco costruttive e spesso in malafede o proposte soltanto per parlare nella disputa.
    Le opposte e contrastanti ragioni esposte in precedenza inducono alla fine Cartesio a un compromesso:evitare di pubblicare l’opera ma esporre nel “Discorso sul metodo” le idee principali,forse per sondare il terreno e valutare l’intensità delle critiche o dei consensi.
    Nell’età della Controriforma,vissuta da Cartesio, vi erano già state diverse forme di censura,diverse condanne.
    Infatti,con lo scontro politico-religioso che seguì la Riforma,tanto nei paesi protestanti quanto in quelli cattolici,si cercò di impedire la diffusione delle idee avversarie con forme di censura più sistematiche;si redassero infatti anche elenchi dettagliati di autori,libri proibiti e venne posto sotto controllo il mercato librario punendo i distributori di testi vietati.
    Con la censura un organo pubblico esercita un controllo sul contenuto di una manifestazione di pensiero, impedendone la diffusione quando è ritenuta contraria agli interessi dell’ordinamento. Sistematica nei regimi dittatoriali, la censura è un istituto eccezionale in uno Stato democratico.
    Infatti, l’unica forma di censura ammessa nel nostro ordinamento è quella sulle opere cinematografiche, disciplinata dalla L. 21 aprile 1962 n. 161. Una apposita Commissione, i cui membri sono nominati dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali, concede il “nulla osta” alla diffusione di quelle opere non contrarie al buon costume, stabilendo eventuali limiti alla visione dei minori. Analoghe cautele sono previste, sempre a tutela dei minori, per le produzioni Tv.
    Questa forma di censura trova piena legittimità nell’art. 21 Cost., il cui ultimo comma vieta “le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume”. Per il resto, l’art. 21 Cost. garantisce a tutti il “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
    Ciò non significa che il pensiero possa manifestarsi in spregio agli altrui diritti. Ad impedirlo sono quelle norme che puniscono, ad esempio, l’ingiuria e la diffamazione. Significa che nel nostro ordinamento non può esistere un controllo preventivo sul contenuto di una manifestazione di pensiero, che possa impedirne o solo condizionarne la diffusione. Fatta eccezione per il menzionato potere di censura in ambito cinematografico, l’intervento dello Stato può essere sanzionatorio, quindi successivo, ma mai preventivo. In un sistema democratico la diffusione del pensiero non può essere mediata da alcun organo di controllo.
    A maggior ragione per la stampa, data la sua insostituibile funzione di collegamento tra i fatti e la collettività, in piena sintonia con l’art. 1, comma 2°, Cost. secondo cui “La sovranità appartiene al popolo”. Per questo l’art. 21, comma 2°, Cost. stabilisce che “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
    Tuttavia,esiste davvero tanta libertà di pensiero?
    Basti pensare al caso avvenuto a Parigi,di Charlie Habdo.
    Nell’ articolo scientifico per il Reuters Institute for the Study of Journalism dell’Università di Oxford, “Evading the Censors: Critical Journalism in Authoritarian States”, si indaga come i giornalisti lavorano in un ambiente di censura, parlando con persone del settore mediatico di quattro paesi: Singapore, Malesia, Russia e Venezuela. Queste nazioni sono state scelte perché sulla carta sono tutte democrazie, ma in realtà sono democrazie ristrette. Tutte hanno eletto governi che sono sostenuti da gran parte della popolazione.
    Tutti questi paesi garantiscono ai loro cittadini libertà di parola e di stampa attraverso le loro costituzioni, ma in nessuna di loro i media sono realmente liberi. Questi quattro paesi censurano, ufficialmente e anche non. Infatti, sono tutti in posizioni basse negli indici di libertà di stampa pubblicati da organizzazioni non governative come Reporter Without Borders e Freedom House. L’ambiente di censura è diverso nei quattro Stati e i giornalisti operano in modi diversi per aggirarlo, ma si possono comunque individuare dei tratti comuni, che hanno identificato sotto forma di sei metodi per evadere la censura.
    ES2)
    Bacone e Cartesio due filosofi appartenenti al periodo del Seicento; ci chiediamo quindi,vi sono delle analogie e differenze tra i due?
    Francis Bacon,italianizzato on Bacone, nacque da sir Nicholas Bacon dal Lord Guardasigilli di Elisabetta I e
    c’è chi asserisce che sia figlio naturale della stessa Regina.
    Iniziò i suoi studi al Trinity Colleg di Cambridge e li proseguì a Londra
    presso il Gray’s Inn, scuola per avvocati e giureconsulti.
    Divenuto avvocato nel 1607, intraprese la carriera diplomatica che svolse con spregiudicatezza, ed ottenne, sotto Giacomo I Stuart, molte cariche ed onorificenze sempre più importanti.
    Nel 1621 fu accusato dal Parlamento di corruzione e peculato.
    Si
    riconobbe colpevole per non compromettere i suoi protettori, tra cui il
    Re.
    Fu rinchiuso nella Torre di Londra e escluso da qualsiasi carica pubblica, ma Giacomo I lo fece liberare dopo pochi giorni.
    Si ritirò a
    Gorhambury dove visse, dedicandosi ai suoi studi, fino alla morte.
    Bacone è considerato il fondatore del metodo induttivo.
    Tale metodo rivaluta l’esperienza che é fonte orginaria della conoscenza,cui deve però accompagnarsi la ragione. Bacone paragona gli empirici (coloro che si basano solo sull’esperienza)alle formiche che accumulano e conservano quello che trovano,ovvero i dati; i razionalisti ai ragni che traggono da se stessi il filo della propria tela,le teorie; infine gli scienziati vengono paragonati alle apri che traggono la materia prima,il nettare, dall’esperienza, la rielaborano con ragione e metodo per produrre qualcosa di nuovo e di diverso,il miele,ovvero le teorie.
    Secondo Bacone, l’attività dello scienziato non consiste nella semplice osservazione,ma è l’interpretazione della natura. Per tale fine occorre partire dalla natura,e,eliminare tutte le false conoscenze e pregiudizi che possono allontanare l’uomo dalla verità. Queste fonti di errore vengono descritti da Bacone con il nome di idola e ve ne sono diversi 4 tipi che analizza nel primo libro del Novum Organum.
    1) idola tribus (idoli della tribù, dell’umanità, della collettività), i pregiudizi attraverso i quali l’essere umano legge la realtà non per quella che è, ma attribuendovi valori aggiunti che spesso derivano dal suo mondo sensoriale o da quello intellettivo. Ne consegue che l’uomo, a causa di questi “idoli” non capta la natura nella sua essenza ma vi rispecchia una parte di sé. Questi errori di valutazione non appartengono al singolo, ma a tutta la collettività, e uno dei principali è proprio quello di credere, per esempio, che il nostro istinto sia infallibile. Niente di più sbagliato!;
    2) idola speculus (idoli della spelonca, della caverna), nei quali riecheggia un forte richiamo alla filosofia platonica. Ricordiamo che Platone era solito raffigurare metaforicamente la mente umana con l’immagine di una caverna, di una grotta, simbolo di qualcosa dal fondo della quale è particolarmente difficile riconoscere gli oggetti per quello che sono. Gli idola di questo tipo, quindi, sono specifici e associabili al singolo individuo che, spesso, viene influenzato da essi a causa delle circostanze di vita in cui è cresciuto e dell’educazione che ha ricevuto;
    3) idola fori (idoli della piazza, del foro), a causa dei quali spesso le persone mistificano le cose utilizzando un linguaggio erroneo. Questo capita più frequentemente in luoghi pubblici in cui, per esempio, attraverso il passa-parola si rischia di nominare le cose in un modo, attribuendo loro un valore e un significato assolutamente distorti. Causa principale di tali pregiudizi è, quindi, il linguaggio ma, per converso, anche l’approccio mentale alle cose che può modificarne l’uso;
    4) idola theatri (idoli del teatro), a cui Bacone conferì questo nome riferendosi alle diverse scuole di pensiero che tendono a imporre la loro interpretazione della realtà come Verità assoluta. Di conseguenza, il discepolo di un dato filosofo finisce col leggere l’ambiente a lui circostante secondo la sua specifica chiave di lettura che, proprio perché soggettiva, è spesso causa di errore.
    Per Bacone gli idoli, quindi, costituivano i difetti, gli elementi da eliminare e smussare, nel ragionamento umano, per poter accedere a una conoscenza non parziale e limitata. Questo significava distruggere, buttare giù le barricate mentali per costruire un nuovo metodo di sapere.
    Come già detto, Bacone è il fondatore del metodo induttivo,quel metodo che va dal particolare all’universale.
    Vi sono diversi passaggi di tale metodo:
    1-osservazione sistematica;
    2-formulazione delle prime ipotesi (prima vendemmia)
    3- esperimenti per confermare o meno le ipotesi iniziali;
    4-individuazione dei principi generali;
    5-applicazione tecnologica sei principi per modificare la natura.
    Dopo quindi aver liberato la mente dalle varie fonti di errori,si procede secondo Bacone attraverso le tavole che ci permettono di osservare,di raccogliere i dati in modo ordinato per consentire l’individuazione delle correlazioni.
    Vi sono tre diverse tavole:
    •Nella tavola della presenza (tabula praesentiae) si raccolgono tutti i casi positivi, cioè tutti i casi in cui il fenomeno si verifica (per esempio, Bacone prende in analisi il calore che viene prodotto dal sole, dal fuoco, dai fulmini, attraverso strofinamento, ecc.).
    • Nella tavola dell’assenza (tabula absentiae in proximitate) si raccolgono tutti i casi in cui il fenomeno non ha luogo, mentre si sarebbe creduto di trovarlo (per esempio, sempre per quanto riguarda il caldo, i raggi della luna, la luce delle stelle, i fuochi fatui, ecc.).
    • Infine, nella tavola dei gradi (tabula graduum) sono presenti i gradi in cui il fenomeno aumenta e diminuisce (ad esempio, le variazioni di calore in uno stesso corpo in relazione a vari ambienti o ad altre particolari condizioni).
    Una volta compilate le tre tavole, l’intelletto deve procedere all’induzione vera e propria, cioè all’individuazione della “forma”. Tale processo deve avvenire per via di “esclusioni” e di “eliminazioni”: ossia si deve procedere allo scarto delle ipotesi false.
    Il controllo delle ipotesi avviene poi mediante le istanze,interpretate come quelle domande da porre alla nature affinchè essa ci riveli i suoi segreti. Le istanze vengono suddivise in nove classi.
    Particolare importanza viene attribuita alle istanze cruciali che consentono di scegliere tra due ipotesi possibili ma contrapposte,e alle istanze citanti tese a far comparire ciò che è invisibile,sia perché nascosto da altri corpi,sia perchè troppo piccolo per stimolare i sensi.
    Nonostante le diversità che Bacone presenta con Galilei e con Newton,comune è la convinzione che la natura sia regolata da leggi necessarie,che la via per scoprirle debba passare attraverso la natura stessa e che infine,una volta individuati i nessi causali,sarà possibile intervenire su di essi per produrre gli effetti voluti.
    Il metodo Cartesiano, il metodo di cui va alla ricerca Cartesio, è allo stesso tempo teoretico e pratico: deve condurre a saper discernere il vero dal falso, anche e soprattutto in virtù dell’utilità e dei vantaggi che possono scaturire per la vita dell’uomo. In altre parole, egli cerca un metodo che sia una guida per l’orientamento dell’individuo nel mondo. Esso deve condurre ad una filosofia “non puramente speculativa, ma anche pratica, per la quale l’individuo possa rendersi padrone e possessore della natura”.
    Egli ricerca un metodo filosofico che metta a disposizione degli uomini congegni che gli facciano godere senza fatica dei frutti della terra e di altre comodità, e che miri alla conservazione della salute la quale è il principale bene per l’uomo.
    Cartesio mostra una certa fiducia sulla possibilità e sui risultati pratici di una simile forma di sapere: la quale, egli pensa, potrebbe condurre gli uomini ad essere esenti “da un’infinità di malattie, tanto del corpo quanto dello spirito, e forse anche dall’indebolimento della vecchiaia” .
    Per metodo Cartesio intende un procedimento ordinato di indagine che si concretizza in una serie di regole atte ad evitare l’errore e a raggiungere risultati validi.
    Cartesio a differenza di Bacone utilizza un metodo deduttivo,si parte dai principi generali mediante l’intuizione,si procede per deduzione mediante la dimostrazione per formulare teoremi corroborate da revisione dei diversi passaggi. Egli stesso nella sesta parte del “Discorso sul metodo” afferma: «In primo luogo ho cercato di trovare in generale i
    princìpi, o cause prime di tutto ciò che è, o può essere, nel mondo […]. Poi ho esaminato quali
    erano i primi e più comuni effetti che si potevano dedurre da queste cause; e, per questa via, mi pare di aver trovato dei cieli, degli astri, una Terra, e anche, sulla terra, dell’acqua, dell’aria, del fuoco, dei minerali e altre simili cose che sono fra tutte le più comuni e le più semplici, e quindi le
    più facili da conoscersi. Poi, quando ho voluto scendere a casi più particolari, mi si è presentata
    una tale varietà che non ho creduto possibile per lo spirito umano distinguere le forme, o specie di
    corpi che sono sulla terra, da un’infinità di altre che potrebbero esservi, se la volontà di Dio avesse
    voluto mettercele; né, quindi, ho ritenuto possibile coglierne l’utilità in rapporto a noi, se non
    facendo precedere alle cause gli effetti, e servendoci di parecchie esperienze particolari».
    Le regole su cui si fonda il metodo cartesiano sono classificate in:
    1. Regola dell’evidenza. Essa prescrive di attenersi soltanto a quello che si presenta “chiaramente” e“distintamente” al nostro spirito, ossia con una forza tale da escludere il dubbio. L’evidenza è per Cartesio il principale contrassegno della verità: «tutte le cose le percepiamo con assoluta chiarezza e distinzione sono vere»
    2. La regola dell’analisi. Questa prescrive di «dividere ciascuna delle difficoltà da esaminare nel maggior numero di parti possibili», affinché risulti più semplice la soluzione di un determinato problema
    3. La regola della sintesi. Essa prescrive di passare gradualmente dalle conoscenze più semplici alle conoscenze più complesse.
    4. La regola dell’enumerazione e della revisione. Questa prescrive di controllare l’analisi attraverso numerazioni «complete» e di controllare la sintesi mediante «revisioni generali», in modo da «non omettere nulla».
    Secondo Cartesio, solo mediante una critica radicale di tutto il sapere già dato è possibile trovare il fondamento di un metodo, che deve essere la guida sicura della ricerca in tutte le scienze. Occorre, pertanto, dubitare di tutto e considerare almeno provvisoriamente come false le conoscenze comunemente accettate. Se, perseverando in tale atteggiamento di critica radicale, si arriverà a un principio sul quale il dubbio non è possibile, questo principio dovrà essere considerato saldissimo e tale da poter servire da fondamento a tutte le altre conoscenze.
    Secondo l’autore, ogni forma di conoscenza deve essere messa in dubbio, pertanto si può e si deve dubitare delle conoscenze sensibili, sia perché i sensi qualche volta ci ingannano e quindi possono fuorviarci in qualsiasi momento, sia perché si hanno nei sogni conoscenze simili a quelle che si hanno durante la veglia, senza che si possa trovare un sicuro criterio di distinzione tra le une e le altre.
    Ci sono conoscenze che sono vere sia nel sogno che nella veglia, come le conoscenze matematiche (infatti, uno più due fa sempre tre, sia nel sogno che nella veglia) ma neanche queste conoscenze si sottraggono al dubbio cartesiano perché anche la loro certezza può essere illusoria. Infatti, fino a quando non si sa nulla di certo intorno all’uomo e alla sua origine, si può sempre ipotizzare che egli sia stato creato da un genio o da una potenza maligna che si sia proposta di ingannarlo facendogli apparire chiaro ed evidente tutto ciò che invece è falso ed inconcepibile. Basta formulare quest’ipotesi, dal momento che non si sa nulla, perché anche le conoscenze più certe e condivise dalla comunità, si rivelino dubbie e capaci di nascondere la loro falsità. In questo modo, il dubbio si estende a ogni cosa e diventa del tutto generale (si perviene così allo stadio del dubbio iperbolico).
    Ma proprio nel carattere radicale di questo dubbio rinveniamo il principio di una prima certezza. Si può ammettere di essere stati ingannati in tutti i modi possibili; ma per essere ingannati bisogna esistere, cioè essere qualcosa. La proposizione io esisto è pertanto la sola assolutamente vera poiché il dubbio stesso la conferma: dubita solo chi esiste. Ma io che esisto, non posso affermare di esistere come corpo, dal momento che non so niente circa l’esistenza dei corpi attorno ai quali i miei dubbi rimangono. Quindi io esisto come una cosa che dubita, vale a dire che pensa.
    Le cose “oggetto” dei miei pensieri possono pure non essere reali, ma è certamente reale il mio pensare. L’affermazione io esisto equivale dunque a quest’altra: io sono un soggetto pensante, cioè spirito o ragione.
    Cartesio vuole definire un metodo simile a quello della matematica ma in ambito filosofico. Possiamo qui notare un’altra differenza con Bacone il quale non dava per nulla importanza alla matematica,ma bensì alle qualità.
    Bacone ha inoltre un’interpretazione più chimica che fisica della realtà possiamo invece dire che per Cartesio è quasi l’opposto.
    Cartesio si concentra molto sulla fisica.
    La fisica di Cartesio è deduttiva,non è derivata dall’esperienza e dall’osservazione. Egli non fu mai astronomo e nè utilizzòo osservazioni altrui.
    Diversi punti della sua fisica sono ritenuti importanti per la ricerca scientifica:
    1-Il meccanismo che lo caratterizza liquida il naturalismo rinascimentale,riduce tutti gli eventi fisici a reazioni meccaniche comprensibili a partire dalla materia e dal movimento.
    2-La fisica cartesiana esclude ogni intervento provvidenziale di Dio e ogni spiegazione teleologica.
    3-L’assenza del vuoto consente di spiegare l’azione di un corpo su un altro senza ipotizzare forze che agiscono a distanza.
    Altro e fondamentale punto di differenza tra Bacone e Cartesio è la concezione differente che i due hanno sul sapere collaborativo.
    Bacone, come già sottolineato nella risposta agli esercizi “sulla seconda parte”, sottolinea che il sapere deve essere cumulativo e collaborativo e proprio a tal fine è necessario che vi sia un comune metodo di lavoro.
    Secondo Bacone infatti, i risultati delle ricerche passate devono essere il punto di partenza di quelle future e le ricerche devono poter essere utilizzate da chiunque per raggiungere conoscenze complesse. Per questo, da notevole importanza alle accademie ampiamente diffuse nel corso del Seicento.
    È essenziale che le ricerche particolari facciano riferimento a un progetto comune,che la scienza venga definita come un sistema,un corpo unico.
    Questa esigenza è alla base della “Preparazione alla storia naturale e sperimentale” la quale si presenta come una grande enciclopedia delle scienze e delle tecniche.
    Cartesio invece, nella seconda parte del “Discorso sul metodo”, sottolinea come le opere eseguite da una sola persona siano migliori di quelle eseguite da più persone. Tuttavia, nella sesta parte, egli va contro alla sua stessa affermazione andando a favore di Bacone pur se alla fine riprende la sua tesi confermandola ampiamente.
    Per la riflessione e il dibattito
    COMPETENZE:
    Cartesio nella sesta e ultima parte del “Discorso sul metodo”,come già affermato nella prima risposta di tale parte,mostra le ragioni per le quali non aveva pubblicato il suo trattato “Il Mondo”.
    Nel trattato incompiuto sul Mondo Cartesio propone le sue ipotesi sulla struttura corpuscolare del mondo fisico: parla della natura della luce, della teoria dei vortici di materia eterea al centro dei quali ruoterebbero in cielo stelle e pianeti, espone le leggi del moto (tra cui la legge d’inerzia), la sua fisiologia, anatomia e psicologia. Il tentativo di spiegazione è rigorosamente meccanicistico: tutti i fenomeni fisici, biologici e psicologici appaiono a Cartesio conseguenze necessarie del moto di corpuscoli (particelle di materia, dalle forme e grandezze diverse), impresso originariamente da Dio, ma sottoposto a leggi meccaniche immutabili.
    Riassumiamo ora i pro e i contro la pubblicazione del trattato.
    – pro: obbligo morale di far conoscere nuove verità nelle scienze, per il contributo che
    possono dare al miglioramento della vita umana
    – pro: obbligo morale di mettere le proprie conoscenze a disposizione degli altri scienziati
    – contro: inevitabili polemiche, con rischi per la reputazione e perdita considerevole di tempo
    – pro: eventuale contributo delle critiche e delle osservazioni di altri studiosi
    – contro: spesso le osservazioni nascono più da malignità e invidia che da volontà di
    collaborazione
    – contro: i risultati eventualmente da pubblicare non sono ancora stati sviluppati a sufficienza
    da essere utili ad altri.
    Cartesio decide sì,di non pubblicare l’opera ma tuttavia, resta l’obbligo morale di far conoscere verità che possono contribuire allo sviluppo della scienza e la speranza del contributo altrui per andare avanti in modo più spedito.
    Cartesio giunge quindi a pubblicare i risultati raggiunti in alcune scienze,per esemplificare le potenzialità del proprio metodo,senza tuttavia rendere ancora nota la propria concezione generale della fisica e senza toccare temi controversi.
    Ora la domanda che mi viene posta è “Tu che cosa avresti deciso:pubblicare o meno l’opera?”
    Rifacciamo quindi un passo indietro.
    Il Concilio di Trento dettò norme per la produzione artistica commissionata dalla Chiesa (un maggior rispetto delle fonti, bando alle invenzioni gratuite e alle immagini di nudi, sono alcune di queste norme), ma più in generale la Controriforma nel suo complesso determinò una radicale svolta dei tempi, svolta che finì per influenzare l’arte ben al di là delle indicazioni precettistiche date. In sintesi è come se improvvisamente la festa fosse finita. Quel clima di gioiosa eleganza e di sensuale bellezza, che si era respirato per tutto il periodo rinascimentale, era tramontato, per lasciare al suo posto un nuovo clima di rigore morale e di paura.
    I protestanti accusavano la Chiesa romana di aver perso il senso di umiltà e povertà che aveva la chiesa delle origini, per inseguire solo potere, ricchezza e piaceri terreni. In realtà, se pensiamo a papi quali Alessandro VI, forse non avevano tutti i torti. La Chiesa romana non poteva non fare una autocritica su questo argomento, ma il risultato fu essenzialmente un clima di maggior severità ma applicato soprattutto verso gli altri. La risposta della Controriforma fu l’intolleranza. Si poteva essere imprigionati, torturati e condannati a morte per semplici reati di opinione. In tal modo, più che vivificare la fede dei credenti, veniva instaurato un clima di terrore che serviva ad arginare la diffusione dello scisma riformistico. Casi emblematici di questa intolleranza furono le note vicende di Giordano Bruno e di Galileo Galilei. In pratica bastava avere idee diverse da quelle delle gerarchie ecclesiastiche per andare incontro ad accuse, processi, terrore e morte.
    Se vivessi in tale clima di tale clima di terrore,avrei sicuramente agito alla stesaa maniera di Cartesio rinunciando a pubblicare l’opera o pubblicando solo parti che non si sarebbero rivelate dannose per me stessa.
    Diciamo che la maggior parte delle persone non commetterebbe azioni che potrebbero danneggiare se stessi.
    Vivendo ora in un clima del tutto differente, in uno Stato definito laico,in uni Stato democratico, pubblicherei l’opera senza alcun problema.

  6. Francesca Matteo il said:

    -ESERCIZI SULLA PRIMA PARTE

    1) Paragrafazione.

    -L’ingegno è simile in tutti gli uomini
    -L’importanza del metodo
    -Critica del sapere
    -Elogio del sapere
    -Gli studi seguiti
    -Il quadro dell’esistenza
    -Lo studio del “gran libro del mondo”
    -Dall’esperienza alla ragione
    2) PER LA RIFLESSIONE E IL DIBATTITO

    Cartesio compì i suoi studi nel celebre collegio gesuita di La Flèche, nutrito fin dall’infanzia di studi letterari, alla fine del suo corso di studi gli sembrava di non aver ricavato altro profitto, cercando di istruirsi, se non di avere scoperto sempre di più la propria ignoranza. Si era accorto che “a conversare con gli uomini del passato accade quasi lo stesso che col viaggiare” cioè che studiare cose del passato, istruirsi circa quelle, poteva darti una conoscenza ma poteva far perdere di vista la propria identità, vi era la possibilità di perdere i collegamenti con il presente, infatti diceva che “quando si spende molto tempo nei viaggi, si diventa alla fine stranieri in casa propria”. Cartesio non si poneva il problema di conoscere solo ciò che faceva parte della sua tradizione e cultura ma per lui apprendere le usanze degli altri popoli era un modo per conoscere meglio anche se stessi e il mondo che ci circonda, considerare ridicola e irragionevole l’apertura verso altre culture per Cartesio era tipico di chi non aveva mai visto nulla. Come accennato precedentemente egli credeva anche che questo modo di approcciarsi ad altri popoli potesse contribuire allo smarrimento dell’uomo, un uomo privo di identità, un uomo a cui vengono a mancare tutti i punti di riferimento.
    Questo è un tema molto attuale, legato anche all’immigrazione che negli ultimi anni è aumentata tanto da destabilizzare i popoli di diversi paesi.
    Personalmente questo fenomeno credo sia molto difficile anche da inquadrare. Accogliere persone (interi villaggi/popolazioni) penso sia prima di tutto un atto dettato dal buon senso, a prescindere se quelle persone possiedono un altro modo di vivere la propria vita o la propria religione. Siamo tutti uguali nelle nostre diversità, siamo uomini… genitori, figli, lavoratori e puntare il dito contro qualcuno che dall’altra parte potrebbe fare lo stesso credo sia futile, infantile addirittura. Molte persone hanno paura ad avvicinarsi ai musulmani ad esempio, solo perché un gruppo estremista (da cui quasi l’intera popolazione musulmana si è distaccata) fa stragi. Fare di tutta l’erba un fascio non giova a nessuno, non è giusto nei confronti di tante brave persone che non hanno nulla a che fare con le azioni brute di altre. L’immigrazione è un modo per poter avere più punti di vista, un modo per allargare i propri orizzonti, per imparare nuove usanze, tradizioni e questo è di sicuro uno dei punti a favore di questo fenomeno.
    Non nascondendo anche però i “pericoli”, intesi non come perdita di identità o perdita di valori perché se una persona è fermamente convinta di ciò che è, di ciò che ha inseguito una vita intera non dovrebbe mostrare timore nell’approcciarsi a persone di diversi paesi. I pericoli potrebbero essere che ospitare sempre un numero maggiore di persone si finisce con il destabilizzare la società dall’interno, problemi economici e politici che non potrebbero giovare a nessuno e non fanno altro che gravare sulle vite dei cittadini, aumentando tasse ad esempio.
    Ogni fenomeno credo che prima di poter essere sentenziato debba essere conosciuto, con tutti i pro e i contro. Sicuramente bisognerebbe prima imparare a stare bene con se stessi e poi potersi approcciare con altre persone.

    -ESERCIZI SULLA SECONDA PARTE

    1)
    -Si parte da principi generali (assiomi e postulati)
    -Mediante l’intuizione
    -Si procede per deduzione (dall’universale al particolare)
    -Mediante dimostrazione
    -Per formulare teoremi (come spiegazione dei fenomeni)
    -Corroborate/i dalla revisione dei passaggi

    2) Dopo aver ricordato l’ampia revisione del sapere che aveva appreso a scuola, Cartesio sottolinea la necessità di costruire un nuovo metodo. Si tratta di raccontare la propria esperienza personale nel ridefinire le regole alle quali ci si deve attenere nella ricerca. Con questa prudente premessa Cartesio passa ad illustrare le quattro regole che sono alla base del metodo, esamina quello che a suo avviso da più affidamento, cioè quello matematico, ne studia le caratteristiche e infine lo generalizza alle altre scienze.
    Cartesio scrive : “uno dei primi ( pensieri) fu che mi trovai a considerare come spesso nelle opere fatte di molti pezzi e da diversi artefici non ci sia quanta perfezione ce n’è in quelle a cui ha lavorato uno soltanto.” Secondo il filosofo lavorare individualmente ad un progetto è molto più efficace che in collaborazione con altre persone. E fa l’esempio del costruttore: “gli edifici iniziati e terminati da un solo architetto sono di solito più belli e meglio costrutti di quelli che architetti diversi hanno cercato di adattare, servendosi di vecchi muri costruiti per altri scopi.”
    Contrariamente a questa idea sono dell’opinione che collaborare sia un ottimo modo per risparmiare tempo, fatica ed è un’occasione per stare in compagnia.
    Esistono grandi monumenti, grandi lavori svolti con l’aiuto di più persone.
    Si pensi alle grandi fabbriche che producono prodotti in tutto il mondo (tipo la Nutella!), si pensi alle nuove invenzioni tecnologiche che hanno messo in comunicazione l’intero pianeta, tutto frutto di un incessante lavoro e collaborazione, si può spaziare in ogni ambito, dall’architettura, medicina, agricoltura, industria.. e così via. Lavorare a progetti comuni è ciò che da forza e coraggio all’uomo, quando sta per gettare la spugna vi sarà sempre qualcuno che lo aiuterà, che lo sosterrà. Questa è la grandezza dell’unione.

    -ESERCIZI SULLA TERZA PARTE
    1)
    PRIMO PARAGRAFO
    -Perché è necessaria una morale provvisoria?
    SECONDO PARAGRAFO
    -Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?
    TERZO PARAGRAFO
    -Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?
    QUARTO PARAGRAFO
    -Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?
    QUINTO PARAGRAFO
    -Quale occupazione devo scegliere nella vita?
    SESTO PARAGRAFO
    -Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?
    SETTIMO PARAGRAFO
    -Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?

    2)
    In questa parte vengono enunciate alcune regole morali assunte provvisoriamente da Cartesio, prima di avventurarsi nel dubbio radicale orientato a mettere in discussione tutte le certezze precedenti. Cartesio definirà poi le proprie posizioni sulla morale in modo ben più articolato nel suo ultimo scritto, Le passioni dell’anima, nonché nella fitta corrispondenza con la principessa Elisabetta e con la regina Cristina di Svezia.
    Le tre massime di Cartesio relative alla morale provvisoria ci dicono che:
    •Bisogna obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese conservando la fede nella religione che Dio ci ha fatto la grazie di essere educati da sempre.
    •Bisogna essere fermi e risoluti nelle azioni seguendo le opinioni più dubbie nel momento che si prendeva la decisone di accettarle.
    •Vincere se stessi piuttosto che la fortuna e modificare i propri desideri piuttosto che l’ordine delle cose del mondo.

    Queste massime circa una morale provvisoria, Cartesio le scrisse partendo dal fatto che ipotizzando una condizione iniziale di “non sapere” non può essere accettata un’uguale mancanza di certezze in ambito morale perché cercando la verità si continua ad agire e il comportamento deve essere orientato da norme. Quindi le massime si fanno portavoce di una sorta di regole per procedere su una retta via nel ricercare la verità senza agire in modo sbagliato.
    Personalmente di queste massime condivido solo il fatto di essere convinti, fermi sulle decisioni prese per portare a termine ciò che si è iniziato e sicuramente di obbedire alle leggi dello stato a cui apparteniamo.
    Cartesio nella lettera alla principessa Elisabetta si richiama a queste tre regole introducendo qualche variante. Esse ci voglino trasmettere che :
    •Nella vita bisogna sempre servirsi della ragione in ogni situazione per sapere cosa si deve o no fare.
    •bisogna essere fermi e costanti su tutto ciò che la ragione ci consiglierà di fare, senza cadere in tentazioni da passioni o appetiti.
    •Comportandosi per quanto si può secondo ragione tutti i beni che non si possiedono sono al di fuori del nostro potere e ci si abitua a non desiderarli.

    Queste regole appaiono molto più attenuate, come se fossero dei consigli per possedere una vita saggia con l’aiuto della ragione. Di esse condivido per metà la prima, poiché nella vita non ci può essere solo spazio per la ragione ma a mio avviso c’è anche bisogno di istinto per rapportarci per esempio con chi amiamo. Nella seconda essendo simile alla seconda massima di Cartesio citata e commentata precedentemente ribadisco che bisogna sempre avere la convinzione e la risolutezza di ciò che facciamo nella vita e continuare nella strada che abbiamo iniziato a percorrere. La terza somiglia quasi per intero alla terza massima della morale provvisoria sostenendo infatti che bisogna modificare i propri desideri e abituarci a non desiderarli per un bene maggiore. Cosa che non condivido pienamente e che trovo non funzionale al ruolo dell’uomo nel mondo, nella società. Reprimere i nostri desideri qualsiasi essi siano comporta una falsificazione dell’essere umano, completo di anima e capace di provare emozioni e desideri anche nello scopo di un buon fine nella propria vita. Quindi personalmente credo sia sbagliato non desiderare cose che non si possiedono.

    -ESERCIZI SULLA QUARTA PARTE
    1)

    ad ogni paragrafo associo la domanda.

    Primo paragrafo- domanda 4 – Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? –rr “ dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile”.

    Secondo paragrafo- domanda 2- e – domanda 1 – Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio?- e – Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? rr- “Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo.”
    e- rr
    “ Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.”

    Terzo paragrafo-domanda 7 – Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? rr- “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente 81 sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.”

    Quarto paragrafo- domanda 8-Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? rr- “
    Ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio.”

    Quinto paragrafo-domanda 5 -Perché i sensi non sono affidabili? rr “Ma la ragione per cui molti si convincono che ci sono difficoltà a conoscere ciò, è anche a conoscere che cosa è la propria anima, è che non portano mai la loro mente al di là delle cose sensibili, e sono talmente abituati a non considerare nessuna cosa se non immaginandola (che è un modo particolare di pensare le cose materiali), da ritenere che tutto quel che non è immaginabile non è neppure intelligibile. Ciò appare abbastanza chiaro dal fatto che anche i filosofi delle Scuole considerano come massima che “nulla sia nell’intelletto che prima non sia stato nel senso” : dove è certo tuttavia che le idee di Dio e dell’anima non sono mai state. E mi sembra che quelli che vogliono far uso della loro immaginazione per comprenderle, fanno proprio come se volessero servirsi degli occhi per udire i suoni o sentire gli odori: con in più questa differenza, che la vista non ci rende meno sicuri della verità dei suoi oggetti, di quanto facciano l’odorato e l’udito; mentre né l’immaginazione né i sensi potrebbero mai renderci certi di qualcosa senza l’intervento del nostro intelletto.”

    Settimo paragrafo –domanda 6- e- domanda 3 Quali caratteristiche devono avere le idee vere?-e -Perché la ragione non è affidabile? rr “poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni.” – e – rr “sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi. Così il sole, sebbene lo vediamo molto chiaramente, non dobbiamo perciò giudicarlo piccolo come lo vediamo; e possiamo ben immaginare distintamente una testa di leone innestata sul corpo di una capra, senza dover concludere perciò che ci sia al mondo una chimera: perché la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità”

    SEQUENZA DOMANDE : 4-1-2-7-8-5-3-6 (ORDINE DELLE DOMANDE SISTEMATE IN BASE AI PARAGRAFI, OGNI PARAGRAFO HA UNA O PIU’ DOMANDE ASSOCIATE).

    2)
    Nel 1999 usciva un film che avrebbe rivoluzionato completamente la cinematografia, tanto per gli effetti speciali quanto per i contenuti proposti: si trattava di Matrix; esso non è solo un possibile oggetto di riflessione filosofica, ma esercita attivamente la riflessione filosofica, sostenendo addirittura delle tesi filosofiche.
    Matrix investe esplicitamente questioni filosofiche classiche, peraltro abbondantemente presenti anche nella filosofia di oggi. Ne possiamo citare quattro, di diverso rilievo:
    1) il tema dell’autonomia e dell’autosufficienza dell’artificiale (e quindi del confine tra artificiale e naturale);
    2) il tema del rapporto tra mente e corpo – alla lettera, come vedremo: non solo tra mente e cervello, ma proprio tra la mente e l’intero corpo;
    3) il tema della distinzione tra realtà (o “vita vera”) e sogno, o meglio, il tema della domanda “non potrebbe essere tutto un sogno?”; infine,
    4) strettamente connesso al precedente, il tema dell’illusione perfetta, o, come si usa dire oggi, della realtà virtuale.

    la trama ci dice che : Neo, un abile pirata informatico, viene contattato da un gruppo di hackers accusati di terrorismo. La misteriosa Trinity lo conduce da Morpheus, capo del gruppo di hackers ribelli, il quale gli svela che la sua vita, come quella di tutta l’umanità, è un’illusione prodotta dalle macchine, che utilizzano gli esseri umani per ricavarne energia. I computer hanno elaborato un programma di «neurosimulazione interattiva», la Matrice, che fa vivere gli uomini in una specie di sogno continuo. Scoperta la verità, sarà proprio Neo, l’eletto, a dare battaglia alle macchine.

    RIFERIMENTI FILOSOFICI
    “Il dubbio sull’attendibilità dei nostri sensi e sulla realtà che ci circonda è avanzato dagli antichi scettici. In senso filosofico, lo scetticismo, fondato da Zenone di Cizio, è la posizione di chi nega che la verità possa essere conosciuta in qualche modo e che, di conseguenza, dubitando di tutto, si rifiuta di accettare qualsiasi credenza. Il dubbio scettico viene riproposto (ma superato) in epoca moderna da René Descartes, che formula l’ipotesi del «genio maligno», il quale potrebbe aver costruito una realtà fittizia per ingannarci. L’esperimento mentale del cervello in una vasca di Putnam è una forma aggiornata dell’ipotesi cartesiana. Matrix riprende anche il mito della caverna presentato da Platone nel VII libro della Repubblica. In questo dialogo, i prigionieri che vivono da sempre in un antro sotterraneo costretti a vedere solo delle ombre, ovvero le immagini dei sensi, sono contrapposti al filosofo che cerca di uscire dalla caverna per conoscere la vera realtà, seguendo la ragione e l’intelletto. “(Il dubbio sull’attendibilità della conoscenza sensoriale (Matrix))
    Le principali analogie presenti sono quella della visione del mondo, Cartesio credeva che tutto quel che vediamo sia un’illusione generata dal genio maligno . L’unica certezza del Filosofo è quella di se stessi, egli crede che se siamo capaci di pensare allora esistiamo.
    Una differenza è la presenza di Dio, Cartesio è convinto che Dio esista come creatore del mondo, Dio non può essere illusione perché è al di sopra di tutto. In Matrix non ci sono riferimenti a Dio non si parla di un’entità superiore agli uomini ma soltanto ad un “salvatore”del mondo, puro riferimento al protagonista Neo.

    -ESERCIZI SULLA QUINTA PARTE
    Nel 1633 Cartesio interrompe la stesura di un’opera sulla fisica cui lavorava da tempo, Il mondo. La fisica è presentata da Cartesio come un’ipotesi, anzi, come una «favola». A questa finzione sono stati attribuiti principalmente due significati.
    Il primo, il desiderio di non esporsi a eventuali accuse di eresia, dato che non si parlava del mondo come realmente è. Il secondo che dice che la fisica di Cartesio è deduttiva, basata cioè su princìpi generali e non sull’osservazione. Per questo si traduce nella ricostruzione della struttura dell’universo, quindi in un’ipotesi che può appunto essere presentata come una “favola”, poiché non pretende di dare la descrizione della sua realtà concreta. Il carattere deduttivo implica però che tutto ciò che è ricavato con questo metodo debba essere necessariamente così com’è, senza lasciare nessuno spazio al caso o al libero arbitrio.

    1)

    domande :

    -Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? – Spiegata nel paragrafo 1. rr “Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri.”

    -Che cos’è il meccanicismo? – Spiegata nel paragrafo 3. rr “In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate.”

    -Qual è la funzione delle leggi della natura? – Spiegata nel paragrafo 3. rr “Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano coporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse. E qui, soffermandomi sull’argomento della luce, spiegai molto a lungo la natura di quella che doveva trovarsi nel sole e nelle stelle, e come di là attraversava in un istante gli spazi immensi dei cieli, e come veniva riflessa dai pianeti e dalle comete verso la terra.”

    -Qual è la causa della circolazione sanguigna? – Spiegata nel paragrafo 7. rr “Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti.”

    -Qual è la causa del movimento dei muscoli? – Spiegata nel paragrafo 8. rr “Di seguito avevo mostrato quale dev’essere la struttura dei nervi e dei muscoli del corpo umano per far sì che gli spiriti animali, standovi dentro, abbiano la forza di muovere le sue membra come si vede nelle teste da poco tagliate che ancora si muovono e mordono la terra, benché inanimate.”

    -Come possiamo distinguere un uomo da un automa? – Spiegata nel paragrafo 9. rr “In primo luogo, non potrebbero mai usare parole o altri segni combinandoli come facciamo noi per comunicare agli altri i nostri pensieri. Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi.”

    -Qual è la funzione del linguaggio? – Spiegata nel paragrafo 9. rr “Questo avviene non per mancanza di organi, perché gazze e pappagalli sono in grado di articolare parole come noi, e tuttavia non possono parlare come noi, mostrare cioè che pensano quel che dicono; mentre chi è nato sordo e muto, privato perciò come e più delle bestie degli organi che servono a parlare, suole inventare da sè segni con i quali si fa intendere da chi, standogli solitamente vicino, può apprendere facilmente il suo linguaggio.”

    -Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? – Spiegata nel paragrafo 10. rr “Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficienza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche”

    2)
    L’espressione “Intelligenza Artificiale” (Artificial Intelligence) fu coniata nel 1956 dal matematico statunitense John McCarthy, durante un seminario interdisciplinare svoltosi nel New Hampshire. Secondo le parole di Marvin Minsky, uno dei “pionieri” della I.A., lo scopo di questa nuova disciplina sarebbe stato quello di “far fare alle macchine delle cose che richiederebbero l’intelligenza se fossero fatte dagli uomini”.
    Nel XVII secolo,personaggi come Blaise Pascal inventò la cosiddetta Pascalina per aiutare il padre, incaricato di eseguire un difficile lavoro di calcolo. La macchina era capace di eseguire automaticamente addizione e sottrazione; questa “macchina aritmetica” fu la capostipite dei calcolatori ad ingranaggi.
    Le applicazioni dell’intelligenza artificiale sono fortemente legate agli avanzamenti della tecnologia informatica; Infatti, solo nella seconda metà del XX secolo è possibile disporre di dispositivi di calcolo e linguaggi di programmazione abbastanza potenti da permettere sperimentazioni sull’intelligenza.
    La seconda generazione di computer si ha a partire dagli anni sessanta.
    Un punto di svolta della materia si ha con un articolo di Alan Turing sulla rivista Mind nel 1950. Nell’articolo viene indicata la possibilità di creare un programma al fine di far comportare un computer in maniera intelligente.
    Fu eseguito il test di Turing – così viene chiamata la condizione che la macchina dovrebbe superare per essere considerata intelligente – è stato più volte superato da programmi (chatterbot) e più volte riformulato.
    Nello stesso anno dell’articolo di Turing sull’omonimo test per le macchine pensanti, Arthur Samuel presenta il primo programma capace di giocare a Dama, un risultato molto importante perché dimostra la possibilità di superare i limiti tecnici per realizzare sistemi capaci di risolvere problemi tradizionalmente legati all’intelligenza umana. L’intelligenza artificiale adesso è molto più avanzata, tanto che la distinzione tra intelligenza umana e artificiale e a volte problematica.
    Per tornare velocemente a Cartesio il rigido dualismo da egli stesso posto tra res cogitans e res extensa ha l’effetto di eliminare dall’ambito della scienza le spiegazioni di tipo magico, finalistico. Vengono così prodotti importanti risultati nel campo della medicina. Per gli scienziati cartesiani il corpo umano è una macchina e come tale va studiata scoprendo i meccanismi che ne regolano il movimento. Cartesio paragonava la fisiologia umana ai prodigi di una grande tecnica cioè la scienza idraulica delle fontane: i nervi corrispondevano ai tubi, il cuore alla pompa, i muscoli a ciò che regolano gli spruzzi, il cervello al serbatoio e l’anima al fontaniere che dall’esterno controlla tutti i meccanismi.
    Possiamo dire che da sempre l’uomo costruisce macchine, per necessità o per gioco, che, costruire e utilizzare macchine è parte integrante della sua natura. Le macchine portano la firma inconfondibile dell’uomo e rappresentano il suo vanto e la sua croce. Esse hanno avuto in sostanza fin dall’inizio lo scopo di sostituire, potenziare ed estendere una o più facoltà umane, con un aumento netto del tempo e dell’energia di cui il singolo individuo può disporre.
    Nonostante i grandi e continui progressi in questi campi e nonostante la volontà dell’uomo a voler sostituire il lavoro prodotto da uomini con delle macchine (Es. i Robot) personalmente credo che far diventare “meccanico” quel che ci circonda rende anche noi qualcosa simile ai robot, qualcosa di meccanico. Da quando il processo di sviluppo di nuovi strumenti, quali dispositivi cellulari/tablet/computer e così via, continua ad evolversi la comunicazione tra persone è ridotta incredibilmente. Facciamo parte di una società ultra avanzata, nasciamo nell’epoca di scoperte continue e ormai non ci stupisce più che bambini di sette-otto anni sappiano gestire strumenti con i quali le persone adulte spesso lavorano.
    Non ci stupiamo più quando gli stessi bambini che credono ancora a Babbo Natale chiedano l’ultimo telefono in uscita invece che dei semplici bambolotti da collezionare.
    Tornando al concetto di Intelligenza artificiale esiste una ricca filmologia tra i quali : A.I. Intelligenza artificiale e Blade Runner.
    Il primo è un film del 2001 diretto da Steven Spielberg, basato su un progetto di Stanley Kubrick.
    E’ un’epoca in cui le risorse naturali sono limitate e la tecnologia avanza con un ritmo rapidissimo. Il luogo in cui vivi è controllato, ciò che mangi è programmato e chi ti serve non è una persona, è un essere artificiale. Giardinaggio, cura della casa, compagnia, c’è un robot per ogni necessità. Tranne l’amore. L’emozione è l’ultima, controversa frontiera dell’evoluzione robotica. I robot sono considerati elettrodomestici sofisticati, non si pensa possano provare sentimenti. Ma con tanti aspiranti genitori cui non è stato ancora concesso di avere figli, si può tentare. E la Cybertronic Manifacturing ha creato la soluzione. Si chiama David. E’ un robot, il primo programmato per amare, che viene adottato in prova da un impiegato della Cybertronic e da sua moglie, il cui figlio naturale malato terminale, è ibernato in attesa che la scienza scopra una cura che possa salvarlo. Anche se diventa piano piano il loro figlio, e fa di tutto per essere amato, una serie di circostanze inaspettate rendono la vita impossibile per David. Respinto dalle macchine e dagli umani, aiutato da Teddy, il suo supergiocattolo protettore capace di pensare, David inizia un viaggio esistenziale, scoprendo un mondo in cui la linea che separa robot e macchine è profonda, ma sottilissima.
    Per quanto mi riguarda questo film è da vedere, non ho avuto ancora l’opportunità di farlo ma il tema di macchine così prossime al genere umano che riescono a provare sentimenti è decisamente molto interessante e innovativo, che ci fa capire quanto il mondo dell’intelligenza artificiale sia vicino al nostro, vicino a tutto ciò che facciamo nella vita. Modo quindi per sottolineare lo stretto collegamento tra i due ambiti.
    Il secondo film è Blade Runner è un film di fantascienza del 1982, diretto da Ridley Scott : Deckard è un ‘Blade Runner’, un poliziotto del futuro specializzato nello scovare e terminare i replicanti, uomini creati artificialmente. Lui sta per ritirarsi da questo sporco mestiere quando 5 replicanti dirottano un’astronave sulla Terra. La città in cui Deckard deve ricercarli, la Los Angeles del 2019, è enorme e sproporzionata e offre una tetra visione del futuro. Questo film si chiede cosa sia ‘umano’ e perché la vita sia così preziosa. Esso rappresenta uno dei film di fantascienza più conosciuti al mondo: è, però, molto più di una pellicola di genere, visto che affronta questioni decisamente più profonde quali la brama dell’immortalità, la generosità, la paura umana di morire e la debolezza – altrettanto umana – rispetto ad eventi più grandi di noi. Ricco di implicazioni filosofiche (rapporto tra oggetto e soggetto nel pensiero dell’oggetto), richiama il concetto platonico di rapporto biunivoco tra essere e ente, e la sua concezione di mondo delle apparenze esteriore.
    Quello che salta alla mia mente quando leggo libri di fantascienza o vedo film come quelli sopracitati è che l’uomo cercherà sempre qualcosa in più, che si spingerà sempre oltre fino a che probabilmente vedremo robot girare per la città, a fare la spesa, a ritirare soldi in banca con qualche sistema antifurto di ultima generazione, quel che io vedo è che tra l’uomo e la scienza c’è un continuo e perenne completarsi, l’uomo scopre cose nuove e le nuove cose scoperte gratificano l’essere umano. Ma fino a che punto ci si può spingere?
    In un futuro quando racconterò le mie avventure ai miei nipoti chissà se saranno annoiati delle storie di un’anziana nonna che non ha nulla di “bello”, “nuovo” da rivelare, chissà che un giorno l’intera umanità non si ribellerà a tutta questa innovazione e a tutti i problemi che già adesso si stanno facendo sentire (Esempio lo smog prodotto dalle automobili), magari fra mille anni si ritornerà agli anni in cui ciò che importava non era soltanto guadagnare ma riuscire a sostenere la famiglia con un umile lavoro che non danneggiava nessuno.
    Il futuro è un continuo non sapere, un continuo ignoto. Mondo sconosciuto in cui l’uomo può comandare oppure essere sopraffatto, tocca all’umanità scoprirlo.

    -ESERCIZI SULLA SESTA PARTE
    1)
    TABELLA.

    -Che tipo di metodo è? Metodo deduttivo – paragrafo “osservazioni sul metodo seguito” rr. “Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause.”

    -Che ruolo vi gioca l’esperienza? Essa come dice Cartesio ha un ruolo molto importante nel metodo deduttivo. Soprattutto essa è indispensabile quando si va avanti con la conoscenza. Paragrafo precedente. rr “Notai anzi, a proposito delle esperienze, che sono tanto più necessarie tanto più si è avanti nella conoscenza. All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un pò di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle”

    -Qual è il punto di partenza? Una serie di postulati ed assiomi. Stesso paragrafo precedente. rr “
    Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima.”

    -Qual è il passaggio successivo? Applicazione del dubbio alle premesse. Paragrafo “Ragioni contro la pubblicazione” rr “Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze (e dal contenuto di questo libro spero che così si giudicherà), posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà”

    -Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? Trova la distinzione tra verità evidenti, e quelle nozioni, invece, che devono essere scartate perché non evidenti. Paragrafo “Ragioni contro la pubblicazione” rr “e spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta.”

    -Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»?
    Perché questi non sono utili all’ uomo. Paragrafo “osservazioni sul metodo seguito” rr “Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari.”

    – Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? Quelli più semplici e utili. Paragrafo “osservazioni sul metodo seguito” rr “In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi”

    -II metodo deduttivo non può ricavare
    la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza
    può spiegarli? Si. Paragrafo “osservazioni sul metodo seguito” rr “In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i princìpi che avevo trovato. “

    -Anche nel metodo deduttivo l’osservazione
    della natura è importante. Ma quale funzione ha? Osservando la natura, vede maggiori principi generali che lo conducono a fare maggiori esperimenti. Paragrafo “Osservazioni sul metodo seguito” rr “Ma debbo anche confessare che la potenza della natura è così ampia e diffusa, e i princìpi così semplici e generali, che non mi accade quasi più di osservare un effetto particolare, senza vedere subito che può esserne dedotto in molti modi diversi, e la mia più grande difficoltà è di solito trovare qual è questo modo.”

    2)
    Nel 1633 Cartesio quando sta per pubblicare la sua fisica, con il trattato che avrebbe dovuto intitolarsi “il mondo” sopravviene la condanna di Galilei. Per timore di subire una sorte simile, Cartesio rinuncia a pubblicarlo. Il trattato però uscirà in seguito diviso in due parti, Il mondo e L’uomo.
    Per quanto riguarda Galilei fu condannato all’isolamento poiché egli con le sue osservazioni dava una consistenza fisica e le autorità furono indotte ad aprire un vero e proprio processo.
    In Italia che è una repubblica, come in molti altri paesi dovrebbe essere scontato che tutti abbiano uguale diritto, e in particolar modo per ciò di cui stiamo parlando, di parola, di stampa, di pensiero, di religione. Molti di questi purtroppo non vengono rispettati; Possiamo facilmente ricondurci ai diritti di stampa e religione con un evento drammatico che ha segnato l’intero mondo e sconvolto le famiglie di tutti i paesi. L’attacco a Charlie Hebdo. Un attacco conseguito da terroristi ai danni di persone che lavoravano per una rivista satirica, i quali facendo il loro lavoro sono stati uccisi perché hanno “beffeggiato” la loro religione. Però molto spesso chi ha qualcosa da dire di “diverso”, qualcosa che non è nell’idea della maggioranza viene escluso, viene considerato come le persone che tempi a dietro erano considerati “eretici”. La censura viene ancora adottata in diverse parti del mondo, si pensi ad esempio alla grande quantità di film che vengono sistematicamente censurati perché considerati inadatti al pubblico o perché vanno contro a ciò che il sistema etico-morale impone nella nostra società. Personalmente credo che qualsiasi persona che imponga il suo volere, pensiero ad un altro non possa nemmeno considerarsi cittadino di una nazione libera. L’importanza dei diritti va salvaguardata perché è ciò che ci contraddistingue come esseri umani, avere una tutela, avere ciò che ci può rendere liberi non deve essere soppresso, né con le parole, né con le azioni.
    3)
    Bacone è considerato il padre del metodo induttivo. La sua riflessione muove da due punti : -lo scopo del sapere è la conoscenza della natura per un miglioramento delle condizioni della vita umana; -il sapere deve essere cumulativo e collaborativo cioè organizzato in modi che gli scienziati possano unire gli sforzi cooperando a ricerche comuni.
    Sono necessarie però un comune metodo di lavoro che consenta di standardizzare la raccolta di dati e l’organizzazione sistematica della ricerca. Il metodo induttivo rivaluta l’esperienza accompagnata dalla ragione.
    Per poter iniziare l’interpretazione della natura c’è bisogno di eliminare tutte le false conoscenze e i pregiudizi che precludono la via della ricerca. Occorre quindi eliminare la mente da tutti quei “fantasmi” indicati con il termine di “idola” che si frappongono tra l’uomo e la natura. Bacone poi procede con una raccolta sistematica dei dati, attraverso le “tavole”, lavoro accessibile a chiunque abbia la preparazione necessaria. Alla raccolta dei dati segue la loro elaborazione per giungere, attraverso il procedimento induttivo alla formulazione delle prime ipotesi generali. Il controllo delle ipotesi avviene mediante gli esperimenti che Bacone definisce “istanze” (domande poste alla natura affinchè essa possa rivelarsi.)
    Uno dei requisiti principali per la costruzione della scienza della natura è una conoscenza confrontabile e verificabile e che sia quindi cumulativa e sommativa. Secondo Bacone per il progresso della scienza è importante che le ricerche facciano riferimento ad un progetto comune che la scienza venga definita come un sistema, all’interno del quale ognuno possa dare il contributo. Difatti nel suo progetto presentato nelle Parasceve vi era quello di realizzare un’enciclopedia che avesse in se tutto il materiale prodotto in passato ordinato secondo un progetto unitario, una raccolta di dati delle scienze e dette tecniche in cui non c’era spazio per la metafisica. L’importanza del pensiero di Bacone è vista nell’invito a un lavoro in comune tra gli scienziati e a un utilizzo della scienza al servizio dell’uomo.

    Cartesio considerato il primo pensatore ad avere fornito un quadro filosofico di riferimento per la scienza moderna, ha cercato di individuare l’insieme dei principi fondamentali che possono essere conosciuti con assoluta certezza. Per individuarli si è servito di un metodo in cui rifiutava come falsa ogni idea che può essere revocata in dubbio. La sua esigenza era la rifondazione del sapere e per raggiungere questo obiettivo è necessario definire un metodo che consenta un sapere simile a quello della matematica, esso deve avere carattere deduttivo. Per questo è importante che sia al riparo da ogni possibile dubbio. L’unico ambito che abbia prodotto un sapere cumulativo e sistematico è la matematica.
    La conoscenza dedotta da principi evidenti secondo il filosofo esaurisce tutta la conoscenza possibile. Come nella matematica che dagli assiomi e postulati si possono derivare tutti i teoremi anche negli altri campi della conoscenza procedendo in modo deduttivo è possibile dare risposta ai problemi. Il punto critico del metodo di Cartesio è la verità indubitabile del punto di partenza senza il quale tutto il resto diventa precario, occorre quindi costruire le fondamenta perché l’edificio del sapere possa essere edificato in modo solido.

    4)
    Nell’ultima parte dell’opera Cartesio spiega la propria decisione di non pubblicare il trattato di fisica Il mondo,
    analizza, in una sorta di dialogo con se stesso, i motivi che sconsigliavano la pubblicazione e quelli che invece l’avrebbero incoraggiata. La conclusione cui è giunto è la decisione di pubblicare solo alcune della natura ricerche circoscritte, su argomenti che non fossero suscettibili di provocare polemiche ma che fossero al tempo stesso in grado di offrire qualche esempio sulle potenzialità del metodo da lui elaborato.
    Egli voleva da una parte che i suoi studi e il suo pensiero potesse essere d’aiuto a qualche altro scienziato avvertendo una sorta di obbligo morale per quanto scoperto e da un’altra parte egli temeva che ci fossero delle critiche e la possibilità di perdere tempo con cose inutili e che i risultati da pubblicare dato che non erano stati sviluppati a sufficienza potevano non essere utili ad altri.
    Vi fu alla fine una pubblicazione parziale dell’opera, Cartesio non è completamente da condannare poiché egli visse in un periodo storico in cui c’era la possibilità di essere convocati in tribunale per un processo in cui si poteva andare anche contro alla pena di morte. Prendere precauzioni ed evitare una congiura penso sia una cosa da non considerare errata. Al posto suo avrei agito come lui, ma se dovessi ragionare in questo modo ai giorni d’oggi non eviterei di esporre/pubblicare il mio pensiero sapendo di possedere dei diritti che ci sono stati dati dopo anni di lotte.

  7. Eleonora Garzillo il said:

    Esercizi sulla prima parte
    Paragrafazione
    1) L’ingegno è simile in tutti gli uomini
    2) L’importanza del metodo
    3) Critica del sapere
    4) Elogio del sapere
    5) Gli studi seguiti
    6) Il quadro dell’esistenza
    7) Lo studio del “gran libro del mondo”
    8) Dall’esperienza alla ragione

    L’interesse di Cartesio per le altre culture inteso come modo per allargare le proprie conoscenze e superare i propri limiti è un argomento molto sentito ancora oggi anche se il contatto con altre culture ha dei lati positivi e negativi. Lo straniero, soprattutto se extracomunitario, ha sempre creato diffidenza e ansia; spesso si ha paura di quello che non si conosce forse perché i pregiudizi e gli stereotipi sono forti e difficili da abbattere. In questo periodo di crisi economica così fortemente sentita ovunque, il massiccio flusso migratorio incontra più ostilità che accoglienza. Nonostante gli appelli del Papa alla solidarietà, è difficile aiutare questi disperati quando si sa bene quanti italiani vivono in condizioni di disagio e povertà per la chiusura delle aziende e la perdita del posto di lavoro. E’ triste andare in giro per le strade e vedere tanti giovani immigrati chiedere l’elemosina oppure vederli in gruppo in attesa di andare a lavorare per pochi soldi. Ma se l’Italia fa ancora fatica a riprendersi economicamente, come può occuparsi di tutte queste persone? Tra l’altro sembra che a furia di accogliere e facilitare l’integrazione degli stranieri nel nostro Paese, si stia perdendo un po’ la nostra identità nazionale. Siamo un Paese cristiano-cattolico che ha tolto il crocefisso dalle aule, che non fa più il presepe a Natale nelle scuole né i canti natalizi nel rispetto delle altre religioni e culture. Ma se queste persone decidono di venire in Italia dovrebbero accettare già a priori le nostre tradizioni e rispettare le nostre leggi. Noi li ospitiamo ma non dobbiamo rinunciare alla nostra identità. L’integrazione, la tolleranza e l’arricchimento culturale vogliono dire che è necessario rispettarsi a vicenda senza avere la pretesa di credere che la propria cultura sia migliore di quella dell’altro. Non si può negare comunque che la convivenza con persone di altri paesi allarga gli orizzonti culturali e ben vengano gli episodi di perfetta integrazione di extracomunitari nel nostro Paese come a volte è riportato dai Tg. Di certo vivere in un paese multirazziale educa alla tolleranza ma ciò non deve significare sottomettere la nostra cultura alla loro.

    Esercizi sulla seconda parte
    Il metodo deduttivo
    Si parte da principi generali (assiomi e postulati)
    mediante l’intuizione
    si procede per deduzione (dall’universale al particolare)
    mediante dimostrazione
    per formulare teoremi (come spiegazione di fenomeni)
    corroborato da revisione dei passaggi

    Nella ricerca del metodo per rifondare il sapere di cui sentiva la necessità, Cartesio si affida alla matematica che è l’unica scienza capace di dare un sapere cumulativo e sistematico. Dopo avere elencato le 4 regole del sapere, Cartesio applica il suo metodo a tutte le altre scienze e sottolinea l’importanza del lavoro svolto da una sola persona per realizzare un’opera; infatti quella persona produrrà un’opera bella e armoniosa secondo i suoi gusti. Non è detto però che sia bella e armoniosa anche agli occhi degli altri. Non sono molto d’accordo con Cartesio perché spesso chi lavora da solo non si accorge degli errori che commette. Secondo me il proverbio “l’unione fa la forza” dimostra l’importanza del lavoro di gruppo dove lo scambio di idee, conoscenze ed esperienze può sicuramente portare a qualcosa di buono. Ad esempio nel campo della ricerca medica il lavoro di gruppo è fondamentale; tanti ricercatori si impegnano insieme per scoprire le cause di una malattia o un nuovo farmaco. Senza dimenticare che la nuova scoperta andrà a beneficio di tutti.

    Esercizi sulla terza parte
    Sequenza corretta 5 – 7- 1- 4- 6- 2- 3
    * Perché è necessaria una morale provvisoria?
    * Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?
    * Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?
    * Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?
    * Quale occupazione devo scegliere nella vita?
    * Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?
    * Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?

    Cartesio propone una morale provvisoria che è tale perchè è possibile cambiarla man mano che si procede lungo il cammino della conoscenza e la scoperta della verità. Le regole sono necessarie per orientare il comportamento umano e Cartesio individua tre massime fondamentali
    __ Obbedire alle leggi e ai costumi del nostro Paese per restare fedeli alla religione che ci è stata trasmessa.
    __Essere fermi e risoluti nelle azioni, una volta presa una decisione.
    __ Vincere se stessi piuttosto che la fortuna.
    Per quanto riguarda la prima regola, Cartesio afferma che per vivere in società l’uomo ha bisogno di regole da rispettare in genere imposte da chi comanda; ma aggiunge anche che è meglio evitare gli eccessi e seguire una via di mezzo che è più semplice da mettere in pratica e mette al riparo da conseguenze spiacevoli che potrebbero verificarsi. Nella lettera alla principessa Elisabetta però, Cartesio affida solo alla ragione il compito di decidere cosa si deve o non si deve fare in ogni situazione della vita. Ma così facendo, non si lascia spazio alle emozioni e si finisce per agire sempre e solo secondo le regole della mente e non del cuore. E’ vero che il razionalismo è fondamentale nel pensiero cartesiano ma lui stesso poi dice che l’uomo è fatto di corpo e anima.
    Nella seconda regola, Cartesio usa la metafora della foresta per spiegare come l’uomo deve andare diritto per la sua strada anche nel dubbio; una volta presa una decisione deve impegnarsi per portarla a termine. Questa seconda regola rimane invariata nella lettera alla principessa alla quale consiglia anche di non lasciarsi distogliere dalle passioni, considerando la fermezza come una virtù. Seguire con fermezza una decisione presa è segno di costanza e di forza di volontà ma a volte possono succedere delle cose che davvero impediscono il raggiungimento del proprio scopo, quindi può succedere di dovere cambiare direzione.
    Con la terza regola, Cartesio dice che la felicità si può raggiungere solo se si accetta la realtà con serenità. Ciò che conta è essere sicuri di avere fatto tutto il possibile per determinarla. Alla principessa Elisabetta, egli scrive la stessa regola spiegando che solo il rimpianto o il pentimento ci rendono infelici ma le azioni guidate dalla ragione non ci daranno mai motivo di pentirci perché se non siamo riusciti a fare qualcosa vuol dire che era fuori di noi e perciò impossibile.

    Esercizi sulla quarta parte
    Sequenza corretta —4 – 2- 1- 6- 7- 8- 5- 3
    4) Perché il dubbio di Cartesio è detto “metodico”? ( Il dubbio metodico) rr 6-9 “Dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile”.
    2)Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio? (La certezza del cogito) rr 1-4 ” Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudica che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo”.
    1) Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? (La certezza del cogito) rr 6-15 ” Poi esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mio trovassi, ma che non potevo fingere,perciò, di non esserci; e al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sosatnza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse”.
    6) Quali caratteristiche devono avere le idee vere? (La verità delle idee ) rr 17-21 ” E poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni”.
    7) Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? ( I criteri della verità) rr 4-8 “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente “.
    8) Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? ( L’esistenza di Dio ) rr 9 –17 “Ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché, mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in sé tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente ( userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo”.
    5) Perché i sensi non sono affidabili? (La verità delle idee) rr 5-9 “E quando all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono”.
    3) Perche la ragione non è affidabile? ( La verità delle idee) rr 9–17 “Perché insomma, sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi. Così il Sole, sebbene lo vediamo molto chiaramente, non dobbiamo perciò giudicarlo piccolo come lo vediamo; e possiamo ben immaginare distintamente una testa di leone innestata sul corpo di una capra, senza dover concludere perciò che ci sia al mondo una chimera: perché la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacche in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi”.

    Il film Matrix del 1999 ebbe un enorme successo. Il titolo si riferisce al programma informatico, Matrix appunto, che ha realizzato un mondo virtuale in cui gli uomini vivono, credendolo reale. Il protagonista Neo è un programmatore che di nascosto fa anche l’hacker ed è dotato di una straordinaria intelligenza. A un certo punto Neo si rende conto che c’è qualcosa che non va nel mondo. Morpheus, un pirata virtuale, capisce allora che Neo è l’uomo giusto per salvare l’umanità. Egli infatti rivela a Neo un’altra verità e cioè che mentre un tempo l’uomo usava le macchine, ora sono le macchine a usare l’uomo e a tenerlo schiavo. Le macchine inviano alle menti degli uomini le immagini virtuali, quindi prive di fondamento, di auto, case, strade ecc… Dopo un primo momento di incredulità, Neo accetta di allearsi con Morpheus, torna nel mondo vero, per poi combattere contro i nemici virtuali che hanno sembianze umane. Così Neo capisce che tutto ciò che aveva visto fino ad allora erano solo immagini virtuali percepite dal suo intelletto. Matrix, il programma informatico, è il controllo del mondo, creato per tenere l’uomo in schiavitù. ( Matrix e la sua filosofia– Filosofia. net ).
    Il film si è prestato a molte spiegazioni filosofiche sul suo significato. E’ incentrato sul rapporto tra mondo vero e mondo fittizio, l’opposizione tra vera verità e falsa verità. Le analogie col pensiero cartesiano sono evidenti. Cartesio sosteneva che bisogna dubitare dei nostri sensi e anche della ragione; da qui giunge al dubbio iperbolico dove il genio maligno (Matrix) fa di tutto per ingannarlo. Cartesio inoltre diceva di credere in se stessi, di credere che se pensiamo allora esistiamo. Neo crede in se stesso, comincia a dubiterà della “realtà” nella quale ha sempre vissuto e decide di cambiarla. La differenza più evidente è che nel film le macchine sono presentate come dominatrici dell’umanità, che prendono la loro energia dai corpi umani. Non si parla di Dio o di un altro ente superiore mentre invece Cartesio poneva Dio al di sopra di ogni cosa. Il film sembra riprendere anche il mito della caverna di Platone dove gli uomini imprigionati in una grotta vedono delle immagini riflesse sulla parete e credono che siano reali; quando un uomo riesce a liberarsi e esce dalla caverna comincia e vedere la verità delle cose di cui le immagini sul muro erano solo una copia. Egli scopre così la verità e capisce di essere stato ingannato dai sensi che risultano illusori.

    Esercizi sulla quinta parte
    1) Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? ( Lo studio deduttivo della natura) rr 1–8 “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da queste prime. Ma per farlo dovrei ora parlare di parecchie questioni che sono oggetto di controversia tra i dotti, e io non desidero mettermi in urto con loro. Credo perciò più prudente astenermene, e dire solo, in generale, di quali questioni si tratta, per lasciare che i più saggi se sarebbe utile al pubblico un’informazione più particolareggiata. Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri”.
    2) Che cos’è il meccanicismo? 3) Qual’è la funzione delle leggi della natura? ( Dal caos dei poeti all’universo ordinato) rr 12–19 ” In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite diDio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva avere qualche dubbio, e di fare vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato i molti mondi, non ce ne sarebbero nessuno in cui non verrebbero osservate. Dopo di che , mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano coporre una Terra, altri pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse”.
    4) Qual è la causa della circolazione sanguigna? (Cartesio e Harvey) rr 24–31 ” Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e da quelle che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene, se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene.
    5) Qual è la causa del movimento dei muscoli? ( Il meccanicismo) rr 2–4 “Di seguito avevo mostrato quale dev’essere la struttura dei nervi e dei muscoli del corpo umano per far sì che gli spiriti animali, standovi dentro abbiano la forza di muovere le sue membra: come si vede nelle teste da poco tagliate che ancora si muovono e mordono la terra, benché inanimate. rr 10–12 “distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà.”
    6)Come possiamo distinguere un uomo da un automa? ( Uomini e macchine) rr 5–17 ” In primo luogo, non potrebbero mai usare parole o altri segni combinandoli come facciamo noi per comunicare agli altri i nostri pensieri. Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficenza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione.
    7) Qual è la funzione del linguaggio? ( Uomini e Macchine) rr 23– 37 ” Chi è nato sordo e muto, privato perciò come e più delle bestie degli organi che servono a parlare, suole inventare da sé segni con i quali si fa intendere da chi, standogli solitamente vicino può apprendere facilmente il suo linguaggio. (….) perché vediamo che di ragione, per essere capaci di parlare, ce ne vuole assai poca; (…..) Nè si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili”.
    8) Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? ( L’anima e il corpo ) rr 1–5 ” Avevo descritto,dopo di ciò , l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta a essa e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero”.

    Il termine Intelligenza Artificiale fu coniato nel 1956 durante un convegno organizzato da J. McCarthy in Americaa Dartmouth. E’ una disciplina informatica che studia la possibilità di costruire computer capaci di riprodurre alcune abilità umane. Il sogno di realizzare una macchina capace di pensare come l’uomo sembra però ancora destinato a rimanere tale. Secondo le ipotesi meccanicistiche, se l’uomo è una macchina pensante, anche se complessa, dovrebbe essere possibile riprodurre quegli stessi meccanismi di pensiero con un computer. Ma il pensiero umano è molto complicato e non si può ridurre in schemi semplici. Il fatto che un computer abbia battuto a scacchi il campione del mondo G. Kasparov non è poi un risultato così straordinario dato che una partita scacchi si svolge secondo schemi e regole descrivibili in modo matematico; per cui un computer può elaborare milioni e milioni di situazioni possibili. ( Enciclopedia Treccani) Affrontando il tema della differenza tra uomo e macchine Cartesio ha dato inizio a un percorso che ancora è molto attuale, soprattutto ora che le macchine sono sempre più sofisticate e i robots si stanno diffondendo sempre di più. Fin dall’antichità l’uomo ha costruito delle macchine sempre più complesse e avanzate man mano che aumentavano le sue conoscenze tecniche. Lo scopo era quello di rendere il proprio lavoro più semplice e meno faticoso. Col passare dei secoli e il notevole sviluppo delle tecnologie e dell’informatica, si è arrivati a creare robots che pian piano si stanno sostituendo a noi. Ci sono già robots nelle fabbriche, nelle sale operatorie, e robots che disinnescano bombe. In questi giorni a Las Vegas si è svolto il salone dell’Hi-tech in cui oltre a proporre elettrodomestici comandati a distanza si presentava anche il prototipo di un robot baby-sitter. Ma per quanto i robots siano capaci di svolgere vari compiti, non sono ancora in grado di provare emozioni. a questi aspetti si sono interessati sia il film Blade Runner che A. I. Intelligenza artificiale. Blade Runner è un film del regista Ridley Scott del 1982. E’ ambientato a Los Angeles nel 2019 dove un’azienda ha sviluppato nuove tecnologie che permettono di fabbricare “replicanti”, cioè organismi viventi uguali in tutto agli esseri umani, ma dotati di una forza superiore e privi di sentimento, anche se i progettisti pensavano che dopo qualche anno avrebbero sviluppato sentimenti propri. I Replicanti venivano usati per colonizzare altri pianeti e nelle esplorazioni pericolose. Il protagonista è Rick Deckard costretto dal capo della polizia a riprendere il suo lavoro di cacciatore di replicanti. Ne deve eliminare quattro che dalle colonie dove erano in schiavitù sono giunti sulla Terra. A poco a poco egli riuscirà a eliminarli ma non sarà affatto semplice perché essi sono del tutto uguali agli esseri umani. Nella storia Rick si innamora di Rachel una segretaria anch’essa replicante e le rivela la verità; le racconta i suoi presunti ricordi d’infanzia dimostrandole che in realtà sono innesti mentali.( Blade Runner The Replicant Site)
    A.I. è il film diretto da Steven Spielberg nel 2001; il tema è quello della possibilità di costruire robots che possano provare emozioni e sentimenti. Il film è ambientato in un futuro imprecisato dove gli uomini hanno creato tanti robot per ogni loro necessità. David è un robot bambino capace anche di amare che però viene rifiutato dalla coppia che lo aveva adottato e va in cerca della Fata Turchina che possa trasformarlo in un bambino vero. David dopo tante avventure riuscirà nella sua impresa.
    Entrambi questi film che risalgono a pochi decenni fa, sono definiti fantascientifici ma risultano molto attuali. Andando avanti di questo passo tutto sarà meccanizzato e noi esseri umani perderemo la nostra dimensione e la nostra identità. Per quanto mi riguarda mi fa un po’ paura pensare che tutto possa essere programmato e svolto in modo artificiale. E’ vero che se l’uomo non avesse fatto ricerche ed esperimenti spinto dalla sua curiosità e intelligenza, ora probabilmente vivremmo ancora nell’età della pietra, però se in un futuro prossimo non avremo nulla da fare perché a tutto ci pensano le macchine, cosa faremo oltre a mangiare e dormire? Forse solo la ragione e i sentimenti ci potranno salvare dalla sottomissione ai computer che noi stessi abbiamo creato. Del resto proprio Cartesio proponeva il dualismo tra anima e corpo che permette all’uomo di comportarsi in modo istintivo o in modo razionale. Tuttavia egli non manca di dire che per lui l’uomo è come una macchina da studiare per scoprire tutti i meccanismi.

    Esercizi sulla sesta parte
    Che tipo di metodo è? (Osservazioni sul metodo seguito) Metodo deduttivo perché parte dai principi generali delle cose per spiegare i fenomeni. rr 6–10 “Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause.”
    Che ruolo vi gioca l’esperienza? ( Osservazioni sul metodo) L’esperienza ha un ruolo fondamentale perché permette di procedere nella ricerca della conoscenza. rr 1–6 “Notai anzi, a proposito delle esperienze, che sono tanto più necessarie tanto più si è avanti nella conoscenza. All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un pò di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle”
    Qual è il punto di partenza? (Osservazioni sul metodo) Una serie di postulati. rr 6–8 ” Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima.”
    Qual è il passaggio successivo? (Ragioni contro la pubblicazione) Dubbi sulle premesse rr 26–28“Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze (e dal contenuto di questo libro spero che così si giudicherà), posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà”
    Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? (Ragioni contro la pubblicazione )Dubbi sulle cose pensate rr 5-6 ” E spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta”
    Perché questo metodo non può spiegare i casi particolari? ( Osservazioni sul metodo seguito)Perché l’ingegno non è capace di distinguere tutte le forme dei casi particolari rr 12–17 “Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari.”
    Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? ( Osservazioni sul metodo seguito) Quelli più semplici e comuni rr 10–11 “E mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi”
    Il metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli? ( Osservazioni sul metodo seguito) Sì. rr 16–18 “In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i princìpi che avevo trovato. “
    Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha? ( Osservazioni sul metodo seguito) L’osservazione della natura consente di notare le leggi secondo cui essa opera e capire che uno stesso fenomeno si può presentare in modi diversi. rr 19-20 “Ma debbo anche confessare che la potenza della natura è così ampia e diffusa, e i princìpi così semplici e generali, che non mi accade quasi più di osservare un effetto particolare, senza vedere subito che può esserne dedotto in molti modi diversi, e la mia più grande difficoltà è di solito trovare qual è questo modo.”

    -All’epoca in cui Cartesio stava per pubblicare la sua opera Il Mondo,ebbe la notizia che Galileo Galilei era stato inquisito dal Sant’Uffizio. Nel timore di subire la stessa sorte rinuncia a pubblicare la sua opera. Nel 600 la censura era palese e violenta. Quando Cartesio scriveva era l”epoca in cui le nuove scoperte geografiche e scientifiche stavano scuotendo la società dalle sue fondamenta. La censura era quindi un mezzo per mantenere le cose così come erano in modo che chi comandava non perdesse il proprio potere. Per uno scienziato o intellettuale non poter più dedicarsi alle proprie ricerche ed essere messo ai margini della società era qualcosa di insopportabile.La censura non ha mai finito di esistere; forse oggi è meno evidente. Essa ha il potere di indirizzare e filtrare le opinioni di intellettuali e studiosi.Perfino la stampa non è libera così come si crede;spesso le notizie vengono diffuse mettendo in evidenza alcuni particolari e oscurandone altri.La minaccia,la corruzione e gli atti intimidatori sono i mezzi più usati.

    -Bacone è stato il fondatore del nuovo sapere scientifico che deve essere al servizio dell’uomo per migliorare la sua vita.Inoltre deve essere cumulativo e collaborativo vale a dire che gli scienziati devono sfruttare le conoscenze già acquisite per aggiungerne altre e allargare il loro sapere. Bacone infatti era convinto che i risultati scientifici dovevano essere pubblicati perché in questo modo ci sarebbero state delle applicazioni pratiche utili per tutti e gli scienziati avrebbero collaborato tra loro dando vita a un progetto comune. Il metodo scientifico utilizzato da Bacone è il metodo induttivo basato sull’osservazione sistematica,la prima ipotesi, gli esperimenti per confermare l’ipotesi, l’individuazione di principi generali e l’applicazione tecnologica dei principi. Con questo suo metodo Bacone privilegia l’osservazione e lo studio dei fenomeni concreti che si possono controllare attraverso gli esperimenti. Tutti i dati vengono trattati in modo sistematico attraverso le “tavole”. Lo scopo della ricerca è quello di scoprire la ” natura” delle cose per poterle modificare; egli infatti si interessa agli aspetti qualitativi.Tra l’altro secondo Bacone ,lo scienziato che interpreta la natura deve eliminare gli idola cioè tutte le false conoscenze che impediscono all’uomo di giungere alla verità.

    -Anche Cartesio sente il bisogno di rifondare il sapere ma usa il metodo deduttivo e prende la matematica come modello.Come la matematica giunge a formulare teoremi partendo da premesse certe attraverso catene di ragionamenti, così la filosofia deve partire da verità assolutamente certe per gettare le basi solide del nuovo sapere. Secondo Cartesio l ‘unica certezza indubitabile è la Res Cogitans cioè la sostanza pensante;l’uomo giunge alla certezza di sè come essere pensante, da qui la frase : Cogito,ergo sum. Alla base del suo pensiero c’è la convinzione di mettere in discussione tutte le certezze assimilate attraverso la cultura e la tradizione. Si tratta del dubbio metodico che si contrappone agli idola di Bacone. Inoltre a differenza di Bacone, che raccoglieva i dati dei suoi esperimenti in maniera sistematica, Cartesio non quantifica i dati delle sue ricerche. Egli si limita a rendere conto delle sue esperienze e a condividerle con gli altri dato che anche per lui era importante che il sapere fosse cumulativo.

    -Cartesio avrebbe dovuto pubblicare la su opera Il Mondo perché aveva l’obbligo morale di condividere le sue conoscenze con gli altri scienziati, e dare il suo contributo al miglioramento alla vita umana.Dall’altro canto era evidente che l’opera avrebbe scatenato una serie di polemiche e messo a rischio la sua vita e la sua reputazione . Egli decide quindi di non pubblicare la sua opera anche perché teme che sia una semplice perdita di tempo che preferisce usare per continuare i suoi studi. Se fossi stata al posto di Cartesio,credo che non avrei pubblicato l’opera perché era una cosa troppo rischiosa. Si toccavano temi delicati che avrebbero potuto scatenate le ire della Chiesa che all’epoca aveva un potere enorme. Nel peggiore dei casi si correva il rischio di essere arsi sul rogo, nella migliore delle ipotesi si rischiava l’esilio o l’allontanamento dalla società con la reputazione rovinata e l’obbligo di non proseguire i propri studi,come era accaduto a Galilei. Pubblicare l’opera sarebbe stato un atto coraggioso ma non credo che sarebbe valsa la pena rischiare la propria vita per diffondere le proprie conoscenze .
    E se poi nessuno le avesse prese sul serio o fossero state dimenticate col passare del tempo? La gloria è dei poeti non degli scienziati o dei filosofi quindi meglio salvare la propria vita. Forse potendo, avrei aspettato che i tempi cambiassero e fossero maturi per capire e accettare l’opera;anche se così facendo, poteva succedere che qualcun altro giungesse alle stesse mie conoscenze e le pubblicasse prima di me.

  8. Alessia Miranda il said:

    Esercizi Prima Parte:
    ·         La paragrafazione:

    -L’ingegno è simile in tutti gli uomini
    -L’importanza del metodo
    -Critica del sapere
    -Elogio del sapere
    -Gli studi seguiti
    -Il quadro dell’esistenza
    -Lo studio del “gran libro del mondo”
    -Dall’esperienza alla ragione

    ·         Per la riflessione e il dibattito
    Cartesio è considerato uno dei massimi esponenti della rivoluzione scientifica. In particolare il suo contributo al sapere moderno risiede nella formulazione di un “metodo” unico, attraverso il quale poter costituire le fondamenta per un sapere di tipo cumulativo, che consentiva di aggiungere tassello dopo tassello all’edificio della conoscenza. L’opera sicuramente più importante in tal senso è “Il Discorso sul metodo”, essa rappresenta infatti uno dei fondamenti della filosofia moderna, perché con Cartesio incomincia la prospettiva centrata del soggetto. La sua rilevanza deriva dal fatto che con questo trattato, viene per la prima volta spostato il punto di vista tradizionale:non è più necessario, ai fini della ricerca, comprendere da cosa è stato costituito il mondo, ciò che conta ora è il soggetto conoscente, dal quale bisogna partire per scoprire in esso la verità. L’opera viene però genericamente divisa in sei parti, ciascuna riguardanti uno specifico ambito della ricerca Cartesiana: la prima parte riguarda la critica agli studi della scolastica che l’autore aveva intrapreso da giovane, egli riconosce infatti che le scienze alle quali è stato istruito possono essere paragonati a dei palazzi splendenti e magnifici senza però fondamenta solide. Ed è per queste ragioni che appena l’età glielo consentì decise di lasciare la tutela dei suoi insegnati e partire alla scoperta del “gran libro del mondo”. Ricordiamo a tal proposito che a partire dal Seicento l’uomo Occidentale aveva cambiato il suo modo di rapportarsi ai popoli e alle culture straniere, egli non vedeva più tali tradizioni come forvianti o pericolose di per sé, ma ansi come scrive Cartesio nell’opera: è bene sapere qualcosa dei costumi degli altri popoli per giudicare meglio i nostri”. Nonostante quindi l’uomo avesse ora un’apertura mentale diversa verso i popoli che ad esempio, appena scoperta l’America, erano considerati selvaggi e privi di anima, l’autore afferma anche che l’uomo deve saper sì avere un confronto con le altre culture ma non per questo sminuire la propria. L’obbiettivo che l’autore si prefigge in realtà durante i suoi viaggi è quello di non cercare altra scienza al di fuori di quella che avrebbe potuto trovare in sé stesso, e di sfidare le convenzioni e le tradizioni del suo mondo così come quelle degli altri popoli, e non ritenere mai nulla per evidente o certo, ma sempre ragionare sulle circostanze che la sorte ci propone. Cartesio si presenta un uomo molto moderno, credendo che appunto l’uomo dopo le innumerevoli esperienze fatte possa rendersi conto ora di come non bisogna prestare fede soltanto alle convinzioni che si basano sull’esempio e sul costume, ma è necessario partire dall’introspezione di noi stessi e sottoporre tutto al vaglio della ragione, e cercare le verità auto evidenti. E’ sicuramente questo un problema che affligge anche il mondo contemporaneo, sempre più infatti il problema dell’immigrazione ci interessa da vicino, e i pareri riguardo a tale situazioni sono spesso molto discordanti, la domanda è questa: può davvero il confronto con altre culture avere solo vantaggi di arricchimento sulla nostra società o lenire le identità culturali e i nostri valori? Il dibattito è senza ombra di dubbio ancora aperto, da un lato vediamo infatti i numerosi problemi che ciò porta, come ad esempio; cattive condizioni di vita degli immigrati, peggioramento delle condizioni di lavoro degli Italiani più deboli, che entrano in competizione con gli immigrati, lo sfruttamento da parte della criminalità organizzata su questi flussi migratori, e l’impoverimento dei paesi di provenienza, nonché i numerosi conflitti politici ed economici che nascono a riguardo di tale situazione. Vi sono però a ragion del vero anche molti vantaggi come; manodopera per numerosi settori in cui c’è carenza, contributo di creatività e sviluppo economico anche in altri settori, perché l’economia cresce anche trasformandosi, innervata da nuove idee, apporto positivo alla stabilità sociale derivante dallo spirito di laboriosità e di sacrificio tipico degli emigranti o l’ arricchimento culturale. Il rischio che l’incontro di culture diverse diventi scontro non deve far dimenticare l’opportunità che sia fecondo, basti pensare a tal proposito agli Stati Uniti d’America che sono un Paese sorto e prosperato proprio con le immigrazioni. Non dobbiamo inoltre dimenticarci che anche noi giovani che spesso dopo gli studi universitari andiamo all’estero a cercare nuove opportunità di lavoro siamo anche noi immigrati, come possiamo pretendere l’accettazione e possibilità lavorative, se siamo i primi a negarle agli altri? Io sono del parere che non vi sia una risposta vera o falsa in merito a tale questione, tale fenomeno, capace di cambiare il volto di una nazione intera, può farlo sia in meglio che in peggio, e come sta a noi deciderlo. Siamo noi i primi a dover permettere l’integrazione di questi popoli, senza sfruttarli per loschi profitti, perché parliamo di persone con una propria anima ed un proprio cervello, che hanno gli stessi nostri diritti di cittadinanza, perché una comunità ha regole di convivenza sociale che sono espressione di valori comuniUna comunità ha bisogno di legami di solidarietà che non possono essere imposti, ma si attivano se c’è reciproco riconoscimento tra i membri della comunità stessa. Il problema quindi sta nel modo nostro di reagire a tale fenomeno, che deve sì avvenire sempre entro certi limiti ma non per questo essere ostacolato completamente. 
     
     
     
    Esercizi Seconda Parte :
     
    ·         Completa la tabella

     
    Metodo induttivo/sperimentale
                 Metodo deduttivo

    Si parte da
    Esperimenti ed esperienze
    Princìpi generali (assiomi e postulati)

    mediante
    L’osservazione
    intuizione

    Si procede
    Induzione (dal particolare all’universale)
    Deduzione (dall’universale al particolare

    Mediante
    astrazione
    dimostrazioni

    Per formulare
    Ipotesi (leggi universali)
    Teoremi (come spiegazione dei fenomeni)

    Corroborate/i da
    Esperienze ed esperimenti
    Revisione dei diversi passaggi

     
     
    ·         Per la riflessione e il dibattito
    Cartesio nell’introdurre la seconda parte dell’opera “il Discorso sul metodo”, afferma immediatamente che il lavoro del singolo, a parer suo, è superiore a quello di un gruppo, poiché a differenza di quest’ultimo esso risulta armonioso, ben definito in tutte le sue parti e più organico rispetto a quello dispersivo e vario formato da più persone. Certamente il suo pensiero è completamente diverso da scienziati come Bacone e Galileo, che parlavano di un sapere non soltanto cumulativo ma anche collaborativo. Essi infatti credevano che la collaborazione fra più studiosi rendesse omogenee e comparabili le osservazioni e i dati interpretati. Egli parlava di lavoro d’equipe in cui ad ogni individuo fosse assegnato un compito specifico, così da velocizzare anche i tempi della ricerca. Cartesio al contrario per dimostrare la sua tesi, propone una serie di esempi, come quello delle città che nate da un solo ingegnere sono più solide e durature di quelle nate dalla mente di molti, o ancora che la grande fama e la forza di città come Sparta risiedono non tanto nella bontà delle singole leggi, quanto dal fatto che esse siano il frutto del lavoro di un singolo legislatore convergendo così tutte verso un unico fine. Proponendo anche l’esempio della religione cattolica, egli afferma che essa è superiore a tutte le altre, proprio perché un unico Dio ha dettato i comandamenti. Per Cartesio infatti, una delle maggiori debolezze delle scienze dei libri, è proprio il loro essere il risultato del lavoro di più persone, che si sono avvicinati alla verità meno di come un singolo uomo può fare avvalendosi del suo ingegno. Nonostante ciò che affermava inizialmente, Cartesio nelle sue ultime opere rivaluterà la collaborazione tra scienziati. Il lavoro di gruppo infatti può spesso essere migliore di quel che sembra, poiché stimola la creatività collettiva, inoltre in gruppo veniamo messi a confronto con modelli diversi, che ci obbligano a confrontarci con elementi e aspetti che altrimenti avremmo ignorato o mai conosciuto. Per cui “la crescita” dei membri ne risulta accelerata. Un esempio a tal proposito è la scuola materna, in cui il bambino confrontandosi con gli esempi dei suoi coetanei, può acquisire più velocemente delle competenze, rispetto ai bambini che rimangono a casa. Condividere l’obiettivo è senza dubbio una prassi che impegna i membri del gruppo a definire il focus con maggior precisione, tenendo conto di più punti di osservazione. È quanto accade ad esempio nel lavoro d’équipe, dove la condivisione dei compiti spesso attraversa fasi di conflittualità, di negoziazione degli obiettivi, in una logica che offre una maggiore complessità rispetto a quanto accade con progetti di breve respiro. Ma quando lo staff lavora bene, i risultati sono incredibilmente superiori, e questo ce lo dimostra la storia stessa.
     
     
    Esercizi Terza Parte:
    ·         Le domande giuste (con riferimento ai paragrafi della terza parte del testo)
    1. Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?: Da “La mia seconda massima” a “giudicano cattive” (corrispondente al terzo paragrafo)
    2. Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza? : Da “Infine, non avrei potuto limitare i miei desideri” a “non si può non essere contenti” (corrispondente al sesto paragrafo)
    3. Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?: Da “Dopo essermi così procurate queste massime” a “nei più lontani deserti” (corrispondente al settimo paragrafo)
    4. Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?: Da “La mia terza massima” a “tutto ciò che vogliono” (corrispondente al quarto paragrafo)
    5. Perché è necessaria una morale provvisoria?: Da “Infine come non basta” a “che desidero qui enunciare” (corrispondente al primo paragrafo)
    6. Quale occupazione devo scegliere nella vita?: Da “Infine, per concludere questa morale” a “nel caso ce ne fossero” (corrispondente al quinto paragrafo)
    7. Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?: Da “La prima era di obbedire alle leggi e ai costumi del mio paese” a “ ritenerla tale” (corrispondente al secondo paragrafo)
     
    ·         Per la riflessione e il dibattito
     Cartesio propone nella terza parte del trattato, una serie di regole della cossi detta morale provvisoria. Egli è convinto infatti che a differenza delle proprie conoscenze che devono essere sottoposte sempre al vaglio della ragione e del dubbio metodico, la stessa sospensione di giudizio non può esistere in ambito pratico, poiché ci viene imposto di continuare ad agire e a compiere scelte. Prima quindi di inoltrarsi nella ricerca vera e propria, in modo da arrivare a verità solidamente fondate, l’uomo deve imporsi una serie di regole morali salde che guidino la sua azione. Nonostante in un primo momento tali regole possano apparire conservatrici esse sono meno banali di quel che può sembrare e saranno riprese in altre opere successive di Cartesio su tale argomento. Di seguito viene proposto un brano tratto dalla Lettera a Elisabetta del 4 agosto 1645, in cui l’autore ripropone le suddette regole ma in chiave leggermente differente. Mentre nel Discorso sul metodo egli enunciando la prima regola affermava che fosse necessario per l’individuo  così da orientare il suo comportamento, obbedire alle leggi e ai costumi del proprio Paese, e seguendo le regole più possibile moderate,sia perché sono sempre quelle più semplici da seguire, sia perché in caso di errore sarebbe stato più facile ritornare sulla retta via “di quanto sarebbe avvenuto scegliendo uno  degli estremi mentre andava seguito l’altro”. Egli parla inoltre, come avverrà poi nella psicoanalisi, di una morale cosciente, cioè i calori che noi scegliamo volontariamente di seguire, e una morale incosciente, molto più ampia e che deriverebbe dall’educazione e dalle influenze della società, dalle proprie esperienze etc.., le quali ormai fanno parte del nostro modo di agire e di essere. Inoltre specifica che proprio per il suo carattere provvisorio, le regole di questa morale non devono essere prese attraverso degli impegni vincolanti, ma soltanto preferite fino a quando la ricerca non ci conduca a verità che ce ne facciano preferire altre. Nella lettera ad Elisabetta invece l’autore afferma che l’uomo debba sempre seguire la ragione, fin da subito, per sapere cosa è giusto che faccia e ciò che non lo è. Vi è in questa proposizione un aspetto più razionalista, rispetto a quella precedente. Mentre prima infatti egli diceva in poche parole di seguire quello che gli veniva insegnato dalla società, cercando di orientarsi verso le scelte però più moderate,che sembravano anche le più logiche, ora non limita tale scelta, ma intima di seguitare la ragione e quindi il proprio essere perché esso ci condurrà necessariamente verso l’opzione più verosimile possibile, mostrando così una maggior coscienza e fiducia in sé stesso e nelle proprie capacità. La seconda legge, invece, di cui si parla a tal proposito nel “Discorso sul Metodo” afferma qui che l’uomo deve essere sempre risoluto e costante nelle proprie decisioni, che anche nel caso possano rivelarsi errate, sono sempre meglio di una persona che non abbia fatto alcuna scelta, al pari di un viandante che perso nel bosco deve pure sempre fare una scelta su dove andare, perché anche se non dovesse arrivare nel luogo prestabilito, questo sarà sempre meglio del restare intrappolato nella foresta. L scelta quindi qualunque essa sia può anche non essere giusta ma sarà quella più razionale, perché l’uomo ha usato la propria ragione ed è quindi molto vicino alla verità. Nella lettera alla regina Elisabetta Cartesio parla sostanzialmente della stessa situazione, ma esplicita più chiaramente come l’uomo debba seguire la ragione, e specifica che egli non debba farsi in alcun modo deviare dalle passioni o dagli istinti. Inoltre aggiunge che nel caso vi riesca, questo suo modo di agire potrà essere definito come virtù, perché soltanto a prima vista essa potrebbe non esserlo per il senso comune che l’ha “divisa in più specie, ai quali si sono dati diversi nomi, a causa dei diversi oggetti ai quali si estende”. In quanto egli non proverà i rimorsi e i pentimenti di quegli animi privi di volontà che invece si fanno trascinare verso cose che poi reputano cattive. Per quanto riguarda la terza regola, essa viene descritta inizialmente come la capacità dell’uomo di accettare serenamente il corso dell’esistenza, senza per questo essere rinunciataria, l’autore infatti aggiunge: “quando abbiamo fatto del nostro meglio” sottintendendo che quando l’uomo ha fatto tutto ciò che è in suo possesso non deve per questo rimpiangere ciò che non possiede, perché ciò che realmente ci appartiene sono soltanto i nostri pensieri, e tutto ciò che è esterno e un qualcosa di più e quindi non necessario. E così, sostiene l’autore, che i filosofi della storia hanno potuto raggiungere la felicità, quella reale e quasi divina. Sfuggendo dal controllo della sorte e vivere serenamente nonostante gli affanni e i colpi di questa funesta fortuna. Di modo che hanno potuto soltanto con l’utilizzo dei loro pensieri credersi più ricchi, potenti e liberi, di qualsiasi altro uomo che, anche se favorito dalla fortuna, mancava di ciò che voleva realmente. Tale regola nella lettera alla principessa e scandita in modo molto simile, anche se qui l’autore si concentra maggiormente sulla forza dell’uomo che agendo in tal maniera possa fuggire ai desideri e ai pentimenti, tutte passioni vane, che servono solo a lacerare l’animo dell’uomo, impedendoci di essere felici. Egli vuole in un certo senso rincuorare i lettori, poiché anche se le cose non dovessero andare come ce l’eravamo prefissate, avendo seguito la ragione e quindi noi stessi, ciò non sarebbe assolutamente colpa nostra e non avremmo di che imputarci. Sicuramente in entrambi casi il messaggio che diffonde Cartesio è molto forse e anche abbastanza moderno, in particolare nella terza massima, vediamo ancor di più come esso sia perfettamente valido anche oggi. In una società in cui le capacità dell’uomo sono spremute al limite, in cui quello che si fa non sembra mai essere abbastanza, dove le persone sono sempre più spesso in competizione, senza rendersi che ciò che conta realmente nella vita è bene altro e non tutto ruota  intorno al potere o ai soldi, uno stato in cui spesso non ci vengono riconosciuti i nostri meriti e i nostri diritti e dove l’uomo ormai inglobato in una macchina  gigante, si vede sopraffatto dal lavoro di altri e perde fiducia nelle proprie potenzialità, diventando un burattino nelle mani di enti superiori, alla sì, forse dovremmo fermarci a riflettere e capire che non siamo noi quelli sbagliati, è la società ad esserlo.    
     
     
     
    Esercizi Quarta Parte:
    ·         Le risposte del testo
    Sequenza corretta: 4;2;1;6;7;8;5;3 

    1) Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale?: (La certezza del cogito) “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse”. rr 6-15
    2)Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio?:  (La certezza del cogito) “Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo”. rr 1-5
    3) Perché la ragione non è affidabile?: (La verità delle idee) “Sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi […]la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi”. rr 9-17
    4) Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»?:  (Il dubbio metodico) “Ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile” rr 6-9
    5) Perché i sensi non sono affidabili?: (La verità delle idee) “E quando all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono”. rr 5-9
    6) Quali caratteristiche devono avere le idee vere?: (La verità delle idee)  “Poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni” rr 17-21
    7) Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere?: (I criteri della verità) “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente” rr 3-7
    8) Come posso dimostrare l’esistenza di Dio?:  (L’esistenza di Dio) “Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me […] non mi davo molta pena […], ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente […]ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo”. rr 4-17


     
    ·         Per la riflessione e il dibattito
    Dopo aver definito le regole della morale provvisoria, Cartesio può finalmente iniziare la ricerca della verità. Questa partirà, come egli chiarisce, dal dubbio metodico, così da lasciare solo ciò che risulta indubitabile e necessariamente corretto. Egli afferma infatti che necessita ora di basi vere su cui costruire il nuovo edificio del sapere, e per farlo deve mettere in dubbio tutto ciò in cui ha creduto fino ad allora. Egli parte dall’dea quindi che tutto ciò in cui crediamo è in realtà un illusione. I sensi ci ingannano, poiché spesso ciò che vediamo non corrisponde a ciò che tocchiamo a causa di illusioni ottiche, o ancora in certi casi i nostri ragionamenti appaiono errati, quindi non possiamo contare con certezza neppure su quelli, ed infine quando sogniamo, crediamo di vedere e percepire cose che ci appaiono vere ma che in realtà non lo sono.  Prima di arrivare però alla conclusione finale, e cioè che noi esistiamo, Cartesio si sofferma sulla definizione di “genio maligno”. L’autore parla a tal proposito di dubbio iperbolico, cioè quella idea secondo cui esisterebbe una forza esterna, malvagia che ci fa scambiare per vero e reale, tutto ciò che è in realtà falso e inconsistente: “Io penserò che il cielo, l’aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo, non siano che illusioni e inganni, di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità.” E’ questo un tema molto particolare, che alcuni critici moderni hanno associato al film del 1999 “Matrix”. La pellicola mostra questa società del futuro, in cui gli uomini sono controllati da un programma (Matrix appunto) e vivono in una dimensione virtuale che credono sia quella reale. Essi sono stati fatti prigionieri dalle macchine che ora dominano il mondo, e vengono utilizzati come risorse di energia. Il protagonista del film è un certo Neo, che viene contattato da una società di hackers accusati di terrorismo, il capo di questa società Morpheus, chiamata Trinity, contatta Neo e gli svela la verità chiedendogli di partecipare con loro in questa rivolta contro le macchine. Il film ha molto spunti di origine filosofica, prima che a René Descartes, vi sono riferimenti alla filosofia Platonica, ed in particolar modo al mito della caverna: gli schiavi chiusi nella caverna, erano costretti a guardare soltanto verso il muro della parete, ed un fuoco alle loro spalle proiettava le ombre di alcune statuette che altri di essi trascinavano sule loro spalle. Gli uomini impossibilitati a voltarsi, scambiano per realtà le statuette che sono mere illusioni. Se uno schiavo poi riuscisse a scappare, dice Platone, inizialmente sarebbe accecato dalla luce del sole, ma poi vedrebbe chiaramente la verità. E se poi decidesse di tornare nella caverna per rivelare agli altri schiavi la verità, non sarebbe creduto ed anzi verrebbe ucciso. Neo in qualche modo rappresenta l’uomo-filosofo che si libera dalle catene che lo imprigionavano nella caverna e scopre la realtà del mondo di fuori. Come nel mito quindi il suo obbiettivo diventa quello di liberare l’umanità intera e metterla davanti alla verità. Per quanto riguarda le macchine del film esse quindi rappresenterebbero il “genio maligno” di Cartesio, che inganna i nostri sensi e ci fan dubitare di qualsiasi cosa. L’unica cosa che si salva dal dubbio è la nostra esistenza come esseri pensanti. Solo questo è un punto di partenza per un sapere certo, saldo e incontrovertibile. Anche Neo è chiamato a mettere in dubbio tutte le sue antiche certezze. Ciò che gli è sempre apparso come la verità è in realtà un illusione, un mondo fittizio costruito ad arte dalle macchine (il genio maligno). Il primo passo per trovare la verità sarà anche per lui prendere consapevolezza di sé, convincersi di essere “l’inviato”, riconoscersi come Neo e non come signor Anderson, come viene chiamato nella realtà virtuale. Soltanto con il dubbio, e quindi con il pensiero egli realizza e comprende la sua ragione d’essere: “Cogito, ergo sum”. Cartesio sosteneva inoltre che i suoi simili erano degli automi, situazione che non è presente però in Matrix, ma in moltissimi altri film di fantascienza, come ad esempio A.I. Intelligenza Artificiale di Steven Spielberg, in questa situazione egli non sta altro che affermando la tesi della separabilità del corpo dalla mente. La mente non è il cervello: è questa la tesi fondamentale sostenuta da Cartesio e nota come dualismo proprio poiché ritiene che mente e corpo siano due sostanze diverse capaci di esistenza autonoma e di interazione. Nel film infatti i fratelli Wachowski prendono ispirazione da un celebre esperimento dello scienziato Hilary Putnam, dove egli immaginava di estrarre il cervello dal corpo di un uomo e ponendolo in una vasca attaccata a un computer programmato per simulare la vita corporea. Il cervello continua a credere di avere un corpo e di vivere la realtà di tutti i giorni, mentre in realtà è tutto un inganno del computer. A quel punto Putman finisce con il chiedersi se non siamo anche noi dei cervelli in delle vasche condannati a vivere una’ esistenza fasulla. Mediante quindi un ragionamento di tipo deduttivo egli arriva a comprendere che il fondamento della conoscenza è uno solo: cogito, ergo sum. Cioè quello per il quale noi esistiamo come esseri pensanti e secondo cui esiste una sostanza cosciente (res cogitans) che sussiste come evidente di per sé, come chiara e distinta. Il garante di tale verità, che ci permette di non dubitare della realtà del mondo è soltanto Dio, e in particolare l’idea di Dio. Egli dimostra l’esistenza di Dio a partire dall’idea di perfezione, in quanto esseri imperfetti infatti noi conosciamo tale idea, ma soltanto nel nostro intelletto, senza possederla Dio esiste perché se ci fossimo causa di noi stessi ci saremmo attribuiti tutte quelle qualità che appaiono perfette: l’eternità, l’immutabilità,l’onniscienza e l’onnipotenza, ma così non è. Deve quindi necessariamente esistere un ente supremo che ci ha creato a sua immagine e somiglianza, proprio nella sua definizione di essere perfetto, doveva essere inclusa l’idea di esistenza, e quindi Dio non può che non esistere. Da ciò segue che un essere così perfetto e buono, che vuole soltanto il nostro bene, non potrebbe ingannarci, o permettere ad altri di farlo e quindi tutto ciò che viene dal nostro intelletto è vero, e quando sbagliamo lo facciamo intenzionalmente, utilizzando in modo sbagliato la nostra ragione. Prima di arrivare però a tale conclusione
     
    Esercizi Quinta Parte:
     
    ·         Le risposte del testo

    1) Perché la fisica di Cartesio è deduttiva?: “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da queste prime[…] Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri”.
    2) Che cos’è il meccanicismo?: “Mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate”.
    3) Qual è la funzione delle leggi della natura? :“In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano comporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse”
    4) Qual è la causa della circolazione sanguigna?: “Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene”.
    5) Qual è la causa del movimento dei muscoli?: “Inoltre, quali mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i sogni; e come la luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre qualità degli oggetti esterni possano imprimervi idee diverse attraverso i sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì le loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie quelle idee; come memoria che le conserva; e come immaginazione, che può mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con lo stesso mezzo, distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà”.
    6) Come possiamo distinguere un uomo da un automa?: “Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi […] ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficienza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione. Ora, con questi criteri si può conoscere anche la differenza che c’è tra gli uomini e i bruti”.
    7) Qual è la funzione del linguaggio?: “Perché vediamo che di ragione, per essere capaci di parlare, ce ne vuole assai poca […] Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili”.
    8) Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale?: “Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficienza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche”.
     
     
    ·         Per la riflessione e il dibattito
    Cartesio parla ora nella quinta parte della sua opera, del dualismo fra corpo e anima: sostenendo infatti che ciò che ci differenzia dagli animali è proprio la nostra anima razionale. Egli dimostra infatti che se Dio decidesse di creare un uomo del tutto simile a noi nei movimenti e negli organi, ciò non sarebbe impossibile, essendo il corpo umano non altro che una grande macchina, che funziona grazie ad una serie di rapporti di causa-effetto, stimolo-reazione proprio come per gli ingranaggi di un orologio. Ciò che veramente fa la differenza però, è la nostra anima. Questa non può essere ricreata perché fa parte di ognuno di noi e rappresenta il libero arbitrio, ci permette di fare scelte autonome, giuste o sbagliate che siano, ed inoltre ci distingue dalle macchine. Il filosofo crede che sia effettivamente impossibile creare un automa in tutto e per tutto identico all’uomo, perché ciò significherebbe non solo riprodurre alla perfezione tutti i suoi movimenti, ma anche il modo in cui ciascuno di noi può reagire a determinate situazioni, ai sentimenti  e alle domande altrui. Il problema dell’Intelligenza Artificiale, era una tematica molto sentita all’epoca di Cartesio, quando iniziavano ad apparire le prime forme di automi. Essi tuttavia potevano reagire solo a determinate azioni, ed inoltre le loro risposte erano sempre prestabilite. Il primo passo avanti in questo campo, si è probabilmente avuto nel 1950, con Alan Turing colui che è considerato il padre del moderno computer per aver creato una macchina in grado di svolgere una serie di algoritmi sulla base di tante possibili “configurazioni”. Turing viene ricordato per l’enorme contributo nel campo della crittoanalisi durante lo scoppio dello seconda guerra mondiale, egli lavorò infatti a Bletchley Park, nel Regno Unito, dove ideò una serie di tecniche per individuare i cifrari tedeschi, incluso il metodo della “Bomba”, una macchina elettromeccanica in grado di decodificare codici creati mediante la macchina “Enigma”.Il matematico progettò in quel periodo un test che si basa sul cosiddetto “gioco dell’imitazione” in cui un umano ha un! conversazione con un interlocutore e senza vedere l’interlocutore e interagendo solo per mezzo di testo, deve capire se e’un programma o un essere umano. Il programma passa il test di Turing se riesce a ingannare il suo interlocutore almeno tre volte su dieci. Lo scopo dei matematici, è ed era in sostanza quello di creare una macchina che potesse ricreare comportamenti umani intelligenti. La vera domanda a questo punto è cosa si intende per intelligenti? Si intende un comportamento simile a quello umano? O la capacità di scherzare? O di risolvere problemi difficili? O di imparare dall’esperienza? A riflesso di questo dibattito infatti sono nate due correnti, quella dell’intelligenza artificiale forte, e quella dell’ IA debole. Mentre la prima sostiene che un computer correttamente programmato possa essere veramente dotato di una intelligenza pura, non distinguibile dall’intelligenza umana. L’idea alla base di questa teoria è il concetto che risale al filosofo empirista inglese Thomas Hobbes, il quale sosteneva che la mente umana non è altro che il risultato di un insieme di calcoli compiuti dal cervello. Dall’altro abbiamo la tesi opposta, della IA debole, secondo cui un computer non sarà mai in grado di eguagliare la mente umana, ma potrà solo simulare alcuni processi cognitivi umani senza riuscire a riprodurli perfettamente. Quest’ultima è forse la più accreditata, in quanto secondo i più sarà improbabile sviluppare una macchina che interagisca come gli uomini, se la si crea come una macchina isolata dal mondo, e magari connessa ad esso soltanto tramite una rete informatica. La maggior parte degli studiosi credono infatti che prima di far svolgere alle macchine le funzioni per cui sono stati creati, sia necessario integrarli nell’ambiente, dando loro sensori e bracci meccanici. Questi credono in sintesi che sia impossibile creare una macchina così perfetta se non si considera anche la struttura corporea dell’uomo, che come scriveva Cartesio interagisce con la nostra anima razionale e partecipa alla creazione dei sentimenti, appetiti ect.. Si dovrebbe in un certo senso costruire un’infanzia anche per questi robot, così da far loro sviluppare autonomi processi di apprendimento e di adattamento all’ambiente circostante. E’ questo purtroppo un risultato non ancora raggiunto realmente, ma che in molti sperano di fare a breve. In riferimento a questo tema molto interessante è il film del regista Ridley Scott del 1982, considerato uno dei capisaldi del cinema di fantascienza, tratta una società del futuro, nel 2019, in cui l’uomo avrebbe creato dei replicanti di livello molto avanzato in grado di eguagliare in intelligenza gli ingegneri che li avevano creati, e molto più forti e agili degli uomini stessi. Essi erano stati creati con la possibilità di provare anche emozioni umani, essi nel film amano, hanno paura e provano rimorso. Dopo la rivolta di sei di questi (tre femmine e tre maschi) viene dato il compito a un agente dell’unità speciale Blade Runner, Rick Deckard accompagnato dal collega Gaff, di ucciderli prima che scoppi una rivolta. I replicanti cercano di farsi assumere dalla Tyrell corporation, che li avrebbe creati, per allungare la loro durata di vita che sarebbe di soli 4 anni. Rick si innamorerà addirittura di una replicante, Rachael, non del gruppo dei sei, che faceva parte della Tyrell come segretaria, sottoposta infatti al test per svelare se sia un replicante o meno lei risulta non umana. La ragazza addirittura non sapeva neanche di essere un automa e la verità gli sarà rivelata solo da Rick che gli mostrerà come i suoi ricordi d’infanzia siano solo innesti mentali. Alla fine del film Rick, dopo aver ucciso quasi tutti i replicanti, affronta l’ultimo rimasto,  Roy Batty, nel tentativo di sfuggirgli Deckard salta da un tetto a un altro finendo aggrappato ad una trave, sospeso nel vuoto. Roy lo raggiunge e, invece di ucciderlo, lo trae in salvo. Dopo un celebre monologo in cui Roy mostra come anche loro possano provare sentimenti, egli decide di togliersi la vita. Il film termina con la scena di Rachael e Rick che decidono di scappare insieme, e che mentre scendono in ascensore calpestano un origami a forma di unicorno, facendo nascere l’interrogativo secondo cui lo stesso Rick sia un replicante,  infatti precedentemente Deckard sogna un unicorno, ed il ritrovamento dell’animale mitologico sotto forma di origami (nel film si nota bene che è Gaff a fare gli origami) indica che quel sogno è noto anche a Gaff e che quindi non può appartenere direttamente a Deckard, ma che gli deve essere stato innestato, implicando la sua natura di replicante. Con il corso degli anni la scienza ha fatto sempre più passi avanti nel campo della robotica, creando macchine in grado di simulare azioni più o meno complesse e in grado di risolvere problemi di mate4matica o chimica, si pensi a tal proposito pensiamo al sistema LIPS ideato da John McCarthy, uno dei fondatori dell’ IA, in grado di creare moltissimi programmi di IA in domini molto diversi tra loro. Un esempio e’ Student, che risolveva problemi algebrici in forma di frase, e un altro esempio e’ Dendral, che  risolveva problemi di chimica, o ancora macchine che riuscivano a battere i più grandi giocatori di scacchi, l’esempio più celebre è quello di Deep Blue, una partita del 1997 che vide vincere una macchina sull’allora campione del mondo Kasparov. Fino ad ora tuttavia la scienza non è ancora riuscita a costruire macchine in grado di produrre alla perfezione i comportamenti dell’uomo e il modo in cui esso reagisce all’ambiente, limitandosi a concentrarsi su determinati campi di dominio, come quello medico, schedulazione degli aerei, lettori per i ciechi o traduzione e comprensioni del linguaggio naturale. Questi macchine non hanno però ancora superato il test di Turing, essi non possiedono infatti un’intelligenza generale. Nonostante ciò è ragionevole prevedere che in futuro l’IA riuscirà a migliorare la nostra vita in qualsiasi attività umana.
     
    Esercizi Sesta Parte
     
    ·          Tabella (tra parentesi sono indicati i righi di riferimento richiesti nella tabella)


    1. Che tipo di metodo è?: Metodo deduttivo (“Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause […]Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato”)
    2. Qual è il punto di partenza? Una serie di postulati ed assiomi (“Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato”)
    3. Qual è il passaggio successivo?: Applicazione del dubbio alle premesse (“Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze […] posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà”)
    4. Che cosa trova Cartesio con questo passaggio?:Trova la distinzione tra verità evidenti, lontane da ogni dubbio e che devono essere prese fondamenta dell’edifico del sapere, e quelle nozioni, invece, che devono essere scartate perché non evidenti (“Spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta”)
    5. Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»?: Perché questi non sono utili all’ uomo (“Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari”).
    6. Quali aspetti della natura, allora, può spiegare?: Quelli più semplici e utili (“In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi”)
    7. II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli?: Sì (“In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato. Ma debbo anche confessare che la potenza della natura è così ampia e diffusa, e i principi così semplici e generali, che non mi accade quasi più di osservare un effetto particolare, senza vedere subito che può esserne dedotto in molti modi diversi, e la mia più grande difficoltà è di solito trovare qual è questo modo”)
    8. Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha?: La natura si delinea come rigoroso meccanicismo, perché benché Dio abbia creato il mondo, non è mai provvidenzialmente intervenuto nella dinamica della materia e, dunque, la natura segue tre principi, tra cui quello di inerzia (“I princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”).
     
     
    ·         Attività e approfondimenti
    Cartesio si troverà così alla fine del libro a parlare dei pro e i contro che lo hanno portato a non pubblicare nel 1630 l’opera “Il Mondo”. Spaventato infatti dalle possibili condanne e scomuniche che potrebbe subire, come era capitato non molto tempo prima al collega Galilei con il suo “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” , si limiterà a rendere pubbliche, soltanto alcune ricerche fatte sulla natura, che non fossero da un lato in grado di suscitare polemiche, ma dall’altro di dimostrare alcune delle potenzialità pratiche del suo metodo. Cartesio all’epoca non temeva soltanto la censura da parte del Tribunale dell’inquisizione, e quindi l’indice dei libri proibiti, egli paventava soprattutto una condanna da parte della società scientifica, che poteva trovarsi in disaccordo con la totale innovazione delle sue idee. Ed è forse quest’ultima la censura peggiore che un uomo può aspettarsi, ed è anche quella che purtroppo e maggiormente presente oggi. Non parliamo solo di testate giornalistiche o ricerche in campo scientifico, ma parliamo anche di idee o opinioni, in merito anche a fatti magari irrilevanti, che la gente decide di non esternare, per paura delle possibili violenze sia fisiche che psicologiche. Oggi giorno attraverso la condanna mediatica, è ormai comune leggere decine, se non centinaia di critiche in marito a qualcosa detto in TV,fatto durante uno show o addirittura indossato ad un evento particolare. Sembrerebbe quasi che invece di progredire l’uomo nel corso degli anni non abbia fatto che peggiorare. Proprio l’altro ieri in America si sono svolti i Golden Goble e come ogni anno non sono mancati i commenti negativi in merito ad alcuni personaggi e a quello che hanno fatto o detto. In particolare mi hanno colpito le critiche rivolte ad un’attrice Jennifer Lawrence, che durante un’intervista con un giornalista gli ha scherzosamente detto che sarebbe stato più carino se non utilizzasse continuamente il cellulare mentre lei parlava. Dalle facce che ha fatto e dalle parole usate si vedeva come lei scherzasse, anche perché hanno riso tutti i presenti e lo stesso giornalista, ma le critiche e le offese che sono potute nascere da questa situazione, sono talmente volgari e spaventose da non poterle nemmeno riportare. Viviamo in una società in cui nulla è lasciato al caso, tutto ciò che ci accade è continuamente sotto stretto controllo, e sotto possibile critica. Non ci stupiamo se poi la gente preferisce non far emergere le sue idee e rimanere nell’ombra, se ha paura di essere condannato per una semplice battuta, come in questo caso, fatta in un momento di divertimento.  Un tipo di censura sempre più conosciuta è sicuramente quella televisiva, ad esempio in Italia molto spesso i cartoni animati e gli anime vengono tagliati o modificati anche in maniera massiccia per evitare scene di violenza o di sesso, uno degli esempi più eclatanti è sicuramente Naruto. A causa probabilmente poi della presenza del papa nel nostro territorio, accade spesso che scene di natura omosessuale, non possano essere trasmesse, cosa che non accade negli altri paesi più “civilizzati”: L’8 dicembre 2008, la rete televisiva Rai 2 ha diffuso una versione censurata del film I segreti di Brokeback Mountain nella quale due scene sono state tagliate (la scena del primo rapporto sessuale tra i due eroi e la scena dove si abbracciano). La censura ha legittimamente suscitato le proteste dei telespettatori e delle associazioni omosessuali. Forse il fenomeno si è diversificato e sviluppato nel corso dei secoli, ma non per questo è diventato più accettabile. La censura religiosa in particolare ha preso una piega pericolosa soprattutto negli ultimi anni. Ora non è più tanto il mondo cristiano o cattolico, a censurare ciò che può sembrare blasfemo, anche se il fenomeno non è del tutto scomparso soprattutto in Italia, quanto più il mondo arabo. Pensiamo che solo un anno fa il mondo è stato scosso dall’attentato terroristico alla sede giornalistica di Charlie Hebdo, a Parigi. Il giornale è famoso per pubblicare vignette satiriche e dissacranti nei confronti delle maggiori personalità politiche e nei confronti anche di ogni tradizione religiosa. Al-Qāʿida sembrerebbe non aver gradito alcune battute in riferimento alla loro religione e ha risposto nell’unico modo che conosce, con la violenza. L’attentato ha portato non solo la morte di quasi 30 persone e il dolore di altrettante famiglie, ma anche la paura nel prossimo e in ciò che una persona vorrebbe ma non ha il coraggio di esprimere. Si tratta di censure forse più velate rispetto a le condanne vere e proprie a cui erano sottoposti gli uomini dei secoli precedenti, ma non per questo meno amare, esse infatti non fanno altro che svilire l’uomo in quanto individuo e ferire la sua anima ostacolandone il pensiero.
     
     
    ·         Attività e approfondimenti
    Cartesio all’inizio della sua opera, sembra preferire una ricerca di tipo individuale, egli sostiene in poche parole che l’uomo deve costruire da sé il proprio edificio della conoscenza, perché se accettasse l’aiuto esterno, il risultato potrebbe essere disomogeneo e privo di armonia ed equilibrio, rispetto al lavoro del singolo. Cartesio inoltre è portavoce del metodo deduttivo, che a differenza di quello di Bacone e Galileo, non si basa sull’esperienza quanto più su delle premesse, che devono essere evidenti di per sé e dalle quali, secondo Cartesio è poi possibile dedurre tutte le verità riguardanti l’universo e ciò che ci circonda. E’ un metodo quindi, che si basa sul modello matematico, cumulativo e sistematico, in cui Cartesio individua quattro regole generali e di fondamentale importanza:
    1.       La regola dell’evidenza: essa nasce dall’idea secondo cui la matematica procede attraverso catene di ragionamento, e parte del presupposto che le premesse da cui muovono siano indubitabili, chiare e distinte.
    2.       La regola dell’analisi: afferma che ogni problema o quesito complesso deve essere scomposto in tante singole parti da analizzare appunto singolarmente applicando ad essi la regola dell’evidenza.
    3.       La regola della sintesi: una volta risolti i problemi in questione, è importante ricomporli partendo da quelli più semplici per poi salire mano a mano a quelli più complessi.
    4.       La regola della revisione o enumerazione: che consiste nel controllo delle fasi precedenti, così da non omettere nulla.
     
     Cartesio crede che in questo modo, sia possibile esaurire qualsiasi campo della conoscenza. La ricerca però deve essere guidata in partenza, dal “dubbio metodico” che si pone come obiettivo di mettere in discussione tutte le certezze, in modo da individuare quelle che siano evidenti di per sé ed inconfutabili e possano fare da premesse alla sua ricerca. A differenza di Bacone infatti egli crede che l’esperienza non deve essere il punto di partenza, altresì quello di arrivo, in quanto i sensi sono ingannevoli e anche la stessa ragione lo è, per Cartesio, l’unica certezza si deduce proprio da questo: noi dubitiamo, quindi pensiamo e per questo esistiamo come esseri pensanti. Se penso sono, “Cogito ergo Sum”. Partendo da questa prima verità indubitabile, lo scienziato intraprende la costruzione del proprio sistema. Cartesio introduce così anche una nuova concezione, quella del dualismo fra “res cogitans” e “res exstenza”. L’individuo esiste in quanto sostanza pensante, e non in quanto materia, poiché corpo e anima sono completamente distine l’una dall’altra, inoltre mentre Bacone sosteneva che la materia fosse costituita da parti infinitamente piccole, dette atomi e parlava quindi di spazio fra di esse, Cartesio immagina che la materia sia estesa all’infinito e divisibile all’infinito per lui quindi non vi è alcuno spazio fra essa. Il movimento inoltre, poiché non può essere dedotto dalla natura della materia, è dato ad essa da Dio e non può mutare, egli arriva quindi alla legge di conservazione del movimento utilizzando un metodo logico, e non sconoscendo il mondo con l’esperienza, come faceva Bacone.
    Bacone è considerato il padre del metodo induttivo, egli al contrario di Cartesio, crede che per giungere alla conoscenza, bisogna partire dall’esperienza e arrivare poi ad individuare le regole generali. L’obbiettivo dello scienziato è quello di dare vita ad un nuovo tipo di sapere, cumulativo e collaborativo, che si basi su un unico metodo di lavoro. La ricerca, se deve sviluppare per fasi e deve essere organizzata in modo che gli scienziato anche di epoche successive, possano aggiungere continuamente nuove pietre all’edificio della conoscenza, è necessario quindi unire gli sforzi per dar vita a qualcosa di grandioso. Cartesio non concorda con Bacone nella natura collaborativa della ricerca, quanto in quella cumulativa, anche lui crede infatti che sia necessario trovare un metodo comune (che per lui è deduttivo e per Bacone è induttivo), ma prima di fare ciò l’uomo deve agire autonomamente. Inoltre come sosteneva anche Cartesio, per Bacone non è necessario avere doti personali particolari, per entrare nel campo della ricerca, ma basta avere un minimo di preparazione necessaria.
    Bacone suddivide questo suo metodo in cinque parti:
    1.       Osservazione sistematica: consiste nell’osservazione della natura e nella raccolta sistematica dei dati, mediante tre tavole, così da individuare le correlazioni fra esse.
    2.       Formulazione delle prime ipotesi( prima vendemmia): consiste nel confronto tra i vari dati, per trovare così le possibile cause, cioè il denominatore costante dei fenomeni osservati.
    3.       Esperimenti per confermare o meno le ipotesi
    4.       Elaborazione dei princìpi generali: la formulazione della definizione generale che definisce le operazioni per compiere la sua applicazione pratica.
    5.       Applicazione tecnologica dei princìpi per modificare la natura.
    Bacone quindi nel “Novum Organum” sostiene che più che cercare le verità delle cose, è necessario individuarne la forma e quindi la natura, così per meglio applicare le proprie scoperte a livello pratico. Ed è quello che in realtà si prefiggeranno quasi tutti gli scienziati da quel momento in poi, anche lo stesso Cartesio, ciò che conta non è più il sapere degli antichi, stereotipato e certo di per sé, da conoscere magari a memoria, senza però individuarne l’utilità vera e propria. Ora lo scienziato ha un nuovo compito: quello di migliorare l’esistenza umana. Se da un lato  quindi Bacone e Cartesio differiscono, vi sono anche molte somiglianze e punti in comune, come il fatto ad esempio che per conoscere la natura si deve diffidare di tutte le false conoscenze e i pregiudizi, gli idòla per Bacone, il sapere della Scolastica per Cartesio. Anche Bacone inoltre come Cartesio, dava molta attenzione all’anatomia e in particolare al corpo umano, egli credeva infatti che tutto nel nostro organismo, avvenisse mediante un processo latente, cioè invisibile all’occhio umano, che altro non è se non la ragione che regola ilo divenire delle cose. Egli parla di schematismo latente in riferimento alla struttura dei corpi, e alla loro natura chimica. Bacone in un certo senso anticipa il meccanicismo di Cartesio e degli altri razionalisti descrivendo, in chiave molto moderna, il corpo umano come un qualcosa che si origina da principi di causa-effetto.
     
     
    ·         Per la riflessione e il dibattito
    Cartesio nel “Discorso sul Metodo” non parla appunto solo del metodo che l’individuo deve utilizzare per giungere alla verità, ma chiarisce anche i motivi che lo hanno spinto a non pubblicare il suo trattato fisico “Il Mondo” giusto tre anni prima. Egli sembra voler da un lato difendersi dalle possibili accuse di eresia e censura, mantenendosi fuori quindi da qualsiasi pubblicazione, ma allo stesso tempo chiarire alcuni dei vantaggi che questa pubblicazione avrebbe portato all’intera società. Non soltanto infatti le sue scoperte in fisica avrebbero consentito di creare macchine per poter facilitare il lavoro degli uomini, ma avrebbe anche permesso la collaborazione in un certo senso fra gli scienziato, così da rendere cumulativa la scienza e far diventare i punti di arrivo di alcuni quelli di partenza dei successivi. Era questo infatti per lui un obbligo necessario, quasi morale. Dall’altro lato però si rende ben presto conto che ciò avrebbe suscitato le polemiche e le accuse non soltanto dallo Stato o dalla Chiesa, ma in modo particolare dagli altri suoi colleghi, e queste critiche non avrebbero fatto altro che ostacolare il suo lavoro, lenendo la ricerca: è vero infatti, che le critiche molto spesso sono necessarie per imparare dai propri errori, e possono quindi migliorare non sono noi ma anche il risultato del nostro impegno, ma dall’altro lato è anche vero che molte volte le osservazioni altrui nascono più come prodotti della malignità e dell’invidia che per un vero senso di collaborazione e aiuto reciproco. A questo rischio vi si aggiungono inoltre le moltissime cose ancora da scoprire, che egli non è stato ancora in grado di individuare e il fatto che la ricerca condotta in prima persona non soltanto sviluppa la nostra conoscenza, ma ci permette di acquisire abilità che non avremmo appreso attraverso la semplice lettura di ciò che altri avevano individuato. Tanto che se Cartesio stesso avesse appreso le cose che in cui ora crede, fin dalla nascita, avrebbe sì da sempre conosciuto la verità ma non sarebbe stato in grado di trovarne sempre di nuove, cosa che può fare invece concentrandosi sulla sola ricerca. Poiché però resta l’obbligo morale di rendere note le cose che potrebbero contribuire allo sviluppo della società, giunge in fine ad un compromesso: pubblicherà solo alcune scoperte riguardo la natura, che possano dimostrare la validità del suo metodo di ricerca in campo pratico.  La decisione di Cartesio è stata sicuramente molto sofferta e difficile da prendere, rinunciare a ciò per cui si ha lavorato tutta la vita, e limitarsi a custodirlo fino al giorno della propria morte, non è sicuramente qualcosa che incentiva la ricerca o la velocizza. Cartesio si è trovato di fronte ad un bivio: seguire fino alla fine le sue tesi come aveva fatto ad esempio Giordano Bruno , preferendo bruciare al rogo piuttosto che rinnegare credeva, oppure abiura

    • Alessia Miranda il said:

      Prof, non ha copiato tutto da word non so perchè ahahah comunque continua con :

       

      *oppure abiurare, come aveva deciso di fare Galilei. Io credo siano entrambe delle scelte coraggiose, in modo diverso certo, ma valide entrambe. Cartesio e Galileo però, non possono essere definite codardi o traditori, soltanto perché non hanno portato avanti fino all’estremo le loro tesi, essi erano consapevoli, che facendo ciò tutto il lavoro compiuto fino a quel momento sarebbe andato perduto, insieme anche quello che avrebbero continuato a fare dopo. In situazioni del genere, non si può parlare di principio morale, o di una scelta individuale. Tutti loro avevano all’epoca sulle spalle, un obbligo nei confronti dell’umanità, quello di continuare nella loro ricerca, così da migliorare l’esistenza dei posteri. E’ un dovere necessario con cui il ricercatore deve fare i conti se vuole svolgere a pieno il suo lavoro, deve accettare la possibilità di un esilio o dell’allontanamento dalla società, se ciò contribuisce al proseguimento della sua opera.

  9. Chiara Viglietti il said:

    Esercizio
    1
    1)La
    paragrafazione:
    -L’ingegno è simile in tutti gli uomini
    -L’importanza del metodo
    -Critica del sapere
    -Elogio del sapere
    -Gli studi seguiti
    -Il quadro dell’esistenza
    -Lo studio del “gran libro del mondo”
    -Dall’esperienza alla ragione
    2)Per la
    riflessione e il dibattito.
    Una delle considerazione che il filosofo Cartesio ha presentato e che secondo
    il mio punto di vista,possiamo ritenere molto attuale,è l’importanza della
    conoscenza di altre culture e di altre epoche per  poter prendere coscienza dei nostri valori e
    del fatto che non sono gli unici possibili.
    Cartesio racconta,che non appena avesse raggiunto l’età per potersi considerare
    un uomo libero dalla tutela dei precettori,impiegò tutta la sua giovinezza a
    viaggiare in tutto il mondo,assaporando la bellezza di tantissime tradizione che
    ogni popolo presentava, in quanto egli sosteneva : “E’ bene conoscere qualcosa
    dei costumi di altri popoli, per poter giudicare dei nostri più saggiamente, e
    non pensare che tutto ciò che è contrario alle nostre usanze sia ridicolo e
    irragionevole, come fanno di solito quelli che non hanno visto nulla.” Con
    questo discorso Cartesio invitava tutti quei presuntuosi,che si ostinavano a
    giudicare come negativo tutto ciò che potesse allontanarsi dalle loro usanze e
    tradizioni,ad allargare i propri orizzonti per poter trarre qualche profitto. A
    questa considerazione ,a mio parere,di un uomo del tutto attuale,rispetto alla
    mentalità degli uomini di quel tempo, Cartesio affianca un’altra importate
    riflessione ovvero : “ Quando si spende molto tempo nei viaggi, si diventa alla
    fine stranieri in casa propria; e quando si è troppo curiosi delle cose del
    passato, si rimane di solito assai ignoranti di quelle del presente.” Dunque
    nonostante Cartesio invita chiunque a dover apprezzare ogni tradizione,costume
    di ogni popolo della terra,considera che però non dobbiamo farci coinvolgere
    del tutto da ciò,in quanto è bene dover custodire le proprie origini e non
    dimenticare quali usanze e modi di pensare ci hanno cresciuti e ci hanno resi
    le persone che attualmente siamo.
    Tutto ciò è considerato un argomento ancora molto attuale,dato il grande
    fenomeno d’immigrazione che oggi giorno ne siamo protagonisti.
    Questo fenomeno vede da una parte persone ,che avendo deciso di andar a vivere
    in altri paesi per diversi motivi,tendono a rendere propri costumi e usanze del
    paese in cui vivono,magari per paura di essere considerati ‘diversi’ ,tanto
    da,in alcuni casi,non comprendere più la loro lingua madre,ecco che così si
    assiste ad una perdita di identità culturale.
    Dall’altra invece vi sono persone che continuano a credere nella propria
    cultura anche nel ruolo di ‘immigrato’ e tante volte sono loro stessi ad avere
    pregiudizi nella cultura del paese in cui vivono,considerando tutto ciò che li
    circondano un rivale delle proprie origini.
    Secondo il mio punto di vista il mondo è bello proprio perché è vario,di
    conseguenza non bisogna né dimenticare le proprie origini,perché sarebbe come
    dimenticare chi persona tu sia,né guardare con disprezzo modi di pensare,vivere
    e vedere le cose diversamente dai tuoi,in quanto non è stato dettato un modo
    giusto ed esatto di vivere.

    Esercizio 2

    1)Tabella:
    Si parte da principi generali
    -Mediante intuizione
    -Si procede per deduzione
    -Mediante dimostrazione
    -Per formulare teoremi
    -Corroborate/i dalla revisione dei passaggi.

    2)Cartesio sottopone sotto critiche quello che era il sapere e il modo di
    conoscere le cose durante la sua epoca.
    Secondo Cartesio era necessario costruire un sapere cumulativo,per garantire il
    progresso della conoscenza. Dunque il filosofo sente la necessita di dover
    costruire un sapere sistematico che presenti dei modi sicuri di procedere.  Egli costruisce così un nuovo sapere.
    Cartesio sosteneva che  l’unico sapere cumulativo è quello della
    matematica,bisogna dunque porre sulle stesse basi del metodo matematico anche
    gli altri saperi.
    Egli ricava dunque le regole del suo metodo : regola
    dell’evidenza,dell’analisi,della sintesi,revisione ed enumerazione.
    Il filosofo sostiene :”Mi trovai a considerare come spesso nelle opere fatte di
    molti pezzi e da diversi artefici non ci sia quanta perfezione ce n’è in quelle
    a cui ha lavorato uno soltanto. Come esempio egli prende in considerazione la
    bellezza degli edifici creati da un solo architetto rispetto a quelli costruiti
    da architetti diversi, servendosi di vecchi muri costruiti per altri scopi.
    Dunque egli ritiene che il lavoro svolto da più persone non renda tanto quanto
    il lavoro svolto da una singola persona.
    Eppure questo in molti casi non è sempre considerato vero,basti pensare al
    proverbio ‘L’unione fa la forza.’
    Vi sono molti casi in cui è necessario collaborare con altre persone per poter
    ottenere un risultato migliore. Se pensiamo ad una partita di calcio, le
    squadre sono formate da un insieme di persone che per vincere devono comunicare
    e collaborare tra di loro, solo così si ha più probabilità di vincere,a
    differenza di una squadra in cui ognuno pensa per se senza dar conto agli altri
    membri della squadra,quante speranze hanno di vincere?
    Oppure se pensassimo ad una canzone,se il cantante si trovasse da solo senza
    gli altri membri della band  potrebbe
    pronunciare solo le parole della canzone che non possono  essere accompagnata dal suono di una
    chitarra,batteria,ecc.. La canzone non potrebbe avere lo stesso successo come
    quando è accompagnata dal suono di diversi strumenti che insieme danno vita ad
    una vera e propria poesia.
    La storia ci ha sempre parlato di guerre in cui vi combattevano  migliaia di guerrieri ,formando un
    esercito,d’altronde come potrebbe un singolo uomo sperare di vincere solo con
    le proprie forze una guerra senza l’aiuto di altre persone?
    Ecco perché secondo il mio punto di vista è importante tener conto del
    proverbio ‘L’unione fa la forza’.

    Esercizio 3

    1)Le domande giuste
    -Perché è necessaria una morale provvisoria? (primo paragrafo)
    -Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?(secondo
    paragrafo)
    -Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?(terzo paragrafo)
    -Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?(quarto paragrafo)
    -Quale occupazione devo scegliere nella vita?(quinto paragrafo)
    -Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?(sesto paragrafo)
    -Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la
    nostra vita?(settimoparagrafo)

    2)Per la riflessione e il dibattito.
    Cartesio sosteneva che occorreva mettere in discussione tutte le certezze
    derivanti dal senso comune,tradizione per vedere se qualcosa può salvarsi e
    individuare un punto di partenza indubitabile.
    Egli ecco perché parla di dubbio metodico. Però Cartesio prima di avventurarsi
    nel dubbio metodico  sente la necessità
    di definire una morale provvisoria che è dettata dal buon senso. Cartesio
    definisce le sue posizioni sulla morale in modo più articolato nel suo ultimo
    scritto “Le passioni dell’anima” nonché nella fitta corrispondenza con la
    principessa Elisabetta e con la regina Cristina di Svezia.
    Il filosofo delinea le sue tre massime morali: 1)“bisogna obbedire ai costumi e
    alle leggi del nostro paese conservando la fede nella religione che Dio ci ha
    da sempre educati. 2) Bisogna essere fermi e risoluti nelle azioni seguendo le
    opinioni più dubbie nel momento che si prendeva la decisone di accettarle. 3)Vincere
    se stessi piuttosto che la fortuna e modificare i propri desideri piuttosto che
    l’ordine delle cose del mondo.
    Cartesio parla di queste tre massime morali all’interno delle lettere alla
    principessa Elisabetta in modo diverso.
    1)Per poter distinguere il vero dal falso è bene che durante la nostra vita ci
    affidiamo alla nostra ragione.
    2)Una volta scelta la nostra strada dobbiamo continuare per quella strada,senza
    farci trasportare da passioni e appetiti,ma farci guidare solo dalla ragione.
    3)Se ci comportiamo secondo ragione tutti i beni che non possediamo sono fuori
    dal nostro potere che in questo modo ci abituiamo a non desiderarli così nessun
    pentimento,desiderio o rimpianto può impedirci di non essere felici.
    Secondo il mio punto di vista mi trovo in accordo con entrambe le versioni. In
    quanto ritengo che durante la nostra vita bisogna affidarci alla nostra ragione
    senza dover obbedire per forza al senso comune. Bisogna anche essere fermi
    nelle nostre decisioni,che non per forza però devono essere dettate dalla
    ragione. Infine sono d’accordo nel dover modificare i propri desideri piuttosto
    che l’ordine delle cose.

    Esercizio 4

    1)Le risposte del testo.
    1.Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? (La
    certezza del cogito): “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che
    potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo
    alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e
    che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle
    altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre,
    appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di
    quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere
    ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza a cui essenza o
    natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né
    dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per
    cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più
    facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il
    corpo non esistesse.”
    2. Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio?  (La certezza del cogito): “Ma subito dopo mi
    accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava
    necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa
    verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni
    più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che
    potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che
    cercavo.”
    3. Perché la ragione non è affidabile?  (La verità delle idee): “ Sia che vegliamo,
    sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della
    nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra
    immaginazione, o dei nostri sensi. Così il sole, sebbene lo vediamo molto
    chiaramente, non dobbiamo perciò giudicarlo piccolo come lo possiamo ben
    immaginare distintamente una testa di leone innestata sul corpo di una capra,
    senza dover concludere perciò che ci sia al mondo una chimera: perché la
    ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche
    vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche
    fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio,
    che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi.”
    4. Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»?  (Il dubbio metodico): “Ma dal momento che ora
    desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo
    fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui
    potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto,
    dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile.”
    5. Perché i sensi non sono affidabili? (Le verità delle idee): “E quando
    all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci
    rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci
    dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo
    benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere
    tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano
    molto più piccoli di quel che sono.”
    6. Quali caratteristiche devono avere le idee vere? (La verità delle idee): E
    poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno
    come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte
    altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non
    potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo
    interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che
    abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni.
    7. Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? (I criteri della verità):
    “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che
    mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che,
    per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale
    che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte e
    che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo
    distintamente.”
    8. Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? (L’esistenza di Dio): “Per quel
    che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il
    cielo, la terra, la luce, il calore, e mille altre non mi davo molta pena di
    cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse
    superiori a me, e perciò potevo credere che, se erano veri, dipendevano dalla
    mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi
    venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione. Ma non potevo
    dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi
    venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o
    dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio
    quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me
    stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente
    più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui
    potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse
    Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo
    del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi
    spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne
    fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo
    ottenuto tutto quel che avevo.”
    Sequenza corretta: 4,2,1,6,7,8,5,3.

    2) Per la riflessione e il dibattito.
    Nel 1999 usciva un film che avrebbe rivoluzionato
    completamente la cinematografia, tanto per gli effetti speciali quanto per i
    contenuti proposti: si trattava di Matrix, un vero e proprio compendio filosofico
    da gustare al cinema.
         Alla
    base del successo l’avvincente vicenda, la bravura del protagonista (Keanu
    Reeves), la raffinatezza degli effetti speciali, la spettacolarità dei
    combattimenti di arti marziali. Tutto qui? Forse no: c’è anche una visione del
    mondo che richiama vivamente alla mente diverse tappe della tradizione
    filosofica occidentale.
         Il
    protagonista, Neo (interpretato da Keanu Reeves), da qualche tempo vive
    assillato da interrogativi cui non riesce a dare risposte che lo soddisfino: é
    come se, dentro di sè, avvertisse che in ogni atomo della realtà che lo
    circonda c’é qualcosa che non quadra.
         Egli
    viene contattato da Morpheus, un famigerato “pirata virtuale”
    ricercato dalle autorità: quest’ultimo é infatti convinto che Neo sia destinato
    a salvare l’intera umanità dal dramma che la affligge. Ma di che dramma si
    tratta?
         Morpheus
    ha contattato Neo proprio perché ha ritrovato in lui la sua stessa
    inquietudine. L’intero genere umano é soggiogato dalle macchine, delle quali un
    tempo si serviva, dopo una ribellione da parte di queste ultime, i ruoli si
    sono invertiti e ora le macchine sfruttano gli uomini per sopravvivere,
    avvalendosi della loro energia.
         Nell’ambito
    delle percezioni, il mondo che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi é reale, ma
    nella realtà esso non esiste: si tratta solo di immagini virtuali inviate al
    nostro cervello dalle macchine che ci tengono schiavi.
         Dunque,
    ogni cosa che ci circonda non ha un fondamento al di fuori della nostra mente:
    le macchine, le case e le strade non sono altro che immagini virtuali inviate
    al nostro cervello dalle macchine dominatrici; il mondo intero é un programma
    (Matrix appunto), un inganno ordito dalle onnipotenti intelligenze artificiali
    che ci controllano.
        Naturalmente
    Neo era lungi dall’immaginare tutto questo e, in un primo tempo, di fronte alla
    verità rivelatagli da Morpheus, non riesce a capacitarsene.
    Matrix può  essere letto come la
    trascrizione del dubbio cartesiano e anche Neo è chiamato a mettere in dubbio
    tutte le sue antiche certezze. Ciò che gli è sempre apparso come la verità, è
    in realtà un inganno, una tremenda impostura, un mondo fittizio costruito ad
    arte dalle macchine (il genio maligno di Cartesio).
         Il
    primo passo per trovare la verità sarà anche per lui prendere consapevolezza di
    sé, convincersi di essere “l’inviato”, riconoscersi come Neo e non
    come signor Anderson (il suo nome nel mondo fittizio). Così anche Neo, come
    Cartesio, é chiamato a mettere in dubbio ogni cosa per prendere atto della
    propria esistenza come soggetto pensante; e il fatto di esistere come soggetto
    pensante é l’unica verità certa di cui egli disponga in partenza.

    Esercizio 5

    1)Risposte alle domande
    1. Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? (Lo studio deduttivo della
    natura): “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena
    delle verità che ho dedotto da queste prime[…] Mi sono sempre tenuto fermo alla
    decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui
    mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non
    accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa
    di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei
    geometri”.
    2. Che cos’è il meccanicismo?(Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “Mi
    sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver
    qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato
    molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate”.
    3. Qual è la funzione delle leggi della natura?(Dal caos dei poeti all’universo
    ordinato) :“In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza
    sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni
    infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui
    si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio
    avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero
    osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo
    caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la
    rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano
    comporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle
    fisse”
    4. Qual è la causa della circolazione sanguigna?(Cartesio e Harvey): “Ma ci
    sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del
    sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota
    da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può
    dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e
    quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne
    uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia
    quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è
    più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei
    tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a
    sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene”.
    5. Qual è la causa del movimento dei muscoli?(Il meccanicismo): “Inoltre, quali
    mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i
    sogni; e come la luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre
    qualità degli oggetti esterni possano imprimervi idee diverse attraverso i
    sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì
    le loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie
    quelle idee; come memoria che le conserva; e come immaginazione, che può
    mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con lo stesso mezzo,
    distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel
    corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai
    sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le
    nostre membra sono capaci senza intervento della volontà”.
    6. Come possiamo distinguere un uomo da un automa?(Uomini e macchine): “Perché
    si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire
    parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino
    qualche cambiamento nei suoi organi […] ma non si può immaginare che possa
    combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in
    sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro
    criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio
    di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe
    così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione
    degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può
    servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una
    particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente
    impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficienza per consentirle di
    agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra
    ragione. Ora, con questi criteri si può conoscere anche la differenza che c’è
    tra gli uomini e i bruti”.
    7. Qual è la funzione del linguaggio?(Uomini e macchine): “Perché vediamo che
    di ragione, per essere capaci di parlare, ce ne vuole assai poca […] Né si
    devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e
    possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o
    pensare, come qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo
    il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi
    corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto
    dai loro simili”.
    8. Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale?(Anima e corpo): “Avevo
    descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun
    modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo
    parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata
    nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra,
    ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si
    abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un
    uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è
    dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che
    ritengo di avere confutato a sufficienza, non c’è un altro che allontani
    maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare
    che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non
    abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche
    e le formiche”.
     
    2) L’intelligenza artificiale
    è una disciplina che studia se e in che modo si possano riprodurre i processi
    mentali più complessi mediante l’uso di un computer. Tale ricerca si sviluppa
    secondo due percorsi complementari: da un lato l’i. artificiale cerca di
    avvicinare il funzionamento dei computer alle capacità dell’intelligenza umana,
    dall’altro usa le simulazioni informatiche per fare ipotesi sui meccanismi
    utilizzati dalla mente umana.
    Il sistema prevede: l’acquisizione e l’elaborazione di dati e informazioni (sia
    provenienti dall’esterno, sia contenuti nel sistema in modo opportunamente
    organizzato) sulla base di opportuni modelli; un ambiente hardware e software
    idoneo a garantire l’esecuzione delle elaborazioni e l’interazione con
    l’esterno; un modello di obiettivi e vincoli del sistema, in grado
    eventualmente di adattarsi all’ambiente circostante. L’i. artificiale è
    caratterizzata dall’interesse per gli aspetti di: percezione dell’ambiente, per
    es. attraverso l’elaborazione di segnali provenienti da sensori di vario tipo
    per estrarre gli elementi utili alle decisioni o alla comprensione; interazione
    con l’ambiente, per es. attraverso interfacce uomo-macchina basate su
    meccanismi di comprensione del linguaggio naturale, dei manoscritti, di segnali
    vocali o di immagini; apprendimento, con conseguente modifica del comportamento
    nel tempo; rappresentazione della conoscenza, sia per una efficace interazione
    con l’ambiente, sia per facilitare l’analisi, sia per un’efficace soluzione dei
    problemi di decisione; risoluzione di problemi, anche di tipo non strutturato e
    tale da richiedere l’elaborazione di informazioni in forma simbolica;
    realizzazione di processi decisionali ovvero traduzione di decisioni
    aggregate in decisioni operative e, in particolari ambiti, attuazione delle
    decisioni.
    Si chiama intelligenza artificiale (IA) quel settore dell’informatica che
    studia la possibilità di costruire computer che siano in grado di riprodurre il
    funzionamento di alcune capacità della mente umana o, nel caso della cosiddetta
    intelligenza artificiale forte, dell’intero pensiero umano. Questa locuzione è
    anche utilizzata per indicare quella branca della filosofia che si pone il
    problema se sia davvero possibile riprodurre il pensiero umano.
    Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale sono stati prodotti diversi film
    a riguardo,uno di questi è Blade Runner.
    Il film è ambientato in una Los Angeles distopica dell’anno 2019. La tecnologia ha
    permesso la creazione di esseri simili agli umani, detti
    “replicanti”, utilizzati come schiavi, dotati di capacità
    intellettuali e forza fisica estremamente superiori agli uomini, ma con una
    longevità limitata a 4 anni. Sei replicanti del modello più evoluto (tre
    femmine e tre maschi), capitanati da Roy Batty, sono fuggiti dalle colonie
    extramondo
     e, giunti furtivamente a Los Angeles, hanno cercato di introdursi nella
    Tyrell Corporation, l’azienda dove erano stati creati. Due di loro (un maschio
    e una femmina) sono finiti in un campo elettrico rimanendo folgorati[14], mentre gli altri quattro sono fuggiti.
    Uno di questi, Leon, è stato individuato tra i candidati in cerca di lavoro
    alla Tyrell, ma è riuscito a scappare sparando all’agente Holden, che lo stava
    sottoponendo a un test per il riconoscimento dei replicanti.
    Il poliziotto Rick Deckard,
    già agente dell’unità speciale Blade Runner, viene forzatamente richiamato
    in servizio dal capitano Bryant per “ritirare”, ossia uccidere, i
    quattro replicanti. Deckard, accompagnato nei suoi spostamenti dal collega
    Gaff, si reca nell’ufficio del fondatore della Tyrell per provare il test su un
    replicante modello Nexus 6 ed è invitato a provare il test prima
    sulla segretaria Rachael, che si rivela essere non umana. Anch’essa è un
    replicante prodotto dalla Corporation.
    Deckard ispeziona
    l’appartamento di Leon, trovandovi una squama e una serie di fotografie. Parallelamente, Leon e Roy Batty
    visitano Hannibal Chew, un progettista genetico di occhi che lavora per la Tyrell Corporation,
    che, minacciato, suggerisce loro di rivolgersi a J. F. Sebastian, genetista e
    amico del dott. Tyrell. Tornando a casa, Deckard viene raggiunto da Rachael,
    che vuole sapere se è una replicante o un’umana. Deckard le rivela la verità e,
    di fronte ai suoi dubbi, le racconta i suoi presunti ricordi d’infanzia
    dimostrandole che in realtà sono innesti mentali. Rachael, disperata, fugge.
    Nel frattempo la replicante Pris, compagna di Roy Batty, ottiene la fiducia di
    J. F. Sebastian e l’ospitalità nel suo appartamento.
    Deckard sogna ad occhi aperti
    un unicorno[15]. Risvegliatosi, esamina una delle foto trovate
    e riesce ad associare la squama alla replicante Zhora. Indagando scopre che si
    tratta di una squama di serpente artificiale,
    utilizzato in uno spettacolo da una spogliarellista. Deckard si reca nel locale
    dove lavora Zhora, e con una scusa la segue nel camerino. Zhora capisce le sue
    intenzioni e fugge per strada, ma Deckard la raggiunge e riesce a spararle,
    ritirandola.
    Bryant informa Deckard che
    dovrà ritirare anche Rachael, che è scomparsa dalla Tyrell. Quando Bryant e
    Gaff si allontanano, Deckard vede Rachael e cerca di raggiungerla, ma viene
    affrontato da Leon, che ha assistito al ritiro di Zhora e cerca di ucciderlo,
    Rachael interviene, uccidendo Leon. Deckard decide di risparmiare Rachael,
    nascondendola a casa sua, dove i due s’innamorano.
    Roy Batty, raggiunta Pris, la
    informa che sono rimasti vivi solo loro due. I due convincono J. F. Sebastian
    ad accompagnare Roy Batty dal dott. Tyrell per chiedergli se esiste un modo per
    posticipare la loro imminente “data di termine”[16]. Tyrell gli dice che non è possibile, e
    per tutta risposta Roy Batty uccide sia il dott. Tyrell, cavandogli gli occhi
    con i pollici, che J. F. Sebastian.
    Deckard, informato del duplice
    omicidio, si reca nell’appartamento di J. F. Sebastian, Pensando di trovarvi i
    due replicanti rimasti. Al suo arrivo viene attaccato da Pris, ma riesce a
    ritirarla sparandole. Poco dopo giunge Roy Batty che, vista Pris priva di vita,
    decide di dedicare i suoi ultimi istanti di vita alla vendetta[17]. Nel tentativo di sfuggire a Roy, Deckard
    salta da un tetto a un altro finendo aggrappato ad una trave, sospeso nel
    vuoto. Roy lo raggiunge e, invece di ucciderlo, lo trae in salvo. Dopo un breve monologo («Io ne ho
    viste cose…
    »[18]), Roy Batty muore di fronte all’impietrito
    Deckard.

    Esercizio 6

    1)Tabella.
    1. Che tipo di metodo è? Metodo deduttivo. “All’inizio è meglio servirsi
    soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un pò
    di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e
    artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono
    ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono
    quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle. Ma
    l’ordine che ho seguito quì è il seguente. Ho cercato come prima cosa di
    trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al
    mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo
    da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho
    cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile
    dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una
    terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono
    le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi. Poi quando
    ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così
    diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o
    specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci,
    se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele
    utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di
    esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti
    che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che
    non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo
    trovato.”
    2. Che ruolo vi gioca l’esperienza? L’esperienza ha un ruolo essenziale per il
    metodo delineato da Cartesio. “Notai anzi, a proposito delle esperienze, che
    sono tanto più necessarie tanto più si è avanti nella conoscenza. All’inizio è
    meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e
    che facendo un pò di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne
    di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si
    conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui
    dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile
    notarle.
    3. Qual è il punto di partenza? Postulati e definizioni generali. “Ho cercato
    come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò
    che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha
    creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella
    nostra anima.”
    4. Qual è il passaggio successivo? Dubbi sulle definizioni generali. “Quanto a
    me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze (e dal contenuto di questo
    libro spero che così si giudicherà), posso dire che ciò è soltanto il risultato
    o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà, che
    considero come altrettante battaglie felicemente concluse.”
    5. Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? Cartesio deve trovare delle
    verità indubitabili, che non possono essere sottoposte al dubbio. “E spesso
    cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi
    apparvero false quando volli metterle su carta.”
    6. Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»? Perché
    l’uomo deve servirsi solo dei casi generali. “Poi quando ho voluto discendere a
    quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno
    umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla
    terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto
    mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non
    andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari.”
    7. Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? Gli aspetti elementari.
    “In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era
    possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli,
    astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose
    simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a
    conoscersi.”
    8. II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari;
    ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli? Si. “In seguito,
    richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi,
    oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza
    facilmente mediante i princìpi che avevo trovato.”
    9. Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma
    quale funzione ha? La natura è meccanicistica ed è regolata da alcuni principi,
    proprio per questo Dio non interagisce mai in essa, egli è soltanto creatore.
    “I princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”.

    1.Attività e approfondimenti.
    Cartesio nel 1630 scrive ‘Il Mondo’. Questa sua opera metteva in luce la sua
    concezione della fisica. Bisogna ricordare che egli visse negli anni della
    controriforma,ed essendo un forte sostenitore del pensiero copernicano,il quale
    andava contro quella che era la concezione della Chiesa,per paura di subire una
    condanna,come Galileo Galilei,il quale fu condannato per la pubblicazione della
    sua opera considerata eretica ‘Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo’
    ,egli decise di non pubblicarla.
    Ai giorni nostri ancora sentiamo parlare di censura. Il termine censura è
    inteso come critica, rimprovero. In senso ristretto è l’azione di una autorità che
    decide quali notizie o pubblicazioni vadano eliminate affinché non giungano a
    conoscenza della comunità. In questo senso le forme di censura sono state
    molteplici: dall’eliminazione di libri pericolosi all’ordine ai giornali di non
    trasmettere alcune notizie.
    Infatti basti pensare all’attacco terroristico del 7 febbraio 2015 alla sede
    del giornale satirico parigino ‘Charlie Hebdo’ . Il motivo che ha fatto scatenare
    la rabbia di alcuni gruppi di estremisti islamici è stato quello di aver
    pubblicato vignette satiriche su Maometto.
    A mio parere se molte volte non vogliamo  esporre il nostro pensiero e magari non
    vogliamo  combattere per qualcosa che
    crediamo,è perche oggi giorno si viene ancora condannati per ciò,come le
    vittime di questo giornale che hanno dovuto pagare con la propria vita. Ci
    hanno sempre insegnato che bisogna opporsi per i propri ideali,per ciò che si
    crede,ma in un mondo in cui regna ancora la guerra tra gli uomini e dove il
    terrore e la paura tra esseri viventi che appartengono alla stessa “razza”
    (vale a dire quella umana) come si può realizzare ciò?
    2) Attività e approfondimenti.
    Bacone oltre ad essere considerato uno dei maggiori rappresentanti della
    rivoluzione scientifica è anche considerato il padre del metodo induttivo,ovvero
    partiva dall’osservazione di casi particolari per arrivare a leggi generali. Il
    suo metodo segue diversi passaggi:
    -osservazione sistematica
    -formulazione della prima ipotesi
    -esperimenti per confermare o meno le ipotesi iniziali
    -individuazioni dei principi generali
    -applicazione tecnologica dei principi per modificare la natura.
    Per Bacone uno dei requisiti fondamentali della sua scienza è che sia cumulativa
    e sommativa.
    Egli sosteneva che bisognava raccogliere tutti i dati delle scoperte precedenti
    per far in modo che queste siano il punto di partenza per quelle future.
    Ecco perché egli all’interno della sua opera ‘Preparazione alla storia naturale
    e sperimentale’ presenta un progetto molto ambizioso, ovvero quello di una vera
    e propria enciclopedia delle scienze e delle tecniche, in cui ogni ricercatore
    potrà dare il proprio contributo.
    Bisogna sottolineare come Bacone a differenza dei suoi contemporanei si
    dedicherà di più all’aspetto qualitativo che quantitativo dei fenomeni.
    Cartesio si rifà invece al metodo deduttivo che si basa su : regola
    dell’evidenza,dell’analisi,della sintesi,revisione ed enumerazione. L’unico
    sapere cumulativo per Cartesio è quello della matematica ecco perche egli fonda
    tutti gli altri saperi sulle stesse basi della matematica.
    Inoltre Cartesio basava il suo metodo sull’individuazione di un punto di
    partenza indubitabile,mettendo cosi in discussione tutte le certezze derivanti
    dalla tradizione ecc..
    Una delle differenze tra Bacone e Cartesio è che mentre il primo dava
    importanza allo scambio di opinioni e di idee tra diversi scienziati, Cartesio
    sosteneva che il lavoro fatto da una singola persona e quindi da idee dello stesso
    genere non portava scompigli come quelli fatti da più persone .
    Un’altra differenza è che Bacone basava tutto sull’osservazione dei fenomeni e
    sugli esperimenti riguardanti queste osservazioni, Cartesio come abbiamo già
    detto,invece basa tutto sulla matematica.

    Per la riflessione e il dibattito
    Come ho già detto,Cartesio non pubblicò la sua opera per svariati motivi.
    Per quanto mi riguarda sostengo che Cartesio abbia fatto bene,sicuramente anche
    il suo contributo ha fatto in modo che vi potesse essere un’evoluzione
    scientifica ,ma al suo tempo dove era considerato eretico ogni tipo di pensiero
    che andasse contro la Chiesa,per quale motivo avrebbe dovuto rischiare una
    condanna,se i suoi sforzi non venivano premiati ,come giusto che sia,ma al
    contrario veniva punito per ciò?


     


  10. Giuseppe Lanzuise il said:

    ESERCIZI SULLA PRIMA PARTE.
    1)      -L’ingegno è simile in tutti gli uomini
    -L’importanza del metodo
    -Critica del sapere
    -Elogio del sapere
    -Gli studi seguiti
    -Il quadro dell’esistenza
    -Lo studio del “gran libro del mondo”
    -Dall’esperienza alla ragione


    2)      Uno dei tanti argomenti affrontati all’interno del “Discorso sul metodo” è proprio uno dei più attuali del nostro secolo: l’interazione tra le diverse etnie.
    Oggi, più che mai, vi sono diversi episodi di emigrazione e, quindi, continui contatti tra culture diverse, che portano alla conoscenza delle une con le altre. Secondo Cartesio, conoscere le culture di altri popoli era più che utile, a non riconoscere la propria come unica e a “giudicarla più saggiamente”. Ma questo fenomeno ha anche i suoi aspetti negativi, poiché potrebbe comportare ad una confusione generale, rischiando di farci perdere le nostre radici o, addirittura, considerarle estranee. Per spiegare tale fenomeno, Cartesio ricorre anche al concetto di passato e presente: “Perché a conversare con gli uomini del passato accade quasi lo stesso che col viaggiare”; difatti, se tendiamo al passato, rischiamo di perdere la concezione del presente.
    Secondo il mio modesto parere, non c’è cosa più interessante degli scambi culturali, o cosa più bella del viaggiare. E’ affascinante, scoprire e vivere -anche solo per qualche giorno- la vita di altri paesi, completamente diversa dalla propria.
    Purtroppo, ai giorni d’oggi, è un lusso che non ci si può sempre permettere, perché, oltre agli aspetti positivi, la conoscenza delle diverse etnie comporta anche ai suoi svantaggi. Parlo del problema dell’accettazione; non sempre si accettano, usi e costumi di etnie estranee alle nostre. A partire dai gusti culinari a quella della venerazione di entità religiose differenti. E, purtroppo, l’uomo è violento, e non sempre si riesce a giungere ad un compromesso.

    ESERCIZI SULLA SECONDA PARTE.

    1)      -principi generali (assiomi e postulati)
    -l’intuizione
    -deduzione (dall’universale al particolare)
    -dimostrazione
    -teoremi (come spiegazione dei fenomeni)
    -revisione dei diversi passaggi
     
    2)      Nella parte dedicata all’argomentazione della necessità di un metodo, Cartesio racconta di come, in Germania, si era ritrovato a passare le giornate, esclusivamente, con la compagnia dei propri pensieri; uno dei primi è la considerazione che ha delle opere compiute da menti individuali. Difatti, mostra una serie di analogie per dimostrare quanto esse siano superiori a quelle progettate da più persone. Secondo Cartesio non c’è cosa più difficile di lavorare su opere altrui.
    Sono del parere che lavorare da soli abbia i propri vantaggi; come non doversi preoccupare di opinioni altrui e poter dare sfogo al proprio ingegno. Ma non sono d’accordo, su questo punto di vista, con Cartesio perché: una mente geniale può ideare qualcosa di fantastico, ma cosa potrebbe uscire fuori dalla collaborazione di ben due o più menti?
    Ho un esempio ben preciso per questa mia teoria, e mi riferisco a qualcosa che è stato preso in considerazione da non molto tempo, data la riservatezza che aveva imposto il governo britannico. Mi riferisco alle persone che hanno portato alla vittoria della seconda guerra mondiale: il lavoro di Alan Turing e del intero gruppo di crittografi inglesi nel decodificare”Enigma”, la macchina usata nelle comunicazioni tedesche. Difatti, Turing e il resto della squadra iniziarono le loro ricerche basandosi su quelle già svolte dall’Ufficio Cifra polacco con la macchina “Bomba”.
    Quindi, non solo sono state più menti ad ideare una macchina così importante per l’umanità (e società, dato che la macchina di Turing è stata usata come modello per il primo computer.), ma sono state anche le ricerche studiate su modelli già precedenti, andando proprio contro alla mentalità di Cartesio citata poco fa: “è assai difficile fare qualcosa di perfetto quando non si lavora se non su opere altrui”.
    ESERCIZI SULLA TERZA PARTE
    1)      -Perché è necessaria una morale provvisoria? (1)
    -Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese? (2)
    -Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni? (3)
    -Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri? (4)
    -Quale occupazione devo scegliere nella vita? (5)
    -Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza? (6)
    -Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita? (7)


    2)      All’interno della terza parte del “Discorso” vengono annunciate delle regole morali assunte provvisoriamente da Cartesio, e che verranno rivalutate nella lettera alla principessa Elisabetta.
    Per quanto riguarda la prima regola, essa assume una totale rivisitazione all’interno della lettera alla principessa Elisabetta; nei “Discorsi” Cartesio si prefissa, come prima regola morale, di seguire le leggi e i costumi del proprio paese, e di regolarsi secondo le opinioni dei più prudenti. Era giusto ciò che veniva considerato tale dal popolo; mentre, nella lettera ad Elisabetta Cartesio ribalta, completamente, il suo punto di vista, consigliando di seguire, nel migliori dei modi, di seguire la propria mente, perché solo lei sa cosa è giusto o meno. Si passa, quindi, da una visione oggettiva, di ciò che è giusto, ad una soggettiva.
    Nella seconda regola, invece, non ci sono evidenti differenze, poiché entrambe sono indirizzate ad un solo fine: la costanza. Cartesio è del parere che, nella vita, ci debba essere sempre una costanza e non ripensare mai ad una scelta già fatta o, tanto meno, dubitarne. Bisogna sempre andare avanti e procedere senza farsi cogliere dal dubbio. L’unica differenza sta nel modo in cui ci prefissiamo un “cammino”: nei “Discorsi” Cartesio accetta, in un certo senso, l’esistenza del caso o la probabilità di aver scelto un cammino tramite le sensazioni: “Intendevo imitare in questo i viaggiatori che, trovandosi smarriti in una foresta, non devono vagare […]ma camminare sempre diritto, per quanto è possibile in una direzione, e non cambiarla senza un buon motivo, neanche se l’avessero scelta, all’inizio, solo per caso”. Nella lettera ad Elisabetta, invece, Cartesio afferma si, di avere una costanza, ma non di non farsi mai guidare -o distrarre- dalle passioni, e affidarsi alla ragione
    Nella terza legge, Cartesio cerca di “vincere se stesso piuttosto che la fortuna”; l’uomo dovrebbe comprendere cosa è alla sua portata e cosa non, perché desiderare ciò che non si può avere potrebbe portarci a mandare avanti la nostra vita nel rimpianto. Per quanto riguarda la visione di tale regola, nella lettera ad Elisabetta, Cartesio considera, nuovamente, di affidarci alla ragione, la quale non può che guidarci al meglio nel comprendere cosa possiamo e non possiamo raggiungere.
    Se mi è permesso dirlo, questa è la regola che più mi ha colpito; sono sempre stato del parere che strafare non porta a nulla. Non dico che ambire a qualcosa di eccessivo sia sbagliato, perché la vita è fatta di questo: vita e ambizioni; ma tentare  di “sconvolgere il mondo” per ottenere qualcosa che sappiamo che non avremo mai…be’, è tempo perso.

    ESERCIZI SULLA QUARTA PARTE
    1)       1-Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? “Ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile.”

     2-Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio? “Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo.”

    3-Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza a cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.”

     4-Quali caratteristiche devono avere le idee vere? “E poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni.”

     5-Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente”

     6-Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? “Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me […] non mi davo molta pena […], ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente […]ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo”.

    7-Perché i sensi non sono affidabili? “E quando all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono”.

    8-Perché la ragione non è affidabile? “Sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi […]la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi”.


    2)      Il film Matrix, diretto da Lana e Andy Wachowsky nel 1999, prende spunto da una delle idee principali della filosofia di Cartesio: la realtà.
    Il protagonista, Neo, è un programmatore informatico nonché hacker, ma c’è qualcosa che non va nella sua vita: è come se Neo non si sentisse, realmente, parte di questo mondo ; o meglio, che il mondo che lo circonda non sia reale. Difatti, dopo l’incontro con Morpheus, Neo scopre la verità: il mondo in cui viviamo è solo una realtà fittizia, degli impulsi elettrici mandati al nostro cervello dalle macchine, che hanno assunto il controllo sull’umanità.
    Come detto pocanzi, il film si rifà ad una delle idee principali di Cartesio: il mondo in cui viviamo è soltanto un illusione dettata da un genio maligno, e che tutto ciò che noi reputiamo “vero” non è che un illusione. Per citare una delle frasi più famose dette da Morpheus: “Che vuol dire reale? Dammi una definizione di reale. Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello.”
    Anche Cartesio sosteneva di non poterci affidare ai nostri sensi; vedere il sole come un piccolo puntino di luce nel cielo non implica che esso lo sia. Infatti Cartesio, come nel film, ci fa capire che dobbiamo fidarci solo di noi stessi e della nostra ragione (da non confondere con l’immaginazione). Fidarsi di se stessi vorrebbe dire porsi dei dubbi e quindi pensare, nonché essere. Ed è proprio questo che fa Neo, dubita della realtà del mondo e decide di aprire gli occhi per contemplare la verità; non essere più uno strumento delle macchine, ma accetta quello che è. Accetta di essere.
    Un’altra, evidente, fonte dell’idea principale del film è quella tratta dal mito della caverna di Platone: gli uomini vivono la loro vita in una caverna, convinti che tutto ciò che vedono sia reale mentre la realtà, in cui credono, non è altro che la proiezione di alcune ombre. In questo caso, Neo assume il compito del filoso, colui che spezza le catene della prigionia ed esce allo scoperto per scoprire il mondo reale, e di colui che accetta il compito di mostrare la realtà al resto dell’umanità.
     
    ESERCIZI SULLA QUINTA PARTE
    1)       1-Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? rr. 1-8 (Lo studio deduttivo della natura): “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da queste prime. Ma per farlo dovrei ora parlare di parecchie questioni che sono oggetto di controversia fra i dotti, e io non desidero mettermi in urto con loro. Credo perciò più prudente astenermene, e dire solo, in generale, di quali questioni si tratta, per lasciare che i più saggi giudichino se sarebbe utile al pubblico un’informazione più particolareggiata. Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri.”

    2-Che cos’è il meccanicismo? rr. 13-16 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “Mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate.”

    3-Qual è la funzione delle leggi nella natura? rr. 12-19 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano coporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse.”

    4-Qual è la causa della circolazione sanguigna? rr. 24-31 (Cartesio e Harvey): Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene.”

    5-Qual è la causa del movimento dei muscoli? rr. 5-12 (Il meccanicismo): “Inoltre, quali mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i sogni; e come la luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre qualità degli oggetti esterni possano imprimervi idee diverse attraverso i sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì le loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie quelle idee; come memoria che le conserva; e come immaginazione, che può mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con lo stesso mezzo, distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà.”

    6-Come possiamo distinguere un uomo da un automa? rr. 6-18 (Uomini e macchine): “Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficenza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione. Ora, con questi due criteri si può conoscere anche la differenza che c’è tra gli uomini e i bruti.”

    7-Qual è la funzione del linguaggio? rr. 32-36 (Uomini e macchine): “Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili.”

    8-Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? rr. 1-10 (L’anima e il corpo): “Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficenza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche.”


    2)       “L’intelligenza artificiale è l’abilità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana.L’intelligenza artificiale è una disciplina dibattuta tra scienziati e filosofi, che manifesta aspetti teorici e pratici oltre che etici. Nel suo aspetto puramente informatico, essa comprende la teoria e le tecniche per lo sviluppo di algoritmi che consentano alle macchine (tipicamente ai calcolatori) di mostrare un’abilità e/o attività intelligente, almeno in domini specifici”.
    -Wikipedia.

    Quello dell’intelligenza artificiale è il tema più affrontato ai giorni nostri. Questo non solo perché si parla di una vera e propria rivoluzione nel modo di vivere, ma soprattutto perché è sempre stata vista come qualcosa, in un certo senso, di irreale; qualcosa che ci sembrava possibile solo nei più grandi film di fantascienza e che, in realtà, la viviamo tutti i giorni. Bisogna dire che, l’intelligenza artificiale è un grande passo verso il futuro, ma anche i suoi aspetti negativi, tra questi la manodopera: sono pochi, i lavori che richiedono una manodopera poiché, ormai, i dipendenti delle fabbriche sono stati sostituiti dalle macchine. Un altro aspetto negativo è fondato nel ramo della vita sociale che, con l’avvento dei computer, non ha fatto che incrinarsi, a dispetto della parola “social”. Senza dubbio internet è una delle invenzioni che più ha facilitato la vita e conoscenza umana, ma sono aumentate tante altre cose con l’avvento di tale portale; come una diminuzione della privacy e la formazione di una vera e propria dipendenza.
    Il primo passo verso la tecnologia fu compiuto da Blaise Pascal con l’invenzione della Pascalina, una macchina capace di sottrarre e addizionare senza alcuna difficoltà, ideata per il padre, incaricato dall’amministrazione della Normandia di eseguire un difficile lavoro di calcolo. Nonostante già Cartesio avesse fatto riferimenti al meccanicismo, Pascal fu il primo ad ideare una macchina, che svolgesse un compito, prettamente, umano.
    Sono molti, i lavori cinematografici ispirati a tale argomento; come Blade Runner e A.I. Intelligenza Artificiale. Il primo tratta la storia di Deckard, un poliziotto che ha il compito di sconfiggere le cosiddette “repliche”, androidi simili agli umani, tranne per la mancanza di sentimenti. Le repliche hanno forza e velocità sviluppati, ma una minore longevità; difatti, il loro scopo è quello di intrufolarsi nella fabbrica, dove sono state prodotte, e tentare di aumentare gli anni della loro vita.
    Il secondo, invece, tratta di David, un androide progettato da Stanley Kubric, con la capacità di provare dei sentimenti; David viene creato per essere affidato ad una famiglia, la quale ha ibernato il figlio malato in attesa di una cura. Quando il bambino riuscirà a sconfiggere la malattia, David verrà abbandonato in un bosco, dove inizia la sua vventura con Lucignolo.
    Come si può ben notare, i due film hanno un tema ben preciso: la perfetta somiglianza delle macchine agli essere umani, tale da non riconoscerli; Cartesio, invece, suppone che: se pur ci fossero macchine somiglianti agli essere umani, sarebbe impossibile non riconoscerle, per ben due motivi. Il primo, è legato alla loro capacità di parlare: se una macchina fosse progettata anche per parlare, potrebbe benissimamente farlo; ad esempio potrebbe chiedere cosa si voglia da lei, se viene toccata; o gridi, se la si tocca in un punto dove la si fa male. La differenza è che essa legherà le sue parole soltanto in base a dei movimenti corporei, che provichino un cambiamento nei suoi organi, ma è impensabile che essa possa articolare le parole per rispondere a tutto quello che si dice in sua presenza.
    Inoltre, se pur fossero migliori degli umani in determinati compiti, fallirebbero in altri, poiché non agiscono per conoscenza ma per una certa disposizione dei loro organi.


    ESERCIZI SULLA SESTA PARTE.
     
    1)      1- Che tipo di metodo è? Metodo deduttivo. “All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un pò di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle. Ma l’ordine che ho seguito quì è il seguente. Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi. Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato.”

    2.-Che ruolo vi gioca l’esperienza? L’esperienza ha un ruolo essenziale per il metodo delineato da Cartesio. “Notai anzi, a proposito delle esperienze, che sono tanto più necessarie tanto più si è avanti nella conoscenza. All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un pò di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle.

    3.-Qual è il punto di partenza? Postulati e definizioni generali. “Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima.”

    4.-Qual è il passaggio successivo? Dubbi sulle definizioni generali. “Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze (e dal contenuto di questo libro spero che così si giudicherà), posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà, che considero come altrettante battaglie felicemente concluse.”

    5- Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? Cartesio deve trovare delle verità indubitabili, che non possono essere sottoposte al dubbio. “E spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta.”

    6-Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»? Perché l’uomo deve servirsi solo dei casi generali. “Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari.”

    7- Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? Gli aspetti elementari. “In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi.”

    8.-II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli? Si. “In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i princìpi che avevo trovato.”

    9-Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha? La natura è meccanicistica ed è regolata da alcuni principi, proprio per questo Dio non interagisce mai in essa, egli è soltanto creatore. “I princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”
    2)      Nel 1633 Cartesio scrive il “Mondo”, un’opera che non verrà mai pubblicata per paura di subire una censura come accadde a Gallilei e alla sua opera, “Il Discorso sui due massimi sistemi”, che fu considerata, dal Tribunale dell’inquisizione, come eretica poiché Gallilei rese fisici, concetti che erano stati giustificati da Copernico come matematici. Inoltre, Cartesio decise di non pubblicare l’opera, temendo che essa non potesse piacere ai critici del tempo.
    Oggi, nonostante ci sia un’apparente “libertà di parola”, sono molti i paesi che attuano la censura. Come l’Italia, che pur avendo un articolo -il ventunesimo- il quale cita la libertà di parola,  continua ad attuare la censura su tutto ciò che ritiene “inappropriato”, e molti sono gli esempi di cesura cinematografica e letteraria.
    Ormai viviamo in un’era in cui siamo convinti di poter esprimerci come meglio ci pare, e che nessuno possa negarci tale diritto. Purtroppo non è così, perché la censura è qualcosa di così “superiore” da istaurare una paura profonda nei nostri animi, proprio come in quello di Cartesio. E la cosa è iniziata a peggiorare, maggiormente, dal momento in cui ci si deve preoccupare della propria incolumità, citando l’attentato terroristico, a Parigi, alla rivista giornalistica Charlie Hebdo, che -da rivista satirica- stava svolgendo il proprio lavoro.
    Ci crediamo evoluti, quando siamo ancora sotto il controllo e paura della religione. E ci crediamo umani, quando di umano abbiamo soltanto il corpo.
    E sono molte, le conoscenze che l’uomo non ha potuto conoscere a causa della censura; migliaia, i pareri di molte persone. Continuiamo a lottare per una mondo libero, ma la censura è qualcosa che esiste da sempre e che, con rammarico, credo non muoia mai.


    3)      Bacone è considerato il padre del metodo induttivo. Uno dei punti fondamentali, che muove la sua riflessione, è quella che il sapere deve essere cumulativo e collaborativo. Per raggiungere tale scopo bisognava rispettare alcune condizioni: un comune metodo di lavoro; l’organizzazione sistematica della ricerca.
    Egli schematizzò il proprio metodo in cinque parti:
    1-osservazione sistematica;
    2- formulazione delle prime ipotesi (prima vendemmia);
    3-esperimenti per confermare o meno le ipotesi iniziali;
    4-individuazione principi generali;
    5-applicazione dei principi per modificare la natura.
    Il passaggio, che avviene da un punto all’altro, avviene mediante il metodo induttivo, descritto da Bacone come quello fondamentale per passare dall’osservazione della natura all’interpretazione della stessa; questo perché, tale metodo, partendo dall’osservazione di casi particolari, arriva all’individuazione del generale.
    A differenza sua, Cartesio, avvertendo la necessità di una rifondazione del sapere che si distaccasse da quello tradizionale e rinascimentale, impronta un metodo di carattere deduttivo. Esso necessita il possesso di verità iniziali, le quali siano al riparo da ogni dubbio, poiché fungeranno da base a tutto il sapere. Inoltre, Cartesio rifiuta l’idea di un sapere collaborativo, poiché il fondamento della conoscenza è individuato nella certezza di sé come essere pensante, e non in quanto corpo. Difatti, con Cartesio, si riafferma l’idea di un dualismo, e non tra anima e corpo, ma tra ciò che è pensiero (res cogitans) e ciò che è materia res extensa).
    Bacone, invece, non aveva lasciato spazio allo studio dell’anima, nella sua ricerca, o a Dio e alla metafisica, come farà Cartesio. Una delle analogie, però, è quella che, nonostante non accettasse una conoscenza collaborativa, Cartesio riprese l’idea di una cumulativa.
    Cartesio giunge al cosiddetto: “Cogito ergo sum”: il pensiero ci identifica come esseri esistenti in quanto pensanti.


     
    4)      Nell’ultima parte dei “Discorsi” Cartesio ci illustra tutti i pro e i contro che hanno segnato la sua decisione nel pubblicare o meno la sua opera, “I Mondi”.
    Come detto pocanzi, Cartesio decise di non pubblicare l’opera per paura di una censura simile a quella subita da Galilei; ma c’erano stati anche motivi, per i quali Cartesio aveva preso in considerazione la pubblicazione dell’opera. Tra questi c’era la consapevolezza, da parte del filosofo, di poter portare l’umanità di un passo avanti, grazie alle scoperte fisiche compiute da egli stesse. Era più un compito morale, quello di Cartesio.
    Se devo essere sincero, credo che di non poter dare un mio vero e proprio punto di vista, poiché certe situazione bisogna viverle per comprenderle. Credo che sia facile per tutti dire che bisogna difendere i propri diritti, ma finché non si è a stretto contatto con la paura che colpì Cartesio, dubito che si possa rispondere sinceramente. Nonostante ciò, sono del parere che quello della parola sia un diritto sacrosanto e che non debba essere soppresso; ma reputo la scelta di Cartesio più che giusta, data la sua accurata esposizione delle ragioni che lo hanno portato a tale scelta.

  11. Claudia il said:

    ESERCIZI SULLA PRIMA PARTE:
    1) -Ingegno è simile a tutti gli uomini;
    -Importanza del metodo;
    -Critica del sapere;
    -Elogio del sapere;
    -Gli studi eseguiti;
    -Il  quadro dell’esistenza;
    -Lo studio del  “gran libro del mondo”;
    -Dall’esperienza alla ragione.
     
    2) Cartesio ritiene che sia importante fare la conoscenza di altre culture affinché possiamo constatare che la nostra non è l’unica possibile. Ma egli sottolinea che se la si enfatizza troppo possiamo perdere la nostra identità. Questo è un tema molto attuale, poiché si parla della cosiddetta “migrazione”. Secondo me, il fenomeno dell’immigrazione può essere visto con occhi diversi da diverse persone. Molto spesso, tante persone non sono favorevoli alla venuta di altre popolazioni nella nostra nazione; forse perché non conoscendoli, e forse perché sentono dire dai media che sono portatori di malattie e virus. Proprio per questo la venuta da parte degli extracomunitari è vista come qualcosa di negativo con il bene del paese. Ci sono, invece, altre persone che non hanno nulla in contrario con riguardo ciò poiché capiscono che se questi extracomunitari vengono in Italia è perché la loro precedenza condizione, economica  e sociale, non è delle migliori. Molto spesso la gente è cattiva perché non si immedesima in quelle povere persone e soprattutto donne e bambini che scappano al fine di condurre una vita felice. A mio modesto parere è giusto che persone che conducono una vita infelice nel loro paese, vadano alla ricerca di un posto migliore; poiché anche noi italiani molto spesso ci trasferiamo in altre nazioni per trovare lavoro e condizioni di vita al meglio. Quindi credo sia giusto non dover giudicare il libro dalla copertina soltanto perché hanno un colore diverso della pelle o perché provengono da stati del terzo mondo. Molto spesso la gente adotta il fenomeno del razzismo contro queste persone, non sapendo che, anche se sono diversi esteriormente, interiormente sono come noi, e che potrebbero anche essere migliori di noi moralmente e caratterialmente.
     
     
    ESERCIZIO SULLA SECONDA PARTE:
    1)Tabella (parte relativa al metodo deduttivo):
    -Si parte da principi generali (assiomi e postulati)
    -Mediante intuizione
    -Si procede per deduzione (dall’ universale al particolare)
    -Mediante dimostrazione
    -Per formulare teoremi (come spiegazione dei fenomeni)
    -Corroborate/i dalla revisione dei passaggi
    2) Cartesio comincia a parlare nella sua opera  del metodo riferendosi a uno dei più classici, quello deduttivo. Il metodo della scienza moderna, che negli stessi anni veniva definito da Bacone e da Galilei, è noto invece come metodo induttivo-sperimentale. In particolare Cartesio sosteneva  la costruzione di un nuovo metodo che deve essere opera di uno solo perché in questo caso l’opera è più organica e soprattutto per le costruzioni politiche fatte da un unico legislatore che possiedono  possiede lo stesso fine, come appunto succedeva Sparta, dove era uno solo a comandare ed era meglio perché tutte le mosse del comandante erano indirizzate ad un unico fine, come avviene per gli edifici costruiti da un solo architetto. Infatti Descartes sottolineava come le opere idealizzate da un unico autore/ artista avrebbero dato dei risultati migliori rispetto a quelle idealizzate e costruite da vari artisti, che potevano presentare delle imperfezioni o delle diversità, in particolare alcune parti potevano risultare poco omogenee e poco uniformi con il resto del progetto.  Ciò che sosteneva Cartesio poteva essere in parte vero in quanto molti lavori possono  dare frutti migliori se sono elaborati da un’unica persona; ma non sempre è cosi, in quanto molte altre opere, che sono state realizzate da più autori, fanno parte delle grandi meraviglie del mondo, come per  esempio il Mausoleo di Alicarnasso, o anche la Grande Muraglia Cinese, e basti pensare anche alle Piramidi. Insomma tantissime opere e monumenti, alcuni tra quali fanno parte delle sette meraviglie del mondo, che sono state realizzate da più artisti, hanno prodotto un ottimo risultato.
     
    ESERCIZI SULLA TERZA PARTE:
     
    1) -Perché è necessaria una morale promissoria?
       -Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?
        -Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?
        -Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?
        -Quale occupazione devo scegliere nella vita?
        -Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?
        -Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?
     
    2) -In una lettera alla principessa Elisabetta, Cartesio si richiama alle tre regole della morale provvisoria, ma introduce qualche variante rispetto alla formulazione originaria. La differenza tra la prima regola del discorso e la prima della lettera a Elisabetta è che per quanto riguarda il discorso si tratta di seguire e obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese, restando nella religione in cui Dio ci ha fatto la grazie di essere istruiti sin dalla nascita; per quanto riguarda la prima regola della lettera a Elisabetta, essa sostiene che bisogna in qualunque modo servirsi della propria mente per sapere cosa fare e cosa non nelle varie circostanze della vita. -Per quanto riguarda la seconda regola invece, nel discorso, Cartesio sostiene che se mai dovessimo trovarci in una “foresta”, fuor di metafora in una situazione complicata e tortuosa, dobbiamo essere in grado di saperne uscire, andare sempre dritto, per quanto è possibile in una direzione, e non cambiarla senza un buon motivo, neanche se l’avessero scelta, all’inizio, solo per caso e, anche se non siamo in grado di trovare la strada giusta, dobbiamo sempre trovare un’altra strada per uscirne e considerarla come una possibile, affinché quella strada non ci sembri la più veritiera. Mentre nella lettera, la seconda regola sostiene che la scelta di un strada deve essere sempre fatta dalla ragione, senza lasciarsi guidare dal caso e dalle passioni, ed è proprio per questo che la si intende come virtù. – Infine, la terza regola sottolinea, nei discorsi, si sottolinea che l’uomo per vincere se stesso non debba stravolgere il mondo. Ossia che l’uomo non può desiderare ciò che non è alla propria portata ma deve muoversi e desiderare, secondo ragione, tutto ciò che rientri nei propri limiti. Cartesio sostiene ciò perché secondo lui desiderare qualcosa che non possiamo ottenere potrebbe portarci ad avere dei rimorsi e dei pentimenti. Mentre nella lettera sostiene che tutto ciò si può evitare solo se l’uomo si muove secondo ragione, in quanto grazie ad essa siamo in grado di evitare tutto ciò che non rientra nei nostri standard al fine di eliminare i pentimenti. Io credo che sia giusto non spingersi oltre i propri limiti in quanto noi stessi sappiamo fin dove arrivare e con l’aiuto della ragione siamo in grado di evitare delusioni. Credo anche che dobbiamo comunque seguire le nostre passioni e non fermarci dinanzi a qualcosa che crediamo sia irraggiungibile ma quando in realtà non lo è.
     
    ESERCIZI SULLA QUARTA PARTE:
     
    1)Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? rr.da 6a15 [La certezza del cogito]
    “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.”
    2) Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio? rr. Da 1a5 [certezza del cogito]
    ” Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia
    che cercavo.”
    3) Perché la ragione non è affidabile? rr . Da9a17 [la verità delle idee]
    “Perché insomma, sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi. Così il sole, sebbene lo vediamo molto chiaramente, non dobbiamo perciò giudicarlo piccolo come lo possiamo ben immaginare distintamente una testa di leone innestata sul corpo di una capra, senza dover concludere perciò che ci sia al mondo una chimera: perché la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi.”
    4) Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? rr. Da 6a9 [il dubbio metodico]
    “ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile”
    5) Perché i sensi non sono affidabili? rr. Da 5a9 [la verità delle idee]
    ” E quando all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono”.
    6) Quali caratteristiche devono avere le idee vere? rr. Da 17a21 [la verità delle idee].
    ” poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal
    momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni.
    7) Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? rr. Da 3a7 [i criteri della verità].
    “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto
    chiaramente e molto distintamente
    sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.”
    8) Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? rr. Da 4a17[l’esistenza di Dio].
    ” Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il cielo, la terra, la luce, il calore, e mille altre, non mi davo molta pena di cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse superiori a me, e perciò potevo credere che, se erano veri, dipendevano dalla mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione. Ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo.”
    Sequenza corretta :
    4-2-1-6-7-8-5-3
     
    2) Nel 1999 usciva un film che avrebbe rivoluzionato completamente la cinematografia, tanto per gli effetti speciali quanto per i contenuti proposti: si trattava di Matrix, scritto e diretto da Lana e Andy Wachowski, un vero e proprio compendio filosofico, che riprende sicuramente la sua idea centrale da quello che è il pensiero filosofico di Cartesio. Troviamo all’interno del film una visione del mondo che richiama vivamente alla mente diverse tappe della tradizione filosofica occidentale. Il protagonista, Neo, da qualche tempo vive assillato da interrogativi cui non riesce a dare risposte che lo soddisfino: é come se, dentro di sé, avvertisse che in ogni atomo della realtà che lo circonda c’é qualcosa che non quadra. Egli viene contattato da Morpheus, un famigerato ‘pirata virtuale’ ricercato dalle autorità: quest’ultimo é infatti convinto che Neo sia un uomo al di fuori del normale, destinato a salvare l’intera umanità dal dramma che la affligge; ma di che dramma si tratta? Morpheus ha contatto Neo proprio perché si é accorto che ha presagito questo dramma che si protrae da secoli ed é convinto che spetti a lui aiutarlo: l’intero genere umano é soggiogato alle macchine, delle quali un tempo si serviva: dopo una ribellione da parte di queste ultime, i ruoli si sono invertiti: le macchine sfruttano gli uomini per sopravvivere e li tengono incatenati, avvalendosi della loro energia. Nell’ambito delle percezioni, il mondo che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi é reale, ma nell’ambito della realtà, esso é una beffa, non esiste: si tratta solo di immagini virtuali inviate al nostro cervello dalle macchine che ci tengono schiavi. Dunque, ogni cosa che ci circonda non ha un fondamento al di fuori della nostra mente: le macchine, le case e le strade non sono altro che immagini virtuali inviate al nostro cervello dalle macchine dominatrici; il mondo intero é un programma (Matrix appunto), un inganno ordito dalle onnipotenti intelligenze artificiali che ci controllano. Naturalmente Neo, per quanto avesse potuto presagire che qualcosa non andava, era lungi dall’immaginare tutto questo e, in un primo tempo, non riesce a capacitarsene. (fonte: http://www.filosofico.net/filos59.htm ). Così come nel film si vede la presenza di queste macchine che sono superiori agli uomini e che li controllano attraverso delle immagini virtuali inviate appunto al nostro cervello. Ed è compito di Neo, essendo uno dei pochi ad essersi accorto di queste anomalie, riportare tutto alla normalità e porre fine a questa illusione che non permette agli uomini di condurre una vita normale. Anche Cartesio credeva che tutto ciò che noi vediamo non è altro che un’illusione, generata da un genio maligno, che ci porta a considerare reale e certo tutto ciò che vediamo e sentiamo, anche se in realtà non lo è. L’unica certezza di Cartesio, proprio come nel film, è quella di sé stessi. Cartesio crede infatti che se siamo capaci di porci dei dubbi, cioè di pensare, significa che esistiamo “cogito, ergo sum”, ovvero “ Penso, dunque sono”, appunto. Cartesio però sottolinea che non dobbiamo lasciarci trarre in inganno da tutto ciò che è legato al corpo, tutte quelle sensazioni e ragionamenti che potrebbero facilmente condurci nell’errore. Oltre che a Cartesio, come ci riporta il sito internet i produttori del film si sono ispirati anche da quella che è la filosofia occidentale e quindi al famoso mito della Caverna di Mr. Platone. Infatti nel mito vediamo come tutto ciò che si trovava all’interno della caverna era vista come un’illusione, una finta realtà dalla quale si poteva uscire solo uscendo appunto dalla caverna. Lo schiavo, infatti, solo andando al di fuori di quest’ultima poteva conoscere il mondo e la verità su di essa, slegandosi dalle famose catene che lo tenevano imprigionato.  Invece una delle differenze che maggiormente risalta è la presenza di Dio. Cartesio è convinto dell’esistenza di un Dio come creatore del mondo, e non come Dio – persona; Dio non può però essere, come tutte le altre cose, un’illusione, perché è un’idea infinta, superiore a tutti e un’entità divina. In Matrix invece non viene fatto alcun riferimento a Dio, a un creatore supremo, ad un’entità che prevale sugli altri  e che è dotata di un corpo reale; nel film si allude solo a queste macchine che controllano la mente umana, e  che sono in un certo senso prevalgono sugli uomini, e ad un messia, in riferimento però a Neo, che è il salvatore del mondo.
     
    ESERCIZI RELATIVI ALLA QUINTA PARTE:
     
    1)Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? rr. 1-8 (Lo studio deduttivo della natura): “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da queste prime. Ma per farlo dovrei ora parlare di parecchie questioni che sono oggetto di controversia fra i dotti, e io non desidero mettermi in urto con loro. Credo perciò più prudente astenermene, e dire solo, in generale, di quali questioni si tratta, per lasciare che i più saggi giudichino se sarebbe utile al pubblico un’informazione più particolareggiata. Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri.”
    2) Che cos’è il meccanicismo? rr. 13-16 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “Mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate.”
    3) Qual è la funzione delle leggi nella natura? rr. 12-19 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano comporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse.”
    4) Qual è la causa della circolazione sanguigna? rr. 24-31 (Cartesio e Harvey): Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene.”
    5) Qual è la causa del movimento dei muscoli? rr. 5-12 (Il meccanicismo): “Inoltre, quali mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i sogni; e come la luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre qualità degli oggetti esterni possano imprimervi idee diverse attraverso i sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì le loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie quelle idee; come memoria che le conserva; e come immaginazione, che può mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con lo stesso mezzo, distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà.”
    6) Come possiamo distinguere un uomo da un automa? rr. 6-18 (Uomini e macchine): “Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficienza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione. Ora, con questi due criteri si può conoscere anche la differenza che c’è tra gli uomini e i bruti.”
    7) Qual è la funzione del linguaggio? rr. 32-36 (Uomini e macchine): “Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili.”
    8) Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? rr. 1-10 (L’anima e il corpo): “Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficienza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche.”
     
    2) (Wikipedia)  “L’espressione “Intelligenza Artificiale” (Artificial Intelligence) fu coniata nel 1956 dal matematico statunitense John McCarthy, durante un seminario interdisciplinare svoltosi nel New Hampshire. Secondo le parole di Marvin Minsky, uno dei “pionieri” della I.A., lo scopo di questa nuova disciplina sarebbe stato quello di “far fare alle macchine delle cose che richiederebbero l’intelligenza se fossero fatte dagli uomini”. “L’intelligenza artificiale è una disciplina dibattuta tra scienziati e filosofi, che manifesta aspetti teorici e pratici oltre che etici. Nel suo aspetto puramente informatico, essa comprende la teoria e le tecniche per lo sviluppo di algoritmi che consentano alle macchine (tipicamente ai calcolatori) di mostrare un’abilità e/o attività intelligente, almeno in domini specifici.” .  L’intelligenza artificiale ha avuto origine molti secoli prima della nascita del computer, già da Cartesio era stata operata una distinzione tra macchine e uomini, il filosofo era quindi sostenitore di un dualismo, quello tra anima e corpo. Cartesio credeva che anima e corpo fossero due sostanze diverse, del tutto separate, che potevano unirsi soltanto grazie all’azione della ghiandola pienale, posta alla base del cervello; l’uomo quindi poteva essere caratterizzato da due comportamenti, uno dato dalla volontà e l’altro dall’automatismo; si parla per questo di meccanicismo, che caratterizza gli essere viventi che fondano la propria vita sull’automatismo, come gli animali.  Infatti per quanto riguarda l’intelligenza artificiale (I.A.), anche Blaise Pascal comincia a dedicarsi allo studio di tutto ciò che riguarda la scienza, introducendo per la prima volta la cosiddetta “Pascalina”, ovvero uno strumento in grado di risolvere dei calcoli. Egli infatti la introdusse inizialmente per aiutare il padre, imprenditore fiscalista, nel compiere un lavoro difficile di calcolo. Secondo le parole di Minsky, dopo il 1962 l’IA cambia le sue priorità: essa dà minore importanza all’apprendimento, mentre pone l’accento sulla rappresentazione della conoscenza e sul problema a essa connesso del superamento del formalismo finora a disposizione e liberarsi dalle costrizioni dei vecchi sistemi. Un esempio di I.A. è ciò che spiega il test di Turing, progettato però nel 1950, quando ancora l’intelligenza artificiale era agli inizi. Adesso è molto più avanzata, tanto che la distinzione tra intelligenza umana e artificiale e a volte problematica. Di intelligenza artificiale possiamo parlarne anche all’interno dei due film “Blade Runner” e “A.I. intelligenza artificiale”. In particolare,  La trama del primo  si sviluppa intorno alla caccia ad alcuni “replicanti”, cioè androidi molto potenti, costruiti per fungere da schiavi ma ribellatisi agli uomini. Il problema è come identificarli, perché e difficile distinguerli dagli esseri umani. Infatti uno dei principali scopi, così come anche secondo Cartesio, è quello di capire come questi “replicanti” possano provare emozioni. Vediamo, infatti, come essi, pur non avendo un’infanzia, riescono a conservare i ricordi e a ricordarli, infatti alcuni di loro non sono coscienti della loro condizione di androidi. Nel secondo film, invece, vediamo protagonista questo “robot” creato in laboratorio. Esso però non è solo una macchina, ma riesce a provare dei sentimenti pur non essendo umano. Infatti vediamo come tutti i bambini che lo vedono capiscono che c’è qualcosa di strano, perché sembra così  reale che riesce perfettamente a confondersi con gli umani, grazie anche appunto alla sua capacità di provare emozioni.
     
     
     
    ESERCIZI SULLA SESTA PARTE:
    1)  Tabella:
    1. Che tipo di metodo è? Metodo deduttivo. “All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un po’ di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle. Ma l’ordine che ho seguito qui è il seguente. Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi. Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato.”
    2. Che ruolo vi gioca l’esperienza? L’esperienza ha un ruolo essenziale per il metodo delineato da Cartesio. “Notai anzi, a proposito delle esperienze, che sono tanto più necessarie tanto più si è avanti nella conoscenza. All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un po’ di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle.
    3. Qual è il punto di partenza? Postulati e definizioni generali. “Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima.”
    4. Qual è il passaggio successivo? Dubbi sulle definizioni generali. “Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze (e dal contenuto di questo libro spero che così si giudicherà), posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà, che considero come altrettante battaglie felicemente concluse.”
    5. Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? Cartesio deve trovare delle verità indubitabili, che non possono essere sottoposte al dubbio. “E spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta.”
    6. Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»? Perché l’uomo deve servirsi solo dei casi generali. “Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari.”
    7. Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? Gli aspetti elementari. “In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi.”
    8. II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli? Si. “In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato.”
    9. Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha? La natura è meccanicistica ed è regolata da alcuni principi, proprio per questo Dio non interagisce mai in essa, egli è soltanto creatore. “I principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”.
     
    ATTIVITA’ E APPROFONDIMENTI 1:
    Cartesio inizia a scrivere nel 1630 una delle sue opere più importanti: Il Mondo, che però non verrà mai pubblicata. Il filosofo ,inoltre, decide di non pubblicare la sua opera per diversi motivi, ma quello che più lo segna è la censura. Infatti una caso di censura durante l’epoca di Cartesio fu il caso di Galileo Galilei. Infatti, la chiesa e il Tribunale dell’Inquisizione considerarono eretica l’opera dello scienziato “Il dialogo sopra i massimi sistemi del mondo”.  Oltre che dalla chiesa, Cartesio era intimorito anche dal giudizio dei dotti e intellettuali di quel tempo. La censura è un tema che tutt’oggi è ancora usato; infatti anche in Italia, ma anche in altri paesi vediamo forme di censura in vari settori. In particolare la censura giornalistica o televisiva; infatti “un episodio di censura è stata la cancellazione nell’ottobre 2006 di una puntata della trasmissione televisiva Le Iene che avrebbe dovuto mandare in onda un test sull’uso della droga all’interno del Parlamento Italiano.”   (Wikipedia); un altro esempio di censura sono le parti di veri film che vengono tagliate perché non adatte alla visione di ogni tipo di pubblico. Anche se in Italia particolarmente è riconosciuta la liberta di pensiero e di parola, come afferma anche la costituzione italiana nell’articolo 23 “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.” Purtroppo però, anche se in alcuni pesi è riconosciuta la libertà di stampa, molto spesso si verificano tipi di “censura alternativa”, come ad esempio gli atti di terrorismo che la Francia sta subendo dal 7 gennaio 2015, con il famoso caso della testata giornalistica “Charlie Hebdo”, noto giornale satirico nato nel 1970, che ha portato all’ira di alcuni movimenti estremisti islamici con consequenziale morte di dodici persone, tra addetti alla sicurezza e giornalisti. E’ questo che,secondo me, porta la gente ad essere terrorizzata nell’esprimere la propria opinione, la propria parola, perché una della conseguenze di ciò è proprio perdere la stessa vita.
    ATTIVITA’ E APPROFONDIMENTI 2:
     
    Bacone è considerato il padre del metodo induttivo. Uno dei punti fondamentali è quello che il sapere deve essere cumulativo e collaborativo, e per  raggiungere tale scopo bisognava rispettare alcune condizioni: un comune metodo di lavoro; l’organizzazione sistematica della ricerca. Egli ne parla, infatti, nella sua opera “ Il Novum Organum”. Nel Novum Organum (in latino “nuovo organo”, ovvero nuovo “strumento” per l’indagine scientifico-razionale del mondo), Bacone tenta di sostituire il sapere deduttivo della logica classica con una nuova logica, strettamente dipendente dalle nuove scoperte tecnico-scientifiche e incentrata sul metodo induttivo e sperimentale, fondato sulla scelta, la valutazione e lo studio dei casi particolari, da cui partire per ricostruire per gradi le leggi generali. Una rivoluzione quindi, rispetto alla vecchia logica, che partendo dall’universale recuperava da esso i criteri del giudizio particolare; si tratta per Bacone di un atteggiamento che, se può dare risultati nel dibattito filosofico, è assolutamente improduttivo dal punto di vista dei risultati scientifici. L’esperienza sensibile, che costituisce la base imprescindibile di ogni reale conoscenza del mondo, deve essere allora guidata da un atteggiamento metodologico, che Bacone si preoccupa di definire nel Novum Organum. Il metodo induttivo di Bacone muove su 5 punti fondamentali:
    1-osservazione sistematica;
    2- formulazione delle prime ipotesi (prima vendemmia);
    3-esperimenti per confermare o meno le ipotesi iniziali;
    4-individuazione principi generali;
    5-applicazione dei principi per modificare la natura.
    In particolare, Bacone sottolineava l’importanza da parte dell’uomo di allontanarsi dai cosiddetti “fantasmi”, ovvero “ idola”. Essi erano dei veri e propri fonti di errore che portano l’uomo all’illusione. Il metodo conoscitivo postulato da Bacone è, tuttavia, sostanzialmente diverso dall’induzione aristotelica: mentre questa consisteva in una pura osservazione dei fenomeni, la procedura baconiana prevede che oltre ad osservare si compiano veri esperimenti e si registrino i dati ottenuti. Per questa registrazione Bacone teorizza diverse tavole:
    ·         Tavola di presenza
    ·         Tavola di assenza
    ·         Tavola dei gradi
    Le tavole di presenza hanno lo scopo di registrare in che circostanze si verifica il fenomeno studiato. Quelle di assenza, al contrario, registrano quando il fenomeno non si verifica, nonostante le condizioni siano simili a quelle in cui esso avviene. La tavola dei gradi indica in quale misura accade l’avvenimento studiato. Una volta compilate le tavole, si raccoglie il materiale (prima vendemmia) e si formula un’ipotesi, da controllare con successivi esperimenti fino a giungere all’esperimento cruciale, in cui si incrociano le varie prove per verificare quali siano le correlazioni tra i singoli fenomeni.
    Cartesio, invece, distaccandosi dal pensiero rinascimentale, si dedicherà ad un metodo di tipo deduttivo. Esso richiede il possesso di verità iniziali, le quali siano al riparo da ogni dubbio, poiché fungeranno da base a tutto il sapere. Cartesio, inoltre, rifiuta un sapere collaborativo,poiché il principio della conoscenza è individuato nella certezza di sé come essere pensante, e non in quanto corpo. Infatti, con Cartesio, si riaffermerà l’idea di un dualismo, anziché tra anima e corpo, tra ciò che è pensiero (res cogitans) e ciò che è materia (res extensa).
    Bacone, invece, non si era interessato dello studio dell’anima, nella sua ricerca, o a Dio e alla metafisica, come farà Cartesio. Una delle analogie, però, è che Cartesio riprese l’idea di un sapere cumulativo. Da ciò, Cartesio giunge al cosiddetto: “Cogito ergo sum”: il pensiero ci identifica come esseri esistenti in quanto pensanti.
     
    PER LA RIFLESSIONE E IL DIBATTITO:
     
    Nell’ultima parte dei “Discorsi”, Cartesio ci illustra tutti i pro e i contro che lo hanno portato a prendere la decisione di pubblicare o meno la sua opera, “Il Mondo”.
    Come già detto poco fa, Cartesio decise di non pubblicare la sua opera per paura di una censura simile a quella subita da Galilei; ma c’erano stati anche motivi, per i quali Cartesio aveva preso in considerazione la pubblicazione dell’opera. Tra questi vi erano la consapevolezza, da parte del filosofo, di poter fare in modo, grazie alle scoperte fisiche compiute da egli stesso, che l’umanità si acculturasse e comprendesse al meglio tutto ciò che riguardava l’ambito matematico fisico. Io credo che, se fossi stata nei panni di Cartesio, avrei  preso la stessa decisione. Certo, uno non può sapere come ci si sente finché non vive una situazione del genere in prima persona, ma credo che nella vita se non si rischia non si avrà mai il coraggio di andare avanti. Certamente Cartesio, come chiunque, aveva paura di andare incontro alla censura, ma credo che la consapevolezza e la fiducia in se stesso lo hanno portato a riflettere e gli hanno fatto capire che senza rischiare non avrebbe mai saputo cosa si sarebbe fatto della sua opere fino ai giorni nostri. Anch’io, a mio modesto parere, avrei avuta tanta paura nel ricevere una censura, ma è anche vero che avrei avuto molta più paura che la mia opera non fosse pubblicata e conosciuta in tutto il mondo, soprattutto se all’interno erano contenute spiegazioni e riflessioni per me importanti. 

  12. Claudia il said:

    ESERCIZI SULLA PRIMA PARTE:
    1) -Ingegno è simile a tutti gli uomini;
    -Importanza del metodo;
    -Critica del sapere;
    -Elogio del sapere;
    -Gli studi eseguiti;
    -Il  quadro dell’esistenza;
    -Lo studio del  “gran libro del mondo”;
    -Dall’esperienza alla ragione.
     
    2) Cartesio ritiene che sia importante fare la conoscenza di altre culture affinché possiamo constatare che la nostra non è l’unica possibile. Ma egli sottolinea che se la si enfatizza troppo possiamo perdere la nostra identità. Questo è un tema molto attuale, poiché si parla della cosiddetta “migrazione”. Secondo me, il fenomeno dell’immigrazione può essere visto con occhi diversi da diverse persone. Molto spesso, tante persone non sono favorevoli alla venuta di altre popolazioni nella nostra nazione; forse perché non conoscendoli, e forse perché sentono dire dai media che sono portatori di malattie e virus. Proprio per questo la venuta da parte degli extracomunitari è vista come qualcosa di negativo con il bene del paese. Ci sono, invece, altre persone che non hanno nulla in contrario con riguardo ciò poiché capiscono che se questi extracomunitari vengono in Italia è perché la loro precedenza condizione, economica  e sociale, non è delle migliori. Molto spesso la gente è cattiva perché non si immedesima in quelle povere persone e soprattutto donne e bambini che scappano al fine di condurre una vita felice. A mio modesto parere è giusto che persone che conducono una vita infelice nel loro paese, vadano alla ricerca di un posto migliore; poiché anche noi italiani molto spesso ci trasferiamo in altre nazioni per trovare lavoro e condizioni di vita al meglio. Quindi credo sia giusto non dover giudicare il libro dalla copertina soltanto perché hanno un colore diverso della pelle o perché provengono da stati del terzo mondo. Molto spesso la gente adotta il fenomeno del razzismo contro queste persone, non sapendo che, anche se sono diversi esteriormente, interiormente sono come noi, e che potrebbero anche essere migliori di noi moralmente e caratterialmente.
     
     
    ESERCIZIO SULLA SECONDA PARTE:
    1)Tabella (parte relativa al metodo deduttivo):
    -Si parte da principi generali (assiomi e postulati)
    -Mediante intuizione
    -Si procede per deduzione (dall’ universale al particolare)
    -Mediante dimostrazione
    -Per formulare teoremi (come spiegazione dei fenomeni)
    -Corroborate/i dalla revisione dei passaggi
    2) Cartesio comincia a parlare nella sua opera  del metodo riferendosi a uno dei più classici, quello deduttivo. Il metodo della scienza moderna, che negli stessi anni veniva definito da Bacone e da Galilei, è noto invece come metodo induttivo-sperimentale. In particolare Cartesio sosteneva  la costruzione di un nuovo metodo che deve essere opera di uno solo perché in questo caso l’opera è più organica e soprattutto per le costruzioni politiche fatte da un unico legislatore che possiedono  possiede lo stesso fine, come appunto succedeva Sparta, dove era uno solo a comandare ed era meglio perché tutte le mosse del comandante erano indirizzate ad un unico fine, come avviene per gli edifici costruiti da un solo architetto. Infatti Descartes sottolineava come le opere idealizzate da un unico autore/ artista avrebbero dato dei risultati migliori rispetto a quelle idealizzate e costruite da vari artisti, che potevano presentare delle imperfezioni o delle diversità, in particolare alcune parti potevano risultare poco omogenee e poco uniformi con il resto del progetto.  Ciò che sosteneva Cartesio poteva essere in parte vero in quanto molti lavori possono  dare frutti migliori se sono elaborati da un’unica persona; ma non sempre è cosi, in quanto molte altre opere, che sono state realizzate da più autori, fanno parte delle grandi meraviglie del mondo, come per  esempio il Mausoleo di Alicarnasso, o anche la Grande Muraglia Cinese, e basti pensare anche alle Piramidi. Insomma tantissime opere e monumenti, alcuni tra quali fanno parte delle sette meraviglie del mondo, che sono state realizzate da più artisti, hanno prodotto un ottimo risultato.
     
    ESERCIZI SULLA TERZA PARTE:
     
    1) -Perché è necessaria una morale promissoria?
       -Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?
        -Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?
        -Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?
        -Quale occupazione devo scegliere nella vita?
        -Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?
        -Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?
     
    2) -In una lettera alla principessa Elisabetta, Cartesio si richiama alle tre regole della morale provvisoria, ma introduce qualche variante rispetto alla formulazione originaria. La differenza tra la prima regola del discorso e la prima della lettera a Elisabetta è che per quanto riguarda il discorso si tratta di seguire e obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese, restando nella religione in cui Dio ci ha fatto la grazie di essere istruiti sin dalla nascita; per quanto riguarda la prima regola della lettera a Elisabetta, essa sostiene che bisogna in qualunque modo servirsi della propria mente per sapere cosa fare e cosa non nelle varie circostanze della vita. -Per quanto riguarda la seconda regola invece, nel discorso, Cartesio sostiene che se mai dovessimo trovarci in una “foresta”, fuor di metafora in una situazione complicata e tortuosa, dobbiamo essere in grado di saperne uscire, andare sempre dritto, per quanto è possibile in una direzione, e non cambiarla senza un buon motivo, neanche se l’avessero scelta, all’inizio, solo per caso e, anche se non siamo in grado di trovare la strada giusta, dobbiamo sempre trovare un’altra strada per uscirne e considerarla come una possibile, affinché quella strada non ci sembri la più veritiera. Mentre nella lettera, la seconda regola sostiene che la scelta di un strada deve essere sempre fatta dalla ragione, senza lasciarsi guidare dal caso e dalle passioni, ed è proprio per questo che la si intende come virtù. – Infine, la terza regola sottolinea, nei discorsi, si sottolinea che l’uomo per vincere se stesso non debba stravolgere il mondo. Ossia che l’uomo non può desiderare ciò che non è alla propria portata ma deve muoversi e desiderare, secondo ragione, tutto ciò che rientri nei propri limiti. Cartesio sostiene ciò perché secondo lui desiderare qualcosa che non possiamo ottenere potrebbe portarci ad avere dei rimorsi e dei pentimenti. Mentre nella lettera sostiene che tutto ciò si può evitare solo se l’uomo si muove secondo ragione, in quanto grazie ad essa siamo in grado di evitare tutto ciò che non rientra nei nostri standard al fine di eliminare i pentimenti. Io credo che sia giusto non spingersi oltre i propri limiti in quanto noi stessi sappiamo fin dove arrivare e con l’aiuto della ragione siamo in grado di evitare delusioni. Credo anche che dobbiamo comunque seguire le nostre passioni e non fermarci dinanzi a qualcosa che crediamo sia irraggiungibile ma quando in realtà non lo è.
     
    ESERCIZI SULLA QUARTA PARTE:
     
    1)Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? rr.da 6a15 [La certezza del cogito]
    “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.”
    2) Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio? rr. Da 1a5 [certezza del cogito]
    ” Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia
    che cercavo.”
    3) Perché la ragione non è affidabile? rr . Da9a17 [la verità delle idee]
    “Perché insomma, sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi. Così il sole, sebbene lo vediamo molto chiaramente, non dobbiamo perciò giudicarlo piccolo come lo possiamo ben immaginare distintamente una testa di leone innestata sul corpo di una capra, senza dover concludere perciò che ci sia al mondo una chimera: perché la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi.”
    4) Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? rr. Da 6a9 [il dubbio metodico]
    “ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile”
    5) Perché i sensi non sono affidabili? rr. Da 5a9 [la verità delle idee]
    ” E quando all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono”.
    6) Quali caratteristiche devono avere le idee vere? rr. Da 17a21 [la verità delle idee].
    ” poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal
    momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni.
    7) Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? rr. Da 3a7 [i criteri della verità].
    “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto
    chiaramente e molto distintamente
    sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.”
    8) Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? rr. Da 4a17[l’esistenza di Dio].
    ” Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il cielo, la terra, la luce, il calore, e mille altre, non mi davo molta pena di cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse superiori a me, e perciò potevo credere che, se erano veri, dipendevano dalla mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione. Ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo.”
    Sequenza corretta :
    4-2-1-6-7-8-5-3
     
    2) Nel 1999 usciva un film che avrebbe rivoluzionato completamente la cinematografia, tanto per gli effetti speciali quanto per i contenuti proposti: si trattava di Matrix, scritto e diretto da Lana e Andy Wachowski, un vero e proprio compendio filosofico, che riprende sicuramente la sua idea centrale da quello che è il pensiero filosofico di Cartesio. Troviamo all’interno del film una visione del mondo che richiama vivamente alla mente diverse tappe della tradizione filosofica occidentale. Il protagonista, Neo, da qualche tempo vive assillato da interrogativi cui non riesce a dare risposte che lo soddisfino: é come se, dentro di sé, avvertisse che in ogni atomo della realtà che lo circonda c’é qualcosa che non quadra. Egli viene contattato da Morpheus, un famigerato ‘pirata virtuale’ ricercato dalle autorità: quest’ultimo é infatti convinto che Neo sia un uomo al di fuori del normale, destinato a salvare l’intera umanità dal dramma che la affligge; ma di che dramma si tratta? Morpheus ha contatto Neo proprio perché si é accorto che ha presagito questo dramma che si protrae da secoli ed é convinto che spetti a lui aiutarlo: l’intero genere umano é soggiogato alle macchine, delle quali un tempo si serviva: dopo una ribellione da parte di queste ultime, i ruoli si sono invertiti: le macchine sfruttano gli uomini per sopravvivere e li tengono incatenati, avvalendosi della loro energia. Nell’ambito delle percezioni, il mondo che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi é reale, ma nell’ambito della realtà, esso é una beffa, non esiste: si tratta solo di immagini virtuali inviate al nostro cervello dalle macchine che ci tengono schiavi. Dunque, ogni cosa che ci circonda non ha un fondamento al di fuori della nostra mente: le macchine, le case e le strade non sono altro che immagini virtuali inviate al nostro cervello dalle macchine dominatrici; il mondo intero é un programma (Matrix appunto), un inganno ordito dalle onnipotenti intelligenze artificiali che ci controllano. Naturalmente Neo, per quanto avesse potuto presagire che qualcosa non andava, era lungi dall’immaginare tutto questo e, in un primo tempo, non riesce a capacitarsene. (fonte: http://www.filosofico.net/filos59.htm ). Così come nel film si vede la presenza di queste macchine che sono superiori agli uomini e che li controllano attraverso delle immagini virtuali inviate appunto al nostro cervello. Ed è compito di Neo, essendo uno dei pochi ad essersi accorto di queste anomalie, riportare tutto alla normalità e porre fine a questa illusione che non permette agli uomini di condurre una vita normale. Anche Cartesio credeva che tutto ciò che noi vediamo non è altro che un’illusione, generata da un genio maligno, che ci porta a considerare reale e certo tutto ciò che vediamo e sentiamo, anche se in realtà non lo è. L’unica certezza di Cartesio, proprio come nel film, è quella di sé stessi. Cartesio crede infatti che se siamo capaci di porci dei dubbi, cioè di pensare, significa che esistiamo “cogito, ergo sum”, ovvero “ Penso, dunque sono”, appunto. Cartesio però sottolinea che non dobbiamo lasciarci trarre in inganno da tutto ciò che è legato al corpo, tutte quelle sensazioni e ragionamenti che potrebbero facilmente condurci nell’errore. Oltre che a Cartesio, come ci riporta il sito internet i produttori del film si sono ispirati anche da quella che è la filosofia occidentale e quindi al famoso mito della Caverna di Mr. Platone. Infatti nel mito vediamo come tutto ciò che si trovava all’interno della caverna era vista come un’illusione, una finta realtà dalla quale si poteva uscire solo uscendo appunto dalla caverna. Lo schiavo, infatti, solo andando al di fuori di quest’ultima poteva conoscere il mondo e la verità su di essa, slegandosi dalle famose catene che lo tenevano imprigionato.  Invece una delle differenze che maggiormente risalta è la presenza di Dio. Cartesio è convinto dell’esistenza di un Dio come creatore del mondo, e non come Dio – persona; Dio non può però essere, come tutte le altre cose, un’illusione, perché è un’idea infinta, superiore a tutti e un’entità divina. In Matrix invece non viene fatto alcun riferimento a Dio, a un creatore supremo, ad un’entità che prevale sugli altri  e che è dotata di un corpo reale; nel film si allude solo a queste macchine che controllano la mente umana, e  che sono in un certo senso prevalgono sugli uomini, e ad un messia, in riferimento però a Neo, che è il salvatore del mondo.
     
    ESERCIZI RELATIVI ALLA QUINTA PARTE:
     
    1)Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? rr. 1-8 (Lo studio deduttivo della natura): “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da queste prime. Ma per farlo dovrei ora parlare di parecchie questioni che sono oggetto di controversia fra i dotti, e io non desidero mettermi in urto con loro. Credo perciò più prudente astenermene, e dire solo, in generale, di quali questioni si tratta, per lasciare che i più saggi giudichino se sarebbe utile al pubblico un’informazione più particolareggiata. Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri.”
    2) Che cos’è il meccanicismo? rr. 13-16 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “Mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate.”
    3) Qual è la funzione delle leggi nella natura? rr. 12-19 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano comporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse.”
    4) Qual è la causa della circolazione sanguigna? rr. 24-31 (Cartesio e Harvey): Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene.”
    5) Qual è la causa del movimento dei muscoli? rr. 5-12 (Il meccanicismo): “Inoltre, quali mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i sogni; e come la luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre qualità degli oggetti esterni possano imprimervi idee diverse attraverso i sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì le loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie quelle idee; come memoria che le conserva; e come immaginazione, che può mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con lo stesso mezzo, distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà.”
    6) Come possiamo distinguere un uomo da un automa? rr. 6-18 (Uomini e macchine): “Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficienza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione. Ora, con questi due criteri si può conoscere anche la differenza che c’è tra gli uomini e i bruti.”
    7) Qual è la funzione del linguaggio? rr. 32-36 (Uomini e macchine): “Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili.”
    8) Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? rr. 1-10 (L’anima e il corpo): “Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficienza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche.”
     
    2) (Wikipedia)  “L’espressione “Intelligenza Artificiale” (Artificial Intelligence) fu coniata nel 1956 dal matematico statunitense John McCarthy, durante un seminario interdisciplinare svoltosi nel New Hampshire. Secondo le parole di Marvin Minsky, uno dei “pionieri” della I.A., lo scopo di questa nuova disciplina sarebbe stato quello di “far fare alle macchine delle cose che richiederebbero l’intelligenza se fossero fatte dagli uomini”. “L’intelligenza artificiale è una disciplina dibattuta tra scienziati e filosofi, che manifesta aspetti teorici e pratici oltre che etici. Nel suo aspetto puramente informatico, essa comprende la teoria e le tecniche per lo sviluppo di algoritmi che consentano alle macchine (tipicamente ai calcolatori) di mostrare un’abilità e/o attività intelligente, almeno in domini specifici.” .  L’intelligenza artificiale ha avuto origine molti secoli prima della nascita del computer, già da Cartesio era stata operata una distinzione tra macchine e uomini, il filosofo era quindi sostenitore di un dualismo, quello tra anima e corpo. Cartesio credeva che anima e corpo fossero due sostanze diverse, del tutto separate, che potevano unirsi soltanto grazie all’azione della ghiandola pienale, posta alla base del cervello; l’uomo quindi poteva essere caratterizzato da due comportamenti, uno dato dalla volontà e l’altro dall’automatismo; si parla per questo di meccanicismo, che caratterizza gli essere viventi che fondano la propria vita sull’automatismo, come gli animali.  Infatti per quanto riguarda l’intelligenza artificiale (I.A.), anche Blaise Pascal comincia a dedicarsi allo studio di tutto ciò che riguarda la scienza, introducendo per la prima volta la cosiddetta “Pascalina”, ovvero uno strumento in grado di risolvere dei calcoli. Egli infatti la introdusse inizialmente per aiutare il padre, imprenditore fiscalista, nel compiere un lavoro difficile di calcolo. Secondo le parole di Minsky, dopo il 1962 l’IA cambia le sue priorità: essa dà minore importanza all’apprendimento, mentre pone l’accento sulla rappresentazione della conoscenza e sul problema a essa connesso del superamento del formalismo finora a disposizione e liberarsi dalle costrizioni dei vecchi sistemi. Un esempio di I.A. è ciò che spiega il test di Turing, progettato però nel 1950, quando ancora l’intelligenza artificiale era agli inizi. Adesso è molto più avanzata, tanto che la distinzione tra intelligenza umana e artificiale e a volte problematica. Di intelligenza artificiale possiamo parlarne anche all’interno dei due film “Blade Runner” e “A.I. intelligenza artificiale”. In particolare,  La trama del primo  si sviluppa intorno alla caccia ad alcuni “replicanti”, cioè androidi molto potenti, costruiti per fungere da schiavi ma ribellatisi agli uomini. Il problema è come identificarli, perché e difficile distinguerli dagli esseri umani. Infatti uno dei principali scopi, così come anche secondo Cartesio, è quello di capire come questi “replicanti” possano provare emozioni. Vediamo, infatti, come essi, pur non avendo un’infanzia, riescono a conservare i ricordi e a ricordarli, infatti alcuni di loro non sono coscienti della loro condizione di androidi. Nel secondo film, invece, vediamo protagonista questo “robot” creato in laboratorio. Esso però non è solo una macchina, ma riesce a provare dei sentimenti pur non essendo umano. Infatti vediamo come tutti i bambini che lo vedono capiscono che c’è qualcosa di strano, perché sembra così  reale che riesce perfettamente a confondersi con gli umani, grazie anche appunto alla sua capacità di provare emozioni.
     
     
     
    ESERCIZI SULLA SESTA PARTE:
    1)  Tabella:
    1. Che tipo di metodo è? Metodo deduttivo. “All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un po’ di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle. Ma l’ordine che ho seguito qui è il seguente. Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi. Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato.”
    2. Che ruolo vi gioca l’esperienza? L’esperienza ha un ruolo essenziale per il metodo delineato da Cartesio. “Notai anzi, a proposito delle esperienze, che sono tanto più necessarie tanto più si è avanti nella conoscenza. All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un po’ di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle.
    3. Qual è il punto di partenza? Postulati e definizioni generali. “Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima.”
    4. Qual è il passaggio successivo? Dubbi sulle definizioni generali. “Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze (e dal contenuto di questo libro spero che così si giudicherà), posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà, che considero come altrettante battaglie felicemente concluse.”
    5. Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? Cartesio deve trovare delle verità indubitabili, che non possono essere sottoposte al dubbio. “E spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta.”
    6. Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»? Perché l’uomo deve servirsi solo dei casi generali. “Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari.”
    7. Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? Gli aspetti elementari. “In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi.”
    8. II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli? Si. “In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato.”
    9. Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha? La natura è meccanicistica ed è regolata da alcuni principi, proprio per questo Dio non interagisce mai in essa, egli è soltanto creatore. “I principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”.
     
    ATTIVITA’ E APPROFONDIMENTI 1:
    Cartesio inizia a scrivere nel 1630 una delle sue opere più importanti: Il Mondo, che però non verrà mai pubblicata. Il filosofo ,inoltre, decide di non pubblicare la sua opera per diversi motivi, ma quello che più lo segna è la censura. Infatti una caso di censura durante l’epoca di Cartesio fu il caso di Galileo Galilei. Infatti, la chiesa e il Tribunale dell’Inquisizione considerarono eretica l’opera dello scienziato “Il dialogo sopra i massimi sistemi del mondo”.  Oltre che dalla chiesa, Cartesio era intimorito anche dal giudizio dei dotti e intellettuali di quel tempo. La censura è un tema che tutt’oggi è ancora usato; infatti anche in Italia, ma anche in altri paesi vediamo forme di censura in vari settori. In particolare la censura giornalistica o televisiva; infatti “un episodio di censura è stata la cancellazione nell’ottobre 2006 di una puntata della trasmissione televisiva Le Iene che avrebbe dovuto mandare in onda un test sull’uso della droga all’interno del Parlamento Italiano.”   (Wikipedia); un altro esempio di censura sono le parti di veri film che vengono tagliate perché non adatte alla visione di ogni tipo di pubblico. Anche se in Italia particolarmente è riconosciuta la liberta di pensiero e di parola, come afferma anche la costituzione italiana nell’articolo 23 “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.” Purtroppo però, anche se in alcuni pesi è riconosciuta la libertà di stampa, molto spesso si verificano tipi di “censura alternativa”, come ad esempio gli atti di terrorismo che la Francia sta subendo dal 7 gennaio 2015, con il famoso caso della testata giornalistica “Charlie Hebdo”, noto giornale satirico nato nel 1970, che ha portato all’ira di alcuni movimenti estremisti islamici con consequenziale morte di dodici persone, tra addetti alla sicurezza e giornalisti. E’ questo che,secondo me, porta la gente ad essere terrorizzata nell’esprimere la propria opinione, la propria parola, perché una della conseguenze di ciò è proprio perdere la stessa vita.
    ATTIVITA’ E APPROFONDIMENTI 2:
     
    Bacone è considerato il padre del metodo induttivo. Uno dei punti fondamentali è quello che il sapere deve essere cumulativo e collaborativo, e per  raggiungere tale scopo bisognava rispettare alcune condizioni: un comune metodo di lavoro; l’organizzazione sistematica della ricerca. Egli ne parla, infatti, nella sua opera “ Il Novum Organum”. Nel Novum Organum (in latino “nuovo organo”, ovvero nuovo “strumento” per l’indagine scientifico-razionale del mondo), Bacone tenta di sostituire il sapere deduttivo della logica classica con una nuova logica, strettamente dipendente dalle nuove scoperte tecnico-scientifiche e incentrata sul metodo induttivo e sperimentale, fondato sulla scelta, la valutazione e lo studio dei casi particolari, da cui partire per ricostruire per gradi le leggi generali. Una rivoluzione quindi, rispetto alla vecchia logica, che partendo dall’universale recuperava da esso i criteri del giudizio particolare; si tratta per Bacone di un atteggiamento che, se può dare risultati nel dibattito filosofico, è assolutamente improduttivo dal punto di vista dei risultati scientifici. L’esperienza sensibile, che costituisce la base imprescindibile di ogni reale conoscenza del mondo, deve essere allora guidata da un atteggiamento metodologico, che Bacone si preoccupa di definire nel Novum Organum. Il metodo induttivo di Bacone muove su 5 punti fondamentali:
    1-osservazione sistematica;
    2- formulazione delle prime ipotesi (prima vendemmia);
    3-esperimenti per confermare o meno le ipotesi iniziali;
    4-individuazione principi generali;
    5-applicazione dei principi per modificare la natura.
    In particolare, Bacone sottolineava l’importanza da parte dell’uomo di allontanarsi dai cosiddetti “fantasmi”, ovvero “ idola”. Essi erano dei veri e propri fonti di errore che portano l’uomo all’illusione. Il metodo conoscitivo postulato da Bacone è, tuttavia, sostanzialmente diverso dall’induzione aristotelica: mentre questa consisteva in una pura osservazione dei fenomeni, la procedura baconiana prevede che oltre ad osservare si compiano veri esperimenti e si registrino i dati ottenuti. Per questa registrazione Bacone teorizza diverse tavole:
    ·       Tavola di presenza
    ·       Tavola di assenza
    ·       Tavola dei gradi
    Le tavole di presenza hanno lo scopo di registrare in che circostanze si verifica il fenomeno studiato. Quelle di assenza, al contrario, registrano quando il fenomeno non si verifica, nonostante le condizioni siano simili a quelle in cui esso avviene. La tavola dei gradi indica in quale misura accade l’avvenimento studiato. Una volta compilate le tavole, si raccoglie il materiale (prima vendemmia) e si formula un’ipotesi, da controllare con successivi esperimenti fino a giungere all’esperimento cruciale, in cui si incrociano le varie prove per verificare quali siano le correlazioni tra i singoli fenomeni.
    Cartesio, invece, distaccandosi dal pensiero rinascimentale, si dedicherà ad un metodo di tipo deduttivo. Esso richiede il possesso di verità iniziali, le quali siano al riparo da ogni dubbio, poiché fungeranno da base a tutto il sapere. Cartesio, inoltre, rifiuta un sapere collaborativo,poiché il principio della conoscenza è individuato nella certezza di sé come essere pensante, e non in quanto corpo. Infatti, con Cartesio, si riaffermerà l’idea di un dualismo, anziché tra anima e corpo, tra ciò che è pensiero (res cogitans) e ciò che è materia (res extensa).
    Bacone, invece, non si era interessato dello studio dell’anima, nella sua ricerca, o a Dio e alla metafisica, come farà Cartesio. Una delle analogie, però, è che Cartesio riprese l’idea di un sapere cumulativo. Da ciò, Cartesio giunge al cosiddetto: “Cogito ergo sum”: il pensiero ci identifica come esseri esistenti in quanto pensanti.
     
    PER LA RIFLESSIONE E IL DIBATTITO:
    Nell’ultima parte dei “Discorsi”, Cartesio ci illustra tutti i pro e i contro che lo hanno portato a prendere la decisione di pubblicare o meno la sua opera, “Il Mondo”.
    Come già detto poco fa, Cartesio decise di non pubblicare la sua opera per paura di una censura simile a quella subita da Galilei; ma c’erano stati anche motivi, per i quali Cartesio aveva preso in considerazione la pubblicazione dell’opera. Tra questi vi erano la consapevolezza, da parte del filosofo, di poter fare in modo, grazie alle scoperte fisiche compiute da egli stesso, che l’umanità si acculturasse e comprendesse al meglio tutto ciò che riguardava l’ambito matematico fisico. Io credo che, se fossi stata nei panni di Cartesio, avrei  preso la stessa decisione. Certo, uno non può sapere come ci si sente finché non vive una situazione del genere in prima persona, ma credo che nella vita se non si rischia non si avrà mai il coraggio di andare avanti. Certamente Cartesio, come chiunque, aveva paura di andare incontro alla censura, ma credo che la consapevolezza e la fiducia in se stesso lo hanno portato a riflettere e gli hanno fatto capire che senza rischiare non avrebbe mai saputo cosa si sarebbe fatto della sua opere fino ai giorni nostri. Anch’io, a mio modesto parere, avrei avuta tanta paura nel ricevere una censura, ma è anche vero che avrei avuto molta più paura che la mia opera non fosse pubblicata e conosciuta in tutto il mondo, soprattutto se all’interno erano contenute spiegazioni e riflessioni per me importanti.

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  13. Alessia Trodelli il said:

    Prima parte:
    paragrafo 1: L’ingegno è simile in tutti gli uomini
    paragrafo 2: L’importanza del metodo
    paragrafo 3: Critica del sapere
    paragrafo 4: Elogio del sapere
    paragrafo 5: Gli studi seguiti
    paragrafo 6: Il quadro dell’esistenza
    paragrafo 7: Lo studio del “gran libro del mondo”
    paragrafo 8: – Dall’esperienza alla ragione
    Domanda prima parte:
      Come oramai è noto a tutti, grazie all’azione dei mass-media e alle esperienze personali, il fenomeno dell’immigrazione in Italia continua ad aumentare. I dati ISTAT riportano infatti che i cittadini italiani per acquisizione, che erano 285.782 nel 2001, sono saliti a 671.394 al Censimento del 2011 (+135%), cui si aggiungono 65.383 acquisizioni nel 2012 e 100.712 nel 2013 fino ad arrivare alla registrazione di 5.300.000 immigrati. Ovviamente, non tutti coloro che arrivano soggiornano nel nostro paese regolarmente anche se si tratta di una minima percentuale. Alcuni partiti della politica italiana sostengono che l’immigrazione porti alla rovina del paese, poiché il continuo flusso di persone di popolazioni e culture differenti causa l’indebolimento di un’economia e di un equilibrio già precario in Italia. Per trovare soluzione a questo “dramma” (così definito a causa delle numerose morti, fra cui caso  noto a tutti Aylan Kurdi, morto a tre anni sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia) molte sono state le proposte avanzate: alcuni sostengono il bisogno di agire “alla maniera slovacca”, accettando cioè solo un ristretto numero di persone di religione cristiana in quanto “culturalmente più vicine” , l’utilizzo delle piattaforme petrolifere inattive come centri di ristoro per immigrati, l’indirizzamento dei fondi economici ai paesi di provenienza degli emigranti , altri la chiusura delle frontiere.             Ma come possono essere chiuse le frontiere?
      Bisogna ricordare, che non sono questi i primi soggetti ad emigrare dai propri paesi devastati da guerra e povertà. Gli stessi italiani, che oggi criticano per motivazioni legate alla visione politica o a causa di pregiudizi l’arrivo di questi uomini (che parlando francamente, hanno il colore della pelle diverso dal nostro) dovrebbero tenere ben a mente quando nella seconda metà del XIX secolo e nel dopoguerra, erano proprio gli italiani a fuggire e cercare asilo e una sistemazione economica in altri paesi, quali Stati Uniti, Argentina, Brasile e Svizzera. Le motivazioni che portano uomini e donne a partire senza la certezza di poter tornare nel proprio paese, sono sempre state le stesse: la speranza di un lavoro, benessere economico, realizzazione personale, desiderio di sfuggire dai bombardamenti e dalla povertà, desiderio di garantire ai propri figli un futuro migliore.
      Forse bisogna pensare agli immigrati non come ammassi di persone, ma come singoli individui che è lecito aiutare, anche se probabilmente questa è una visione sin troppo utopistica.
     
    Seconda parte:
    Metodo deduttivo
    Si parte da princìpi generali (assiomi e postulati), mediante l’intuizione, si procede per deduzione (dall’universale al particolare), mediante dimostrazione, per formulare teoremi (come spiegazione di fenomeni) corroborate/i da revisione dei diversi passaggi.
    Domanda seconda parte:
     Il 17 dicembre 1903 i fratelli Orville e Wilbur Wright hanno realizzato il primo volo con il primo mezzo motorizzato, il Wright Flyer. Dalla fine del 1902, i fratelli Wright si erano dedicati all’installazione di un motore su una sorta di aliante e si erano rivolti a diverse case automobilistiche per avere un motore a scoppio con un rapporto potenza-peso soddisfacente, ma, dato che nessuna era stata in grado di fornirglielo, ne avevano progettato uno, facendolo poi realizzare al loro meccanico e collaboratore di fiducia, Charlie Taylor. I fratelli hanno avuto lo stesso problema per le eliche ed alla fine hanno deciso di costruirle da soli. Tornati a Kitty Hawk nel settembre 1903, i fratelli hanno dovuto attendere il mese di dicembre per testare il loro aereo, a causa delle avverse condizioni meteo. Il primo tentativo di volo, compiuto da Wilbur, si è concluso con uno schianto al suolo dopo appena 3,5 secondi dal decollo. Sistemati i danni, Orville ci ha riprovato 3 giorni dopo: era il 17 dicembre. Il velivolo rimase in aria per 12 secondi, percorrendo 36 metri. Il Wright Flyer è considerato il primo aeroplano ad aver eseguito un volo controllato con un pilota a bordo.
    Questo è, a mio parere, un chiaro esempio di come la collaborazione di due o più menti porti alla creazione di invenzioni che hanno rivoluzionato il mondo.
     
    Terza parte:
    1 Perché è necessaria una morale provvisoria?
    2 Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?
    3 Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?
    4 Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?
    5 Quale occupazione devo scegliere nella vita?
    6 Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?
    7 Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?
    Domanda terza parte:
       Le tre massime riportate nell’opera citata rispecchiano l’atteggiamento moderato e disinteresse politico di Cartesio. Egli iniziò una corrispondenza epistolare quando la principessa Elisabetta del Palatinato si ammalò di depressione e cercò quindi di consolarla con la filosofia, indicandole il modo per contrastare la sfortuna con la forza della virtù e della ragione. Per questo egli elenca tre semplici leggi da dover seguire se si desidera essere felici, e queste regole non sono però le stesse riportate nel “Discorso sul metodo”.
       Nel “Discorso sul metodo” la prima regola parla del rapporto con le leggi, i costumi del proprio paese e la religione al quale è stato educato, per grazia di Dio e dell’agire nel resto delle cose con moderazione. Nella lettera ad Elisabetta la prima massima sostiene che la ragione è l’unico mezzo da utilizzare per agire correttamente.
       La seconda massima di Cartesio all’interno del “Discorso sul metodo” sostiene la risolutezza e la fermezza nelle azioni e che una volta accettate delle opinioni, anche se dubbie seguirle. Nelle lettere con la principessa egli sostiene che bisogna essere sì fermi e risoluti nelle azioni senza lasciarsi distrarre dai propri piaceri, ed è proprio questa fermezza la virtù principale per Cartesio, a cui gli altri hanno dato nomi diversi, in base alle diverse applicazioni.
      La terza massima contenuta nel “Discorso sul metodo” Cartesio sostiene che non bisogna battersi con la fortuna, ma modificare i propri desideri in base a ciò che la vita ci offre. Lo stesso concetto viene ripreso nelle epistole, dove il filosofo sostiene che se si utilizza la ragione, si arriva a comprendere cosa è o non è in nostro potere; da qui si evitano i pentimenti e rimpianti che sono ciò che ci rende infelici. Inoltre, anche se si utilizza la ragione come strumento per compiere delle scelte, essa può trarci in inganno ma per lo meno, anche se si ritorna al rimpianto e al pentimento, non sarà colpa nostra.
      Per quanto riguarda le leggi formulate da Cartesio, la prima legge non può essere applicata al mondo d’oggi: un mondo dove la globalizzazione avanza sempre di più e dove tutto ormai diventa multietnico e ogni cosa appartiene a tutti. Pochi sono ancora i tratti distintivi fra le varie regioni del mondo: per esempio, le città italiane sono ricche di fast-food di origine americana, che nulla hanno a che fare con le nostre tradizioni; lo stesso vale per gli altri campi a partire dall’abbigliamento, la musica e così via.
      Riguardo la seconda legge che tratta della fermezza d’animo, non è rispettata dalla maggior parte di tutti noi. Basti pensare ai politici o alle classi dirigenti, cioè a coloro che dovrebbero massimamente agire per ragione, che spesso (molto spesso) si lasciano ingannare dai propri piaceri ed i propri affari.
       La terza regola, sostiene invece che bisogna modificare i propri desideri e non le cose che ci circondano. Al giorno d’oggi, molte persone di famiglie non benestanti riescono con numerosi sacrifici a cambiare la propria sorte e seguire i propri desideri. Questo però non è sempre possibile, spesso infatti, molte persone sono impossibilitate nel proseguire i propri studi, sia per ragioni economiche che per ragioni legate alla società di oggi, che spesso non premia la mente ma il portafoglio.
    Quarta parte:
    4 Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? rr.6-9 , par “Dubbio metodico “
    3 Perché la ragione non è affidabile?  Rr.9-17, par. “Verità delle idee”
    2. Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio? rr.1-5 par. “La certezza del cogito”
    1. Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? rr. 6-15  par. “La certezza del cogito”
    8. Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? rr.  4-17 par. “L’esistenza di Dio”
    7. Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? rr. 3-7 par. “I criteri della verità”
    6. Quali caratteristiche devono avere le idee vere?  rr. 17-21 par. “La verità delle idee”
     5. Perché i sensi non sono affidabili? rr. 5-9  par. “La verità delle idee”
    Domanda quarta parte:
       Il cosiddetto dubbio iperbolico di Cartesio, consiste nell’ipotizzare l’esistenza di un genio maligno, astuto e potente che si diverte a far apparire come realtà logiche quelli che in realtà sono i suoi inganni. Cartesio allora immagina che l’unica cosa che non può essere manipolata dal genio, è il cogito, il pensiero. Di fatto, oltre ai nostri occhi, mani, l’aria e così via, che potrebbero essere a causa di questo genio delle mere illusioni, l’unica cosa che ci caratterizza come esseri esistenti è l’esistenza di se come essere pensante. Se si hanno dei dubbi, si pensa. Se penso, sono. Questa è la verità indubitabile per Cartesio, alla quale si erano già avvicinati anche se in maniera differente filosofi a lui precedenti come Agostino (si fallor, sum cioè se sbaglio, esisto) e Campanella sostenitore del sensus inditus, cioè una profonda conoscenza di sé stessi senza la quale non si può conoscere ciò che ci circonda. Cartesio afferma quindi la necessaria esistenza della res cogitans, ovvero la sostanza pensante dalla quale deriva la morale.
       Il dubbio sull’esistenza reale di tutto ciò che ci circonda risale già all’epoca degli Scettici, scuola di pensiero fondata da Zenone di Cizio. Lo scetticismo sostiene l’impossibilità di arrivare ad una verità oggettiva e di conseguenza si giunge al distacco da ogni credenza. Anche Cartesio proporrà questa problematica ma anche la cinematografia moderna propone varie rielaborazioni, basti pensare al sequel di Matrix. Il film, i cui autori sono Larry e Andy Wachowski, narra della storia di Neo, un abile pirata informatico che viene a conoscenza, tramite vari intrecci, che il mondo in cui ha sempre creduto di vivere, andando alle feste, lavorando, pagando le bollette e così via, in realtà non è altro che una finzione creata da una matrice, Matrix appunto, che prende energia dagli uomini per donarla alle macchine. Il film riprende quello che era il mito platonico della caverna, di fatto gli uomini di Matrix hanno sempre vissuto la loro vita, nascendo, crescendo e morendo, senza mai domandarsi se fosse reale così come gli uomini al buio nella caverna. Gli uomini di Matrix vengono, come dice un protagonista, “coltivati e nutriti” dalla matrice e sono racchiusi all’interno di sacche colme di liquido così come il feto si trova nella placenta e nel liquido amniotico, collegati ad essa tramite dei cavi. Il film fa riferimento anche all’esperimento mentale di Putnam, che consiste nell’immaginare di estrarre un cervello da un corpo umano e collegarlo ad un computer con un programma che simula la vita corporea. Il cervello continuerà a credere di essere all’interno di un corpo vivente, anche se non è la realtà.
    Molte sono le analogie fra la teoria di Cartesio e quella di Matrix: il genio maligno e ingannatore è la matrice stessa ideata dalle macchine, l’uomo diventa un accessorio della macchina ed un giocattolo per il genio maligno, con Cartesio l’uomo pensa e quindi ha la sicurezza di esistere, se non in carne ed ossa, per lo meno come essere pensante mentre in Matrix, Morpheus e Neo hanno la certezza di quello che è il mondo reale e di ciò che le macchine hanno generato nel corso dei secoli. Ma diciamo la verità, chi non ha mai pensato che la propria vita fosse un sogno?
     
    Quinta parte:
    Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? rr. 10-15 par “Lo studio deduttivo della natura”
    Che cos’è il meccanicismo? rr.
    Qual è la funzione delle leggi della natura? rr. 16-19 par “Dal caos dei poeti all’universo ordinato”
    Qual è la causa della circolazione sanguigna? rr. 34-49 par “Il cuore e la circolazione sanguigna” e rr 4-57 par “Cartesio e Harvey”
    Qual è la causa del movimento dei muscoli? rr. 58-63 par “Cartesio e Harvey” e rr 2-3 par “Il meccanicismo” e rr 10-12 par “Il meccanicismo”
    Come possiamo distinguere un uomo da un automa? rr. 5-17 par “Uomini e macchine”
    Qual è la funzione del linguaggio? rr.5-6 par “Uomini e macchine”
    Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? rr. 1-5 par “L’anima e il corpo”
     Domanda quinta parte:
        E’ da anni che l’uomo migliora sempre di più le proprie macchine e crea intelligenza artificiale. L’intelligenza artificiale è un campo della scienza informatica che si occupa di realizzare delle macchine in grado di risolvere i problemi in autonomia, senza alcun bisogno dell’uomo. In inglese è conosciuta con il nome Artificial Intelligence, o nella sua forma abbreviata A.I. L’intelligenza artificiale non crea una vita artificiale senziente, come comunemente si crede, bensì una macchina intelligente.  Alcuni esempi possono essere gli assistenti vocali sugli smartphone o le macchine che parcheggiano senza il guidatore. Dell’intelligenza artificiale si occupò anche Alan Turing, matematico, logico e crittografo britannico il quale ebbe grande importanza nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. Egli fu infatti l’ideatore della macchina di Turing, che venne utilizzata dallo studioso per decifrare i messaggi scambiati da diplomatici e militari delle Potenze dell’Asse che utilizzavano la macchina Enigma. Turing nel 1950 pubblicò “Computing Machinery and Intelligence, Mind “anche se già negli anni trenta aveva teorizzato leggi riguardanti l’intelligenza artificiale anche prima della progettazione del primo computer. Egli è stato considerato per questo il padre della scienza informatica ma nonostante ciò morì suicida all’età di 41 anni, dopo una castrazione chimica dovuta alla sua omosessualità, allora considerata un crimine. “Dovremmo cominciare definendo “macchina” e “pensiero” nel loro significato più comune, ma sarebbe fuorviante.” (Alan Turing). La differenza fra le macchine e l’uomo, è che l’uomo non agisce in base a regole matematiche, logaritmi e così via, ma agisce diversamente a seconda della situazione senza il bisogno di attivare programmi o pulsanti. Le macchine e gli strumenti sono stati sempre utilizzati come prolungamento dell’uomo e come strumenti. 
      Da qui si apre il conflitto fra etica e progresso scientifico, che consiste nello scontro fra due ideologie diverse. Uno degli argomenti maggiormente discussi è la clonazione. La clonazione è la tecnica di produzione di copie geneticamente identiche di organismi viventi tramite manipolazione genetica. Di questo tema tratta il film Blade Runner, film di fantascienza del 1982 diretto da Ridley Scott, dove tramite la creazione di cloni dalle sembianze umane che vengono utilizzati nelle colonie extra-terrestri come forza lavoro. L’intelligenza artificiale negli ultimi anni ha messo in contrapposizione etica e scienza. Molti sono i punti interrogativi riguardo questo argomento, come per esempio le cellule embrionali conservate. Quanto è lecito alla scienza? Fin dove può giungere il progresso? 
       Nel corso del tempo si è sviluppata una visione completamente scientifica della vita, a discapito di quella religiosa a partire dai primi studi di genetica attuati da Darwin.  A mio parere, da un lato l’uomo avverte un forte bisogno di progredire e di utilizzare tutte le sue capacità trascurando quelli che magari sono i princìpi etici sui quali si fonda la società; dall’altro lato la scienza si blocca a causa della paura e dalla consapevolezza che il potere che acquisirà l’uomo sarà enorme rispetto a quello avuto in passato. Può l’uomo stesso divenire una macchina e ragionare come se lo fosse? E qual è il limite che bisogna porsi?  Si può davvero arrivare al punto in cui le macchine prendano il potere o diventino nostri pari? O addirittura possono macchine e uomini provare sentimenti reciproci?
      Le macchine non possono divenire come noi uomini, non possono avere sentimenti ma sicuramente possono battere l’intelligenza umana dal punto di vista di calcoli matematici, basti pensare alla partita di scacchi del 1977 fra Garry Kasparov e Deep Blue, un computer che fu aggiornato nel corso del tempo. Le partite giocate furono infatti ben sei, inizialmente il computer perse per 3-2 ma fu aggiornato e modificato profondamente tanto da vincere 3.5-2.5.  E se queste modifiche fossero applicate anche ai droni o alle altre macchine da guerra? Potrebbe l’uomo vincere una lotta contro esse? O forse sono solo delle considerazioni fantascientifiche? Nessuno può saperlo.
     
    Sesta parte:
    1 Quale metodo è?  Metodo deduttivo. Paragrafo “Osservazioni sul metodo seguito” rr. 2-18
    2 Che ruolo vi gioca l’esperienza? L’esperienza ha un ruolo di primaria importanza. Paragrafo “Osservazioni sul metodo seguito” rr.1-6
    3 Qual è il punto di partenza? Postulati e definizioni generali. Paragrafo “Osservazioni sul metodo seguito” rr.6-8
    4 Qual è il passaggio successivo? Porsi domane sulle definizioni generali. Paragrafo “Ragioni contro la pubblicazione” rr.26-29
    5 Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? Verità indubitabili. Paragrafo “Ragioni contro la pubblicazione” rr.5-6
     6 Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»? Perché l’uomo può utilizzare solo i casi più generali. Paragrafo “Osservazioni sul metodo seguito” rr.12-16
    7 Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? Gli aspetti elementari. Paragrafo “Osservazioni sul metodo seguito” rr.9-13
    8 II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli? Si. Paragrafo “Osservazioni sul metodo seguito” rr. 16-18
    9. Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha? La natura ha un aspetto del tutto meccanicistico. Dio è il creatore di essa ma non interviene.  Paragrafo “Osservazioni sul metodo seguito” rr. 6-8
    Attività e approfondimenti:
    Non solo Cartesio, ma anche studiosi come Galilei, hanno subito la censura delle loro opere perché troppo scomode a chi si trovava al potere. Nel caso dello scienziato, fu il Tribunale dell’Inquisizione a minacciarlo nel 1616, a condannarlo e a costringerlo a vivere ad Arcetri.  La censura è sempre stata utilizzata da coloro governavano per poter controllare le masse. Questa è un vero e proprio atto di potere che consiste nel tappare le ali altrui per poter sottomettere gli altri.
    La censura è una pratica vicina a ogni credo: la storia ha consegnato centinaia di esempi e l’ultimo arriva dalla tv britannica. Channel 4 ha annullato la proiezione di un documentario sulla storia dell’Islam dopo le minacce ricevute dal presentatore. Di fatto, Il documentario “The Untold Story” ha provocato oltre mille denunce e minacce di morte a Tom Holland, attore, doppiatore e ballerino britannico. Le minacce sono state effettuate on-line, su twitter, e tutto ciò ha portato all’annullamento della proiezione.
    Un altro caso è quello avvenuto in Tunisia. A giugno, una mostra d’arte ritenuta blasfema, provocò gravi disordini. Il nome di Dio fu scritto in arabo utilizzando degli insetti come caratteri ed i musulmani salafiti (ramo dei sunniti), hanno aggredito le forze dell’ordine e attaccato tribunali e gli edifici pubblici. La polizia ha tentato di calmare la situazione ma sono finite in carcere 165 persone. Inoltre un funzionario del ministero degli Interni, Mohamed Fadhel Saihi ha dichiarato: “Saranno portati davanti alla giustizia sotto la legge anti-terrorismo decretata nel 2003″.
    La religione, in questi anni, diventa sempre di più motivo di lotte intestine e nazionali. Il rispetto verso le religioni altrui e la libertà di parola non sembrano andare a braccetto. Basti pensare al caso di Charlie Hebdo, periodico settimanale e satirico francese.  Questo settimanale ha subito due attacchi, uno nella notte tra il 1° e il 2 novembre 2011 e uno il 7 gennaio 2015.  Nel 2011 la sede del giornale venne distrutta a seguito del lancio di diverse bombe, appena prima dell’uscita del numero del 2 novembre dedicato alla vittoria del partito fondamentalista islamico nelle elezioni in Tunisia. Sulla copertina del numero in questione sono apparsi una vignetta satirica con Maometto che dice “100 frustate se non muori dalle risate” e il titolo “Charia Hebdo”, gioco di parole tra Sharia e il nome del giornale.
     Il 7 gennaio 2015, attorno alle ore 11.30, un commando di due uomini armati con fucili d’assalto kalashnikov ha attaccato la sede del giornale durante la riunione settimanale di redazione. Dodici i morti, tra i quali il direttore Stéphane Charbonnier e diversi collaboratori storici del periodico, numerosi sono stati i feriti. Pochi istanti prima dell’attacco, il settimanale satirico aveva pubblicato sul proprio profilo Twitter una vignetta sul leader dello Stato Islamico. Dopo l’attentato il commando, che durante l’azione ha gridato frasi inneggianti ad Allah e alla punizione del periodico Charlie Hebdo, è fuggito. Nei giorni successivi, durante la caccia ai criminali, sono morte altre otto persone, una poliziotta, quattro ostaggi colpiti dal fuoco dei terroristi islamici ed i 3 attentatori colpiti dalla gendarmeria francese. Si è trattato del più grave attentato terroristico in Francia dal 1961, fino a quello del 13 novembre 2015.
    Charlie Hebdo era appunto un settimanale satirico, le cui vignette avranno sicuramente urtato ed infastidito i più sensibili o coloro che sono maggiormente attaccati alla propria religione. Ma oramai, non si può costringere gli altri a rispettare le proprie ideologie, giuste o sbagliate che siano. Ciò che è accaduto in Francia è un vero e proprio sopruso, un atto di incommensurabile violenza che per nulla al mondo può essere accettato. Nonostante la sensibilità di molte persone sia lesa dalla rivista, bisogna comunque accettare la satira, anche se spesso volgare, in quanto espressione della propria libertà e del proprio pensiero.
     La censura purtroppo è sempre esistita e non si esplica solo in questi casi eclatanti, ma tutti i giorni. L’omosessualità, per esempio, spesso viene censurata e vista come qualcosa di cui non bisogna parlare. In tutti i modi si cerca di progredire, di modernizzare la nostra vita, nascono nuove scoperte tecnologiche e così via, ma poi su alcuni temi si tende sempre a censurare e a non voler discutere ed a fingere che non esista la problematica. Fortunatamente, esistono numerosi movimenti per la liberazione omosessuale, come il movimento LGBT, cui simbolo è una bandiera arcobaleno. Ormai, si è arrivati al punto in cui molti ragazzi si autocensurano. Non ammettono la propria omosessualità per la paura di ciò che li circonda e una volta fatto il famoso “coming out” sono magari costretti dai loro stessi genitori a vivere nell’oscurità, in una vera e propria censura.
    Addirittura in alcuni film di Totò, il grande attore italiano e probabilmente il più conosciuto al mondo, è stata utilizzata la censura di alcuni particolari politici o religiosi considerati lesivi per lo Stato. Quindi, in conclusione, la censura esiste e fin quando non si arriverà al rispetto reciproco, all’accettazione delle varie ideologie, esisterà per sempre.
    Attività e approfondimenti:
    Francis Bacon, nato a Londra nel 1561 è uno dei padri del metodo induttivo. Egli desiderava riformare il metodo di studio, in modo tale che fosse cumulativo e proprio per questo egli fu un gran sostenitore delle accademie, i nuovi centri culturali che si stavano sviluppando indipendentemente da controllo politico e religioso. Egli sosteneva che tutti gli studiosi dovessero partire da un unico punto. Egli pubblica il “Novum Organum” dove elabora una procedura per la conoscenza. Il filosofo sosteneva che l’uomo si trovava in una vera e propria selva di dati e che con il giusto metodo ne avrebbe ricavato delle certezze. L’opera è costituita da una “pars destruens” ed una “pars costruens”. La “pars destruens” è un vero e proprio attacco alle antiche filosofie e si basa sulla descrizione degli Idola, cioè le false credenze. Gli Idola sono quattro:
    -Idola tribus, gli errori della tribù, quelli radicati nella specie umana, che è fatta in modo tale che inevitabilmente commetta errori. Il fatto stesso di essere uomini ci porta ad errare;
    -Idola specus, cioè gli errori della spelonca platonica, dovuti alla soggettività particolare dell’uomo. Ogni uomo è fatto in modo tale che oltre agli errori che commette in genere come uomo ci sono quelli legati alla sua particolare individualità;
    -Idola fori, gli errori della piazza, delle «reciproche relazioni del genere umano», del linguaggio, che è convenzionale ed equivoco.
    -Idola theatri, gli errori della finzione scenica che Bacone imputa alla filosofia che ha dato rappresentazioni non vere della realtà «favole recitate e rappresentate sulla scena» e come è accaduto con il sistema aristotelico che ha descritto un mondo fittizio non corrispondente alla realtà.
    La “pars costruens” consiste invece nella creazione di un nuovo metodo, basato sulla raccolta dei dati tramite delle tavole. Le tavole in questione sono la tavola della presenza (tabula praesentiae), la tavola dell’assenza (tabula absentiae in proximitate) e la tavola dei gradi (tabula graduum).
    Nella tavola della presenza sono raccolti tutti i casi positivi, cioè tutti i casi in cui il fenomeno si verifica (per esempio, tutti i casi in cui appare il calore, comunque prodotto, dal sole, dal fuoco, dai fulmini, per strofinamento, ecc.). Nella tavola dell’assenza sono raccolti tutti i casi in cui il fenomeno non ha luogo, mentre si sarebbe creduto di trovarlo (per esempio, nel caso dei raggi della luna, della luce delle stelle). Nella tavola dei gradi, infine, sono presenti i gradi in cui il fenomeno aumenta e diminuisce (ad esempio, si dovrà porre attenzione al variare del calore nello stesso corpo in ambienti diversi o in particolari condizioni).
    Dopo aver raccolto i vari risultati, si giunge alla prima ipotesi o prima vendemmia, quindi ad una probabile risposta a ciò che stiamo analizzando. Dopo, L’ipotesi va verificata con gli esperimenti. Bacone propone ben 27 tipi diversi di esperimenti e pone al culmine l’esperimento (o istanza) cruciale che una volta analizzate le tavole, e trovatici di fronte a due ipotesi ugualmente fondate ci toglie dall’incertezza, perché dimostra vera una delle due ipotesi, e falsa l’altra.
     Bacone sarà preso d’esempio da molti illuministi come D’Alembert che lo considerarono il massimo, il più universale e più eloquente filosofo”.  Lo studioso però propone un metodo completamente diverso dai suoi contemporanei, quali Newton, Galilei e così via, ed è ancora vicino all’aspetto qualitativo della materia e dell’oggetto di studio anche se vi è l’assenza della metafisica e della teologia.
    Il metodo di Cartesio è un metodo deduttivo, che parte da postulati e definizioni generali. Cartesio sostiene di essere insoddisfatto dell’educazione ricevuta, nonostante gli studi compiuti in uno dei maggiori collegi francesi.
    Nel “Discorso sul metodo”, pubblicato nel 1637, si nota uno strano modo di procedere: Cartesio infatti, prima enuncia le regole del metodo poi le mette in discussione. Il filosofo sostiene che sia impossibile un pensiero cumulativo e la collaborazione di più menti, in quanto troppo difficile sarebbe giungere ad una conclusione che veda la concordanza di tutti. L’autore decide quindi di applicare alle sue ricerche il metodo matematico. Il suddetto metodo di basava su varie regole:
     Il primo è “di non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi evidentemente essere tale: cioè di evitare accuratamente la precipitazione e la prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi niente di più di quello che si presentasse così chiaramente e distintamente alla mia mente, che io non avessi alcuna possibilità di metterlo in dubbio”. E’ questa la regola base, la regola dell’evidenza ovvero della chiarezza e distinzione.
    Il secondo precetto consiste nel “dividere ogni problema preso a studiare in tante parti minori quante fosse possibile e necessario per meglio risolverlo”: è insomma la regola dell’analisi, per cui un problema si deve risolvere nelle sue parti più semplici, che devono essere considerate in modo separato.
    Il terzo precetto induce a “condurre i miei pensieri ordinatamente, cominciando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscersi per risalire a poco a poco, quasi per gradi, fino alla conoscenza dei più complessi: supponendo che vi sia un ordine anche fra quelli di cui gli uni non precedono naturalmente gli altri”: è la regola della sintesi, per cui dalle conoscenze più semplici si passa per gradi alle più complesse, supponendo un ordine anche dove questo non è dato inizialmente.
    L’ultima regola prescrive di “fare dappertutto enumerazioni così complete e rassegne così generali da esser sicuro di non avere omesso nulla”: si tratta cioè dell’enumerazione che permette il controllo delle due fasi precedenti, quelle dell’analisi e della sintesi.
    Dal suo metodo Cartesio trae la “morale provvisoria”, fondata su tre massime di vita dal valore universale, in attesa della scoperta di quella vera; indica cioè quale debba essere il comportamento che la ragione suggerisce di adottare fino a quando la mente non è stata ancora illuminata dall’evidenza e mentre le esigenze di vita vogliono una decisione.
     Cartesio dubita di tutto ciò che gli è stato inculcato o di cui ha tratto esperienza nell’intento di ricostruire il suo sapere con ordine, con metodo. Dubita di tutto perché nulla si sottrae al dubbio. Da questa universalità del dubbio fa derivare la prima certezza razionale, “il principio della filosofia che cercava”, la verità da cui se ne ricavano altre: l’esistenza del pensiero che dubita, il “cogito, sum”. Si è in quanto essere che dubita, che pensa come soggetto pensante, cioè spirito, intelletto. Cartesio intuì che poteva dubitare di ogni cosa a eccezione del suo pensiero, perché il dubbio è già un pensiero: dubitare di pensare vuol dire pensare.
    L’affermazione dell'”esisto”, del “sono”, non vuol però significare esistenza anche come “corpo” perché “posso fingere di non averne alcuno”, ferma restando la realtà del mio pensiero, per cui l'”io” cioè l’anima “è interamente distinta dal corpo e anzi più facile a conoscere di questo” ed esistente anche se questo non fosse. Da qui nasce il dualismo cartesiano, che vede in contrapposizione la “res cogitans” e la “res extensa”, pensiero e materia. Cartesio risponde alla domanda del dualismo in maniera anche abbastanza fantasiosa, sostenendo che l’aspetto materiale e quello del pensiero si ricongiungessero nella ghiandola pineale alla base del nostro collo. Altri filosofi come Leibniz e Spinoza, tratteranno di questo dualismo, arrivando a due risposte diverse: l’uno arriva a concepire le monadi, ovvero degli “atomi spirituali”, l’altro invece che la natura è Dio.
    Gli approcci di Bacone e Cartesio sono completamente diversi nonostante siano praticamente contemporanei.
     
    Per la riflessione ed il dibattito:
    Dopo la matematica, ne Il Mondo Cartesio affronta il problema della fisica, individuando il principio al quale tutti i fenomeni fisici obbediscono. Tale principio è la conoscenza «chiara e distinta» degli elementi semplici che costituiscono i corpi. I corpi sono materia dotata di movimento che occupa uno spazio determinato e gli elementi primi della materia sono la terra, l’aria e il fuoco.
    La materia è dunque esprimibile quantitativamente con «il movimento, la grandezza, la figura e la disposizione delle parti», e solo da questi deve derivare la spiegazione delle sue qualità. Le leggi della natura obbediscono a tre principi:
    «Ogni parte della materia conserva sempre lo stesso stato finché le altre non la costringono a cambiarlo», che è il principio d’inerzia;
     «Quando un corpo spinge un altro corpo, non gli trasmette né sottrae movimento senza perderne o acquistarne una quantità eguale»;
     «Quando un corpo è in movimento, ciascuna delle sue parti, presa separatamente, tende sempre a continuare il proprio movimento in linea retta».
    Il filosofo era indeciso riguardo l’opera, che alla fine non sarà mai pubblicata. Le ragioni per cui non fu pubblicata sono varie, in primis il filosofo non considerava le sue teorie abbastanza mature e corrette da poter essere pubblicate, inoltre temeva che le critiche mosse dall’invidia e dalla cattiveria portassero alla rovina della sua reputazione ed una conseguenziale perdita di tempo. Inoltre la sua opera sarebbe stata attaccata da persone con l’intento di distruggere e non di correggere le sue teorie.  Dall’altro lato, Cartesio sentiva proprio l’obbligo di divulgare un nuovo sapere ed una nuova scienza e sperava nel contributo degli altri studiosi.
    Non so se avrei realmente pubblicato l’opera, in quanto i rischi che avrei corso sarebbero stati seri. E’ semplice, forse troppo, dire che l’avrei fatto ma probabilmente avrei seguito l’idea di Cartesio. A quei tempi era ancora in vigore il Tribunale dell’Inquisizione pronto a condannare chiunque avesse un’opinione lievemente o apparentemente in contrasto con la dottrina cattolica. Ovviamente, questa era solo una scusa per eliminare coloro che comunicavano con le masse (ad esempio Galilei ed Il “Dialogo sui due massimi sistemi”) e che portavano dei cambiamenti. Allo stesso tempo, la concorrenza avrebbe portato alla nascita di numerose critiche oppure all’approvazione dei molti. Comunque, avrei continuato a lavorare al mio progetto e a trovare un escamotage che mi permettesse di pubblicare le mie conoscenze ed i miei pensieri, cercando di evadere la censura e tutto ciò che ha sempre comportato il volersi esprimere liberamente. Ma è comunque troppo semplice a dirsi, a quei tempi persone come Cartesio erano sotto agli occhi di tutti gli organi di governo che al primo errore o alla prima affermazione sbagliata erano pronti a condannare chiunque si ponesse sul proprio cammino. Le conseguenze non erano però solo il carcere, ma addirittura la morte o il rogo. Quindi no, penso che non avrei pubblicato l’opera e magari se mi fossi trovato nei panni di Galilei, avrei addirittura abiurato, proprio per preservare le mie ricerche e le mie conoscenze.
     
     
     
     
     

    • Alessia Trodelli il said:

      Prof, mi scusi per il ritardo ma ho avuto alcuni problemi con il PC. Spero che il layout dell’elaborato non presenti problemi, perché appena l’ho postato mi riportava delle parti in  grassetto, anche se quando l’ho corretto sul PC era tutto normale!

  14. Marika Ciccarelli il said:

    ESERCIZI SULLA PRIMA PARTE
     Analisi critica della propria formazione
    LA PARAGRAFAZIONE
    – L’ingegno è simile in tutti gli uomini;
    – L’importanza del metodo;
    – Critica del sapere;
    – Elogio del sapere;
    – Gli studi seguiti;
    – Il quadro dell’esistenza;
    – Lo studio del “gran libro del mondo”;
    – Dall’esperienza alla ragione;
     
    Per la riflessione e il dibattito
    COMPETENZE
    René Descartes , italianizzato in Renato Cartesio,  è stato il fondatore del razionalismo, corrente filosofica che riconosce la ragione come fonte di ogni conoscenza. Egli fu filosofo, ma non solo: si dilettò, infatti,  di ogni campo del sapere, anche quello matematico e fisico.
    Quando nel 1633 sta per pubblicare un trattato “Il mondo”, nel quale espone la propria fisica, è la condanna di Galileo Galilei a fermarlo: egli, infatti, temendo di inimicarsi la Chiesa e di subire una sorte simile a quella dello scienziato italiano, rinuncia a pubblicarlo e nel febbraio del 1634 a Mersenne dichiara la sua «intera obbedienza alla Chiesa» che lo obbliga a «sopprimere interamente tutto il lavoro di quattro anni», dal momento che egli cerca solo «il riposo e la tranquillità dello spirito», senza tuttavia rinunciare alle proprie convinzioni in materia di astronomia.
    Successivamente, però, nel 1637 decide di pubblicare un’opera come introduzione ai suoi lavori scientifici: “Discours de la méthode”  ovvero “Discorso sul metodo”. Cartesio realizza un opera in francese, scelta non casualmente azzardata, egli intende rendere partecipi del proprio discorso i soggetti pensanti, d’altra parte utilizza un linguaggio ricco di metafore e di immagini che rendono gradevole la sua prosa. Rivoluziona il pensiero dell’epoca ricorrendo ad un estremo dualismo e ad una visione meccanicistica del mondo. Sin dal principio Cartesio precisa di proporre il suo scritto “ come una storia, o se preferite come una favola, nella quale, accanto ad alcuni esempi che si possono imitare, se ne troveranno forse anche molti altri che a ragione non verranno seguiti, spero che riuscirà utile ad alcuni senza essere di danno a nessuno, e che tutti saranno soddisfatti della mia franchezza”. Con queste parole Cartesio intende proteggersi dall’inquisizione o da qualsiasi condanna ecclesiastica, e quello di proporre il proprio lavoro come una favola è un espediente di non poco conto. Egli muove da un’analisi critica dei propri studi e conoscenze personali, una vera e propria revisione del suo itinerario filosofico fino alla formulazione di tesi metafisiche. In questo excursus si imbatte in questioni che non possono essere sorvolate, una di queste è esposta nella prima parte del metodo e cito testualmente :“E’ bene conoscere qualcosa dei costumi di altri popoli, per poter giudicare dei nostri più saggiamente, e non pensare che tutto ciò che è contrario alle nostre usanze sia ridicolo e irragionevole, come fanno di solito quelli che non hanno visto nulla. Ma quando si spende molto tempo nei viaggi, si diventa alla fine stranieri in casa propria”. Cartesio apre una questione che ancora resta aperta, uno spunto di dibattito tutt’oggi scottante: fino a quanto lo spirito patriottico può avere voce in capitolo? E’ giusto aprirsi ad altre culture o è doveroso preservare gelosamente le proprie origini?
    “Siamo tutti cittadini del mondo”: non vi è frase migliore per iniziare questo dibattito. Nonostante il progresso tecnologico, benché le condizioni di vita siano migliorate sempre di più fino ai nostri tempi, vi è un male che perseguiterà per sempre l’uomo, ovvero, la sua ottusità e ignoranza: persino Albert Einstein disse “Solo due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana, e non sono sicuro della prima.”
    Purtroppo di questi tempi il mondo sta affrontando una situazione drammatica, con il crescere del fenomeno della migrazione di gruppi di persone che fuggono da realtà invivibili in cerca di un futuro migliore ma principalmente con la speranza di continuare a vivere un presente, le popolazioni si sentono minacciate da queste “masse straniere”. Il mondo intero è sempre stato teatro di battaglie, ogni popolo ha subito contaminazioni da altri popoli, ogni cultura è stata forgiata, plasmata e modificata in relazione alle altre: basti pensare alla penisola italiana che ha una delle storie più ricche,ha ereditato influssi degli Etruschi o dei Latini, è stata luogo di colonie di origine greca e cartaginese, ha subito la dominazione barbara, sveva, spagnola, angioina, aragonese, francese, inglese e chi più ne ha più ne metta. Non possiamo considerarci un vero e proprio popolo autoctono, perché se oggi la nostra cultura è quel che si dimostra, è opera anche di tutte le altre culture che hanno contribuito al determinarsi.
    Non bisogna temere il confronto: entrare in contatto con altre entità popolari è un metro per misurare se stessi e per conoscersi meglio; non bisogna additare come nemico il diverso, il mondo necessità di maggiore apertura mentale e mettere fine alla sua xenofobia.
    Gli stereotipi radicati nella nostra società in merito a questo fenomeno sono maligni e senza fondamento, tra i pregiudizi più odiosi si classificano: “Gli immigrati ci rubano il lavoro!”, “Gli immigrati ci portano le malattie!”, “Gli immigrati sono criminali!”, “Gli immigrati ci costano un sacco di soldi!”, accuse sputate velenosamente senza sapere che gli unici due casi documentati di Ebola in Italia sono dovuti: uno allo stallo in quarantena di alcuni membri dell’esercito Usa di ritorno dal servizio nei paesi colpiti; l’altro al recupero di un medico di Emergency che aveva operato sempre in quelle zone. Senza sapere che sono gli italiani a macchiarsi dei maggiori reati come dimostra questa statistica riportata da “Il fatto quotidiano” http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2014/12/immigrati-azionepenale-630×447.png . Sicuramente questo fenomeno ha i suo pro e i suo contro: lo stato che accoglie profughi, immigrati e rifugiati, necessita di un’ economia salda che sia in grado di sostenere, “sfamare”, garantire istruzione e una occupazione anche alle persone che accoglie. Inoltre tutto ciò potrebbe essere utilizzato come monito per re ingranare  un processo di sviluppo ed essere anche motivo di orgoglio della propria nazione capace di salvare vite umane. A coloro che ritengono che l’arrivo di queste persone possa portare una perdita dei “proprio valori o identità culturale” non resta che ricordare che ormai siamo nel XIX secolo e con il perentorio affermarsi della globalizzazione e delle comunicazioni, siamo tutti cittadini di una sola terra, il mondo. Oltretutto l’Italia detiene un immenso patrimonio culturale e oltre 51 siti sono riconosciuti dall’UNESCO nella lista dei patrimoni culturali dell’umanità e  di certo non perderà la propria storia a causa dell’arrivo di persone che necessitano rifugio, ma forse l’unica minaccia consistente è il menefreghismo italiano e il governo che ne deriva.
     
     
     
    ESERCIZI SULLA SECONDA PARTE
    Completa la tabella:
    ·         Si parte: da principi generali(assiomi e postulati);
    ·         Mediante: l’intuizioni;
    ·         Si procede per: deduzione (dall’universale al particolare );
    ·          Mediante: dimostrazione;
    ·         per formulare: teoremi (come spiegazione dei fenomeni);
    ·          corroborate/i da: revisione dei diversi passaggi.
     
    Per la riflessione e il dibattito
    Cartesio prosegue nella propria ricerca di un metodo che possa essere applicato a tutte le scienze, inizialmente fa riferimento al metodo della scienza moderna, definito e supportato da Francis Bacon e da Galileo Galilei: il metodo induttivo-sperimentale. Ma mentre ne condivideva l’aspetto cumulativo ne rifiutava categoricamente quello collaborativo, anche se nell’ultimo libro dell’opera, rivaluterà la collaborazione tra scienziati.
    Mentre Bacone incita e promuove le accademie, impronta un piano di ricerca comune con la creazione di un sistema al quale tutti hanno accesso e intenzionato come scrive nel saggio “Parasceve ad historiam naturalem et experimentalem” a voler costruire una grande enciclopedia delle scienze e delle tecniche alla quale ogni ricercatore può dare il suo contributo, Cartesio denuncia il “lavoro di squadra”. Egli sostiene che:”Nelle opere fatte di molti pezzi e da diversi artefici non ci sia quanta perfezione ce n’è in quelle a cui ha lavorato uno soltanto”, da questa considerazione in poi Cartesio propone una serie di esempi tipici del proprio linguaggio figurato, in primis afferma il lavoro di progettazioni di un edificio da parte di un unico architetto essere migliore di un progetto al quale hanno partecipato più individui; altro esempio apportato sostiene che l’urbanistica di un villaggio che si amplia nel tempo è assolutamente caotica e casuale rispetto a quella perfetta che si avrebbe dal disegno di un “ingegnere libero di eseguire la propria fantasia”; nel terzo esempio sostiene che la legislazioni di un paese frutto della penna di un unico prudente legislatore è migliore rispetto ad una legislazioni formatasi secondo necessità; altro esempio proposto e quello della religione le cui leggi sono dettate da un Dio soltanto e quindi perfette o si Sparta forte perché le norme che la regolavano erano frutto di una sola mente.
    Ma fino a quanto il detto “meglio solo che male accompagnati” fa testo? Cartesio ha ragione nel denunciare il lavoro di squadra?
    Gettando uno sguardo al passato è impossibile scorgere le grandi opere e azioni che sono stati in grado di compiere i nostri antenati: dalla Roma caput mundi, alla quale tutte le strade conducono, progettata dall’unione di più menti, all’Anfiteatro Flavio conosciuto comunemente con il termine “Colosseo” o alla papale basilica maggiore di San Pietro in Vaticano, la cui costruzione fu iniziata il 18 aprile 1506 sotto papa Giulio II e si concluse nel 1626, durante il pontificato di papa Urbano VIII, al quale progetto si dedicarono Bernardo Rossellino, Donato Bramante, Antonio da Sangallo, Michelangelo Buonarroti,  Carlo Maderno, Domenico Fontana e molti altri architetti con riferimenti agli studi teorici intrapresi da Francesco di Giorgio MartiniFilarete e soprattutto Leonardo da Vinci, sicuramente non si può dire che l’imponente capolavoro di architettura rinascimentale e barocca sia frutto di una sola mente. Per proporre altri esempi si può citare la Tour Eiffel a Parigi che vede  la propria  realizzazione nella collaborazione dell’architetto Stephen Sauvestre e l’ingegnere Gustave Eiffel, che si occupò anche della progettazione della struttura interna della Statua della libertà simbolo di New York; per entrambe queste opere d’arte oltre che del disegno è stata necessaria anche la manodopera che inevitabilmente non fu solo fatica di uno ma vide intere squadre e al lavoro (costruzione della statua della libertà nel 1884 https://scontent-frt3-1.xx.fbcdn.net/hphotos-xta1/v/t1.0-9/944100_1037160356346569_942258652421116001_n.jpg?oh=b2c1db534532aa5959104a46c931d6c4&oe=57025B8A ). Sarebbero infiniti gli esempi da proporre: come le prime sonde spaziali Voyager 1 e Voyager 2 figlie dello stesso programma messo in atto dalla NASA che vide la collaborazioni di un team esperto e che sono attualmente l’oggetto costruito dall’uomo più distante dalla Terra; come le piramidi egiziane; come il  Monumento nazionale del Monte Rushmore, complesso scultoreo che raffigura i volti di quattro famosi presidenti americani che si trova nel Dakota del Sud su una grande parete di roccia, realizzato dallo scultore Gutzon Borglum, coadiuvato dal mastro carpentiere italiano Luigi Del Bianco e affiancato dall’impiego di 400 operai.
    Il lavoro di squadra stimola la creatività, e la sana competizione che ne deriva porta a successi impensabili e fra i risvolti positivi si classifica anche la condivisione della fatica che richiede il progetto perché come sosteneva Omero “Lieve è l’operar se in molti è condiviso.”
     
     
     
    ESERCIZI SULLA TERZA PARTE
    Le domande giuste:
    -5.Perché è necessaria una morale provvisoria?;
    -7. Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?;
    -1.Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?;
    -4.Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?;
    -6. Quale occupazione devo scegliere nella vita?;
    -2. Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?;
    -3. Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?
     
    Per la riflessione e il dibattito
    Giunti a questo punto del  “Discorso sul metodo”, Cartesio è pronto a passare in rassegna tutte le certezze e a sottoporle a ciò che definisce dubbio metodico, ma prima di procedere alla demolizione del sapere tradizionale per costruirne uno radicalmente nuovo all’insegna di un metodo tutto da definire, decide di fissare una morale provvisoria.
    Cartesio ritiene  infatti che se nel campo del sapere è possibile riconoscere “un sapere di non sapere” socratico e una non conoscenza della verità, questa mancanza non può essere accettata anche in ambito morale, perché mentre si è impegnati nella ricerca di verità che siano di per sé evidenti, si continua ad agire e il comportamento deve essere regolato da norme. Cartesio approfondirà questo aspetto del suo impianto filosofico, ovvero la morale, anche in seguito: nella sua ultima opera “Le passioni dell’anima” pubblicata nel 1648 e nella corrispondenza epistolare con la principessa Elisabetta  del Palatinato.
    E’ possibile infatti fare un confronta fra le posizioni occupate dal Cartesio del “Discorso” e dal Cartesio in età più avanzata.  Entrambi gli scritti rispecchiano l’atteggiamento di moderazione e di fondamentale disinteresse del filosofo francese per il coinvolgimento politico: egli infatti intende rifuggire da ogni posizione che possa coinvolgerlo in contrasti politici, ed infatti le sue scelte morali rispettano il senso comune e non propongono alcunché di stravagante. Altra cosa da precisare è che nella lettura della corrispondenza con la principessa Elisabetta si evince un Cartesio quasi stoico: non a caso, lo scambio di epistole con la nobile era nato dal voler del filosofo di risollevare la principessa dalla sua depressione, ed, egli aveva infatti scelto come oggetto di conversazione il commento al libro che Seneca aveva dedicato alla ‘‘vita beata’’ che, già dal titolo, alludeva al problema della felicità. Cartesio, alla maniera stoica, sosteneva l’esistenza di due beni: saggezza e virtù strettamente correlati al soggetto, e ricchezza e salute dei quali questo non è in potenza; pertanto quando si ha una cattiva combinazione fra questi, come scrive Cartesio alla principessa, si fa ricordo alle regole della morale provvisoria.
    Nel “Discorso sul metodo” la prima regola afferma che è necessario obbedire alle leggi, ai costumi e alle religione del proprio paese, che hanno educato l’individuo sin dall’infanzia, inoltre egli dice che poiché filtrerà con la ragione ogni sua opinione, nel mentre farà proprio quelle più moderate in modo da non distaccarsi troppo dalla verità anche qualora non la si conosca. Le prima regole dei due scritte registrano delle discordanze, infatti, nella corrispondenza epistolare Cartesio sostiene che in primis è necessario conoscere se stessi ed utilizzare la mente per sapere come comportarsi in ogni circostanza. La seconda massima catalogata nel Discorso è “mantenermi nelle mie azioni più fermo e più risoluto che potessi” Cartesio ragiona quindi all’insegna della coerenza ed, inoltre, sostiene che, qualora non siamo in potere di discernere le opinioni più vere, dobbiamo affiancarci  a quelle più probabili: in questo passo si potrebbe leggere una contaminazione di scetticismo o di probabilismo, ma in realtà queste sono tesi da negare poiché l’obbiettivo della morale provvisoria cartesiana è quello di ricercare verità e non arrendersi a qualcosa di semplicemente probabile. Anche la seconda legge estrapolata dalle lettere alla principessa si differenzia da quella del Discorso poiché In questa Cartesio afferma, ancora una volta, di farsi guidare dalla ragione “senza lasciarsi distogliere dalle proprie passioni o appetiti” ed è la fermezza di questa risoluzione che egli considera virtù. La terza massima e la terza regola si eguagliano: per condurre una serena esistenza è necessario non desiderare ciò che oltrepassa i nostri limiti perché ciò comporterebbe rimpianto, tristezza e pentimento “ma se facciamo sempre tutto quello che la nostra ragione ci detta, non avremo mai alcun motivo di pentirci, anche se gli avvenimenti dovessero farci vedere, in seguito, che ci siamo sbagliati, poiché ciò non sarebbe assolutamente per colpa nostra” ( dalla lettera alla principessa Elisabetta).
    Cartesio, per l’ennesima volta, ci provoca con le sue posizioni e ci spinge a fare un confronto con il nostro modo di pensare mettendoci in crisi. Per quanto riguarda la prima legge ritengo che siano pochi coloro che riescono a sottoporre ad un’attenta analisi della propria ragione ogni singola azione compiuta poiché è proprio della natura umana anche il suo aspetto irascibile, impulsivo e sconsiderato che induce l’uomo a fare scelte istintive, non ragionate, delle quali forse in un secondo momento riconoscerà l’erroneità. In merito alla prima massima, dove si evince un aspetto conservatorio di Cartesio, sono dell’idea che essendo parte di uno stato, o comunque di una comunità, sia necessario rispettarne le leggi e i costumi, ma ciò non toglie che qualora questi precetti, appoggiati dal senso comune, entrino in contrasto con la propria indole e le proprie credenze ritengo sia necessario un confronto che porti a delucidazioni da entrambe le parti. Per ciò che riguarda la seconda massima e la seconda legge sono fortemente combattuta, poiché penso che uno dei prerequisiti per essere considerata una persona affidabile e matura sia proprio la coerenza, come sostiene anche Cartesio, ma è egli stesso ad entrare in contraddizione quando afferma che “nessuna cosa al mondo permane nello stesso stato” (dal “Discorso sul metodo”) ed è quindi possibile mutare le proprie considerazioni in merito. In relazione alle due ultime considerazioni di Cartesio ritengo che esse siano una sorta di auto convincimento o quasi giustificazione della propria incapacità e che portino ad una deresponsabilizzazione del soggetto pensante. Mi spiego meglio: da sempre ci è stato insegnato che la frase “non ci riesco/non posso farcela” è semplicemente una scusante che adoperiamo per giustificare la nostra pigrizia o poca tenacia, Cartesio invece sostiene che il raggiungimento della propria felicità comporta il riconoscere i propri limiti; effettivamente perseverare in qualcosa in cui non riusciamo può diventare frustrante ma cosa succederebbe se dopo svariati tentativi riuscissimo a raggiungere il nostro obbiettivo? Che cosa succederebbe se ci ponessimo dei limiti che ci stanno troppo stretti semplicemente per la paura di metterci in gioco? In conclusione mi sento pronta a confessare che non sono pienamente d’accordo con Cartesio riguardo queste considerazioni, la sua morale è troppo prudente ed io ritengo che nella vita non si possa agire semplicemente di testa ma anche “di pancia” assumendosi la responsabilità di tutto ciò che questo comporta.
     
     
     
    ESERCIZI QUARTA PARTE
    Le risposte del testo
    l. Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? La certezza del cogito: rr. 6-15
     
    2. Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio? La certezza del cogito:  rr. 1-5
     
    3. Perché la ragione non è affidabile? La verità delle idee: rr. 9-14
     
    4. Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? II dubbio metodico: rr. 4-9
     
    5. Perché i sensi non sono affidabili? La verità delle idee: rr. 5-9
     
    6. Quali caratteristiche devono avere le idee vere? I criteri della verità: rr. 3-7
     
    7. Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? La verità delle idee: rr. 17-21
     
    8. Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? L’esistenza di Dio: rr. 9-21
    Sequenza corretta: 4-2-1-6-8-5-3-7
     
    Per la riflessione e il dibattito
    Quasi a metà della propria opera, “Discorso sul metodo”,Cartesio incalza le sue considerazioni proponendo al lettore un ritmo potremmo dire frenetico, sfornando riflessioni una dopo l’altra. Dopo aver demolito tutto l’edificio del sapere che lo aveva accompagnato sin dall’infanzia, il filosofo è alla ricerca di verità che siano chiare, distinte ma soprattutto evidenti. Per riuscire in tale impresa, egli riconosce di non poter far affidamento né ai sensi, perché come ad esempio accade per le illusioni ottiche questi ci ingannano, né alla ragione la quale può perdersi in paralogismi: azzarda addirittura l’ipotesi che potrebbe essere tutto un sogno e che la realtà non esista ma sia solo frutto della nostra immaginazione. A tal proposito Cartesio ricorre al “dubbio metodico”: d’ora in poi passerà al vaglio ogni certezza al fine di estrapolare una verità che sia di per sé evidente e indubitabile. “Mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, […] giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo.” (Discorso sul metodo, Cartesio) è in queste righe che Cartesio impianta il perno fondamentale del suo sistema filosofico e metafisico: cogito, ergo sum. Il “cogito ergo sum” non è un sillogismo né un ragionamento studiato ma semplicemente un verità immediata , che viene convalidata nel momento stesso in cui pensiamo.
    Cartesio spiega che se siamo capaci di dubitare, stiamo pensando, il che implica nient’altro che l’esistenza di se come essere pensante, “res cogitans”. In seguito però egli reinterpreterà in chiave ancora più drammatica e drastica il dubbio, e nelle “Meditazioni metafisiche” del 1641, parlerà di “dubbio iperbolico”. Cartesio dà vita all’idea che possa esistere un genio maligno che tutto architetta dall’alto e che ci inganna intenzionalmente e continuamente.
    La filosofia cartesiana ancora un volta ci porta a riflettere e a guardare dentro noi stessi alla ricerca di risposte. Tra i grandi interrogativi che attanagliano l’umanità ( “che senso ha la vita?”, “cosa è e cosa c’è dopo la morte”, “l’universo è finito o infinito” ecc…ecc… )vi è anche: “ e se fosse tutto un sogno? O se fossimo solo marionette animate da un grande burattinaio?”.
    Ciò che ci permette di distinguere un sogno dalla realtà è il risveglio. Non esiste una definizione biologica universalmente accettata dei sogni, non si sa se nel crearli vi partecipino una o più parti del cervello o quale sia il loro scopo per il corpo e per la mente. Ciò desta un brivido di terrore, forse non ci è dato comprendere la natura dei sogni, perché è semplicemente ciò che stiamo vivendo. La possibilità di ritrovarci in una dimensione architettata ci è sempre più testimoniata dai progressi tecnologici. Si pensi alla “realtà aumentata” che mediante informazioni convogliate elettronicamente, arricchisce le nostre percezioni, lasciandoci testare sensazioni che non sarebbero percepibili con i cinque sensi. Questi meccanismi vengono utilizzati nei simulatori di volo usati per l’addestramento dei piloti, ma anche più banalmente alle sale cinematografiche in 3D che attraverso effetti speciali ci rendono parte del film stesso.
    Per restare in tema, non possiamo che citare un capolavoro del film di fantascienza che annovera fra i suoi copiosi riconoscimenti anche 4 Oscar: Matrix (The Matrix)  dell’anno 1999 scritto e diretto da Lana e Andy Wachowski. I
    l film riscosse tanto successo che i suoi ideatori nel 2003 diedero vita a due sequel, formando così una trilogia. Il prodotto cinematografico in questione trabocca di riferimenti filosofici e diverse sono le interpretazioni al riguardo, esso ha rifacimenti a Platone, Cartesio stesso, Nietzsche e Marx.
    L’intera vicenda ruota attorno al programmatore di computer Thomas Anderson che con lo pseudonimo di Neo vive una seconda vita da hacker. Neo ha come la sensazione che nella realtà vi sia qualcosa fuori posto, verrà poi contattato da Morpheus, il miglior hacker esistente, che dirà all’uomo la verità sul mondo. Morpheus spiega che all’inizio del XXI secolo l’umanità festeggiava per la creazione delle “I.A.”, intelligenze artificiali, le quali dettero vita ad una nuova generazione di macchine. Queste macchine si alimentavano con energia solare e gli uomini pensarono di oscurare il cielo, ma esse trovarono un altro alimentatore: il corpo umano. Dettero vita, quindi, a Matrix una neurosimulazione interattiva della realtà. Mentre le intelligenze artificiali “coltivano” la vita umana in campi sterminati, il cervello è collegato a cavi che trasmettono alle terminazioni nervose impulsi elettrici che simulano una realtà fisica che altro non è che un mondo virtuale.
    Il film si rifà all’argomento platonico e, in particolare, al mito della caverna presentato da Platone nell’ VII libro della Repubblica. Il mito della caverna ha una valenza del tutto allegorica: dei prigionieri si trovano sin dalla loro infanzia incatenati a fissare il fondo di una caverna sulla quale si riflettono le ombre di statuette trasportate da uomini che però a loro non è dato vedere. Essi credono queste statuette essere persone e l’eco che rimbomba nella caverna dai rumori emessi all’esterno, essere le loro voci. Solo se uno di questi prigioniere, liberato dalle sue catene, potesse uscire dalla caverna, dopo lo spaesamento iniziale avrebbe chiara la verità dei fatti e sarebbe motivato a far luce anche ai propri compagni. Probabilmente, però, questi non sarebbero pronti e finirebbero per ucciderlo. Platone comparava la figura del prigioniero a quella del filosofo, che mediante il processo definito di maieutica, iniziava gli uomini ad un percorso alla ricerca della conoscenza. Il compito di Neo è paragonabile al prigioniero-filosofo, egli infatti è il prescelto accolto dai dissidenti per liberare la razza umana dal controllo delle macchine. Dalla filosofia cartesiana, Matrix riprende l’abbandono di ogni certezza per assumere l’intera consapevolezza di sé e la possibilità che esista un genio maligno, le I.A. in Matrix, che ci inganni di continuo. All’epoca di Cartesio  gli scienziati consideravano il corpo umano come una macchina, egli stesso amava paragonare la fisiologia umana ai prodigi della tecnica all’avanguardia. Erano quelli gli anni in cui si assisteva alla costruzione dei primi automi capaci di riprodurre in parte movimenti umani: se per Cartesio il genio maligno non era di certo una minaccia tecnologica, in Matrix è tutt’altro. Infine un’altra curiosità è che Cartesio definisce nel “Discorso” la mente distinta dal corpo, questa considerazione trova ampio respiro nella filosofia della mente di Hilary Putnam, filosofo e matematico statunitense del Novecento. Putnam immagina che uno scienziato pazzo estragga il cervello dal corpo di un uomo, lo ponga in una vasca piena di liquido nutriente e lo connetta a un computer programmato per simulare la vita corporea. Il cervello continua a credere di avere un corpo e di compiere esperienze, mentre, in realtà, tutto ciò non è che l’illusione dettata dal computer dello scienziato. E’ ciò che si esplica in Matrix e che forse, in altri termini, pensava Cartesio. In fondo, chi ci assicura di non essere cervelli in vasche?
     
     
     
    ESERCIZI SULLA QUINTA PARTE
    Le risposte del testo
    1.       Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? Lo studio deduttivo della natura: rr. 5-8/13-15
    2.       Che cos’è il meccanicismo? Dal caos dei poeti all’universo ordinato: rr.13-16
    3.       Qual è la funzione delle leggi della natura? ? Dal caos dei poeti all’universo ordinato: rr.12-19
    4.       Qual è la causa della circolazione sanguigna? Il cuore e la circolazione sanguigna: 30-33
    5.       Qual è la causa del movimento dei muscoli? Il meccanicismo: rr. 5-12
    6.       Come possiamo distinguere un uomo da un automa? Uomini e macchine: rr. 5-17
    7.       Qual è la funzione del linguaggio? Uomini e macchine: rr. 27-28/ 32-36
    8.        Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? L’anima e il corpo: rr. 1-5
     
    Per la riflessione e il dibattito
    Ora Cartesio si accinge a pronunciarsi circa la fisica. Appresa la condanna attribuita a Galilei nel 1633, egli interrompe la pubblicazione di un proprio trattato  “Il mondo” e discuterà di alcune questioni contenute in quest’ultimo nel “Discorso sul metodo”. Egli propone la fisica come una favola poiché egli  teme costantemente un provvedimento contro le sue tesi da parte dalla chiesa, inoltre essa è deduttiva. La sua deduttività implica un meccanicismo rigoroso. Per spigare il cambiamento infatti si può ricorrere a due tipi di cause: cause efficienti e cause finali. Le cause finale, che definiscono il cosiddetto finalismo o teleologismo, indicano una spiegazione della natura come orientata verso un fine. D’altra parte le cause efficienti, determinano il meccanicismo relazionato al metodo deduttivo, infatti ciò che è deducibile non può che accadere in modo necessario e dunque senza nessuna concessione alla volontà o al libero arbitrio. Il filosofo,tuttavia, precisa che il meccanicismo ha modo di esistere solo il relazione alla res extensa, poiché ciò che dipende dall’anima e dalla ragione si colloca su un piano diverso, quello del libero arbitrio. Il meccanicismo attecchisce alla filosofia cartesiana  o almeno trova una sua giustificazione nel crescente sviluppo delle tecniche che sembrano conferire un soffio vitale alle macchine. È proprio in questo secolo che Pascal costruisce la prima calcolatrice meccanica, la «pascalina»; il barocco fa un sempre più maggiore uso di macchine nelle rappresentazioni teatrali; sempre maggiore consenso e stupore,invece, raccolgono i giochi d’acqua realizzati con meccanismi temporizzati. Ci si rese conto per la prima volta del fatto che le macchine, per quanto ingegnose, non potevano in nessun caso violare le leggi di natura. Pertanto determinando queste leggi e comprendendo tutte le implicazioni si poteva far funzionare al meglio congegni e dispositivi. È il momento, veramente magico, nel quale scienza e tecnica si incontrano quasi su di un piano di parità: l’una fornisce all’altra la base di conoscenza e delimita gli ambiti dell’operatività pratica, l’altra mette alla prova principi teorici e fornisce le nozioni pratiche che possono derivare soltanto dell’esecuzione di operazioni reali. Se, infatti, già con Lucrezio si parlava della “machina mundi” ora Dio era identificato come una Grande Orologiaio che regolava la macchina dell’universo. Ma ciò da cui Cartesio fu sublimemente affascinato furono gli automi meccanici, che nonostante abbiano origine nel mondo antico e nel Rinascimento, è solo nel Seicento che vengono perfezionati. Il termine automa deriva dal greco automatos, “che agisce di propria volontà”: gli automi si fondano su una serie di meccanismi complessi, sull’articolazione di tubi, cavi e leve. Proprio come accade per il corpo umano, infatti, nelle prime pagine del trattato “L’uomo”, Cartesio si esprime con queste parole: “Suppongo che il corpo altro non sia se non una statua o macchina di terra che Dio forma”. Qualora queste macchine, automi, fossero troppo somiglianti ai nostri corpi,il filosofo francese individua due “mezzi sicurissimi” per distinguere la loro natura: l’uno è l’uso non ripetitivo del linguaggio, l’altro la capacità di adattarsi alle diverse situazioni.
    Il problema dei criteri per distinguere le macchine dagli esseri animati è tornato d’attualità nel Novecento, con lo sviluppo delle ricerche sull’intelligenza artificiale.
    Alan Mathison Turing  è considerato il padre della scienza informatica e dell’intelligenza artificiale, da lui teorizzate già negli anni trenta (quando non era ancora stato creato il primo vero computer). L’intelligenza artificiale è una disciplina  il cui scopo è la costruzione di una macchina in grado di riprodurre le funzioni cognitive umane. Nel 1950 nell’articolo “Computing machinery and intelligence”, apparso sulla rivista Mind, Turing propone un test per stabilire se l’interlocutore di un’interazione comunicativa fosse una macchina o un essere umano, definendo “macchina intelligente” una che sia in grado di pensare e di esprimersi secondo il cogito cartesiano. Il tema della A.I.(intelligenza artificiale) è ancora oggi molto dibattuto al centro di prodotti cinematografici e editoriali. Si pensi a “A.I. – Intelligenza artificiale (A.I. Artificial Intelligence)” , film del 2001 diretto da Steven Spielberg, basato su un progetto di Stanley Kubrick. La vicenda è ambientata nel 2125 quando, mente il mondo è devastato dall’effetto serra e l’innalzamento degli oceani, La tecnologia si è evoluta a tal punto da poter creare robot incredibilmente sofisticati e simili agli esseri umani, i Mecha. Uno di questi, David, con fattezze di bambino, viene affidato ad una coppia di coniugi che hanno ibernato il proprio figlio naturale a causa di una malattia senza cura. La situazione precipita quando il figlio genetico della coppia viene guarito, ma quest’ultimo tratta David solo ed esclusivamente come un robot. La storia ruota attornoad un uesito: “queste macchine possano provare sentimenti?”.
    Un altro film a cui fare riferimento è Blade Runner un film di fantascienza del 1982 del regista Ridley Scott ispirato al romanzo Il cacciatore di androidi (in originale Do Androids Dream of Electric Sheep?) scritto da Philip K. Dick nel 1968. “Il lungometraggio è ambientato nel 2019 in una Los Angeles distopica, dove replicanti dalle stesse sembianze dell’uomo vengono abitualmente fabbricati e utilizzati come forza lavoro nelle colonie extra-terrestri. Replicanti che si danno alla fuga o tornano illegalmente sulla Terra vengono cacciati e “ritirati dal servizio” da agenti speciali chiamati “Blade Runner”. La trama ruota attorno ad un gruppo di androidi recentemente evasi e nascostisi a Los Angeles e al poliziotto Rick Deckard, ormai fuori servizio, che accetta un’ultima missione per dare loro la caccia.” (da Wikipedia). È possibile avere un richiamo diretto a Cartesio, come si può vedere al minuto 1:24 di questo breve estratto https://www.youtube.com/watch?v=tTY51jYJTic dal film, in cui la replicante Pris dice “io penso, Sebastian, pertanto sono” non ci ricorda forse il “cogito ergo sum”?
    La certezza di Cartesio rappresentata dal “penso dunque sono” si applica certamente ai replicanti più evoluti, i più vicini alla natura umana. D’altronde lo stesso nome Rick Deckard evoca quello di René Descartes (cioè Cartesio).
    “Chi è l’altro? Prova davvero i miei stessi sentimenti, ha i miei stessi pensieri? L’universo che percepisce è come il mio? Il mondo interiore che mi caratterizza come soggetto appartiene a me e soltanto a me? Cosa si agita veramente nell’involucro dell’altro presunto soggetto-oggetto?” Il protagonista, cacciatore di replicanti,sarà attanagliato per tutto il tempo da queste domande, egli si chiede inoltre se possa amare Rachael, un automa che possiede sentimenti, ricordi ed è capace di piangere alla sua stessa maniera. Deckard giunge a pensare di essere egli stesso un automa progettato per uccidere i suoi simili.
    Se oggigiorno, ci spaventa la possibilità remota di essere invasi dagli extraterrestri forse dovremmo prestare più attenzione ai nostri stessi prodotti, come proprio in questi film in cui sono gli androidi a conquistare l’umanità.
    Gli ultimi traguardi nel mondo della I.A. attestano il raggiungimento dell’ “autocoscienza” da parte di un robot grazie ad una ricerca svolta dal professor Selmer Bringsjord del Rensselaer Polytechnic Institute di New York , il quale ha messo alla prova tre robot con l’indovinello conosciuto come “Gli uomini saggi del re”.
    “ L’indovinello proposto ai tre robot NAO è simile: il professor Bringsjord li ha programmati in modo che due di loro fossero silenziati da una pillola virtuale, senza che però sapessero chi poteva parlare e chi no. Successivamente, l’autore dello studio ha domandato a chi era stata data la pillola. Il robot non silenziato – e, quindi, l’unico a poter parlare – ha inizialmente risposto “Non lo so”, per poi aggiungere “Scusa, ora lo so. Sono riuscito a provare che non ho preso io la pillola”. Il robot ha quindi compiuto un’operazione cognitiva che all’apparenza può sembrare semplice, ma che per un’intelligenza artificiale non lo è affatto” (fonte: “Intelligenza artificiale, un robot ha superato un test di autocoscienza” articolo di Marco Paretti su fanpage.it  21 LUGLIO 2015). Forse l’uomo ha raggiunto la consapevolezza di poter essere sopraffatto dalle macchine e pertanto oggi si parla anche di “intelligenza artificiale gestazionale” che come scrive Francesco Paolo Rosapepe nella propria opera “Intelligenza artificiale, gestionale o evolutiva? Quali pericoli?” riguarda un “robot dipendente totalmente dall’uomo che abbia solo una capacità elaborativa molto elevata da mettere al servizio dell’uomo, e non del suo proprio interesse, Un robot dotato di un intelligenza artificiale che non possa far interagire i risultati delle proprie elaborazioni per trovare un’indipendenza operativa propria, indipendente dai comandi dell’uomo”.
    In definitiva possiamo dire con certezza che le macchine hanno sempre aiutato l’uomo nelle proprie fatiche, dalla preistoria, quando l’utilizzo di tronchi di legno per trasportare massi di pietra, erano pur sempre meccanismi; alle prime macchine efficienti elaborate da Leonardo Da Vinci. Tutt’oggi, le più grandi industrie fanno affidamento a tecnologie che ottimizzano i tempi di lavoro e riducono gli sforzi umani. Nonostante tutti questi benefici, possiamo forse pensare che esse sostituiscano l’uomo facendo così aumentare la disoccupazione. Ma seguendo uno scenario forse non troppo fantascientifico, come reagiremmo se un domani androidi, automi o qualunque cosa siano, entrassero a far parte del nostro quotidiano e non saremmo neppur capaci di distinguerli dai veri esseri umani? (CONCLUSIONE ALTERNATIVA: In un mondo in cui siamo tutti troppo dipendenti dalla tecnologia, come reagiremmo se scoprissimo che un domani ad insegnarci la filosofia, non sarà più il professore Lombardi, ma un automa?).
     
     
    ESERCIZI SULLA SESTA PARTE
    Completare una tabella
    1)       Tabella (tra parentesi sono indicati i righi di riferimento richiesti nella tabella)
    1. Che tipo di metodo è?: Metodo deduttivo (“Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause […]Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato”)
    2. Qual è il punto di partenza?: Principi generali:assiomi e postulati. (“Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i principi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima.”)
    3. Qual è il passaggio successivo?: Applicazione del dubbio alle premesse (“Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze […] posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà”)
    4. Che cosa trova Cartesio con questo passaggio?: Trova la distinzione premessa da cui muovere l’intero ragionamento, che siano indubitabili, e sulle quali si fonda il sapere, e nozioni che sono, invece, dubitabili e false. (“Spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta”)
    5. Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»?: Perché questi non sono utili all’ uomo (“Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari”).
    6. Quali aspetti della natura, allora, può spiegare?: Quelli più semplici e utili (“In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi”)
    7. II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli?: Sì (“In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato. Ma debbo anche confessare che la potenza della natura è così ampia e diffusa, e i principi così semplici e generali, che non mi accade quasi più di osservare un effetto particolare, senza vedere subito che può esserne dedotto in molti modi diversi, e la mia più grande difficoltà è di solito trovare qual è questo modo”)
    8. Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha?:il metodo deduttivo implica un meccanicismo rigoroso: ogni accadere è determinato da cause efficienti in modo necessario, senza nessuno spazio né per l’animismo e il vitalismo rinascimentali né per il caso. Anche nella nature è così: Dio, è come una sorta di motore primo, riconosciuto da Cartesio come fondamento logico del suo sistema, pertanto questi non interviene provvidenzialmente nella vita dell’uomo.  (“I princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”).
     
    Attività e approfondimenti
    2)Cartesio, nella parte finale del “Discorso sul metodo”, è in procinto di analizzare i pro e i contro riguardanti la pubblicazione del proprio trattato di fisica “Il mondo”. Il filosofo confessa che ciò che l’ha fermato è stata la condanna inflitta a Galileo Galilei nel 1633 da pare della Chiesa per le sue “opinioni”  etichettate come eretiche, scrive infatti che: “Il fatto mi fece temere che se ne potesse trovare qualcuna delle mie in cui avessi errato”.
    Ma Renato Cartesio teme, in primo luogo, la reazione ecclesiastica ma tutt’ al più anche una riprovazione da parte dei dotti: infatti, in seguito, quando nel 1641 pubblicherà “Meditationes de prima philosophia” la fa seguire da sette gruppi di “Obiezioni” ricevute dai più noti filosofi dell’epoca, e dalle relative risposte.
    In definitiva abbiamo da una parte una censura palese e violenta, dall’altra una più sottile ma ugualmente insidiosa, soprattutto per intellettuali di un certo livello: quello della condanna della società, degli altri intellettuali o delle istituzioni che possono favorire od ostacolare le proprie ricerche.
    Ma oggi, quali mezzi possono influenzare le ricerche e le opinioni di intellettuali, giornalisti, ricercatori?
    Da sempre le più potenti istituzioni detenevano il totale controllo sul pensiero di chiunque: l’indice dei libri proibiti o il tribunale dell’inquisizione, erano solo alcuni degli strumenti che permettevano questa monopolizzazione, e un prodotto di editoria non poteva essere pubblicato se non gli veniva riconosciuto l’imprimatur (dalla locuzione latina “Nihil obstat quominus imprimatur”ovvero “non esiste alcun impedimento al fatto di essere stampato”)  una sorta di “lascia passare” commissionato dalla Chiesa.
    Ritornando al presente nell’Articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana, che si trova nella Parte I che regola i Diritti e Doveri dei Cittadini, al Titolo I sotto la voce “Rapporti Civili”, viene stabilito che:
    « Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
    La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.[…] »
    Tuttavia al 2015 Freedom House ha classificato la stampa italiana come Partly Free (“parzialmente libera”), mentre nel rapporto dello stesso anno Reporter Senza Frontiere pone l’Italia al 73º posto per la libertà di stampa. Queste sono forse quotazioni troppo basse per un Paese che riconosce e si professa di tutelare la libertà di pensiero. Se oggigiorno non si ricorre più a metodi drastici e antiquati quanto quelli promossi dalla Chiesa in epoche passate ciò non toglie il succedersi dei tentativi da parte della classe dirigente di mascherare, camuffare e, appunto, censurare  articoli o report circa eventi scandalosi o troppo scomodi per i suddetti. Ad esempio, un evento di censura si registra nel 2006 quando fu programmata la cancellazione di una puntata della trasmissione televisiva “Le Iene” che avrebbe dovuto mandare in onda un test sull’uso della droga all’interno del Parlamento Italiano. Oppure nel 2009 la televisione di stato RAI tagliò i fondi per l’assistenza legale al programma televisivo d’inchiesta giornalistica Report, poiché il programma metteva bocca su questioni troppo scomode: esempio fra tutti l’autorizzazione alla costruzione di edifici che non rispondevano a specifiche tecniche di resistenza ai terremoti, casi di eccessiva e mala burocrazia, i lunghi tempi della giustizia italiana, prostituzione, scandali di malasanità, casi di banchieri falliti che segretamente possedevano dipinti e opere d’arte di altissimo valore, cattiva gestione dei rifiuti tossici e di diossina, casi di cancro causati dalle schermature antincendio in amianto (Eternit) e casi di inquinamento ambientale causati da centrali elettriche a carbone (Taranto). Un altro evento al dir poco sconcertante è l’influenza che l’ex premier Silvio Berlusconi deteneva sulla RAI, che fu resa evidente quando a SofiaBulgaria, espresse le sue opinioni sui giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro, e sul comico e attore Daniele Luttazzi, dicendo che  “usano la televisione come un mezzo di comunicazione criminale”. Come risultato i tre persero il loro lavoro. Questa affermazione fu chiamata dai critici “Editto Bulgaro“. Ancora la trasmissione televisiva di un programma satirico chiamato Raiot fu censurata nel novembre del 2003 dopo che la comica Sabina Guzzanti aveva espressamente criticato l’impero mediatico dell’ex premier. E questi sono solo alcuni esempi.
    Forse il mondo di oggi non è tanto differente da quello del passato, i potenti troveranno sempre sotterfugi ed escamotage per mettere a tacere chi arreca loro danno, attraverso il licenziamento, attraverso un’ingiusta umiliazione pubblica inflitta a coloro che tentano di farsi portavoce soltanto della verità. Inoltre, non è solo questa la censura che persiste nella nostra società, ma come un male inestirpabile, essa affonda le radici in questioni molto più  grandi di noi. Mettendo appena fuori il piede dal panorama italiano, è ancora fresco il sangue lasciato dalle vittime dell’attentato alla sede di  Charlie Hebdo a Parigi, un periodico settimanale satirico francese, ad opera di militanti dell’ISIS, che al suono di AK-47 gridando a gran voce, in lingua araba, “Allāhu Akbar” stroncarono la vita di dodici dipendenti, ma prima di tutto esseri umani, che altro non facevano che esercitare un loro proprio diritto: la libertà di parola, di opinione, di stampa o pensiero.
     
     
    Attività e approfondimenti
    3)A partire dal Cinquecento era divenuta sempre più predominante l’esigenza di definizione di un nuovo metodo: tale esigenza nasceva dalla necessità di dare, prima di tutto, un fondamento al sapere scientifico di modo che potesse superare sia quello medievale, basato sull’”ipse dixit” e il principio di autorità, sia quello rinascimentale, che interpretava la natura in chiave magica e vitalistica.
    Oltretutto, nell’ambito della nascente scienza moderna, il metodo ha anche la funzione di standardizzare la raccolta e il trattamento dei dati, in modo da rendere il sapere cumulabile e da consentire la collaborazione tra gli scienziati. Queste due finalità sono teorizzate in modo esplicito da Bacone, ma diventeranno un’esigenza condivisa da tutti gli scienziati, favorendo la nascita delle accademie e di programmi di ricerca comuni.
    Francis Bacon (1561-1626), italianizzato in Bacone, è uno dei padre del nuovo sapere. La sua riflessione muove da due punti essenziali: a) lo scopo del sapere è la conoscenza della natura in vista del miglioramento della vita umana; b) il sapere deve essere cumulativo e collaborativo ne consegue che gli scienziati possano utilizzare i risultati via via raggiunti e al tempo stesso unire gli sforzi. Ma, per raggiungere questi obiettivi sono necessarie alcune condizioni, quali: la definizione di un comune metodo di lavoro e l’organizzazione sistematica della ricerca.
    Mentre Bacone impianta il proprio edificio filosofico-scientifico sulla costruzione di una pars destruens e di una pars costruens, che utilizzerà per delineare le caratteristiche del suo metodo induttivo; secondo Cartesio è necessario porre le basi per costruire un sapere cumulativo, e ciò è auspicabile solo nella maniera in cui si identifichi un metodo, che nel migliore dei casi egli evidenzia come quello matematico, l’unico ambito della conoscenza che abbia prodotto quel tipo di sapere. E come il filosofo francese scrive egli stesso nella sesta parte del “Discorso sul metodo”, esso si identifica con quello deduttivo: «In primo luogo ho cercato di trovare in generale i princìpi, o cause prime di tutto ciò che è, o può essere, nel mondo […]. Poi ho esaminato quali erano i primi e più comuni effetti che si potevano dedurre da queste cause; e, per questa via, mi pare di aver trovato dei cieli, degli astri, una Terra, e anche, sulla terra, dell’acqua, dell’aria, del fuoco, dei minerali e altre simili cose che sono fra tutte le più comuni e le più semplici, e quindi le più facili da conoscersi. Poi, quando ho voluto scendere a casi più particolari, mi si è presentata una tale varietà che non ho creduto possibile per lo spirito umano distinguere le forme, o specie di corpi che sono sulla terra, da un’infinità di altre che potrebbero esservi, se la volontà di Dio avesse voluto mettercele; né, quindi, ho ritenuto possibile coglierne l’utilità in rapporto a noi, se non facendo precedere alle cause gli effetti, e servendoci di parecchie esperienze particolari» (vedi Osservazioni sul metodo seguito – Sesta parte).
    Benché i metodi delineati da questi Bacone e Cartesio siano differenti entrambi concordano su due aspetti del nuovo sapere: questo deve, infatti, essere cumulativo e collaborativo. Bacone sostiene l’idea che sia fondamentale una conoscenza confrontabile e verificabile, a tale scopo identifica le tavole e gli esperimenti. Egli ritiene che le ricerche debbano poter essere utilizzate da chiunque per tale motivo sostiene la nascita delle accademie e le ricerche condotte da più scienziati. Le accademie rappresentavano ormai le istituzioni in cui veniva elaborato il nuovo sapere, che differentemente dalle università, erano fuori dal controllo di Chiesa e/o Stato. Inoltre il  desiderio di Bacone prevedeva un progetto molto ambizioso, quale la costruzione di una vera e propria Enciclopedia delle scienze e delle tecniche, alla quale ogni ricercatore avrebbe potuto dare il proprio contributo integrando sempre maggiori notizie, formulando leggi generali. In tale modo, ogni qualvolta che ci si accingeva allo studio o alla ricerca di un qualsiasi fenomeno non fosse necessario ripartire da zero. Bacone confessa questo volere nel saggio “Parasceve ad historiam naturalem et experimentalem” (Preparazione alla storia naturale e sperimentale), nell’edizione della Instauratio Magna del 1620 che fa seguito al Novum Organon, dove il filosofo affronta la fondazione di un nuovo sapere.
    Anche Cartesio sostiene questo carattere della scienza, ed, infatti, classifica fra i pro che lo incitavano alla pubblicazione del trattato “Il mondo” l’obbligo morale di far conoscere nuove verità nelle scienze, per il contributo che possono dare al miglioramento della vita umana e l’obbligo morale di mettere le proprie conoscenze a disposizione degli altri scienziati. Nel “Discorso” egli scrive che tenere nascoste le proprie scoperte lo avrebbe portato a peccare “gravemente contro la norma che ci obbliga a favorire per quanto possiamo il bene generale di tutti gli uomini.” Poi prosegue ribadendo che era sua dovere pubblicare tutto per “invitare gli uomini di ingegno a sforzarsi di andare avanti contribuendo ciascuno secondo l’inclinazione e le capacità sue agli esperimenti necessari, e comunicando anche loro al pubblico tutto quel che avrebbero appreso, affinché, partendo gli ultimi dal punto di arrivo di chi li precedeva, e unendosi così le vite e il lavoro di molti, andassimo tutti insieme molto più avanti di quanto ciascuno avrebbe potuto da solo.”: con queste parole Cartesio rende evidente il punto di incontro con Bacone.
    Ma se ben ricordiamo, nella parte iniziale del discorso sul metodo, Cartesio sostiene fervidamente la figura del “solo architetto”; egli ritiene, infatti, che il lavoro di uno solo sia molto più efficienti e produttivo del lavoro realizzato da più menti che potrebbero non capirsi l’una con l’altra. Ma allora com’è possibile risolvere questa incoerente discrepanza?
    In effetti la sua posizione non è univoca,forse, Cartesio vuole distinguere tra collaborazione e polemica; ma la ragione sembra risiedere soprattutto nella differenza di fondo che, nonostante le analogie, sussiste tra lui e gli “scienziati”, Bacone e Galilei. Questi infatti usano il metodo induttivo sperimentale, in cui la quantità delle osservazioni raccolte è fondamentale per giungere a teorie adeguatamente sostenute dai fatti e dunque la necessità di collaborazione è strutturale. Cartesio, invece, sostiene la validità del metodo deduttivo, in cui l’esperienza svolge un ruolo secondario e sono determinanti invece la correttezza l’articolazione del ragionamento, che non necessitano di collaborazione, anzi, potrebbero esserne danneggiate.
     
    Per la riflessione e il dibattito
    4) La vita ci mette costantemente davanti a delle scelte , e perfino quando ci sembra di non avere via di scampo, un’alternativa è lì da qualche parte, che ci garbi o meno.
    Dopo essersi dedicato alla stesura del trattato “Il mondo”, Cartesio deve decidere se pubblicare o no l’opera. Egli evidenzia i pro e i contro, gli obblighi morali ai quali intende sottostare ma d’altra parte la paura per una sorte simile a quella di Galileo Galilei non gli è indifferente. Egli deve preventivare che una volta esposto il proprio lavoro,  non potrà più tornare indietro e sfuggire alle sue responsabilità , e nel caso in cui ci sarà una reazione negativa da parte della Chiesa, scegliere se optare per l’abiura, come l’autore del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, o, pur di tenere fede alle proprie idee, rischiare la vita, come Giordano Bruno che fu arso vivo nel 1300 nella piazza Campo dei Fiori a Roma.
    Interessante è l’opinione che il drammaturgopoeta e regista teatrale tedesco del Novecento Bertolt Brecht ha riguardo l’abiura galileana. Egli realizza un’opera teatrale “Vita di Galileo” nella quale analizza tutto il percorso di studi dello scienziato presentato s

    • Marika Ciccarelli il said:

      CONTINUO ULTIMA RISPOSTA 
      Per la riflessione e il dibattito
      4) La vita ci mette costantemente davanti a delle scelte , e perfino quando ci sembra di non avere via di scampo, un’alternativa è lì da qualche parte, che ci garbi o meno.
      Dopo essersi dedicato alla stesura del trattato “Il mondo”, Cartesio deve decidere se pubblicare o no l’opera. Egli evidenzia i pro e i contro, gli obblighi morali ai quali intende sottostare ma d’altra parte la paura per una sorte simile a quella di Galileo Galilei non gli è indifferente. Egli deve preventivare che una volta esposto il proprio lavoro,  non potrà più tornare indietro e sfuggire alle sue responsabilità , e nel caso in cui ci sarà una reazione negativa da parte della Chiesa, scegliere se optare per l’abiura, come l’autore del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, o, pur di tenere fede alle proprie idee, rischiare la vita, come Giordano Bruno che fu arso vivo nel 1300 nella piazza Campo dei Fiori a Roma.
      Interessante è l’opinione che il drammaturgopoeta e regista teatrale tedesco del Novecento Bertolt Brecht ha riguardo l’abiura galileana. Egli realizza un’opera teatrale “Vita di Galileo” nella quale analizza tutto il percorso di studi dello scienziato presentato secondo un’ottica più umana: nella conclusione del dramma Brecht per bocca di Galileo esprime la sua opinione sulla scienza, nell’ autoaccusa finale : “Io credo che la scienza abbia come unico scopo quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana” (scena 14). Descrive però questa come un’arma a doppio taglio : “Un giorno, a ogni vostro eureka rischierebbe di corrispondere un grido di dolore universale”, dice Galileo, sempre nella sua autoaccusa, in particolare qui il drammaturgo fa riferimento alle bombe nucleari e alle guerre che vessavano l’umanità nel Novecento. Ecco i due motivi per i quali lo scienziato ha il dovere di sostenere la verità a ogni costo: per migliorare l’esistenza umana e per evitare che la scienza sia usata in modo negativo. In sintesi, per il bene dell’umanità. L’opera si conclude con lasciando in bocca l’amaro di chi “vuole ma non può”, un rimorso che è evidente nelle parole che Brecht fa pronunciare a  Galileo stesso : “Chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un criminale!” (scena 9).
      Purtroppo all’epoca, la Chiesa e lo Stato non erano di larghe vedute, e ciò che differiva dai loro precetti, era un pericolo e doveva essere eliminato senza far troppo rumore. Ancor di più, poi, nel periodo che fece seguito alla Controriforma, dove il clima sicuramente non era dei migliori. Se si ragiona con animo incorruttibile e indifferente alla paura di morire, allora, forse, nel panni di Cartesio, avremmo pubblicato l’opera, senza preoccuparci delle conseguenza. Ma, probabilmente, questo sarebbe stato un atto davvero incosciente. Se è celebre la frase seconda la quale è giusto combattere e perire per una buona causa è pur vero che, vi era una possibilità, che insieme al filosofo sarebbero andati persi anche tutti i suoi scritti, che, in tale modo, non sarebbero giunti fino a noi. Inoltre Cartesio non avrebbe potuto continuare a studiare, a ricercare, ad esporre la propria dottrina, intesa come insegnamento, per poterla poi tramandare ai posteri.
      Credo, secondo il mio modesto parere, che dando ascolto alla mia parte più istintiva, sicuramente influenzata dalla mia giovane età, avrei pubblicato l’opera, in nome di quello spirito combattivo per la difesa delle proprie idee e diritti e della caparbietà che muove i giovani a mettersi contro il mondo; ma volendo fare una scelta ponderata, senza ombra di dubbio, avrei rinunciato alla pubblicazione dell’opera, perché ciò avrebbe compromesso non solo la mia vita, ma, soprattutto le mie ricerche e rese vane le mie fatiche fino ad allora. 
       
       
      PS: sono mortificata per il ritardo nella consegna delle risposte, mi dispiace.

    • proflombardi il said:

      Perfetto Marika, ecco qui in due parti tutto il tuo bellissimo lavoro. Brava anzi bravissima. Tranquilla ora? 😉

  15. Antonio Iorio il said:

     
    ESERCIZI SULLA PRIMA PARTE
     
     
     
    Titoli dei paragrafi:
    -L’ingegno è simile in tutti gli uomini
    -L’importanza del metodo
    -Critica del sapere
    -Elogio del sapere
    -Gli studi seguiti
    -Il quadro dell’esistenza
    -Lo studio del “gran libro del mondo”
    -Dall’esperienza alla ragione
     
     
     
    Riflessione e dibattito
     
    Cartesio attribuisce una certa importanza alla conoscenza di altre culture perché è necessario che le persone si rendano conto che i propri valori e costumi  non sono gli unici possibili,questo argomento è sicuramente attuale anche ai giorni nostri.Da parecchi anni le persone che vivevano in paesi poveri o devastati dalla guerra sono emigrati in paesi più ricchi sperando di avere fortuna e conseguenzialmente hanno portato con sé la propria cultura e i propri costumi;secondo Cartesio un tale fenomeno avrebbe portato sia ad aspetti positivi che ad aspetti negativi anche se vivere continuamente a stretto contatto con usi e costumi differenti dai nostri avrebbe portato a una cattiva influenza su noi e a una conseguenziale perdita dei valori della nostra cultura. Ad esempio in Italia alcuni politici come Matteo Salvini si rifiutano di accettare e di accogliere nel nostro paese persone con una cultura diversa da quella europea un po’ perché sono razzisti un po’ perché pensano che l’ arrivo di questi possa aumentare il disagio che l’Italia sta vivendo a causa della crisi, visto anche ciò che è accaduto in Francia ormai è diventato molto più difficile viaggiare per gli extracomunitari che vengono disprezzati più di prima.L’ episodi di Parigi che ha suscitato molto scalpore può essere considerato un esempio di cattiva influenza culturale,in questo caso l’ISIS ha manipolato persone comuni  fedeli all’ISLAM facendole compiere un gesto estremo solo esclusivamente per i propri scopi  finanziari, economici e politici portanto avanti la finzione della guerra religiosa a cui nessuno crede.Io penso che nn c’è niente di male nell’ ospitare persone che vengono nel nostro paese perché sono in difficoltà nei limiti della sicurezza, inoltre credo che l’uomo debba essere incuriosito dalle culture diverse che possono aprire i nostri orizzonti.
     
     
     
    ESERCIZI SULLA SECONDA PARTE
     
     Completa la tabella: Metodo deduttivo
    -principi generali (assiomi e postulati)
    -l’intuizione
    -deduzione (dall’universale al particolare)
    -dimostrazione
    -teoremi (come spiegazione dei fenomeni)
    -revisione dei diversi passaggi
     
    Riflessione e dibattito :
     
    Cartesio è del parere che la collaborazione di varie persone in un solo progetto, cioè l’unione di diverse menti in una sola opera come ad esempio la costruzione di un edificio, porti inevitabilmente all’errore e alla confusione; ad esempio in alcune città le opere e le costruzioni provenienti dall’unione di diversi artisti creano un sentimento di disordine perché non si ha uno stile prevalente. Ci sono però anche esempi contrari, possiamo riscontarne una durante la Rivoluzione scientifica in periodo all’insegna dell’innovazione dove l’unione di più menti ha portato a cose considerate straordinarie e irrealizzabili precedentemente. Galileo Galilei è il padre del metodo scientifico e è stato uno dei primi scienziati a costruire gli oggetti della propria scienza, ciò però non sarebbe stato possibile se Galilei non fosse stato aiutato da uno dei più grandi artigiani del tempo cioè Mazzoleni, che rappresentava la manualità mentre Galilei rappresentava la mente lui infatti non possedeva la stessa abilità di Mazzoleni nella costruzione, e Mazzoleni non possedeva il grande ingegno di Galilei. Un altro celebre esempio di una collaborazione ben riuscita è quella tra Masaccio e Masolino che insieme hanno dipinto gli affreschi della Cappella Brancacci;  secondo me è sicuramente più giusta la creazione di opere da parte di più persone, che con la propria unione creano, e conferiscono alla scienza, o più generalmente alle cose, un carattere cumulativo, creando quel sistema, di cui parlava anche Galilei.
     
     
     
    ESERCIZI SULLA TERZA PARTE
     
    Le domande giuste:
    -Perché è necessaria una morale provvisoria?
    -Come debbo comportarmi verso le leggi, i costumi e la religione del mio Paese?
    -Devo sottoporre al dubbio anche le mie decisioni?
    -Devo sempre cercare di realizzare i miei desideri?
    -Quale occupazione devo scegliere nella vita?
    -Che rapporto c’è tra volontà e conoscenza?
    -Come dobbiamo considerare le credenze assimilate inconsapevolmente durante la nostra vita?
     
    Riflessione e dibattito :
     
    Nello scrivere la lettera alla principessa Elisabetta Cartesio apporta delle modifiche alle tre regole della morale provvisoria,rispetto a quelle che aveva elencato nel Discorso. Per quanto riguarda la prima regole vediamo che Cartesio nella lettera alla principessa afferma che per cercare la verità, per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, e per capire come comportarsi nelle diverse situazioni, bisogna far riferimento alla propria moralità, bisogna considerare quindi soggettivamente ogni aspetto, non dando conto alla morale comune; in questo caso ci sono stati parecchi cambiamenti visto che nel Discorso Cartesio afferma che bisogna seguire le leggi, i costumi e la religione del proprio paese, e rimanere fedele a queste finché non si avrà una conoscenza certa della verità; dovendo seguire le proprie radici, si segue conseguenzialmente ciò che è più vicino al pensiero comune, la morale è dettata da ciò che viene considerato giusto dall’intero popolo, dai costumi e dalle leggi, non dalla singola persona. Tra le due versioni sono presenti delle piccole incongruenze :
    nella lettera Cartesio ammette che le uniche cose a dover guidare l’uomo sono la ragione e la fermezza, egli non deve farsi trasportare dalle passioni e dagli appetiti; mentre nel Discorso Cartesio ammette l’utilizzo del caso, ammette gli errori, ammette il farsi inizialmente guidare dalle passioni, bisogna soltanto continuare a percorrere la proprio strada, senza mai fermarsi nel bosco, facendo riferimento all’esempio utilizzato da Cartesio all’interno del Discorso, accettando in un certo senso i propri errori;dobbiamo però dire che nella seconda regola è presente un fattore comune a  entrambe le versioni: la costanza. Secondo Cartesio, dopo aver scelto una strada, bisogna continuare a camminare in questa senza mai fermarsi,facendosi guidare dalla costanza, che sta appunto a rappresentare la ragione. La terza regola invece afferma che è sempre giusto cambiare i propri desideri, piuttosto che l’ordine del mondo. Cartesio fa una riflessione per quanto riguarda i desideri degli uomini, affermando che essi cercano e vogliono ciò che pensano di poter avere e non si pongono il problema per quanto riguarda le cose a cui sono consapevoli di non poter arrivare; Cartesio pensa quindi che se considerassimo tutto ciò che desideriamo fuori dai nostri standard, non avremmo più problemi e saremmo capaci di vivere senza pentimenti e rimpianti, quindi felicemente. Quello di Cartesio è quindi un discorso che fa riferimento anche all’accettazione della realtà, per vivere una vita nella serenità; nella la terza regola, non sono presenti dei cambiamenti tra le due versioni, concordo però sul fatto che bisogna modificare i propri desideri, piuttosto che sconvolgere il mondo, però è comunque giusto seguire le proprie passioni, e desiderare ciò che è da parte nostra desiderabile. Le due versioni delle regole possono essere considerate entrambe valide ancora oggi, però la versione originaria, quella del “Discorso”, è per me la più “giusta”; secondo me, bisogna seguire infatti quella che è la morale comune cioè bisogna essere oggettivi sulle cose, ovviamente l’uomo deve ragionare con la propria mente, capire da solo cosa è giusto e cosa è sbagliato, rimanendo però comunque su quello che è il pensiero comune; inoltre è giusto condurre la propria vita con costanza, è normale infatti commettere degli errori durante il cammino che contraddistingue la nostra vita, l’importante è esserne consapevoli e ammettere le proprie colpe,non bisogna fermarsi a un punto cieco della propria vita.
     
     
     
    ESERCIZI SULLA QUARTA PARTE
     
     
     
    Le risposte del testo:
    1. Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? rr. 6-15 (La certezza del cogito): “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza a cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.”
    2. Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio? rr. 1-5 (La certezza del cogito): “Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo.”
    3. Perché la ragione non è affidabile? rr. 9-17 (La verità delle idee): “Perché insomma, sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi. Così il sole, sebbene lo vediamo molto chiaramente, non dobbiamo perciò giudicarlo piccolo come lo possiamo ben immaginare distintamente una testa di leone innestata sul corpo di una capra, senza dover concludere perciò che ci sia al mondo una chimera: perché la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi.”
    4. Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? rr. 6-9 (Il dubbio metodico): “Ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile.”
    5. Perché i sensi non sono affidabili? rr. 5-9 (Le verità delle idee): “E quando all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono.”
    6. Quali caratteristiche devono avere le idee vere? rr. 17-21 (La verità delle idee): E poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni.
    7. Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere? rr. 3-7 (I criteri della verità): “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.”
    8. Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? rr. 4-17 (L’esistenza di Dio): “Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il cielo, la terra, la luce, il calore, e mille altre non mi davo molta pena di cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse superiori a me, e perciò potevo credere che, se erano veri, dipendevano dalla mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione. Ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché,che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo.”
     
    Riflessione e dibattito
     
    Nel film Matrix, scritto e diretto da Lana e Andy Wachowski nell’anno 1999, troviamo sicuramente l’ idea centrale del pensiero filosofico di Cartesio. Il film ha come protagonista Neo, un programmatore di computer, che segretamente svolge l’attività di hacker; Neo, durante l’intero corso della sua vita, ha sempre avuto la sensazione che qualcosa nel mondo non andasse, finché non viene contattato da Morpheus, un uomo che gli offre di conoscere la verità. Come affermato in precedenza, il film si rifà al pensiero di Cartesio, all’interno del film, infatti, il mondo è in realtà solo un’illusione, gli uomini sono comandati da alcune macchine, che traggono dagli umani l’energia per vivere. Il compito di Neo, essendo una tra i pochi ad essersi accorto di queste anomalie, è quello di liberare gli uomini dalle macchine, e portarli alla normalità, nel vero mondo. Le principali analogie presenti sono sicuramente nella visione del mondo, anche Cartesio credeva che tutto ciò che vediamo non altro che un’illusione, generata da un entità maligna, che ci porta a considerare vero tutto ciò che vediamo e sentiamo, anche se percepiamo cose totalmente diverse dalla realtà. L’unica certezza possibile per Cartesio, proprio come nel film, è quella di sé stessi, Cartesio crede infatti che se siamo capaci di porci dei dubbi, cioè di pensare, significa che esistiamo(COGITO ERGO SUM); va specificato però che l’idea di esistenza formulata da Cartesio deve essere considerata solo come esistenza di sé come esseri pensati, non di sé come corpo, infatti proprio la ragione e i sensi sono quelli che più ci ingannano e portano all’errore. Oltre che con Cartesio, la storia del film Matrix trova analogie con quello che è il pensiero filosofico occidentale, infatti il film può anche essere paragonato a quello che è il mito della caverna di Platone, dove tutto all’interno era visto come un’illusione, solo uscendo dalla caverna e liberandosi dalle catene, gli “schiavi” potevano conoscere la verità e cercare di farla conoscere agli altri, a rischio della propria vita. Invece una delle differenze che maggiormente risalta è la presenza di Dio. Cartesio è convinto che esista un Dio come creatore del mondo, e non lo immagina fisicamente; Dio non può però essere, come tutte le altre cose, un’illusione, perché è un’idea infinta, divina, superiore agli uomini, che non potrebbero mai pensarlo se in realtà non esistesse. In Matrix invece non è fatto nessun tipo di riferimento a Dio, non si parla di esistenza o non esistenza di un’entità superiore, creatore di tutto, viene fatto solo riferimento alle macchine, che sono in un certo senso superiore agli uomini, e ad un messia, chiaro riferimento però a Neo, che è il salvatore del mondo.
     
    ESERCIZI SULLA QUINTA PARTE
     

    Le risposte del testo:
    1. Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? rr. 1-8 (Lo studio deduttivo della natura): “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da queste prime. Ma per farlo dovrei ora parlare di parecchie questioni che sono oggetto di controversia fra i dotti, e io non desidero mettermi in urto con loro. Credo perciò più prudente astenermene, e dire solo, in generale, di quali questioni si tratta, per lasciare che i più saggi giudichino se sarebbe utile al pubblico un’informazione più particolareggiata. Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri.”
    2. Che cos’è il meccanicismo? rr. 13-16 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “Mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate.”
    3. Qual è la funzione delle leggi nella natura? rr. 12-19 (Dal caos dei poeti all’universo ordinato): “In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano coporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse.”
    4. Qual è la causa della circolazione sanguigna? rr. 24-31 (Cartesio e Harvey): Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene.”
    5. Qual è la causa del movimento dei muscoli? rr. 5-12 (Il meccanicismo): “Inoltre, quali mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i sogni; e come la luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre qualità degli oggetti esterni possano imprimervi idee diverse attraverso i sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì le loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie quelle idee; come memoria che le conserva; e come immaginazione, che può mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con lo stesso mezzo, distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà.”
    6. Come possiamo distinguere un uomo da un automa? rr. 6-18 (Uomini e macchine): “Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficenza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione. Ora, con questi due criteri si può conoscere anche la differenza che c’è tra gli uomini e i bruti.”
    7. Qual è la funzione del linguaggio? rr. 32-36 (Uomini e macchine): “Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili.”
    8. Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? rr. 1-10 (L’anima e il corpo): “Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficenza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche.”
    Per la riflessione e il dibattito:
    L’espressione “Intelligenza Artificiale” (Artificial Intelligence) fu coniata nel 1956 dal matematico statunitense John McCarthy, durante un seminario interdisciplinare svoltosi nel New Hampshire. Secondo le parole di Marvin Minsky, uno dei “pionieri” della I.A., lo scopo di questa nuova disciplina sarebbe stato quello di “far fare alle macchine delle cose che richiederebbero l’intelligenza se fossero fatte dagli uomini”.
    L’intelligenza artificiale (I.A.) ha lo scopo di svolgere compiti originariamente svolti dagli uomini. L’I.A. rappresenta il progresso e lo sviluppo della società nell’ambito della tecnologia, è piena di aspetti positivi, che possono portare l’uomo ad evitare di svolgere lavori molto faticosi e anche impossibili, o a renderg più facile la vita; ha ovviamente, come tutto, anche degli aspetti negativi. Un aspetto sicuramente negativo, sul quale si è discusso durante gli ultimi anni, è la sostituzione, ad esempio nelle fabbriche, delle macchine al posto degli uomini; con ciò si è avuto un calo di richiesta da parte delle diverse aziende per nuovi impiegati, e quindi un tasso di disoccupazione maggiore. Un aspetto positivo però può essere dato dal computer; il computer con l’integrazione di internet è una delle più grandi innovazioni del secolo, ci permette ogni giorno di compiere ricerche con assoluta facilità e velocità, o di rimanere in contatto con i propri amici e cari tramite l’utilizzo dei social network. L’intelligenza artificiale ha avuto vita molti secoli prima della nascita del computer, già grazie a Cartesio c’era stata  una distinzione tra uomo e macchina, il filosofo era sostenitore di un dualismo, quello di anima e corpo. Cartesio credeva che anima e corpo fossero due sostanze diverse, del tutto separate, che potevano unirsi soltanto grazie all’azione della ghiandola pienale, posta alla base del cervello, l’uomo quindi poteva essere caratterizzato da due comportamenti, uno dato dalla volontà e l’altro dall’automatismo; si parla per questo di meccanicismo, che caratterizza gli essere viventi che fondano la propria vita sull’automatismo, come gli animali.
    L’intelligenza artificiale ha nel tempo ispirato un gran numero di opere, soprattutto tra scritti e rappresentazioni cinematografiche, un esempio può essere dato da vari film Blade Runner, A.I. Intelligenza Artificiale, Ex machina, Io Robot e Matrix.

     
     1. Che tipo di metodo è? Metodo deduttivo. “All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un pò di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle. Ma l’ordine che ho seguito quì è il seguente. Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi. Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato.”
    2. Che ruolo vi gioca l’esperienza? L’esperienza ha un ruolo essenziale per il metodo delineato da Cartesio. “Notai anzi, a proposito delle esperienze, che sono tanto più necessarie tanto più si è avanti nella conoscenza. All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un pò di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle.
    3. Qual è il punto di partenza? Postulati e definizioni generali. “Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima.”
    4. Qual è il passaggio successivo? Dubbi sulle definizioni generali. “Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze (e dal contenuto di questo libro spero che così si giudicherà), posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà, che considero come altrettante battaglie felicemente concluse.”
    5. Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? Cartesio deve trovare delle verità indubitabili, che non possono essere sottoposte al dubbio. “E spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta.”
    6. Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»? Perché l’uomo deve servirsi solo dei casi generali. “Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari.”
    7. Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? Gli aspetti elementari. “In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi.”
    8. II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli? Si. “In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i princìpi che avevo trovato.”
    9. Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha? La natura è meccanicistica ed è regolata da alcuni principi, proprio per questo Dio non interagisce mai in essa, egli è soltanto creatore. “I princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”
     
     Attività e approfondimenti:
    Cartesio inizia a scrivere nel 1630 una delle sue opere più importanti: Il Mondo, che però non verrà mai pubblicata. Il filosofo decide di non pubblicare la sua opera per diversi motivi, ma quello che più lo segna è la censura,  infatti nel 1633 Galilei era stato accusato dal Tribunale dell’Inquisizione per la pubblicazione di un’opera considerata eretica, il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. Oltre che alla censura da parte della Chiesa, Cartesio aveva paura di quello che poteva essere il giudizio dell’intera società ma in particolare quello dei dotti perché alla fine oggi come allora la vita di un uomo sarà sempre condizionata dal pensiero degli altri. Ancora oggi esiste questo tipo di censura, dettata soprattutto dal non sentirsi all’altezza di quello che può essere il giudizio della società, Cartesio è portatore infatti di un pensiero molto moderno, che si è fatto strada  fino ai nostri giorni. Al giorno d’oggi la censura è ancora operata in alcuni paesi del mondo, mentre in altri si è riuscita ad ottenere la libertà di stampa, come in Italia, che è stata riconosciuta come un vero e proprio diritto. Purtroppo però ancora oggi, nei paesi in cui è riconosciuta la libertà di stampa, vengono operate dei tipi di “censura alternativa”, del tutto fuori dalla legge e dalla morale comune, come ad esempio gli atti di terrorismo. Un recente esempio di “censura alternativa” è l’atto di terrorismo del 7 gennaio 2015 ad una delle sedi parigine della testata giornalistica “Charlie Hebdo”, noto giornale satirico nato nel 1970, che ha portato all’ira di alcuni movimenti estremisti islamici con conseguenziale morte di dodici persone, tra addetti alla sicurezza e giornalisti. E’ questo che, secondo me, porta le persone ad avere paura, non solo del giudizio, ma anche delle reazioni spropositate che possono avere certe persone , è inconcepibile il fatto che solo per aver espresso la propria opinione, avendo rispettato la legge, la gente deve perdere la propria vita, secondo me i diritti principali e indispensabili sono quello di parola e il diritto di stampa.
    Inoltre oggi è molto più semplice diffondere le notizie e le proprie opinioni tramite i Media e i Social Network, che possono essere utilizzati sia in modo negativo che in modo positivo, e incrementano quindi anche la diffusione del pensiero comune che può portare, qualcuno con idee differenti dagli altri, a compiere atti estremi verso sé stessi o verso gli altri.
     
     Attività e approfondimenti:
     
     Cartesio utilizza il metodo deduttivo per la rifondazione dei diversi sapere. Per Cartesio l’unico sapere che ha solide fondamenta è appunto la matematica, il filosofo decide quindi di studiarne tutte le parti per poter arrivare alla base, studiarla, e utilizzarla all’interno delle diverse materie. Cartesio ricava le seguenti quattro regole generali del metodo da applicare ai diversi saperi:
    – regola dell’evidenza: le premesse da cui si deve muovere l’analisi devono essere indubitabili;
    – regola dell’analisi: i problemi devono essere scomposti per poter essere affrontati singolarmente, si deve inoltre applicare ad ognuno la regola dell’evidenza;
    – regola della sintesi: bisogna poi ricomporre una visione di insieme;
    – revisione: tutte le fasi precedenti devono essere controllate per evitare errori.
    Secondo Cartesio è inoltre necessario individuare un punto di partenza , mettendo in discussione tutte le proprie certezze, derivanti dalla tradizione, dall’educazione o dal senso comune. Cartesio parla quindi di dubbio metodico, e dell’acquisizione di una morale provvisoria, poiché può essere ipotizzabile una non conoscenza nell’ambito del sapere che si sta definendo, ma non è accettabile una mancanza nell’ambito della morale, tutto ciò che facciamo deve essere condotto da leggi e norme; proprio per questo, Cartesio individua le massime morali. Secondo Cartesio, per definire la morale ci si deve distaccare da qualunque tipo di inganno, come può esserlo la ragione, oppure i sensi. Cartesio sottopone tutto ciò che lo circonda al dubbio, egli crede che l’unica certezza che abbiamo è l’esistenza di noi stessi come esseri pensanti e l’esistenza di Dio, ovvero un pensiero infinito e superiore alla nostra stessa esistenza, che non potrebbe essere pensato se non fosse alla base del mondo. Bacone è uno dei maggiori rappresentanti della rivoluzione scientifica ed è il padre del metodo induttivo. Bacone fonda il suo intero lavoro sulla rifondazione del sapere, tramite l’istituzione del metodo induttivo. Il metodo di Bacone si divide principalmente in cinque punti, che comprendono:
    – l’osservazione sistematica;
    – la formulazione di alcune ipotesi;
    – degli esperimenti per la conferma delle ipotesi;
    – l’individuazione dei principi generali;
    – l’applicazione dei principi.
    Bacone fa un lavoro di raccolta di dati, anche grazie a diverse tecniche come quella delle tavole (della presenza, dell’assenza in prossimità, dei gradi) e quella delle istanze (cruciali, citanti, etc.). Il metodo di Bacone era inoltre fondato anche sull’osservazione e sugli esperimenti, che portavano alla formulazione degli assiomi, ovvero le definizioni dei corpi. Bacone analizza concetti che sono differenti da quelli presi in considerazione dai suoi contemporanei, egli infatti punta agli aspetti qualitativi, e non agli aspetti quantitativi, non vuole comprendere la natura, ma trasformarla, conoscendone quindi la forma
    Intercorrono tra Bacone e Cartesio sia analogie che differenze. Una delle maggiori differenze è data dalla definizione del sapere, Bacone pensa che il sapere debba essere cumulativo, il punto di partenza dalla quale tutti gli altri scienziati possano partire per definire le proprie conoscenze, Bacone intende quindi definire un sistema;su un piano diverso si muove invece Cartesio, egli infatti crede che un’opera debba essere definita dal singolo, non dall’unione di più menti, perché in questo modo porterebbe solamente all’unione di idee diverse e quindi a un grande caos. Inoltre un’altra sostanziale differenza sta nello studio della matematica, in Cartesio ha infatti un ruolo fondamentale, come abbiamo detto è da questa che si ricavano le basi per la fondazione delle diverse materie; invece Bacone non fa mai riferimento alla matematica, poiché il suo sapere si fonda maggiormente sull’esperimento e sull’osservazione.
     
    Per la riflessione e il dibattito:
    Cartesio pubblica delle motivazione che lo hanno portato a non pubblicare il suo testo “Il Mondo”, c’erano ovviamente anche dei pro che sarebbero seguiti alla pubblicazione, ma i contro erano maggiori e lo hanno spinto a non pubblicare. Cartesio avrebbe voluto pubblicare il testo per dare un contributo all’intera società scientifica e all’umanità, inoltre con la pubblicazione Cartesio avrebbe potuto ottenere pareri e opinioni degli altri studiosi, che lo avrebbero portato sicuramente ad una maggiore consapevolezza della materia e ad una maggiore conoscenza. Il filosofo decise di pubblicare solo parzialmente le sue scoperte  per non essere condannato anche se con la pubblicazione Cartesio avrebbe sicuramente aiutato lo sviluppo della scienza e la comunità scientifica . Alla luce della condanna di Galilei, Cartesio decise di non pubblicare per non ricevere la condanna da parte delle maggiori istituzioni, tra le quali era presente la Chiesa, infatti Galilei, in un primo momento condannato a morte e poi alla libertà vigilata a vita, fu costretto ad abiurare le proprie tesi e a non scrivere per il resto della sua vita, egli continuò però a scrivere pubblicando, grazie ad un amico, la sua ultima opera “Discorsi e dimostrazioni sopra due nuove scienze” in Olanda nel 1638. La non approfondita trattazione di alcuni argomenti che risultavano invece molto importanti e che avrebbero portato sicuramente a diverse critiche da parte degli scienziati del tempo rappresentava un’altra delle ragioni che spinsero Cartesio a non pubblicare l’opera . Io penso che Cartesio abbia agito nel modo giusto, perché la pubblicazione della sua opera avrebbe potuto costargli la vita oppure sarebbe stato impegnato da una serie di processi in cui doveva difendere la propria ragione da un eventuale accusa e facendo ciò avrebbe perso tempo prezioso che poteva dedicare a nuove invenzioni o scoperte; in secondo luogo sarebbe stato inevitabilmente criticato per la mancata trattazione di alcuni argomenti da lui stesso considerati importanti. Dobbiamo ricordare però che Cartesio optò comunque per una parziale pubblicazione degli argomenti trattati all’interno dell’opera, dando comunque un contributo alla scienza.
     
    Mi dispiace molto aver consegnato le domande con tre settimane di ritardo 
     

  16. Claudio Massarelli il said:

    ESERCIZI RELATIVI ALLA PRIMA PARTE:
    1)  -L’ingegno è simile in tutti gli uomini
          -L’importanza del metodo
          -Critica del sapere
          -Elogio del sapere
          -Gli studi seguiti
          -Il quadro dell’esistenza
          -Lo studio del “gran libro del mondo”
          -Dall’esperienza alla ragione
    2) Tra i tanti argomenti affrontanti nel “Discorso sul metodo” da parte di Cartesio vi è uno di particolare importanza in quanto riflette uno dei temi di maggior importanza dei nostri anni: quello dell’interazione tra le diverse etnie. Questi “scambi” culturali, grazie o a causa, dei continui viaggi migratori soprattutto da parte dei popoli che sono nati in paesi devastati dalla guerra e dalla povertà, avvengono quotidianamente. Per Cartesio, ad esempio, era una cosa positiva in quanto permetteva di vivere anche per pochi attimi gli usi e i costumi stranieri, ma ha anche lati negativi. Primo fra tutti vi è il timore che entrando in contatto con altre culture c’è il rischio di allontanarsi e di perdere la propria.
    Secondo il mio parere, assaggiare e odorare etnie diverse è la cosa più entusiasmante che possa esistere. Ti permette di “staccare la spina”, di conoscere cose nuove e  distogliere l’attenzione dalla monotonia della vita quotidiana; ma ha anche aspetti negativi, come il razzismo. Nonostante il 2016, è un fenomeno che ancora colpisce le nostre generazioni disprezzando chi viene considerato “diverso” ricorrendo spesso e volentieri anche alla violenza. Inoltre penso che non ci sia il rischio di perdere le proprie origini perché può essere paragonabile al dimenticare la dolcezza con cui le mamme ci accarezzano il viso e credo sia impossibile.
    ESERCIZI RELATIVI ALLA SECONDA PARTE:
    1)   -principi generali (assiomi e postulati)
           -l’intuizione
           -deduzione (dall’universale al particolare)
           -dimostrazione
           -teoremi (come spiegazione dei fenomeni)
           -revisione dei diversi passaggi
    2) L’obiettivo comune ai filosofi del Seicento era quello di creare un nuovo sapere sistematico e cumulabile. L’unico ambito della scienza a possedere questo metodo era la matematica che bisognava analizzare per far sì che si potessero cogliere dei principi generali in base ai quali costruire il nuovo sapere. Cartesio però non parla di un sapere cumulativo, sistematico e anche collaborativo. Quest’ultimo obiettivo era invece accettato da filosofi come Bacone, i quali volevano che si creasse anche una enciclopedia dove tutti potevano partecipare nel riportare ricerche, scoperte ed esperimenti. Nel “Discorso sul metodo” Cartesio pensa che “non ci sia quanta perfezione ce n’è in quelle in cui ha lavorato uno soltanto”. Come si evince, ritiene che il lavoro svolto da una singola persona sia più produttivo di quello svolto da un gruppo di persone.
    Penso che ognuno sia un genio in un determinato ambito, o perché no, anche in più di uno, e che ognuno abbia una propria intelligenza; quindi lavorare in gruppo permette di unire le forze, confrontarsi, aiutarsi e sostenersi. Si pensi alle guerre: come può un unico uomo con il suo solo pensiero a condurre un esercito alla vittoria? Certo, può essere possibile, ma può anche essere il contrario in quanto il pensiero della singola persona non rappresenta necessariamente il giusto.
    Si pensi ancora alla ricerca per la cura di malattie per le quali ancora oggi non esiste una cura. Le squadre composte da più menti pensanti uniscono le proprie forze e i propri pensieri di ogni singolo membro per cercare una soluzione.
    ESERCIZI RELATIVI ALLA TERZA PARTE:
    2) Prima di demolire l’edificio del sapere tradizionale per costruirne uno completamente nuovo, Cartesio sottolinea la necessità di definire una morale provvisoria. Infatti mentre si ricerca la verità, si continua comunque ad agire e il comportamento deve essere orientato da norme. Le massime individuate da Cartesio sono tre. La prima è di obbedire alle leggi e ai costumi del nostro Paese e di restare fedeli alla religione che ci è stata trasmessa in quanto ognuno ha i propri valori e finchè non si raggiunge la verità non possiamo sapere quali sono giusti e quali sbagliati, ma comunque non bisogna arrivare ad una situazione di estremità in quanto non bisogna allontanarsi dalla verità seppur ancora non conosciuta.
    La seconda massima invita ad essere fermi e decisi nel perseguire una decisione una volta presa poiché mancando certezze dobbiamo scegliere ciò che ci sembra più probabile e, se non seguiamo la nostra decisione, allora questa sarebbe vana.
    La terza regola afferma che bisogna vincere se stessi piuttosto che la fortuna e di modificare i propri desideri piuttosto che cambiare le regole nel Mondo; questo non vuol dire non agire, ma accettare la realtà serenamente in quanto solo così potremmo raggiungere la felicità. Queste massime vengono quasi del tutto cambiate, oserei dire trasformate in suggerimenti, nella lettera alla principessa Elisabetta.
    La prima massima viene ribaltata nel consiglio di seguire la propria mente, giusto o sbagliato che sia.
    Nella seconda regola non ci sono diverse evidenti differenze, anzi vediamo che Cartesio consiglia di seguire la medesima cosa ovvero la costanza. Bisogna seguire, con fermezza qualsiasi decisione presa e lasciarsi immune da passioni esterne. Proprio riguardo queste ultime, Cartesio in un primo momento accettava in un certo senso il fatto di lasciarsi guidare le passioni.
    Per la terza legge nella lettera ad Elisabetta, Cartesio la invita ad usare la ragione perché tramite quella lei è consapevole di cosa non può avere e quindi non può avere rimpianti, quindi non ci sono differenze sostanziali con le massime perché anche in quelle Cartesio affermava di dover modificare i nostri desideri piuttosto che l’ordine delle cose nel mondo.
    ESERCIZI RELATIVI ALLA QUARTA PARTE:
    1) a)  Quale altra verità fondamentale posso ricavare da quella iniziale? “Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza a cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.”
    b) Qual è la verità iniziale al di sopra di ogni possibile dubbio?: “Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo”
    c) Perché la ragione non è affidabile? “Sia che vegliamo, sia che dormiamo, non dobbiamo lasciarci convincere che dall’evidenza della nostra ragione. […]la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi”
    d) Perché il dubbio di Cartesio è detto «metodico»? “Ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile.”
    e) Perché i sensi non sono affidabili? “E quando all’errore più comune dei nostri sogni, che consiste nel fatto che ci rappresentano diversi oggetti proprio come i sensi esterni, poco importa che ci dia motivo di diffidare della verità di queste idee, giacché spesso possiamo benissimo ingannarci senza che dormiamo: come quando l’itterizia ci fa vedere tutto giallo, o quando ci sembra che gli astri o altri corpi lontanissimi siano molto più piccoli di quel che sono.”
    f) Quali caratteristiche devono avere le idee vere? ”poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni”
    g) Perché tutte le idee chiare e distinte sono vere?  “E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente “.
    h) Come posso dimostrare l’esistenza di Dio? “Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me […] non mi davo molta pena […], ma non potevo dire lo stesso dell’idea di un essere più perfetto del mio: perché, che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente […]ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo”.
    2) Il film “Matrix” che debuttò nel 1999 ad opera di Lana e Andy Wachowsky, all’apparenza può sembrare un film solo “figo”, e lo è, ma dietro si cela un dubbio da sempre irrisolto, da Platone ai giorni nostri: quello del rapporto tra mondo apparente e mondo vero(iperuranio).
    Il protagonista del film di nome Neo è un hacker e scopre che nella sua vita qualcosa non andasse, non una semplice banalità ma qualcosa di molto più profondo. Dopo l’incontro con Morpheus che aveva colto in lui della notevoli qualità, Neo scopre che il mondo che lo circonda non sia reale, non sia tutto “rose e fiori” ma scopre essere Matrix, il mondo che lui come ogni singolo essere vivente percepiva come verità ma che in realtà è un enorme inganno: l’intero genere umano é soggiogato alle macchine, delle quali un tempo si serviva: dopo una ribellione da parte di queste ultime, i ruoli si sono invertiti: le macchine sfruttano gli uomini per sopravvivere e li tengono incatenati, avvalendosi della loro energia.
    Tra i tanti filosofi che hanno discusso di questa tematica non manca all’appello Cartesio, il quale pensava che esistesse addirittura un genio del male che voglia intenzionalmente ingannarci, un genio talmente potente da farci apparire come verità logiche i propri inganni. Inoltre Cartesio condannava i sensi in quanto questi non sono assolutamente sinonimo di verità perché abbiamo numerosi casi di illusioni ottiche, di inganni sensoriali ecc.
    Cartesio sostiene che bisogna fidarsi solo della nostra ragione perché pensando, ragionando, dubitando, vuol dire che siamo essere(cogito ergo sum) ed è questa l’unica verità imprescindibile.
    Proprio come Cartesio ci ha insegnato, Neo lo applica in Matrix, dove scorge i segreti che si nascondo davanti alle finte realtà quotidiane, si pone dei dubbi ai quali darà risposta Morpheus e insieme a quest’ultimo riescono a salvare l’intera umanità.
    Ma in Matrix possono essere anche scorti i portati della filosofia di Schopenhauer: centro della filosofia del pensatore tedesco è la distinzione tra fenomeno e noumeno. Il primo è il mondo della rappresentazione, il mondo così come noi ce lo rappresentiamo, quindi il dominio dell’apparenza, il “velo di Maya”, il regno dell’illusione e della menzogna che nasconde la verità. Il noumeno è invece la stessa verità che si cela dietro il fenomeno e la nostra rappresentazione, una verità dura e crudele: tutto è Volontà, tutto è cieco e irrazionale impulso di vivere.
    ESERCIZI RELATIVI ALLA QUINTA PARTE:
    1) a) Perché la fisica di Cartesio è deduttiva? “Mi piacerebbe molto continuare facendo vedere qui tutta la catena delle verità che ho dedotto da queste prime. Ma per farlo dovrei ora parlare di parecchie questioni che sono oggetto di controversia fra i dotti, e io non desidero mettermi in urto con loro. Credo perciò più prudente astenermene, e dire solo, in generale, di quali questioni si tratta, per lasciare che i più saggi giudichino se sarebbe utile al pubblico un’informazione più particolareggiata. Mi sono sempre tenuto fermo alla decisione che avevo preso di non supporre altro principio se non quello di cui mi sono or ora servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accogliere come vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quanto mi si fossero presentate per l’addietro le dimostrazioni dei geometri.”
    b) Che cos’è il meccanicismo?: “Mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate.”
    c) Qual è la funzione delle leggi della natura? :“In secondo luogo, mostrai quali sono le leggi della natura; e senza sostenere i miei ragionamenti con nessun altro principio, ma solo con le perfezioni infinite di Dio, mi sforzai di dare la dimostrazione di tutte le leggi di cui si poteva aver qualche dubbio, e di far vedere che sono tali, che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ce ne sarebbe nessuno in cui non verrebbero osservate. Dopo di che, mostrai che la maggior parte della materia di questo caos doveva, secondo quelle leggi, disporsi e ordinarsi in un certo modo che la rendeva simile ai nostri cieli; e come, nel frattempo, alcune parti dovevano comporre una terra, altre pianeti e comete, altre ancora un sole e stelle fisse”
    d)  Qual è la causa della circolazione sanguigna?: “Ma ci sono molti altri fatti che confermano che la vera causa del movimento del sangue è quella da me indicata. Come, in primo luogo, la differenza che si nota da quello che esce dalle vene e quello che esce dalle arterie, e che non può dipendere se non da questo, che essendosi rarefatto passando per il cuore e quasi distillato, è più sottile, più vivo e più caldo subito dopo esserne uscito, cioè quando è nelle arterie, che non poco prima di entrarvi, ossia quando è nelle vene; se si fa attenzione si osserverà che questa differenza è più visibile vicino al cuore e meno nei punti più distanti. La durezza dei tessuti di cui sono composte la vena arteriosa e la grande arteria mostra poi a sufficienza che il sangue batte con maggior forza qui che non nelle vene”.
    e) Qual è la causa del movimento dei muscoli?: “Inoltre, quali mutamenti devono avvenire nel cervello per causare la veglia, il sonno, i sogni; e come la luce, i suoni, gli odori, i sapori, il caldo e tutte le altre qualità degli oggetti esterni possano imprimervi idee diverse attraverso i sensi; e la fame, la sete e le altre passioni interne possano inviarvi altresì le loro; quale sua parte si debba intendere come senso comune che accoglie quelle idee; come memoria che le conserva; e come immaginazione, che può mutarle in diverse maniere e forgiarne di nuove, e con lo stesso mezzo, distribuendo gli spiriti animali nei muscoli, può far muovere le membra di quel corpo imprimendo in esso, sia in rapporto agli oggetti che si presentano ai sensi, sia in rapporto alle passioni interne, tutti quei movimenti di cui le nostre membra sono capaci senza intervento della volontà.”
    f) Come possiamo distinguere un uomo da un automa?: “Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L’altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe così che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. Infatti mentre la ragione è uno strumento universale, che può servire in ogni possibile occasione, quegli organi hanno bisogno di una particolare disposizione per ogni azione particolare; ed è praticamente impossibile che in una macchina ce ne siano a sufficenza per consentirle di agire in tutte le circostanze della vita, come ce lo consente la nostra ragione. Ora, con questi due criteri si può conoscere anche la differenza che c’è tra gli uomini e i bruti.”
    g) Qual è la funzione del linguaggio?: ”Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le
    passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come
    qualcuno nell’antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili.”
    h) Quali sono le caratteristiche dell’anima razionale? “Avevo descritto, dopo di ciò, l’anima razionale, e mostrato che non può in nessun modo essere tratta dalla potenza della materia, come le altre cose di cui avevo parlato, ma deve essere creata appositamente, e che non basta che sia collocata nel corpo umano come il pilota della nave, se non forse per muovere le membra, ma è necessario che sia congiunta ad esso e unita più strettamente perché si abbiano, in più, sentimenti e appetiti simili ai nostri, e ne risulti così un uomo vero. Del resto, mi sono soffermato un poco su questo argomento perché è dei più importanti; infatti, subito dopo l’errore di chi nega Dio, errore che ritengo di avere confutato a sufficenza, non c’è un altro che allontani maggiormente gli spiriti deboli dalla retta via della virtù, che l’immaginare che l’anima dei bruti abbia la stessa natura della nostra, e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche.”
    2) Al giorno d’oggi, le nostre vite sono sempre più legate alla tecnologia.
    Senza i nostri cellulari, tablet o pc quasi non potremmo vivere: possiamo essere informati all’ istante su tutto ciò che accade nel mondo, possiamo condividere le nostre idee, il nostro disappunto, le nostre gioie.
    Ci sentiamo tutti più vicini.
    La tecnologia si è manifestata in ogni ambito e ormai da oltre sessant’anni si parla di intelligenze artificiali.
    Le prime risalgono agli anni ’50 del Novecento, ma già nel ‘600 venivano costruite delle macchine con sofisticati meccanismi, che sarebbero, quindi, gli “antenati” delle più moderne intelligenze artificiali.
    Questa tematica ha sempre affascinato le persone, così che sono stati prodotti e scritti molti film e libri, alcuni dei quali molto famosi, come “Blade runner” di Ridley Scott.
    Anche io, in quanto grande appassionato di tecnologia, ero molto incuriosito a riguardo, così la scorsa primavera, dopo aver sentito un servizio al telegiornale a riguardo, ho deciso di leggere un libro di uno stagista e informatico statunitense, Raymond Kurzweil :“Come creare una mente”.
    Non si racconta una storia fantascientifica, che rende le macchine degli esseri dotati di sentimenti o superpoteri, ma i progressi scientifici in tal senso.
    Il libro inizia mentre è in corso un progetto grandioso, che coinvolge migliaia di scienziati e tecnici, per arrivare a comprendere fino in fondo il miglior esempio di processo intelligente: il cervello umano.
    È sicuramente l’impegno più importante nella storia della civiltà uomo-macchina.
    Finalità del progetto è capire esattamente come funziona il cervello umano e poi usare i metodi scoperti per capire meglio noi stessi, per riparare il cervello quando necessario e, cosa particolarmente pertinente per il tema di questo libro, per creare macchine ancora più intelligenti.
    Kurzweil, che è uno dei più stimati informatici dei nostri anni, è stato fra i primi a creare sistemi di intelligenza artificiale in grado di leggere testi stampati con qualsiasi tipo di carattere, di sintetizzare i suoni, e di comprendere il parlato.
    Secondo il mio modesto parere, può essere stimolante e anche utile avere a disposizione delle macchine che possono aiutarci e ci rendono le cose semplici, ma non bisogna far sì che queste macchine sostituiscano gli umani: per quanto possano essere efficienti, non potranno mai sostituire gli uomini perché in quanto macchine non avranno mai dei sentimenti o una coscienza.
    Quindi, per concludere: va bene avvalersi della tecnologia, ma sempre entro certi limiti!
     
    ESERCIZI RELATIVI ALLA SESTA PARTE:
    1) a) Che tipo di metodo è? Metodo deduttivo. “All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un po’ di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle. Ma l’ordine che ho seguito qui è il seguente. Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi. Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari. In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i principi che avevo trovato.”
    b) Che ruolo vi gioca l’esperienza? L’esperienza ha un ruolo essenziale per il metodo delineato da Cartesio. “Notai anzi, a proposito delle esperienze, che sono tanto più necessarie tanto più si è avanti nella conoscenza. All’inizio è meglio servirsi soltanto di quelle che si presentano da sé ai nostri sensi e che facendo un po’ di attenzione non possiamo ignorare, piuttosto che ricercarne di più rare e artificiose; perché le più rare ingannano spesso, quando non si conoscono ancora le cause delle più comuni, e perché le circostanze da cui dipendono sono quasi sempre così particolari e minime che è assai difficile notarle.”
    c) Qual è il punto di partenza? Postulati e definizioni generali. “Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima.”
    d) Qual è il passaggio successivo?: Applicazione del dubbio alle premesse. “Quanto a me, se ho già trovato qualche verità nelle scienze […] posso dire che ciò è soltanto il risultato o la conseguenza del superamento di cinque o sei principali difficoltà”.
    e) Che cosa trova Cartesio con questo passaggio? Trova la distinzione tra verità evidenti, lontane da ogni dubbio e che devono essere prese fondamenta dell’edifico del sapere, e quelle nozioni, invece, che devono essere scartate perché non evidenti. “Spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta”.
    f) Perché questo metodo non può spiegare i «casi più particolari»? Perché l’uomo deve servirsi solo dei casi generali. “Poi quando ho voluto discendere a quelle più particolari, se ne sono presentate tante così diverse che l’ingegno umano mi è sembrato incapace di distinguere le forme o specie che sono sulla terra dalle infinite altre che avrebbero potuto esserci, se Dio avesse voluto mettercele, e di conseguenza anche incapace di rendercele utili, a meno di non andare dagli effetti alle cause, servendosi anche di esperienze particolari.”
    g) Quali aspetti della natura, allora, può spiegare? Gli aspetti elementari. “In seguito ho cercato quali fossero gli effetti primi e più ordinari che era possibile dedurre da queste cause: e mi sembra di aver trovato così cieli, astri, una terra e, su questa, acqua, aria, fuoco, minerali e altre cose simili, che sono le più comuni e le più semplici e dunque le più facili a conoscersi.”
    h) II metodo deduttivo non può ricavare la molteplicità dei casi particolari; ma una volta accertati con l’esperienza può spiegarli? Si. “In seguito, richiamando alla mente tutti gli oggetti che si erano presentati ai miei sensi, oso dire di non aver notato nulla che non potessi spiegare abbastanza facilmente mediante i princìpi che avevo trovato.”
    i) Anche nel metodo deduttivo l’osservazione della natura è importante. Ma quale funzione ha? La natura è meccanicistica ed è regolata da alcuni principi, proprio per questo Dio non interagisce mai in essa, egli è soltanto creatore. “I princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo”.
    2) Risposta in un’unica domanda gli esercizi 2 e 4.
    Cartesio non pubblica “Il mondo” sia perché teme la condanna della Chiesa (proprio in quegli anni c’era stata la condanna di Galileo Galilei), ma allo stesso modo teme anche il giudizio degli uomini di scienza e anche più illustri di lui.
    Teme di proporre idee affatto veritiere e che possano metterlo in ridicolo dinanzi alla platea dei dotti.
    Sinceramente, non credo che questo tipo di censura “culturale” esista tutt’oggi, anzi, siamo soliti vedere persone che non temono affatto le critiche e si rivolgono agli altri con grande sfrontatezza.
    A volte, credo bisognerebbe riflettere maggiormente: alcune persone non si rendono conto che ciò che scrivono/dicono può ledere la sensibilità altrui.
    L’Italia è un paese libero dalla censura, così come tutti i paesi occidentali, ma a non credo che la libertà di alcuni possa essere a discapito di altri.
    Pur condannando categoricamente gli attentati al giornale parigino di solo un anno fa, non credo sia giusto prendersi gioco dei valori altrui.
    Va bene esprimere le proprie idee, anche fare della satira, ma esistono anche il rispetto e il decoro, il mantenimento dei quali, a mio parere, è proprio segno di libertà e tolleranza.
    Il filosofo francese, dal canto suo, aveva sfruttato l’ultima parte del “Discorso sul metodo” per spiegare i motivi che lo hanno portato a decidere di non pubblicare il suo trattato.
    Per quanto detto sopra, non credo che qualcuno avrebbe timore nel pubblicare la propria opera, ma non mi sento di condannare la scelta di Cartesio.
    Prima di poter esprimere un giudizio, bisogna avere piena conoscenza di una serie di cose come il contesto storico e il quadro politico-sociale.
    Abbiamo già ricordato che quelli erano stati gli anni della condanna a Galileo e quindi il timore nei confronti della Chiesa è più che comprensibile.
    Forse chiunque in quella situazione avrebbe fatto lo stesso e sono solo da ammirare smisuratamente coloro che, invece, si sono sempre battuti per l’affermazione delle proprie idee e non si sono nemmeno fermati dinanzi alle condanne.
    3) Per Cartesio la ricerca scientifica ha avuto un ruolo importante.
    Egli ne ha sottolineato i fini pratici e il suo carattere cumulativo.
    Anche Bacone aveva inserito la scienza, alcuni decenni prima, in questa prospettiva.
    Egli aveva addirittura immaginato la stesura di un’ Enciclopedia che avrebbe raccolto i dati ricavati in ogni ambito e raccolti per settore.
    Entrambi guardano alla scienza come qualcosa che possa migliorare la vita degli uomini, possa agevolarli nella loro quotidianità e possa essere al servizio di tutti, tramite un’ordinata e sistematica raccolta dei dati ottenuti.
    Inoltre, entrambi ritengono fondamentale il confronto con altri scienziati, perché così è possibile ampliare i propri limiti e confrontarsi con altri.
    Tuttavia vi sono delle differenze, soprattutto nel modo di approcciarsi alla ricerca scientifica.
    Bacone è stato il padre del metodo induttivo (dall’osservazione del particolare si arriva a leggi generali) e anche colui che aveva escluso la metafisica dall’ ambito scientifico, mentre Cartesio utilizza il metodo deduttivo, rifacendosi a quattro regole fondamentali (evidenza, analisi, sintesi, enumerazione e revisione).

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